Mario e Papa. Gesuiti, le meringhe di Serenella

• Don Aldo è molto vicino alla famiglia Draghi (…) “Sono una famiglia molto unita e molto osservante (…). In paese il professor Draghi e la moglie sono molto ben voluti. Fanno anche beneficenza, ma con discrezione. Sono entrambi molto gentili, lui più riservato, lei più aperta e socievole” (…) Marco Stefanini, titolare del Caffè degli artisti (…) elogia “il garbo e la gentilezza della signora Serenella (…), viene qui soprattutto per le nostre meringhe, che prepariamo quasi esclusivamente per lei”.
La Stampa

• “Salvini innamorato di Draghi viene elogiato dalla gente. Riceve complimenti al supermercato”.
Titolo di Libero

• “I protagonisti di questo frangente storico sono due gesuiti: uno è il massimo, cioè Papa Francesco e l’altro è un uomo che ha una grande cultura e viene da quella scuola, ovvero Mario Draghi”
Mario Sechi

Era nata come moneta-meme: ora capitalizza cinque miliardi

“Who let the doge out” ha twittato domenica – con un ironico riferimento alla famosa canzone Who let the dogs out? di Baha Men – il fondatore di Tesla, Elon Musk, prima che accadessero due cose:
1. Che investisse 1,5 miliardi in Bitcoin con Tesla stessa, facendo schizzare il valore della criptomoneta a nuovi record; 2. Che facesse salire alle stelle il valore di un’altra criptovaluta che si chiama Dogecoin, che è nata come una parodia o comunque senza la pretesa di cambiare il mondo della finanza e che, dopo anni di vita fervente ma di nicchia, grazie ai tweet e a qualche intervento sui social network ha raggiunto in pochissimo una capitalizzazione di quasi 10 miliardi, per poi assestarsi intorno ai 5. Il nome di questa criptomoneta si rifà a “Doge”, come viene chiamato il cane di razza Shiba Inu protagonista di famosissimi meme nell’ultimo decennio. Dogecoin nasce dalla mente di due ingegneri (Ibme e Adobi) come una sorta di provocazione nel 2013, ma pian piano prende piede tra gli appassionati. Nel 2018 la capitalizzazione supera il miliardo. La sua fondazione ha finanziato, nell’ordine, la squadra di bob giamaicana per portarla alle olimpiadi, la costruzione di un bacino di raccolta dell’acqua in Kenya, il pilota di Nascar Josh Wise e alla fine, ancora in corso, l’associazione Family House in California (si vuol raggiungere 1,5 milioni di Dogecoin), una non profit che costruisce case per le famiglie in difficoltà. Musk, che a oggi è uno degli uomini più ricchi del mondo, ha twittato più volte di recente su Dogecoin, ma con lui lo ha fatto anche il rapper Snoop Dogg che sul social ha fissato il tweet “Snoop Doge”. mentre Gene Simmons, membro dei Kiss, ha sottolineato quanto le persone avrebbero potuto guadagnare se ne avessero acquistato in precedenza.

Reddito, i navigator in piazza pagano l’ostilità della politica

Alla mole di disoccupati creata da un anno di pandemia, tra un paio di mesi potrebbero unirsi i 2.700 navigator. Proprio loro, che nel 2019 sono stati assunti per aiutare i beneficiari del reddito di cittadinanza a trovare un lavoro, ora lottano per mantenere il proprio. Nulla di imprevedibile: sin dal principio, i loro contratti erano destinati a scadere ad aprile 2021. Viste però la crisi economica dovuta all’emergenza Covid, le domande di sussidi che lievitano e la lentezza con cui procede il piano per potenziare i centri per l’impiego, oggi Nidil Cgil, Felsa Cisl e UilTemp andranno in piazza Montecitorio per rivendicare una proroga di almeno un anno.

Ieri i sindacati hanno incontrato la ministra Nunzia Catalfo, che si è impegnata a riportare questa come priorità quando conoscerà il suo successore. Non è una richiesta semplice da sostenere, poiché nell’ultimo anno e mezzo i navigator sono stati etichettati da diversi partiti e dalla grande stampa come un emblema di inefficienza. Dati i numeri e il contesto in cui ci troviamo, questa narrazione così ostile ai quasi 3 mila operatori precari di Anpal Servizi sarebbe incomprensibile, se non si spiegasse con una semplice evidenza: questi professionisti sono il capro espiatorio di una strumentalizzazione politica agitata dai detrattori del Reddito di cittadinanza. La fetta di arco politico che da sempre si è opposta allo strumento di aiuto alle famiglie in povertà e ora parla di “flop”.

La realtà, come al solito, è più complessa. Il progetto dei navigator era parte del piano di Mimmo Parisi all’inizio del 2019, quando il professore fu chiamato da Luigi Di Maio alla guida dell’Agenza nazionale per le politiche attive del lavoro. Arrivato dagli Stati Uniti, lanciò l’idea di assumere 10 mila assistenti che avrebbero seguito attraverso un’app digitale i percettori del Reddito di cittadinanza tenuti a cercare un posto. Le Regioni protestarono, reclamando la competenza sulle politiche attive del lavoro. La Toscana minacciò un ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni. La trattativa portò il numero dei navigator prima a 6 mila e poi a 3 mila. Il patto prevedeva 11.600 assunzioni nei centri per l’impiego entro il triennio. I navigator assunti subito, invece, dovevano servire a tamponare questa attesa. Le prime erogazioni del Reddito sono state effettuate ad aprile 2019 e bisognava mettere in moto la macchina delle prese in carico, compito molto complicato per i centri per l’impiego sotto organico.

A settembre 2019 i navigator sono stati arruolati dall’Anpal Servizi e hanno iniziato la formazione. Secondo le convenzioni con le Regioni, devono prestare assistenza tecnica, mentre la titolarità delle politiche del lavoro – come detto – resta regionale. L’inserimento non è stato semplice. In Campania, il presidente Vincenzo De Luca si è a lungo opposto all’assunzione dei 471 destinati alla sua Regione. Lo stallo si è sbloccato solo a fine novembre, quando è stato raggiunto l’accordo. Dall’autunno del 2019, i navigator hanno aiutato il personale dei centri nelle convocazioni e pure qui non sono mancati i problemi: molti beneficiari tenuti al patto per il lavoro erano irreperibili, sui moduli di richiesta del Reddito c’era il nome di un solo componente della famiglia, così è stato necessario andare a caccia dei contatti di tutti gli altri. Una volta oleato il meccanismo, gli “inviti” sono andati un po’ più spediti. L’ultimo aggiornamento dice che sono state accolte oltre 800 mila persone su 1,3 milioni di beneficiari obbligati per legge alla ricerca del lavoro. Un target molto difficile da collocare sul mercato: “Circa il 75% ha la terza media – spiega Giulio De Angelis, navigator a Roma – una minoranza ha il diploma, meno dell’1% ha la laurea e alcuni hanno solo la licenza elementare. Noi cerchiamo di migliorare l’occupabilità di queste persone, per esempio quelli senza licenza media li convinciamo a iscriversi ai Centri per l’istruzione degli adulti”.

Nonostante queste difficoltà, circa 352 mila persone aiutate dal Reddito hanno trovato un lavoro, sebbene non tutti questi posti siano stati creati grazie ai centri per l’impiego. In un periodo caratterizzato da un crollo di occupazione generale, che a settembre ha fatto registrare una perdita di 450 mila posti. “Durante il lockdown abbiamo lavorato da remoto – racconta Floriana Solaro, in servizio a Siracusa – i percettori hanno il nostro numero di cellulare, ci sentiamo su Whatsapp”. Oltre all’assistenza ai beneficiari, i navigator rilevano le offerte di lavoro delle imprese, ma qui spesso trovano resistenza dei datori. “C’è qualche diffidenza nel rivolgersi a noi per le selezioni – aggiunge Floriana – a volte preferiscono fare un post su Facebook”. Scendono a picco i posti di lavoro, le poche aziende che assumono non lo fanno tramite centri per l’impiego, e qualcuno voleva che in tutto ciò i navigator collocassero sul mercato 1,3 milioni di poveri, tre quarti dei quali con la terza media.

Test sui macachi, Cds dà ragione a prof minacciati. “No alternative”

L’utilizzo dei macachi non ha alternative nella sperimentazione prevista dal progetto “Lightup” delle Università di Torino e di Parma, che ha l’obiettivo di ridare la vista a migliaia di persone, autorizzato dal ministero della Salute. Lo dice il Consiglio di Stato nelle motivazioni della decisione con cui il 28 gennaio ha ritenuto sussistente la “legittimità” del protocollo, finito nel mirino delle associazione animaliste arrivate a minacciare i ricercatori: “Il progetto non potrebbe essere raggiunto con metodologie effettuate direttamente sull’uomo”, scrivono i magistrati, e “non sussistono metodi alternativi o la possibilità di effettuare la sperimentazione su un numero inferiore di macachi”.

Il 9 ottobre 2020, il Consiglio di Stato aveva ribaltato la sentenza del Tar del Lazio dello giugno precedente (la n.5771) che aveva dato l’autorizzazione al progetto di ricerca: i giudici di Palazzo Spada lo avevano sospeso e avevano disposto una verifica sullo stesso affidata all’Irccs Fondazione Bietti per lo studio e ricerca in oftalmologia a cui aveva posto più quesiti, a partire dalle domanda se il progetto fosse perseguibile soltanto mediante sperimentazione sulla specie “primati umani” vivi e se il numero di sei primati fosse il minimo indispensabile. Lo stesso giorno gli animalisti avevano consegnato al ministero della Salute e all’ateneo di Torino un assegno da 2 milioni di euro sporco di rosso, simbolo del sangue dei macachi reclusi nello stabulario di Parma “per scuotere le coscienze” sulle sofferenze degli animali sottoposti a vivisezione. Nel 2019, avevano denunciato gli atenei, Marco Tamietto dell’università di Torino e Luca Bonini di quella di Parma erano stati bersaglio di un crescendo di intimidazioni: il primo aveva persino ricevuto una lettera anonima contenete minacce di morte e un proiettile. Ora la verifica ha dimostrato – si legge nella sentenza – che “la sperimentazione oggetto del progetto rispetta tutti i requisiti per essere autorizzata”.

Palamara, il giudice in udienza preliminare. “Procura deve precisare le accuse all’ex pm”

È in apparenza un piccolo colpo di scena, ma le sue conseguenze rischiano di essere significative: Piercarlo Frabotta, giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Perugia, ha chiesto alla Procura di precisare il capo di imputazione che riguarda Luca Palamara, imputato di corruzione per l’esercizio della funzione. E l’ha richiesto a partire da un’eccezione presentata da Benedetto Buratti, il legale dell’ex presidente dell’Anm.

Secondo l’accusa, infatti, quest’ultimo avrebbe ricevuto da Fabrizio Centofanti – imprenditore romano, accusato di aver corrotto l’ex pubblico ministero, con il quale ha un rapporto di conoscenza risalente a molti anni fa – il pagamento di alcuni soggiorni in hotel e la ristrutturazione dell’appartamento di Adele Attisani, donna vicina allo stesso Palamara. La tesi accusatoria è che Palamara, in cambio, avrebbe messo a disposizione di Centofanti la sua funzione di consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura.

Il punto, però, è che alcuni di questi pagamenti – che Palamara ha sempre contestato, sostenendo di aver restituito le somme – sarebbero in parte avvenuti quando l’imputato non era membro del Csm ma sostituto procuratore a Roma. Ed è proprio in merito a questo periodo – poiché l’accusa contesta a Palamara di aver messo a disposizione di Centofanti la sua funzione di consigliere del Csm e non di magistrato della Procura capitolina – che il giudice delle indagini preliminari ha chiesto al procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone, e ai sostituti Gemma Miliani e Mario Formisano, di precisare la contestazione.

La Procura di Perugia risponderà nell’udienza prevista per il 22 febbraio, e in quella sede il processo si troverà di fronte a un bivio. Da un lato la Procura può precisare ulteriormente la contestazione di corruzione per il periodo in cui Palamara non era membro del Csm ma pm di Roma, sebbene con una grande influenza sul Consiglio per via della sua leadership della corrente Unicost. Dall’altro può circoscrivere il capo di imputazione, “decurtando” le somme ricevute da Palamara quando non era al Csm. In questo caso – sebbene la grave ipotesi di reato non muti – resterebbe da spiegare perché mai Centofanti avrebbe corrotto Palamara anche prima del suo ruolo al Csm. E nella dialettica processuale, per la difesa dell’ex presidente dell’Anm, sarebbe già un risultato significativo. Nello stesso fascicolo Palamara è accusato anche di rivelazione del segreto d’ufficio, proprio per l’inchiesta che lo riguarda, in concorso con l’ex procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio. Sono tuttora in fase d’indagine, invece, altri episodi di corruzione che vedono Palamara indagato.

Uccisa a coltellate in strada a Lodi: fermato compagno

Un paio di scarpe rosse: le indossava Alfred Kipe accusato per la morte di Luljeta Heshta, 47 anni, accoltellata domenica a Pedriano di San Giuliano Milanese. Il convivente della vittima è stato individuato per quel dettaglio. Scarpe rosse come il simbolo della protesta di Elina Chauvet: “Zapatos Rojas” la distesa di scarpe che identificano la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ogni 25 novembre.

Domenico Chiaro procuratore di Lodi per il caso Heshta ha ringraziato i cittadini “che hanno lanciato l’allarme e filmato la fuga dell’uomo. A chi è stato pronto a testimoniare”.

In Italia solo domenica sono state ammazzate due donne: Luljeta Heshta e Piera Napoli, 32 anni, uccisa a Palermo dal marito Salvatore Bagliore per gelosia, mentre i figli dormivano: con “efferata violenza e per futili motivi” secondo gli inquirenti. Sabato a Faenza è stata trovata senza vita Ilenia Fabbri di 46 anni: le indagini sono ancora in corso. Ha confessato invece Salvatore Carfora (39 anni) ex fidanzato e omicida di Sonia Di Maggio (29 anni) prima vittima del mese di febbraio: 22 colpi con un coltello da sub. Carfora ha peraltro ammesso l’intenzione di uccidere anche l’attuale fidanzato di Sonia. Solo a gennaio i femminicidi di vittime adulte sono stati quattro: Teodora Casasanta, di 38 anni morta ammazzata a Carmagnola: il marito Alexandro Riccio ha ucciso anche il loro bimbo di 5 anni. In provincia di Foggia Tiziana Gentile (48 anni) uccisa dal marito Gerardo Tarantino. A Caccamo Roberta Siragusa di 17 anni, stordita e bruciata dal fidanzato il 19enne Pietro Morreale. In provincia di Venezia Victoria Osagie (35 anni) il suo assassino è Mases Ewere. Ma il 2021 è iniziato con la tremenda uccisione di Sharon Barni. Aveva solo 18 mesi e secondo la Procura è morta per le sevizie di Gabriel Robert, compagno della madre.

Reddit, spot di cinque secondi al SuperBowl. “Uniti, abbiamo vinto la nostra scommessa”

“Wow, ha funzionato davvero. Se stai leggendo questo, significa che ne è valsa la pena”. Questo è l’inizio dello spot della durata di 5 secondi che Reddit ha acquistato durante il Super Bowl, l’evento sportivo più guardato negli Usa. Il caso è noto: alcune settimane fa milioni di piccoli speculatori coordinati dalla piattaforma social Reddit, attraverso il canale WallStreetBets, sono riusciti a scatenare un trading speculativo su GameStop, una catena di videogiochi. All’inizio della pubblicità si vede un’automobile, ma subito dopo compare il logo arancione e bianco di Reddit, seguito da un messaggio di 9 righe che in meno di 5 secondi è impossibile riuscire a leggere. “Una cosa che abbiamo imparato dalle nostre comunità è che i perdenti possono ottenere qualsiasi cosa quando si mettono insieme”, è la frase più importante.

Parte il Lazio: “Adesso qui il modello è Israele”

“Non ho mai visto tante persone così felici di farsi un’iniezione. È una festa”. Gli infermieri del Santa Maria della Pietà sono sbalorditi e allo stesso tempo non riescono a trattenere le risate. Il principale punto vaccinale del quadrante centro-nord di Roma ieri è stato preso d’assalto da una truppa ordinata di centinaia di anziani, pronti a dare il via alla seconda fase della vaccinazione anti-Covid, dedicata agli over 80. Oltre al farmaco della Pfizer ora c’è anche quello di Moderna e ieri solo nel Lazio c’erano più di 3.100 persone prenotate pronte a ricevere il siero “miracoloso”. Sorrisi e facce sollevate, in molti non aspettavano altro: fra qualche giorno potranno incontrare i loro cari con qualche paura in meno. “Era ora, se nun morivo de Covid, me facevano morì de vecchiaia”, ci dice in romanesco Renato, 87 anni, accompagnato dalla nipote, che il 1° febbraio non ha staccato lo sguardo dal sito della Regione Lazio finché non è riuscita a prenotare: “Sono allenata con i biglietti dei concerti, appena si è sbloccato ho prenotato”, racconta.

“È un sollievo, non ho sentito niente, alla mia età ne ho passate di peggiori”, confessa Carmela, 83 anni, mentre attende il certificato rilasciato dal personale.

“È una giornata storica, più del 50% della popolazione interessata ha già provveduto a prenotarsi”, afferma Enrico Di Rosa, responsabile del Servizio igiene sanità pubblica della Asl Roma 1. A Roma e nel Lazio la partenza è stata velocissima, con 220.000 persone già prenotate, tutte sopra gli 80 anni. La Regione inizia a pensare all’arrivo di Astrazeneca, ma intanto mette nel mirino gli over 75 e i medici generici. “Il nostro obiettivo è quello di vaccinare ogni due settimane una classe di età a partire dalla classe 1966 (55 anni), tenendo conto delle categorie individuate dal ministero”, ha affermato l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, citando il “modello israeliano”.

Altrove però si fa un po’ più di fatica. Ieri, oltre a Umbria e Sicilia, si sarebbe dovuti partire anche in Puglia, ma si ritarderà di qualche giorno, mentre a ruota arriveranno Toscana, Friuli, Veneto, Emilia-Romagna e Liguria, con la Lombardia che inizierà le somministrazioni soltanto il 16 febbraio. Nessuno, almeno inizialmente, dovrebbe riuscire a tenere i ritmi del Lazio.

Il problema resta sempre l’approvvigionamento delle dosi. All’Istituto Spallanzani di Roma ieri c’era molta preoccupazione: “Noi saremmo in grado anche di fare mille vaccini al giorno, ma poi le dosi chi ce le dà?”, ammette candidamente il direttore sanitario, Francesco Vaia. “Le persone che sono arrivate oggi sono fortunate e lo sanno perché per chi si è prenotato i vaccini ci sono, ma per gli altri chissà”, afferma il dirigente, mentre sulle poltroncine dedicate continuano ad alternarsi ordinatamente gli anziani per l’iniezione. “Io ricevo tanti messaggi di gente che mi chiede aiuto, mi dice ‘professore ci dia una mano’. Non poter dare una risposta è molto triste”.

Blocco tra Regioni, Conte e Speranza aspettano Draghi

Se fosse per Roberto Speranza la proroga del divieto di viaggiare tra le Regioni, che scade lunedì prossimo 15 febbraio, sarebbe già in dirittura d’arrivo. Perché i contagi sono sempre alti, le varianti preoccupano, in diverse regioni ci sono segnali di sovraccarico negli ospedali. Soprattutto in Umbria ma non solo. Però il governo uscente si orienta a lasciare la delicata questione a quello nuovo, che se tutto procede speditamente giurerà al Quirinale in tempo per fare un nuovo decreto legge, anche prima della fiducia delle Camere. Se invece non andrà così, secondo fonti di Palazzo Chigi, Giuseppe Conte emanerà il nuovo provvedimento solo su richiesta di Mario Draghi con il consenso palese della sua composita maggioranza. Altrimenti, dicono, nella peggiore delle ipotesi, passerà qualche giorno, non sarà certo per quello che l’epidemia andrà fuori controllo.

L’eventuale nuovo divieto – sempre fatti salvi motivi di lavoro, salute, necessità e rientro anche nelle seconde case – riguarda le regioni gialle, mentre per quelle arancioni (o rosse, ma al momento non ce ne sono) rimarrebbe fino al 5 marzo in forza del Dpcm del 14 gennaio. Servirebbe una nuova normativa, secondo diversi esperti, anche per la riapertura degli impianti da sci, possibile dal 15 febbraio in base alle linee guida già approvate dalla Conferenza delle Regioni e validate dal Comitato tecnico scientifico. Anche per palestre e piscine c’è un protocollo validato dal Cts, ma la scadenza è il 5 marzo, come per cinema e teatri. C’è tempo.

Sono sempre le varianti di SarsCov2 – quella inglese, ma ancor più la brasiliana e la sudafricana – la principale fonte di allarme, anche perché come sappiamo l’Italia è partita molto in ritardo nel sequenziamento del virus. Il ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità hanno chiesto ieri con urgenza alle Regioni un’indagine rapida sui tamponi molecolari positivi del 4 e del 5 febbraio alla ricerca delle mutazioni e soprattutto di quella inglese, di cui si intende misurare la diffusione in Italia. Uno studio condotto in Danimarca conferma un’efficacia riproduttiva di 1,55 volte maggiore rispetto al virus originario: a partire da questo dato l’epidemiologo Stefano Kessler il 26 gennaio ha presentato al Cts un modello matematico che ipotizza in tre mesi un aumento dei contagi fino a 400 mila al giorno nel nostro Paese. Non è più letale, secondo gli esperti, ma in proporzione crescerebbero anche ricoveri e decessi. In Gran Bretagna si va verso la somministrazione di una terza dose del vaccino Astrazeneca per ottenere una maggiore protezione, mentre studi accreditati affermano che i vaccini Pfizer Biontech e Moderna conserverebbero la loro efficacia. Il Sudafrica invece ha bloccato Astrazeneca in base a uno studio che ridimensiona al 10% la sua efficacia sulla variante locale, già rintracciata anche in Italia. Non ci sono certezze anche su quella brasiliana, pure presente in Italia. Da ieri sono state istituite mini-zone rosse anti-varianti in Umbria (la provincia di Perugia e cinque Comuni del Ternano), dove i ricoveri sono al livello più alto dall’inizio dell’epidemia (500 ieri): c’è un focolaio con la variante brasiliana nell’ospedale del capoluogo e decine di casi di mutazione inglese sul territorio. Sospesa l’attività programmata degli ospedali. È rossa anche la confinante Chiusi (Siena). Come tre Comuni abruzzesi tra le province di Chieti e Pescara, dove è stata trovata la variante inglese. Allarme in Alto Adige, arancione come Umbria, Puglia e Sicilia, ma in lockdown per decisione delle autorità locali perché l’incidenza è di 801 nuovi casi in 7 giorni (la media nazionale è 139) e anche gli ospedali sono in sofferenza: la variante brasiliana dilaga da giorni oltre confine, nel Tirolo austriaco. Il governo di Vienna sconsiglia di andarci.

I nuovi contagi notificati ieri in Italia sono 7.970 con appena 144.270 tamponi, il tasso rimane al 5,5% e al 14,5% sulle persone testate. I morti sono stati 307, meno della media settimanale (391) che cala lentamente da almeno 15 giorni. Aumentano però gli accessi alle terapie intensive, ieri 139: negli ultimi 7 giorni più 6,3% sui precedenti 7, ma i posti letto complessivamente occupati sono scesi del 4,8%. Quattro Regioni sopra la soglia del 30%: Marche al 32%, Alto Adige al 35%, Friuli-Venezia Giulia al 36% e Umbria 56%.

Sudafricana: cilecca AstraZeneca. E ora Zaia vuol comprare da solo

Dalla sperimentazione del vaccino Astrazeneca continuano a emergere dati confusi e problematiche: il Sudafrica ha annunciato l’interruzione della vaccinazione avviata la scorsa settimana con il siero messo a punto dall’azienda Astrazeneca e dall’Università di Oxford, mentre il governo inglese difende e sostiene l’antidoto. Nuovi dati emersi dopo la seconda dose somministrata a duemila volontari trentenni in Sudafrica mostrerebbero, infatti, una protezione sotto il 25% contro la cosiddetta “variante sudafricana” del virus. Un’efficacia ben al di sotto degli standard fissati (sopra il 50%) dalle agenzie del farmaco europea Ema e americana Fda.

I nuovi dati – non ancora pubblicati – emergono da uno dei siti dove Astrazeneca ha condotto la sperimentazione vaccino (oltre a Inghilterra, Brasile e Stati Uniti) con un’efficacia valutata da Ema al 60% per soggetti sotto i 55 anni. Ora emerge che sui volontari sudafricani, a partire da due settimane dopo aver ricevuto la seconda dose, si sono verificati 19 casi di Covid lieve o moderato nel gruppo che ha ricevuto il vaccino, contro 23 casi nel gruppo che ha ricevuto solo un placebo. Una differenza che si traduce in un’efficacia solo del 21,9%. I ricercatori hanno sequenziato i virus che hanno infettato i partecipanti alla sperimentazione e hanno trovato un forte legame tra la riduzione dell’efficacia del vaccino e l’esplosione della diffusione della variante sudafricana. Non si sa se sia meno efficace anche contro le forme gravi di Covid.

Astrazeneca replica: “Il vaccino proteggerà dalle forme gravi di malattia,” in ogni caso. Pietro di Lorenzo, proprietario della Irbm di Pomezia che collabora con l’azienda allo studio del vaccino, ha detto a La Stampa che “Astrazeneca ha concluso altre sperimentazioni che dimostrano un’efficacia del 76% con una dose, che sale all’82% con la seconda dopo 3 mesi, con punte del 92%”. Il nuovo studio è stato mandato alla rivista Lancet – ha aggiunto – e a giorni arriverà all’Ema.

Ma “è tempo di ricalibrare le aspettative sui vaccini anti-Covid e di decidere come rispondere alla pandemia, in Sudafrica e a livello globale”, ha dichiarato Shabir Mahdi dell’Università di Witwatersrand, ricercatore che ha guidato lo studio in Sudafrica. “Ci aspettiamo che le autorità sudafricane ci diano i termini esatti di ciò che hanno scoperto, perché ciò potrebbe avere importanti implicazioni per tutti”, ha spiegato al Fatto Guido Rasi, ex direttore di Ema. Ma oltre ai dati sudafricani, per correggere le strategie vaccinali man mano che emergono nuove varianti, serve “un sequenziamento massivo del genoma dei campioni di virus da pazienti positivi, per capire quali varianti sono presenti in Italia e in che percentuale”, spiega. E “un controllo dell’immunizzazione raggiunta nei vaccinati, con i test sierologici”. Infine, “un gruppo di specialisti che si occupano di modellizzare le strategie vaccinali”. Ma i modelli di previsione danno risultati se ci sono le informazioni del sequenziamento e dal controllo di immunità reale. A fine gennaio 2021, l’Italia, per il sequenziamento, era ultima in Europa. E per ora, il controllo di immunità non sembra previsto, né si sa se il ministero della Salute si stia avvalendo di esperti di modellizzazione. “Il vaccino anti-Covid diventerà stagionale”, spiega Rasi, ossia verrà ricalibrato ogni anno, man mano che emergono varianti, “una cosa fattibilissima”. Ma se non sappiamo quali varianti sono presenti in Italia? Mentre la variante britannica e quella brasiliana possono essere intercettate dai tamponi Pcr, per capire se un paziente è positivo alla variante sudafricana serve per forza il sequenziamento. “Mi aspetto che emergerà anche una variante italiana, visto l’alta circolazione del virus da noi. La scopriranno all’estero?”, aggiunge. L’accaparramento delle dosi da parte dei Paesi ricchi lascerà il Sud del mondo senza fiale fino al 2024, compromettendo le strategie vaccinali anche dell’Occidente: se il virus continua a circolare in ampie aree del mondo, continuerà a mutare, e tornerà in Occidente come un boomerang.

Luca Zaia, governatore del Veneto, ha annunciato l’intenzione di voler procedere per conto suo: “Ci sono sul mercato disponibilità di dosi. A che titolo si dice di no a un’offerta mettendo a repentaglio la salute di molti cittadini?”.