“L’Ucraina è stata creata da Lenin, è stato il suo creatore e il suo architetto. Lenin aveva un interesse particolare anche per il Donbass. Il Donbass fa parte anche culturalmente della nostra storia”. La crisi collassa: non militarmente, ma diplomaticamente. Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato ieri sera il riconoscimento dell’indipendenza delle due Repubbliche separatiste del Donbass, Luhansk e Donetsk, prima al telefono con il cancelliere tedesco Olaf Shcolz e poi con il presidente francese Emmanuel Macron. Infine, il suo discorso alla nazione durante il quale ha poi firmato l’atto ufficiale assieme ai leader delle due Repubbliche separatiste: “In Ucraina le armi occidentali sono arrivate con un flusso continuo, ci sono esercitazioni militari regolari nell’ovest dell’Ucraina, l’obiettivo è colpire la Russia”. Inoltre, per il presidente russo “le truppe della Nato stanno prendendo parte a queste esercitazioni, almeno dieci sono in corso, e i contingenti Nato in Ucraina potrebbero crescere rapidamente. I sistemi di comando delle truppe ucraine sono già integrati con la Nato e l’Alleanza ha iniziato a sfruttare il territorio ucraino”.
Sulla situazione politica di Kiev, Putin è perentorio: “Gli ucraini sono dominati solo da oligarchi interessati alle loro aziende e a dividere l’Ucraina dalla Russia e non ai bisogni dei cittadini. Il crollo dell’economia ucraina è evidente, ed è colpa del governo che ha permesso questo sistema, che ha autorizzato gli oligarchi a rubare”. Si ripete lo scenario georgiano: dopo il conflitto del 2008, la Russia riconobbe Abkhazia e Ossezia. Il gesto rappresenta una escalation della crisi e rende più aleatorio un incontro tra Putin e Joe Biden di cui si parlava da domenica e che era stato annunciato dal presidente francese Macron. La svolta arriva preparata da giorni di crescenti allarmi sulla situazione nel Donbass, da dove continuano a giungere rumori di guerra, esplosioni, violazioni del cessate-il-fuoco, evacuazioni, vittime. Mosca afferma che “cinque elementi di un gruppo di sabotatori” sono stati “eliminati”, dopo avere violato il confine russo-ucraino (sarebbero stati distrutti due veicoli da combattimento e un soldato sarebbe stato fatto prigioniero); Kiev smentisce. Putin ribadisce alla nazione che la Nato “ha dato risposte troppo generiche” alle istanza del Cremlino e che missili Tomahawk sono già in territorio ucraino, dunque potrebbero facilmente colpire la Russia. “L’adesione dell’Ucraina alla Nato porrebbe una minaccia diretta per la sicurezza della Russia. Sull’allargamento a est la Nato ci ha ingannato”. C’è anche spazio per una stoccata agli Stati Uniti: “L’ambasciata Usa a Kiev controlla direttamente alcuni giudici, l’Ucraina non ha un sistema giudiziario indipendente, è divenuta una marionetta nelle mani dell’Occidente”. A dare supporto al presidente ci hanno pensato i suoi collaboratori: il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Dmitry Medvedev: “È impossibile che la situazione in Ucraina migliori, quindi, è necessario riconoscere Lugansk e Donetsk.” I ministeri degli Esteri e della Difesa e l’intelligence concordano: “Non c’è altra via che riconoscere le Repubbliche del Donbass”.
Che la situazione stesse evolvendo lo si è capito quando c’è stata una riunione non programmata – e trasmessa in diretta dalla tv di Stato – del Consiglio di Sicurezza. Putin ha ascoltato per un’ora e mezza interventi tutti favorevoli al riconoscimento, poi ha detto: “Vi ho inteso, ora decido”; e così ha fatto. Lunedì scorso i leader separatisti avevano lanciato un appello congiunto al presidente, chiedendo che Mosca riconoscesse le due Repubbliche autoproclamatesi indipendenti dall’Ucraina dopo la rivoluzione anti-russa del 2014.