Rinoplastica, problemi di peso e il corpo di Cristo finito nella scollatura

E per la serie “Chiudi gli occhi e apri la bocca”, eccovi i migliori programmi tv della settimana:

Netflix, streaming: Maradona in Messico, documentario. Racconto spassionato e intimo del Maradona più verace, il calciatore generoso che cercò di debellare il narcotraffico tutto da solo.

Real Time, 21.45: Vite al limite, docu-reality. Il programma racconta percorsi di dimagrimento. Il segno che mangi troppo: quando sei seduta in salotto su una poltrona comodissima e t’accorgi che non è una poltrona comodissima, è il tuo sedere.

Rai 1, 10.15: La Santa Messa, varietà. Ricordo ancora quel momento indimenticabile del Giubileo degli artisti quando Mara Venier andò a fare la comunione dal Papa e l’ostia le cadde nella scollatura. È da allora che stanno cercando di recuperare il corpo di Cristo senza riuscirci. Un altro caso Vermicino.

Sky Atlantic, 21.15: Raised by Wolves, telefilm. Serie di fantascienza ambientata sul pianeta Kepler 22-b, colonizzato dai terrestri. Ci si arriva voltando a destra dopo il cartello “Limite di velocità: 300.000 km/sec”.

Rai 3, 11.00: Elisir, medicina. Dopo 21 edizioni, Michele Mirabella non sa più cosa inventarsi per rendere interessante il programma. Per esempio, la puntata di questa settimana si intitola: “Osteoporosi: si può curare con il sesso anale?”.

Discovery, 8.30: Com’è fatto, documentario. Frank Lloyd Wright e la sua casa sospesa su un geyser.

Rete 4, 19.35: Tempesta d’amore, soap. Karl propone a una cliente un intervento di mastoplastica rivoluzionario. Lei nutre dei dubbi: “È vero che ha fatto una rinoplastica a una cuoca famosa che adesso non sente più gli odori?”. E Karl: “Con il naso no, ma con le tette sì”. “Non voglio sapere cosa fa con le orecchie”.

Canale 5, 17.20: Domenica Live, varietà. È in corso una guerra mondiale fra la Terra e i rettiliani, ma non ce ne accorgiamo perché siamo ipnotizzati da un messaggio subliminale che ne cancella la memoria appena se ne parla. Il messaggio subliminale è contenuto nei programmi tv di maggior successo. In Italia Domenica Live, Amici, Uomini e donne, C’è posta per te e Domenica In. La prova? La prova di cosa?

Rai 5, 21.15: Concerto di Capodanno, musicale. Viene riproposto il tradizionale concerto di Capodanno dalla Fenice di Venezia, diretto da Daniel Harding. Non so voi, io a Capodanno ballo solo valzer di Strauss. Che l’orchestri suoni pure quello che vuole: è un suo problema.

Canale 5, 21.20: L’amore strappato, fiction con Sabrina Ferilli. Come sapete, considero me stesso nient’altro che uno strumento per il piacere femminile. Quando stavo con Sabrina Ferilli, il mio manager mi mise in guardia: “Attento, è più famosa di te. Guai in vista. Lo so perché ebbi una relazione con Silvana Mangano”. Un giorno siamo a letto, le dico che ho ricevuto un invito al Quirinale e le chiedo se viene con me alla cena. Tavolo 20. Lei ride: “Io volevo invitare te”. “Fantastico. A che tavolo sei?”. E lei: “Tavolo 1 coi Ciampi”. Non riuscii ad avere un’erezione. Il mio manager: “T’avevo avvisato. Quando stai con una donna famosa, è lei ad avere il cazzo, e a te non tira più”. Sabrina mi molla. Il giorno dopo mi metto con una velina. “È meno famosa di me?”. Il mio manager: “Di gran lunga”. Le dico: “Verresti con me alla cena al Quirinale?”. Lei ride: “Io volevo invitare te”. “Fantastico. A che tavolo sei?”. E lei: “2”. Siete mai stati a cena con una, e a un certo punto credete di fare un ruttino e invece vomitate?

 

Un Fenomeno universale tra scacchi e pallone

 

• “Draghi si scopre Dracarys. E il premier senza social diventa star del web”

Repubblica

 

• “Come il marziano Kunt di Flaiano, Draghi atterra con la sua astronave a Montecitorio già di mattina per studiare il terreno e gli abitanti del novo pianeta. Gli astri sono favorevoli (…). Nella Sala dei busti, attigua a quella dove Draghi tiene le sue udienze, persino Enrico De Nicola e Alcide De Gasperi si guardano e sembrano sorridere”.

Repubblica

 

• “Pasquino e le partite di calcio in America: ‘Draghi era riflessivo anche in campo’” (bel titolo, in verità Pasquino lo definisce “poco scattante, troppo riflessivo, riluttante a ostacolare gli avversari”)

CorSera

 

• “D’Alema con ‘Space Invaders’; Renzi con la Playstation, Draghi sulla piattaforma chess.com: lo vedete il salto di qualità? Ci sono quelli bravini e i primi della classe. Poi, ci sono i fuoriclasse. (…) Draghi, tra una consultazione e l’altra, gioca a scacchi online”.

Il Foglio

Calenda il romano vuol la pace coi fascisti

L’incarico a Mario Draghi ha finito per inebriare Carlo Calenda. Il leader di Azione non sta più nella pelle all’idea di un bel governissimo con tutti dentro (soprattutto lui) e da giorni gira social, tv e giornali magnificando le future sorti del Paese. Il meglio di questo suo sforzo celebrativo lo ha forse regalato a Twitter, dove si è concesso una previsione degna del Mandela post-apartheid: “Un sostegno largo a Draghi avrebbe anche un effetto di pacificazione, che non vuol dire annullare le differenze, ma ricondurle nello spazio della politica, chiudendo un perenne scontro morale (buoni vs cattivi; sinistri vs fascisti; onesti vs corrotti) che avvelena il Paese”. Che cosa ci sia da pacificare con i fascisti (facendo grazia dei corrotti…) non è chiarissimo, ma forse Calenda può spiegarlo a noi e soprattutto ai romani, di cui spera di diventare presto sindaco. La città che ha sofferto l’eccidio delle Fosse ardeatine sarà lieto di ascoltarlo: magari, nel nome del governissimo e di SuperMario, giungerà pure l’ora del perdono.

Il bipolarismo, lingua in bocca e le comunali

Davvero commovente l’assembramento in mascherina per entrare nel governo Draghi (salvo Giorgia Meloni e Alessandro Di Battista) con gente che ancora qualche ora fa si ficcava con voluttà le dita negli occhi e che al momento non vede l’ora di condividere, tutti insieme appassionatamente, qualche sopraffina giocata del presidente incaricato (il “nostro Ronaldo”, secondo l’estasiato leghista, Giancarlo Giorgetti). O che, magari, spera di allungare le mani sulla gestione dei 209 miliardi del Recovery Plan? Non invidiamo naturalmente l’ex presidente Bce che causa l’affettuosa ressa presto si vedrà costretto a transennare il suo ufficio di Montecitorio. Con la stampa al seguito in un brodo di giuggiole, mentre c’è chi sommessamente s’interroga sull’avvento del bipolarismo lingua in bocca. Si dà il caso, infatti, che in una data compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno dovrebbe svolgersi una megatornata elettorale con ben 1.287 Comuni chiamati al voto, tra i quali Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna, Trieste.

Scriviamo dovrebbe perché nel suo “appello” a tutte le forze parlamentari per realizzare il governo “di alto profilo” il presidente Sergio Mattarella ha spiegato alla nazione come la sola alternativa, e cioè il ricorso anticipato alle urne, avrebbe almeno un paio di robuste controindicazioni. Un lungo vuoto di potere ai vertici dello Stato per effetto delle macchinose procedure previste, oltre naturalmente alla perdurante pandemia. Trattandosi di elezioni amministrative, il primo problema non dovrebbe sussistere mentre non è impossibile pensare che tra vaccinazioni di massa e possibile calo dei contagi, a giugno con il Covid sotto controllo i seggi potrebbero essere aperti senza troppi rischi. Nell’ipotesi di un’ammucchiata (sempre di “alto profilo” s’intende) non sarebbe male assistere a una campagna elettorale tra partiti alleati a Palazzo Chigi e che se le suonano al Campidoglio (o a Palazzo Marino, o a piazza Municipio). Per carità, niente di nuovo sotto il sole, capitava già nella Prima Repubblica a democristiani e socialisti di copulare nella Capitale e di mettersi le corna dietro l’angolo. Anche se nel caso in esame la triplice emergenza, sanitaria, economica e sociale evocata dal Quirinale suggerirebbe comportamenti coerenti su tutto lo Stivale e che, soprattutto, evitino di disturbare il manovratore con polemicuzze locali. Ragion per cui un rinvio del voto comunale a data da destinarsi non sembra affatto improbabile. Come si dice: non tutto il virus viene per nuocere.

Il tocco di Mario e lo spread sparisce

Mario Draghi, si sa, può tutto. Alcune “vite dei santi” sono un capolavoro di critica a confronto con le agiografie che stanno ricoprendo l’ex Bce. Le vette più surreali si raggiungono in quello che “Super Mario” fa anche senza fare. Tipo far “crollare” (sic) lo spread con la sua presenza, concetto ieri ripetuto urbi et orbi dalla meglio stampa italiana. Il calo di meno di 10 punti rispetto ai minimi di inizio anno del differenziale di rendimento tra i Btp italiani e i bund tedeschi è valso una sfilza di articolesse sul miracolo. Roba che neanche il tocco dei Re medievali che guariva dallo scorbuto. Il concetto che i mercati prezzano l’allontanarsi delle urne e che conti l’azione della Bce non sfiora la grande stampa. Da marzo, cioè dalla gaffe della Lagarde (“La Bce non deve far chiudere gli spread”) alla caduta del governo, il differenziale è sceso da 300 a poco più di 100 punti (da agosto 2019 a febbraio 2020 era passato da 200 a 130). C’era sempre Conte a Chigi. Ma lui, si sa, non può tutto.

5 Stelle spaccati sul sostegno a Mr Bce

 

Bivio

Sarà capolavoro o suicidio? Per il movimento più probabile il secondo

Confesso di non capirci più nulla. È tutto troppo rapido. E pure un po’ ridicolo. “Mai con Draghi”, anzi sì. “O Conte o voto”, ma anche no. Ho stima di Mattarella e Draghi, ma non voglio un’ammucchiata vomitevole.
I 5stelle erano per il no, poi di colpo per il sì. Avrebbe senso per cementare l’alleanza progressista e per entrare nella partita del Recovery Fund. Ma è anche vero che, se loro non ci stanno, Draghi si defila (o lui così dice). Quindi, se proseguissero col “no”, ridarebbero chance a Conte premier. Oppure voto e addio Renzi. Forse il male minore è un governo Draghi sostenuto dalla vecchia maggioranza più i centristi, ovvero il Conte ter, ma con Draghi a Palazzo Chigi. E Conte dentro in posizione chiave.
I 5stelle hanno governato con Salvini. Poi col Pd. Ora Berlusconi, Calenda e Bonino? E magari (magari?) pure Salvini? Sarebbe un gigantesco “Franza o Spagna purché se magna”. Se entrano nel governo Draghi, i 5stelle possono fare un capolavoro o un suicidio. Così, a occhio, più il secondo.

Andrea Scanzi

 

Scenari

Se la maggioranza non piace, meglio votare i singoli provvedimenti

La chiamata di Draghi mi sembra una pagina nera per la politica. Intanto perché è un deus ex machina arrivato dopo il fallimento del mandato di Fico e delle opposizioni, che non hanno saputo fornire un’alterativa credibile. Questa scelta rischia poi di esporre le forze politiche a un processo disgregativo. Sarà una traversata del deserto per tutti, a partire dalla Lega che si è sempre presentata come anti-establishment e contro i poteri europei, ma anche per il Pd, che rischia di governare con Salvini. E poi, ovviamente, per i 5stelle: se decidono di non sostenere Draghi, dando conto alla loro anima originaria “contro i poteri forti”, rischiano di accelerare le elezioni; altrimenti scelgono di sopravvivere, ma sacrificando parte della loro identità. E anche affidarsi a Rousseau, dopo tutti i problemi con Casaleggio, non la vedo così semplice. Il modo migliore per uscirne è forse accettare di far parte della maggioranza, qualora fosse formata grossomodo dalle stesse forze del Conte II. Oppure, se questo non fosse possibile, valutare il sostegno al governo provvedimento per provvedimento. Ma non è detto che Draghi accetterebbe di formare un governo senza il sostegno di chi ha la maggioranza relativa in Parlamento.

Marco Revelli

 

In pandemia

Impossibile non farsi coinvolgere, ma trattando sui ministri

Davanti ai 5stelle non c’è un bivio, ma un incrocio senza semaforo, ogni direzione un rischio. Possono andare dritti verso l’Aventino e sedersi lassù. Oppure salire a bordo del governo Draghi. Farlo con quel che resta di Berlusconi, se prima o poi tornerà dalla sua convalescenza provenzale. E farlo nonostante il rischio di ritrovarsi con Salvini e i suoi sovranisti esentasse. Ogni direzione porterà lacerazioni e conseguenze. Si tratterà di scegliere, come spesso accade in politica, la migliore tra le peggiori soluzioni. Isolati, rischiano l’irrilevanza. Coinvolti, la condivisione delle responsabilità. Ma forse anche i meriti (se ci saranno) della risalita. Trattare su chi saranno i compagni di viaggio, cioè i ministri, mi sembra la condizione indispensabile per iniziare il viaggio. Magari riservandosi un appoggio esterno. O il sostegno a un numero limitato degli interventi considerati più urgenti. In tempi normali uno potrebbe scegliere di non lasciarsi coinvolgere. Ma non siamo in tempi normali e la pandemia ha da gran tempo colpito il sistema Italia, fino ai bordi del collasso economico e sociale. È per questo che siamo stati appena commissariati dal più politico dei banchieri.

Pino Corrias

 

Renzi gongola

Riecco B.! Ora sarebbe giusto che i 5S rimanessero fermi su Conte

Sembra che il logos abbia diradato il caos. Mario Draghi rinfresca, come i climatizzatori di ultima generazione negli uffici delle grandi banche.
Si dimentica però da cosa ha originato questo friccico che tanti orgasmi sta producendo nel Paese virtuale e nelle redazioni, e cioè dai ricatti di un leaderino col 2 per cento dei consensi. Conte non è stato sfiduciato dal Parlamento; si è dimesso per rimettere nelle mani del presidente della Repubblica un mandato crivellato di colpi, molti bassi. Non è chiaro perché Mattarella abbia chiamato Draghi, e la risposta “perché Draghi è un gran fico” non è da nazione seria e democratica.
Si deve desumere che c’è un’istanza superiore al Parlamento che ha deciso che Conte non dovesse gestire il Recovery Fund su input di un senatore semplice. Il quale fa bene a gongolare: è riuscito a rendere Berlusconi potabile ai piani altissimi e sé stesso provvidenziale.
Il M5S deve scegliere se fare quel che è fico (appoggiare Draghi, magari con B.!) o quel che è giusto: ribadire la sua fiducia a Conte e al programma di governo.

Daniela Ranieri

“Bilanci falsi e debiti nascosti”: 15 indagati

Bilanci falsati per milioni di euro e “incarichi aggiustati”. Ma anche “macroscopiche violazioni di legge” e interessi personali anteposti a “qualsiasi altra considerazione di rispetto della legalità e di tutela del pubblico interesse”. Andavano così le cose nell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza dove, per dirla con le parole dell’ex direttore generale Raffaele Mauro, il problema è quello “del governo delle cose”. Anche lui, ieri mattina, è stato raggiunto dall’ordinanza di misura cautelare del divieto di dimora in Calabria assieme all’ex direttore amministrativo Luigi Bruno e a quello sanitario Francesco Giudiceandrea. Lo stesso provvedimento è stato disposto dal gip Manuela Gallo, su richiesta del procuratore Mario Spagnuolo e del pm Mariangela Farro, nei confronti di altri tre dirigenti ai quali, però, i magistrati hanno vietato di mettere piede nella città dei Bruzi.

Abuso d’ufficio, falsità materiale e falsità ideologica sono i reati contestati agli indagati dell’inchiesta “Sistema Cosenza” condotta dalla guardia di finanza. Oltre alle misure cautelari, la Procura ha fioccato 9 avvisi di garanzia. Alcuni eccellenti come quello notificato all’ex commissario della sanità calabrese Saverio Cotticelli, l’ex generale dei Carabinieri che si è dimesso dopo l’intervista rilasciata alla trasmissione Titolo V in cui ha ammesso di non aver redatto il piano Covid. È indagato anche il suo predecessore, Massimo Scura, e il dirigente del “Dipartimento della Salute” della Regione Calabria Antonio Belcastro. Tutti e tre sono accusati di falsità ideologica e saranno interrogati dal gip. Il giudice dovrà decidere sulla richiesta di misura interdittiva avanzata dalla Procura che, grazie agli accertamenti della guardia di finanza, ha scoperto un “sistema di malaffare che ha consentito di occultare un progressivo e inarrestabile depauperamento delle risorse dell’ente sanitario”. Bilanci falsi che nessuno controllava nonostante i pareri contrari espressi dal collegio sindacale. Il tutto con buona pace della sanità pubblica e dei livelli essenziali di assistenza che dovrebbero essere garantiti ai calabresi. Per la Procura, dal 2015 al 2017 i debiti dell’Azienda sanitaria hanno superato il mezzo miliardo di euro.

Non compare tra gli indagati, ma nelle carte c’è pure l’ex consigliere regionale Franco Pacenza, fedelissimo dell’ex governatore del Pd Mario Oliverio e suo consulente personale per le politiche sanitarie. “Sebbene esclusa dalla richiesta cautelare”, scrive il gip, la posizione di Pacenza “è di estrema importanza”. Per il procuratore Spagnuolo, “c’è una logica di consenso elettorale-politico, di gestione di questo consenso, che viene fatta proprio attraverso l’adozione di provvedimenti non corretti a favore di persone”. “Se salta Cosenza salta tutto” avrebbe detto Pacenza nel febbraio 2019. Aveva ragione. Negli stessi giorni, la Guardia di finanza intercetta l’ex direttore generale Raffaele Mauro: “Bisogna andarsene perché sono cambiati gli equilibri politici, anche a livello romano e loro vogliono liberate le poltrone. Siccome quelli che sono al governo a Roma, dal ministro al resto, hanno deciso che vogliono Cosenza, se la prendessero… La cosa importante sai qual è? Che ci sono le elezioni europee mo’ a maggio e a loro servono le postazioni per la campagna elettorale”.

“Abbiamo parcheggiato lì qualche milione della Lega”

L’inchiesta sulla fondazione regionale Lombardia Film Commission (Lfc) e sui presunti “fondi neri” della nuova Lega di Matteo Salvini, dopo gli interrogatori, dopo le poche parole dette ai magistrati da Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, ex contabili del Carroccio, e in attesa della richiesta di giudizio immediato, ora si arricchisce di elementi inediti che promettono di scardinare il muro di gomma messo a verbale dai professionisti vicini a Salvini e al tesoriere del partito Giulio Centemero. Si tratta di un carteggio di email emerso in buona parte dagli atti trasmessi a Milano dalla Procura di Genova che dal 2018 indaga sul presunto riciclaggio di 49 milioni di contribuiti pubblici spariti sotto la gestione della vecchia Lega. La prima email è quella che Manzoni invia a Marco Ghilardi, ex direttore di banca della filiale Ubi a Seriate. Ghilardi, a partire dal 2015, ha gestito conti di società riconducibili sia ai due commercialisti sia al partito. Per la sua gestione, ritenuta non corretta dalla banca, sarà spostato in altra sede. Non indagato a Milano, ma interrogato dai pm spiegherà in modo accurato diversi flussi di denaro riferibili ai contabili. Il 18 gennaio 2018 Manzoni invia a Ghilardi una email con in copia Di Rubba. Entrambi, assieme al commercialista Michele Scillieri, sono indagati per evasione e peculato in relazione alla vicenda dell’acquisto di un capannone da parte di Lfc di cui Di Rubba è stato presidente. Anche sull’affare Lfc oggi la Procura ha in mano una email ritenuta di interesse.

Il 18 gennaio Manzoni si mette alla tastiera. Oggetto: “Richiesta mutuo”. “Ciao Marco – si legge – per quanto riguarda la qualità del servizio offerto non ho da lamentarmi come viene confermato dal fatto che qualche milioncino (esempio: fondazione, editoriale Nord, fallimenti) l’abbiamo nel tempo parcheggiato da te, oltre alle numerose attività imprenditoriali (collegate o meno a me e ad Alberto) i cui conti sono stati aperti presso la tua filiale”. Il messaggio già fino a questo punto svela il flusso di denaro collegato alla Lega sul quale continuano gli accertamenti della Guardia di finanza per capire da dove siano arrivati quei milioni. Presso la filiale di Seriate aveva il conto l’associazione “Più voci” riferibile anche a Centemero e finita nel mirino sia della procura di Roma che di Milano. Motivo: bonifici, tra il 2015 e il 2016, con causale “erogazione liberale” o “contributo volontario” da parte dell’imprenditore Luca Parnasi (250mila euro) e da Esselunga (40mila euro). Circa 300mila euro che arrivati sul conto ripartono per andare in parte a ristorare le casse di Radio Padania. Tanto che l’audit interno di Ubi scrive: “Il denaro percepito a titolo di liberalità non è stato utilizzato per la finalità dell’associazione ma è stato sistematicamente trasferito a Radio Padania con causale: contributo”. Rispetto a “Più Voci” Centemero è oggi imputato a Milano con l’accusa di finanziamento illecito legata ai 40mila euro di Esselunga. A oggi non tutti i “milioncini” di cui parla Manzoni sono stati tracciati dagli investigatori.

L’incipit della email precede poi una richiesta personale di Manzoni sul tasso d’interesse del suo mutuo. Manzoni chiede di abbassarlo. Può chiederlo, è il ragionamento che si fa in Procura, proprio in virtù di quei “milioncini” riconducibili al mondo leghista e “parcheggiati” sui conti di Ubi. Scrive Manzoni: “Per quanto riguarda il mutuo sono peggio di un pensionato (i 50k investiti nelle vostre obbligazioni sociali evidenziano la mia pressoché nulla propensione al rischio) e preferisco il tasso fisso. Riesci a scendere sotto 1,60?”.

Un’altra email, secondo gli inquirenti, svela come il piano per “spartirsi” gli 800mila euro frutto dell’acquisto del capannone da parte di Lfc fosse stato ideato prima del preliminare di vendita del dicembre 2017. La email che Manzoni riceve da Michele Scillieri è infatti del 30 novembre. Oggetto: “Conteggi”. Il messaggio è stato trovato dalla Procura di Genova nei pc della società Dea, riconducibile a Manzoni e Di Rubba con sede a Bergamo in via May, indirizzo dove sono domiciliate quasi tutte le srl dei commercialisti della Lega. Allegato c’è un file Excel con la contabilità, ripartita tra costi di ristrutturazione, pagamenti a eredi, legali, notai, e tre consulenze da circa 88mila euro ciascuna. Nel messaggio Scillieri scrive: “Come concordato allego prospetto numerico”. Poi si rimette alle decisioni che, si comprende dal testo, dovranno arrivare non solo da Manzoni.

Brevetti liberi, l’Europa continua a opporsi

Nella Ue le dosi di vaccino anti-Covid scarseggiano, ma il monopolio di Big Pharma non si tocca. Ieri, Ursula von der Leyen, ha ammesso in un’intervista su La Stampa di aver sottovalutato il deficit di produzione, sulla scia dell’annunciato ritardo nelle consegne delle dosi all’Ue da parte di Astrazeneca. Ma è lo stesso esecutivo di Bruxelles, insieme agli Stati membri, ad aver riconosciuto all’azienda anglo-svedese il diritto esclusivo di produrre l’immunoprofilassi nei propri stabilimenti, come si legge nel contratto di fornitura desecretato il 27 gennaio (principio presumibilmente reiterato negli accordi firmati con le altre aziende alle quali l’Ue ha già versato contributi per 2,7 miliardi di euro). L’urgenza di immunizzare la popolazione europea, coinvolgendo produttori terzi, e gli interessi delle lobby farmaceutiche sono ormai in rotta di collisione.

Il team della Von der Leyen, continua a respingere, con Usa e Giappone, la proposta di India e Sudafrica al Wto sulla sospensione temporanea dei brevetti. Opposizione confermata in risposta a un’interrogazione dell’Europarlamento da cui ora il presidente, David Sassoli, chiede implicitamente alla Von der Leyen di fare più di un mea culpa. “Come previsto dagli accordi Wto, in casi di una emergenza inedita, come quella che stiamo vivendo, si deve riflettere su una sospensione limitata e temporanea di alcune protezioni della proprietà intellettuale, che potrebbe permettere ai governi di una distribuzione rapida ed eguale a tutti i cittadini”, dichiara Sassoli al Fatto. A luglio gli eurodeputati avevano chiesto a Commissione e governi di prevedere licenze non esclusive in tutti gli strumenti di finanziamento pubblico allo sviluppo di farmaci contro il Covid. E di sostenere il pool di accesso alle tecnologie (C-Tap), promosso dall’Oms, per massimizzare la condivisione di conoscenze e tecnologie sanitarie per combattere la pandemia (finora hanno aderito solo Belgio e Svezia, nessuna azienda).

“Esiste ovunque larga capacità produttiva inutilizzata, ma il pianeta è appeso ad alcuni stabilimenti che non potranno mai fornire quanto necessario”, afferma Massimo Florio, professore di Economia pubblica all’Università di Milano, “non ha senso che le aziende farmaceutiche abbiano un’esclusiva di produzione, potrebbero essere remunerate tramite royalties percepite in base a licenze rilasciate a terzi”. La pensa diversamente Andy Powrie-Smith, direttore delle comunicazioni alla Federazione europea dell’industria farmaceutica: “Sarebbe eccessivo obbligare i titolari dei brevetti al rilascio di licenze e al trasferimento tecnologico, riteniamo che siano sufficienti le collaborazioni bilaterali siglate dalle aziende”. Si riferisce alla recente decisione di Pfizer di subappaltare parte della produzione a Sanofi e Novartis. Concorda con questa linea il vice-ministro uscente Pierpaolo Sileri. “Si tratta di accordi tra privati che non garantiscono una produzione sufficiente”, controbatte Sara Albiani, consulente di Oxfam che ieri ha lanciato un nuovo appello alla liberalizzazione dei rimedi contro il virus, avvertendo che i vaccini di Pfizer, Moderna e Astrazeneca, gli unici finora approvati, possono coprire solo un terzo della popolazione mondiale, “essere ostaggi della logica di mercato di multinazionali finanziate da soldi pubblici nella fase di ricerca a sviluppo è intollerabile e, senza condivisione di brevetti e tecnologie non si riesce ad allargare la produzione abbastanza per tutti, compresi i Paesi a basso reddito”.

European data journalism network (col supporto di Ij4eu)

“Variante inglese, rischio 400 mila casi al giorno”

In Umbria hanno contato 18 casi di variante inglese e 12 di variante brasiliana, quella che preoccupa di più, tutti meno uno all’ospedale di Perugia dove ci sono stati 220 contagi. Alcuni operatori sanitari avevano avuto la prima dose del vaccino, nessuno la seconda. La variante inglese invece è sul territorio, specie tra Bastia Umbra, il Trasimeno e il Perugino. Si diffonde anche in Abruzzo: almeno 70 casi e un centinaio nel resto d’Italia (41 in Lombardia e poi Veneto, Marche, Toscana, Lazio, Campania e appunto Umbria) che non dimostra resistenza al vaccino, né maggiore letalità, ma è più contagiosa e “sembra possa infettare di più la popolazione pediatrica”, ha osservato Gianni Rezza, direttore della Prevenzione al ministero della Salute. Via alle mini zone rosse infraregionali: nella provincia di Chieti, nel nord dell’Umbria e a Chiusi (Arezzo).

L’allarme sulle varianti è molto alto. “Partendo dall’1% di prevalenza” ipotizzato oggi per la variante inglese (è dell’1,4% in Francia secondo lo studio più accreditato) e da “una trasmissibilità del 50% superiore” al ceppo più diffuso (secondo le stime che si fanno nel Regno Unito), “l’epidemia potrebbe avere un picco di prevalenza nei prossimi 3 mesi di 400.000 nuove infezioni al giorno”, si legge nel verbale del Comitato tecnico scientifico del 26 gennaio che prende atto del modello matematico di Stefano Merler, l’epidemiologo della Fondazione Kessler che collabora con l’Istituto superiore di sanità e un anno fa illustrò il possibile impatto dell’epidemia in Italia. Merler stima che oggi siano rilevati il 25% dei contagi, i 15 mila circa che vediamo ogni giorno (ieri 14.218, il 5,26% dei tamponi molecolari e antigenici e 377 morti, meno della media) su 60 mila: arriveremmo dunque a 100 mila notifiche al giorno. Ovviamente si moltiplicherebbero anche i malati in terapia intensiva e i decessi. Lo studio di Merler non tiene conto della vaccinazione, “efficace” anche contro la variante. Col 50% di maggior trasmissibilità “la terza ondata – scrive – potrebbe non essere gestibile con misure da zona gialla”, ma “non è detto che la maggior trasmissibilità osservata in Uk sia la stessa che si avrà in Italia. Se fosse solo del 30% l’impatto potrebbe essere meglio gestito e diluito nel tempo”.

Da lunedì l’Italia sarà ancora più gialla. Lascerà la zona arancione la Sardegna. La Puglia resta arancione come la Sicilia e l’Umbria, che ha il valore di Rt più alto (1,18) secondo il monitoraggio settimanale di ieri. Anche Bolzano e Friuli-Venezia Giulia sono sopra 1. La situazione è in “lieve peggioramento” secondo ministero della Salute e Iss. A livello nazionale Rt sale da 0,81 a 0,84, superando 1 nel valore più alto. L’incidenza cala meno delle scorse settimane: 273,01 nuovi casi per 100.000 abitanti in 14 giorni contro 289,35. In 13 Regioni i casi aumentano. Tre, contro una la settimana scorsa, sono a rischio “alto”: Bolzano, Puglia e Umbria. Cinque, spiega il matematico del Cnr Giovanni Sebastiani, vedono aumentare i pazienti in terapia intensiva negli ultimi 10 giorni: la Val d’Aosta del 74%, l’Umbria del 37%, Bolzano del 32%, l’Abruzzo dell’11% e la Puglia del 5%. Si annuncia battaglia sulla riapertura serale dei ristoranti. Deciderà il prossimo governo se il 15 febbraio, quando riparte lo sci, cadrà il divieto di viaggi interregionali.