Sui principali quotidiani online brasiliani la pandemia è quasi assente. Al massimo si pubblica uno studio sulla depressione sorta dalla lunga convivenza con il virus, convivenza che durerà almeno finché le vaccinazioni non produrranno quell’immunità di gregge necessaria a debellarlo. In compenso – sostiene l’articolo de Folha di S. Paulo – la gente si scopre più solidale. Non tutti. Tra coloro che il coronavirus ha reso più altruisti in Brasile c’è da depennare gli iscritti alla lista, sempre più lunga, del vaccino d’élite. Sì, perché mentre il Paese si conferma il secondo al mondo per vite umane perse – 230 mila decessi – nonché terreno di nascita di due delle varianti più dure del Covid, tanto che a Manaus, dopo la mattanza della prima ondata è arrivata l’ecatombe del B.1.1.248, di dosi vaccinali ne sono arrivate 13,9 milioni per 210 milioni di abitanti, e la copertura è dell’1% dal 18 gennaio.
La responsabilità è del presidente Jair Bolsonaro, prima negazionista del virus, poi incapace di arginarlo, infine pessimo gestore del piano di immunizzazione, tanto da valergli le richieste di impeachment da parte del suo stesso partito. Così c’è chi fa come il manager Eduardo Menga e sua moglie, che nel Paese più diseguale dell’America Latina, paga 200 dollari a dose per vaccinarsi prima degli altri, grazie a un accordo della catena di cliniche private che mette in lista i ricchi. È la versione snob dei salta-fila. Privilegiati brasiliani che “senza togliere nulla al sistema pubblico”, come spiega Eduardo all’Ap, si immunizza dal Covid prima di tutti. “Potrebbe essere un’alternativa, e chi ne ha la possibilità dovrebbe coglierla”, chiosa il manager che da San Paolo si è trasferito in campagna a tele-lavorare. D’altra parte “la pandemia rende la disuguaglianza del Brasile ancora più evidente, perché se il virus non va per classi sociali, la cura sì”, spiega il professore di Antropologia all’Università di Notre Dame, Roberto DaMatta all’Ap. E i vaccini “privati” sono solo l’ultimo passo, dopo il mercato nero dell’ossigeno o il caso, portato alla luce proprio da DaMatta, di un giudice che si è rifiutato di eseguire l’ordine di un poliziotto di indossare la mascherina, anzi, ha chiamato il capo della sicurezza dello stato per protestare e ha strappato la multa di 20 dollari. Per non parlare delle manovre dei dipendenti della Corte Suprema per essere inclusi nelle liste dei prioritari insieme agli operatori sanitari e che avendo ricevuto un no come risposta, hanno provato a tenere 7mila dosi di siero per sé e le proprie famiglie dal laboratorio statale che produrrà AstraZeneca. “È ormai normalizzato e accettato che mentre i poveri e i neri muoiono di Covid senza che questo provochi alcuna pressione sul governo, i benestanti si organizzano per ricevere il vaccino”, conclude DaMatta. Bolsonaro ha dichiarato che per immunizzare la popolazione ci vorranno 16 mesi, e per gli under 65 non se ne parla di ricevere la dose prima della fine dell’anno. Da qui l’ultimo passo: i dirigenti dell’associazione brasiliana delle cliniche private – 30 mila in tutto il Paese – hanno negoziato con la società farmaceutica Bharat Biotech per aggiudicarsi Covaxin. E la lista d’attesa è già lunga, ancora prima dell’approvazione del vaccino, sulla quale non sembrano però esserci dubbi, visto che l’associazione dei giudici dello Stato di Rio Grande do Sul ha chiesto ai propri membri se fossero interessati a entrare nel sistema delle cliniche. Potrebbe rivelarsi “non soltanto un problema etico, ma pratico”, spiega ad Ap Gonzalo Vecina, capo dell’agenzia sanitaria brasiliana dal 1999 al 2003.
“Se questa storia va avanti, avremo due file: quella di chi può pagare 200 dollari e potrà vaccinarsi la prossima settimana, e un’altra di chi non può permetterselo che non scorrerà per mesi”. Un controsenso perché “quello che bisogna capire è che la pandemia non avrà fine finché non sarà finita per tutti”, conclude. Il 26 gennaio, Bolsonaro ha dichiarato di aver firmato la petizione di un gruppo di dirigenti brasiliani per ottenere 33 milioni di dosi da AstraZeneca: metà per loro e metà per il sistema sanitario. Tra i sottoscrittori ci sono 11 società più importanti del Paese, da Petrobas, al produttore di acciaio Gerdau, all’operatore telefonico Oi. “Un modo per rilanciare l’economia”, ha commentato il presidente, appoggiato dal ministro dell’Economia, Paulo Guedes. AstraZeneca si è rifiutata di assecondare la richiesta: nessuna corsia preferenziale. A schierarsi contro le manovre delle élite è stato finanche l’ex governatore della Banca centrale del Brasile, Antonio Fraga. “C’è bisogno di uno sforzo coordinato per rispettare le categorie a rischio”.