Aspi, per il crollo nella galleria Bertè gli indagati sono 21

Attentato alla sicurezza dei trasporti, falso, crollo colposo, mancato rispetto delle norme sulla sicurezza del lavoro e delle normative di sicurezza europee. Sono le accuse contestate a vario titolo a 21 persone, manager e tecnici di Autostrade per l’Italia e Spea Engineering, nel filone di indagine che riguarda le gallerie. Fra loro c’è anche l’ex amministratore delegato, Giovanni Castellucci, e l’attuale direttore di tronco, Mirko Nanni. Gli accertamenti nascono dal cedimento della galleria Berté, sulla A26, tra Ovada e Masone. I fatti risalgono al 30 dicembre 2019 quando due tonnellate e mezzo cadono a terra, mancando per un soffio due auto. La Guardia di Finanza, coordinata dai pm Francesco Pinto e Walter Cotugno, indaga su due ipotesi di fondo. La prima riguarda la sistematica falsificazione dei report sulla sicurezza, circostanza già emersa nelle indagini sui viadotti. La seconda chiama in causa il mancato adeguamento alle norme Ue approvate nel 2006: sarebbero oltre 200, la metà in Liguria, i tunnel fuori norma.

Parte la “lotteria degli scontrini”. Premi da marzo

Da domani parte la Lotteria degli scontrini. Dopo il Cashback, prenderà il via anche questa iniziativa pubblica legata al programma “Italia Cashless” per combattere l’evasione tramite la digitalizzazione dei pagamenti. Al momento dell’acquisto, presentando l’apposito codice a barre, il negoziante genererà biglietti virtuali per ogni euro pagato con carta o bancomat (per un massimo di 1.000 euro). I biglietti danno la possibilità di partecipare alle estrazioni settimanali, mensili e a una maxi annuale: se quelle mensili scatteranno dall’11 marzo, con premi da 100mila euro agli acquirenti e 20mila agli esercenti, quelle settimanali partiranno da giugno, con 15 premi da 25mila euro per chi compra e da 5mila per i venditori. A gennaio 2022 la prima estrazione annuale: in ballo 5 milioni per un compratore e uno per un esercente. Il programma non convince Confcommercio, secondo cui su 1,4 milioni di registratori solo la metà sono stati aggiornati, né Confesercenti: “Un negozio su 3 non è ancora in grado di partecipare”.

L’errore del Pd: nel 2017 prorogò il generale allora indagato

Ci sono notizie che funzionano da cartina di tornasole per verificare la correttezza dei comportamenti di chi informa e di chi fa politica. Venerdì l’ex comandante generale dei carabinieri, Tullio Del Sette, nominato nel 2014 dal governo Renzi, indagato nel 2016 e poi confermato da Gentiloni, è stato condannato in primo grado a 10 mesi per rivelazione di segreto e favoreggiamento nel caso Consip. La pena è sospesa, bisognerà attendere le motivazioni e la presunzione di innocenza va mantenuta fino al terzo grado. Ciò detto, bisogna fare alcune riflessioni: la sentenza certifica che l’ex Ad di Consip, Luigi Marroni, diceva il vero quando sosteneva di aver saputo dal presidente di Consip, Luigi Ferrara, che era in corso un’indagine e che bisognava stare attenti. Confidenza ricevuta, a detta di Ferrara, stando a quel che riferiva ai pm sempre Marroni, proprio dal comandante Tullio Del Sette.

Quattro anni fa, l’effetto della notizia “Del Sette indagato per le accuse di Marroni” fu il contrario di quel che sarebbe accaduto in un Paese normale: rafforzare Del Sette e indebolire Marroni. Questo ribaltamento del decoro delle istituzioni fu possibile grazie al Pd. Del Sette venne confermato nel suo ruolo grazie a un governo del Pd guidato da Gentiloni e sostenuto da molti che fino a ieri sostenevano il governo Conte bis.

La notizia uscì sul Fatto in prima pagina il 22 dicembre 2016. L’indagine dopo non fu particolarmente pervasiva. I pm di Roma non chiesero ai carabinieri di Roma di prendere ed esaminare i telefonini di Del Sette e preferirono prendere il telefonino di Federica Sciarelli per accusarla ingiustamente con il suo amico pm Woodcock (poi i pm fecero marcia indietro con tante scuse a entrambi) di aver cooperato alla fuga di notizie in favore del Fatto.

Quattro anni dopo, arriva una sentenza che dimostra ex post tutto quel che denunciavamo allora. Il tempo cancella tutto. O quasi. La condanna odierna è una condanna penale per Del Sette e politica per il comportamento del Pd.

L’Ad in carica di Consip Marroni fu rimosso dal Pd renziano. Nel 2017 il Pd non si vergognava di avere confermato un comandante dei carabinieri indagato per avere soffiato le notizie ai vertici della società Consip. Il Pd non si vergognava di sostenere che Marroni andava cacciato da Consip perché aveva perso la fiducia del governo.

Oggi è importante ricordare che Del Sette (da indagato per un’inchiesta dei carabinieri) fu confermato, su proposta del ministro Roberta Pinotti, dal governo guidato da Paolo Gentiloni con decreto del presidente Sergio Mattarella, tutti del Pd, allora e ora. Non è una questione di garantismo e giustizialismo, ma di onore delle istituzioni. Se anche Del Sette fosse assolto nei prossimi gradi di giudizio, la conferma dell’accusato e la rimozione del teste accusatore, effettuata nel 2017 dal Pd, resterà una macchia per le istituzioni.

Nel caldo record le nevi se ne vanno e Crutzen con loro

In Italia – La perturbazione dello scorso weekend si è spinta fino al Sud con allagamenti e frane dalla Toscana alla Calabria, dove in tre giorni sono piovuti fino a 237 mm d’acqua. Lunedì 25 gennaio la neve ha bloccato il traffico sulla E45 tra Romagna e Aretino, intanto continuava la ricerca dei dispersi nella valanga del Monte Velino in Abruzzo. Da mercoledì forti venti da Ovest hanno portato copiose nevicate ai confini con Francia e Svizzera, ma solo sopra i 2000 m (un metro di neve è caduto a Cervinia, isolata per rischio valanghe), più in basso invece pioveva, e venerdì con il foehn c’erano 17 °C sul Torinese in barba ai “giorni della merla”. Peraltro secondo le statistiche il periodo più freddo al Nord Italia cade in media nella prima metà di gennaio, e non a fine mese come la tradizione vorrebbe.

Nel mondo – L’Europa è passata dal gelo ai tepori oceanici. Dopo la nevicata straordinaria di tre settimane fa, la Spagna vive ora un caldo estivo con 29,8 °C venerdì ad Alicante, primato nazionale per gennaio! Al Nord delle Alpi piogge intense, fusione nivale, valanghe e la piena del Reno. All’osservatorio della Kredarica (2514 m, Slovenia) record di spessore della neve in 60 anni di misure in gennaio, 510 cm, a causa di precipitazioni esorbitanti più che di un freddo anomalo. Calura nell’estate australe, primati di 39,3 °C in Nuova Zelanda e 43,8 °C in Patagonia del Nord. Gennaio tra i più gelidi da un trentennio invece in Siberia, a Jakutsk da venti giorni non si va sopra i -40 °C, con minime fino a -51 °C. Molta pioggia e neve in California, con dissesti sui versanti bruciati dai recenti incendi; distruzioni e una vittima in un tornado a Birmingham, Alabama, e sei morti per il ciclone tropicale “Eloise” in Mozambico. La prima valutazione da satellite della deglaciazione globale, dell’Università di Leeds (Earth’s ice imbalance, su The Cryosphere), mostra che dal 1994 al 2017 il mondo ha perso 28 mila miliardi di tonnellate di ghiaccio, equivalenti a un blocco spesso 100 metri disteso su tutta Italia. A contribuire di più (27%) è la contrazione della banchisa artica, la cui fusione non fa aumentare i livelli marini essendo ghiaccio già immerso in acqua, ma peggiora il riscaldamento atmosferico aumentando l’assorbimento dei raggi solari da parte un pianeta sempre meno bianco. La riduzione del ghiaccio continentale invece ha fatto salire gli oceani di 3,5 cm: sembra poco ma si stima che per ogni centimetro di incremento un milione di persone debba fuggire dalle coste allagate, e temendo un aumento di almeno un metro a fine secolo, il conto della prossima ecatombe migratoria è presto fatto.

La scienza piange la morte a 87 anni dell’olandese Paul Crutzen, vincitore del Nobel per la chimica 1995 per aver scoperto i meccanismi del buco nell’ozono insieme a Frank Sherwood Rowland e Mario Molina, pure essi scomparsi nel 2012 e 2020. Crutzen propose inoltre il termine “Antropocene” per distinguere l’era attuale, severamente marchiata dai danni delle attività umane che saranno riconoscibili dai geologi del futuro. Credevo che la decisione di Biden di riportare gli Usa nell’accordo di Parigi sanando il grave atto negazionista di Trump avrebbe convinto i saggi del Bullettin of the Atomic Scientists (tra cui 13 Nobel) a riportare un po’ indietro le lancette dell’orologio dell’apocalisse (Doomsday Clock), ma non è stato così: il 27 gennaio, l’istituto che dal 1947 calcola il rischio di collasso dell’umanità, ha ritenuto di mantenere 100 secondi al botto, il tempo più breve della storia, in considerazione dell’incapacità mostrata dal mondo a reagire alla pandemia con prontezza e determinazione scientifica. Troppe titubanze, troppe fake news: rischiamo di fare così anche con il clima e le armi nucleari.

 

Incontri. Dio si rivela nel quotidiano se sappiamo accogliere l’imprevisto

Nella vita i momenti decisivi sono spesso la conseguenza di incontri imprevisti o di scoperte inattese. Anche la Bibbia è costellata di incontri imprevisti con Dio e di scoperte inattese. Anzi, viene da chiedersi se la Bibbia non sia stata scritta proprio per farci incontrare l’Inatteso e farci scoprire l’Imprevisto. Come accade a Mosè, uomo senza pari nell’Antico Testamento perché Dio gli ha parlato “a tu per tu” (Numeri 12,8). Leggiamo in Esodo 3,1-6: “Mosè si occupava del gregge di suo suocero, sacerdote di Midian. Un giorno, condusse il gregge al di là del deserto e giunse al monte di Dio, all’Oreb. Gli apparve un messaggero di Dio, in una fiamma infuocata in mezzo a un rovo. Mosè, però, notò che il rovo ardeva senza essere divorato dal fuoco. Allora pensò: ‘Devo avvicinarmi per vedere questa grande visione, [capire] perché il rovo non brucia’. Il Signore vide che Mosè si era avvicinato per vedere. Allora Dio lo chiamò da in mezzo al rovo: ‘Mosè! Mosè!’ Rispose. ‘Sono qui’. Gli disse: ‘Non avvicinarti oltre. Togliti i calzari dai piedi. Perché il posto su cui ti trovi è terra santa’. Disse ancora: ‘Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe!’”.

La stupefacente visione si rivela il modo in cui la Voce di Dio parla a Mosè. “Mosè allora si nascose il volto perché aveva paura di guardare Dio” (v.6). Il Signore dice ancora: “Ho veramente visto la miseria del mio popolo che è in Egitto, e ho udito il loro grido davanti ai loro oppressori; sì, conosco i loro dolori. Sono sceso per liberarli dalla mano degli egiziani e per farli salire da questa terra ad una terra buona e ampia, terra che stilla latte e miele. Ora, vedi, il grido dei figli d’Israele è giunto a me, come pure ho visto le vessazioni con cui gli egiziani li vessano”, (vv.7-9). Ma che Dio è questo, che invece che abitare e parlare con voce potente da un palazzo posto nei cieli, si manifesta da vicino, nascosto in un rovo che brucia senza consumarsi? E che Dio è questo, che scende dal cielo in terra e si manifesta non in un tempio fastoso che allude a quello celeste, bensì in un umile rovo prodotto dalla natura? Impensabile, anche per Mosè. Eppure l’Altissimo, l’Eccelso che sovrasta maestoso ogni cosa, il Lontano di una lontananza inaccessibile, come dicono di lui gli umani, si avvicina perché ha udito il grido di sofferenza di una massa di schiavi. Scende per far rialzare, scende per ribaltare la schiavitù in libertà. Scende perché mosso dalla misera condizione di umani asserviti e vessati. In poche righe, la cosa più ripetuta è che la miseria degli schiavi ha raggiunto Dio. La Bibbia, quando ripete le cose, lo fa per farle risaltare: in questo caso, perché sono inattese e sorprendenti, come il fatto che l’Altissimo e l’eccelso si muova verso il basso e per chi è in basso.

Mentre Mosè è ancora confuso e sorpreso, Dio lo apostrofa di nuovo: “Adesso va’! Ti mando da faraone; fa uscire il mio popolo, i figli d’Israele, dall’Egitto” (v.10). E gli dice ancora: “Vai perché io sarò con te” (v.12). Dio non esiste per se stesso. Il Dio della Bibbia crea l’altro, si schiera per l’altro, specie se quest’altro o quest’altra è debole, se è senza un nome come era il caso degli schiavi in Egitto che non avevano ancora alcun nome di popolo. Dio si schiera persino a fianco di quel Mosè che era cresciuto alla corte di faraone ma poi dovette scappare dopo aver ucciso una guardia egiziana che aveva maltrattato degli schiavi ebrei. Insomma, Dio scende e si rivela e mette in campo il suo amore e il suo sostegno, convocando e inviando. Sempre per noi e con noi.

 

Bugie, armi e fascismi: è la destra americana

Si è sempre pensato che le grandi falsificazioni americane (fake news) che hanno preceduto e accompagnato gli squallidi anni di Donald Trump (inventori riconosciuti Alex Jones e Stephen Bannon) fossero paradossali trasformazioni di eventi normali travestiti da complotti (l’immigrazione diventa “sostituzione dei popoli” a cura di ebrei come Soros e comunisti come Obama) oppure vere e proprie calunnie (la pizzeria pedofila di Washington creata e condotta da Hillary Clinton) o ancora uso di materiale del grande spionaggio internazionale, soprattutto russo, profondo abbastanza da non essere identificato, e dannoso abbastanza per essere creduto.

Dopo l’assalto della destra armata al Campidoglio americano è tornata in primo piano la più grande e fortunata, e anche più sofisticata delle fake news della destra americana: la disuguaglianza come causa grave e incurabile del distacco e poi della contrapposizione, anche in armi, di un vasto schieramento di americani poveri ridotti alla miseria dai radical chic di sinistra, guidati da Bill Clinton e Hillary Clinton e Obama, impegnati nei salotti della sinistra arricchita, che diventava sempre più ricca mentre i poveri diventavano sempre più poveri. Dove sta il successo grandioso di questa fake news? Nel fatto che per metà è vera. Nessun Paese della parte moderna e industriale del mondo conosce una povertà tanto estesa e profonda e abbandonata a se stessa, come le aree povere del continente americano, le zone ex agricole, ex industriali. Ciò crea una clamorosa disuguaglianza americana, perché il livello di vita e di sopravvivenza di una parte dei cittadini di quel Paese è del tutto esclusa dal grande progresso che spinge avanti, anche con le nuove tecnologie, la nuova scuola, la nuova cultura, un’altra parte del Paese. Tutto ciò non comincia per caso, comincia con Reagan. Reagan è il presidente che inizia la politica della grande esclusione dei neri e dei poveri (e anzi della moltiplicazione dei poveri) attraverso fortissime riduzioni di tasse a ricchi e agiati e politiche del lavoro radicalmente diverse, in cui nulla si deve al lavoratore abbandonato della fabbrica dismessa, che può spostarsi come vuole e riorganizzarsi come vuole. Reagan ha cancellato le riforme giuridiche a protezione del lavoro di Robert Kennedy (ai tempi del grande sindacalista Walter Reuther), la “guerra alla povertà” di Lyndon Johnson, la intelligente unificazione politica fra neri e bianchi di Jimmy Carter.

Ronald Reagan non ha inventato la spaccatura fra bianchi e neri e la povertà dei senza casa, scuola, lavoro e ospedale , ma ne ha esteso la palude in dimensioni che hanno spinto parti del Paese a vivere in una epoca pre-rooseveltiana. I successivi presidenti democratici (Clinton) non hanno avuto la forza e il sostegno per riportare il Paese a un minimo di giustizia. E due poteri sono entrati negli spazi vuoti: i conservatori decisi a restituire valore anche morale e sociale alla loro ricchezza. E una pericolosa nuova destra fondata sul razzismo e sul fascismo manifestatasi all’inizio con le inspiegate sparatorie e massacri nelle scuole. Con Trump, prima in campagna elettorale e poi alla presidenza, la grande menzogna si è rafforzata, diffusa e cresciuta al punto da essere creduta dalle vittime: è il governo che provoca la povertà, è Barack Obama che protegge gli immigrati e i ricchi di sinistra e forse Obama non è neppure nato in America. È la disuguaglianza rispetto al potere crescente dei neri, che ha spinto una parte dell’America in uno scontro necessario e legittimo (gli scontri per le strade americane e il grido “Black Lives matter”). L’ultimo ritocco di una destra pronta al colpo del potere, per ingannare ciò che resta della sinistra, era isolare la parola “disuguaglianza”, marchiandola come “figlia delle riforme di sinistra” di cui beneficiano solo i ricchi e i neri. Con questa operazione si riesce a non far notare la pretesa dei bianchi suprematisti di riavere ciò che gli spetta, cioè tutto. Disuguaglianza per loro vuol dire “basta con i neri al comando nella polizia e nella burocrazia, negli ospedali, fra i giudici e nelle scuole. Dobbiamo riprendere la guida del Paese come insegna Trump”. E marciano dopo l’esortazione accanita di Trump, per devastare il palazzo del Campidoglio suddivisi in diversi gruppi bene armati e militarmente equipaggiati, ultima costosa generazione di materiale bellico (qualcuno paga) di cui alcune inchieste pubblicate dal New York Times danno nomi, origini, fondatori, comandanti e tipo di ispirazione ideologica, sempre vicina al fascismo. I fatti come l’assalto al Congresso si ripeteranno e può essere utile avere un glossario che spiega e distingue le diverse iniziative che ha in serbo la destra. “Disuguaglianza” è la parola codice per “insurrezione”.

 

Come la cortesia distrusse la repubblica di pomerania

Dai racconti apocrifi di Saki. A quel tempo, la Pomerania era una provincia prussiana dal popolo stizzoso, maleducato e indisponente. Tutti, dai funzionari governativi ai passanti, assoggettavano il prossimo a ogni angheria; espressioni amabili come “scusi”, “grazie” e “prego” erano ignorate. Il castigo cominciava con le formalità di frontiera: burocrati arcigni e vessatori sapevano esasperare sino al supplizio la procedura alla quale, regolamento alla mano, potevano sottoporre il turista. Ciò nonostante, tornavo spesso in Pomerania. Per via di una donna: Ada. Il fascino delle donne di Pomerania è rinomato. Sono una realtà fatale: ti seducono, ti picchiano, e appena sei lontano ti telegrafano “Torna subito! Ti adoro!”. Ti fanno innamorare e finire al manicomio in 24 ore! Immaginate dunque la mia sorpresa quando, un giorno, trovai alla frontiera un doganiere sorridente e cortese. Credetti di avere sbagliato nazione. In treno, un compagno di viaggio mi spiegò la causa del gran mutamento. Il mese prima aveva preso il potere l’uomo più ricco del Paese, il barone Otto von Momzer, che aveva fatto fortuna col commercio delle acciughe in Portogallo. Deciso a rigenerare la nazione, nominò ministro dell’Igiene un grande scienziato, il prof. Adolf Krunk, che aveva sintetizzato un liquido miracoloso: debellava ogni male, fisico e morale. Non più malattie, non più vizi: tutti gli abitanti di Pomerania, adesso, erano in perfetta salute di corpo e di spirito. L’uomo si denudò l’avambraccio destro e mostrò una piccola cicatrice: “Da quando mi hanno fatto questa iniezione, sono un altro uomo!” Dopo un intenso programma di punture, la Pomerania era diventata la patria della concordia universale. Anche Ada si era fatta sorridente, benevola, remissiva, angelica: l’idillio diventò soave. A un certo punto, però, quell’asfissiante bontà atmosferica mi venne a noia, e quando un messo del ministero mi notificò l’obbligo di lasciarmi inoculare, gli esplosi in faccia uno sgarbatissimo “No!”. Il messo ricambiò con il serafico sorriso degli iniettati, mi mise in mano un decreto di espulsione e mi fece accompagnare alla frontiera. Me ne andai volentieri, anche perché non riuscivo più ad amare quella donna perfetta.

Tornai un anno dopo, sollecitato da una lettera infame in cui Ada mi diceva che non le era mai importato nulla di me, e che le ero sempre apparso un uomo ridicolo. Cos’era successo? Una crisi spaventosa si era abbattuta sulla Pomerania. In una comunità senza vizi e malattie, si era sciolto il corpo di polizia, erano rimaste vuote le carceri e deserti i tribunali, gli avvocati non avevano più un cliente, medici e infermieri non dovevano più curare nessuno, gli ospedali erano vuoti, le farmacie chiuse. Senza lavoro, buona parte della popolazione si era ridotta all’elemosina, e il resto si era dissanguato nella carità. La Pomerania sarebbe precipitata verso il baratro economico e sociale se il professor Krunk non avesse scoperto l’antidoto al suo siero, di cui annullava i deleteri effetti benefici. Anche l’iniezione dell’antidoto fu resa obbligatoria. Un mese dopo, il presidente Momzer esultò alla notizia che, finalmente, due vicini di casa inoculati con l’antidoto si erano menati, e uno aveva fratturato il naso all’altro. Un corteo di popolo in festa percorse le vie della città: accompagnava il ferito all’ospedale che riapriva. Incrociò l’altro corteo, quello che seguiva esultante due guardie, fra le quali il colpevole andava a inaugurare di nuovo le carceri. Ada e io riprendemmo a litigare: la trovavo di nuovo irresistibile, insopportabile com’era.

Daniele Luttazzi

Mail box

 

 

Noi italiani in ostaggio di personaggi discutibili

Come faremo a sopravvivere senza Amadeus e il Rottamatore-Ricattatore? E con i tagli agli stipendi milionari degli eroi degli stadi svuotati? Come faranno i Vitali, i Ciampolillo e i tanti figuranti come loro a tornare alle consuete esistenze dopo il taglio dei parlamentari? L’Italia è questo che si chiede. Di questo è preoccupata. O forse le garberebbe assai, con il voto, liberarsi in un sol colpo di tutti questi fardelli. Forse anche dell’altro Matteo e della Giorgia, pretesa novità da oltre 25 anni inutilmente in scena. Come la liberal-borghese Emma, +Europa con gli antieuropei. Gente senza arte né parte, ora anche allo sbando. Che si permettono di sbertucciare l’avvocato, professor Conte.

Melquiades

 

Che brutto colpo sarebbe perdere Conte

Una personale considerazione che vorrei esternare a tutti gli estimatori del presidente del Consiglio Conte. Non si può in questo momento delicatissimo dell’Italia perdere il miglior presidente del Consiglio degli ultimi cinquant’anni.

Pietro Di Benedetto

 

Aggiungo altre opzioni politiche da considerare

Egregio Direttore, oltre alle due opzioni da lei prospettate, ce ne sarebbe una terza: elezioni e Conte a capo del M5S con la prospettiva per i grillini di essere quasi tutti eletti. Sarebbe un sacrificio per il Paese, ma ci libereremmo definitivamente del Demolition man che vuole andare al governo e gestire tutto con i suoi toscani.

Lidia Senatore

 

Mattarella verrà difeso come fu con Napolitano?

Sono curioso di vedere il prossimo anno se anche per il presidente Mattarella certe forze politiche si faranno in quattro per rieleggerlo così come hanno fatto per Giorgio Napolitano, “costringendolo” contro la propria volontà.

Delfino Biscotti

 

Leggo queste pagine con grandi suggestioni

Sono un vecchio uomo di sinistra e voglio farvi sapere che, quando leggo il Fatto, provo le stesse emozioni che provavo un tempo leggendo l’Unità. Grazie a tutta la redazione.

Sergio Franco Paolucci

 

Il nostro Paese risentirà delle malefatte di Renzi

Il cinismo e l’irresponsabilità di Renzi nel determinare la crisi di governo farà pagare al Paese un prezzo importante. Non solo in termini d’immagine, che è già tanto, ma soprattutto economico. Chi ci sia dietro questo novello corifeo al momento non lo sappiamo, però è certo che siamo passati dal patto del Nazareno a quello di Rebibbia.

Enzo Palermo

 

La mossa del leader di Iv ha svilito la Costituzione

In politica può succedere di tutto, senza nessun valore etico o morale, l’importante è stare sempre a galla, qualsiasi sia l’esito elettorale. Renzi non solo ha tradito il suo partito, il governo e i suoi elettori, ma anche la Costituzione, chiave della democrazia con un precedente che rende inutile la sacralità del voto. Senza una legge adeguata, questa prassi rende succube il popolo sovrano. Siamo stanchi di farse fatte passare per opere d’arte.

Omero Muzzu

 

La mia opinione su voto e cambio di premier

Gentilissimo Travaglio, mi rivolgo a lei perché il suo giornale sembra rappresentare i soli opinionisti che, contrariamente alla stragrande maggioranza di coloro che, quando non sono apertamente a favore dell’innominabile (preferirei oramai la minuscola) si comportano come cripto-renziani (a giudicare dalla loro consistenza numerica dovrebbero saturare da soli il 2% che i sondaggi assegnano a questa esigua formazione politica). Posto che Conte non dovesse avere i numeri necessari, a lei non sembra che comunque una eventuale figura alternativa a lui ne avrebbe ancora meno? Non dimentichiamo che se fosse esistita una persona del genere, sarebbe stata individuata già nel 2019! E allora, tutte le dichiarazioni che si sprecano sulla necessità e volontà di evitare il voto a tutti i costi non le sembrano del tutto irrealistiche e ipocrite?

Salvatore Zipparri

 

Sì, caro Salvatore. Condivido in pieno.

M. Trav.

 

I nostri errori

Nell’edizione del 30 gennaio, per un errore tipografico, la scheda di accompagnamento alla foto di David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, è stata impaginata come se il testo si riferisse a una sua dichiarazione che invece non ha mai rilasciato al Fatto Quotidiano. Ce ne scusiamo con l’interessato e con i lettori.

fq

La crisi vista da Teresa Bellanova

 

 

“Renzi magnifica l’Arabia Saudita. Qui le condizioni del neo Rinascimento. Sono invidioso del vostro costo del lavoro”.

Dai giornali

 

 

La storia esemplare di Teresa Bellanova è quella di una ragazza pugliese di umili origini, che abbandona gli studi dopo la licenza media per andare a lavorare come bracciante nella raccolta dell’uva. Sindacalista di trincea, molti anni dopo sarà nominata ministro dell’Agricoltura: chi meglio di lei? Per questo, quando venerdì scorso, ospite di “Tagadà”. l’abbiamo vista barcamenarsi e svicolare nel tentativo di rispondere alle domande di Tiziana Panella e David Parenzo sullo sconcertante viaggio arabo del leader di Italia Viva (e suo), eravamo sinceramente imbarazzati per lei. Ci siamo ricordati che in una intervista del 2019, la ministra aveva rievocato le tremende condizioni di “ipersfruttamento”, che in un’Italia ingiusta e arretrata potevano stroncare le vite delle lavoratrici dei campi. La stessa schiavitù ancora oggi dominante in quell’Arabia Saudita che tanto suscita l’invidia di Matteo Renzi. Nei resoconti parlamentari, il nome della professoressa Elena Bonetti ricorre spesso come ministro per le Politiche della famiglia, e per i suoi appassionati interventi sulla parità di genere, sulla violenza subita dalle donne, sulla tutela dei diritti umani in Italia e nella realtà internazionale. Tutte pagine nere di quello stesso Paese dove, secondo l’intervistatore entusiasta dello sceicco Mohammed bin Salman, sarebbe ormai prossimo l’avvento di un “neo Rinascimento”. Non la pensa così “Amnesty”, che in un rapporto sull’Arabia descrive uno Stato autoritario nel quale “sono repressi i diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione”. Un luogo dove vengono “vessate, detenute arbitrariamente e perseguite penalmente decine di persone critiche nei confronti del governo”. Ma, soprattutto, quel principe saudita che nell’incensamento renziano assume le sembianze di Lorenzo il Magnifico, è accusato dall’Onu di essere, tra l’altro, coinvolto nell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, il cui corpo è stato poi tagliato a pezzi per meglio occultarlo. È abbastanza evidente che l’ex premier fiorentino non si ponga problemi né di popolarità e neppure di reputazione. Discorso diverso riguarda Bellanova e Bonetti la cui storia personale culminata con la rinuncia alle poltrone ministeriali nel governo Conte merita rispetto. Siamo convinti che quando la crisi sarà, in un modo o nell’altro, risolta, potremo finalmente ascoltare quale giudizio esse daranno su quelle parole e su quei comportamenti così offensivamente distanti dalle loro convinzioni e dal loro modo d’essere.

Antonio Padellaro

“Volevano disciplina, cacciati” Ecco l’altra accusa a Del Sette

A Piacenza i superiori hanno capito solo quando la magistratura ha sequestrato la caserma Levante e arrestato i carabinieri, accusati anche di tortura e di collusioni con gli spacciatori. A Roma c’è un processo agli ufficiali accusati di aver imbrogliato le carte su Stefano Cucchi: uno di loro era diventato il capo dei Corazzieri del Quirinale. Ma quando i graduati intervengono per tempo, anziché buttare la polvere sotto il tappeto, a volte ci rimettono.

È la storia del generale Giovanni Adamo, del capitano Francesco Giola e del luogotenente Antonello Dore, che nel 2016, si trovarono a gestire una situazione complicata a Bonorva (Sassari). Militari che si rifiutavano di anticipare i turni o giravano in servizio con gli scaldacollo dell’Adidas e gli stivali della polizia perché erano più caldi. Un brigadiere arrestato per estorsione. E un maresciallo e un appuntato finiti sotto inchiesta e poi a giudizio per aver ammanettato e malmenato un poveretto davanti a un bar del paesino di Pozzomaggiore, con tanto di intercettazioni in cui programmano una “rappresaglia” contro i “delatori” (ma alla fine rinunciano). Erano tutti difesi a spada tratta dalla rappresentanza interna, Cobar/Cocer, che reagiva con ironiche note di “plauso al comandante provinciale” quando Adamo trasmetteva ai magistrati le denunce contro militari. Un’altra indagine coinvolse due ufficiali e la Procura di Sassari, caso insolito, delegò proprio il comandante provinciale perché non sapeva di chi fidarsi.

È tutto agli atti del processo per abuso d’ufficio in corso a Roma contro il generale Tullio Del Sette, comandante generale dell’Arma fino al gennaio 2018, condannato qualche giorno fa a 10 mesi in primo grado per rivelazione di segreto nel caso Consip. Del Sette prese l’aereo e andò a Bonorva, nel cuore della campagna logodurese. Poi furono trasferiti Adamo e i responsabili della compagnia che avevano cercato di mettere ordine. Questo il presunto abuso d’ufficio contestato a Del Sette in concorso con l’ex comandante regionale della Sardegna e un appuntato, già vicesegretario del Cocer, Giovanni Pitzianti. “Se lei vuole un’altra destinazione si fa raccomandare da Pitzianti”, confidò un tenente ad Adamo che lo registrava.

Se era vero non lo sapremo mai, le intercettazioni e le registrazioni di Adamo sono inutilizzabili per effetto della sentenza Cavallo del gennaoi 2020, con cui la Cassazione le limita ai soli reati per i quali potevano essere disposte. È vero però che quando Pitzianti, indagato per un’ipotesi di corruzione poi archiviata, trovò una microspia nella sua Yaris, piazzata dai colleghi che lavoravano per la Procura di Sassari, la fece rimuovere subito. E Del Sette fu intercettato mentre ipotizzava la possibile “bonifica” della sala in cui si riuniva il Cobar a Cagliari. Meglio non indispettire la rappresentanza…

Adamo finì al Coi, il Comando operativo interforze da cui dipendono tra l’altro le missioni militari all’estero. Fa il capo dell’ufficio legale, incarico di tutto rispetto ma fuori dall’Arma. L’hanno promosso generale, però tenendolo a distanza: “Troppo rigido” dice qualcuno. A lungo gli hanno negato un encomio, sollecitato per lui e per altri dal pm di Sassari Giovanni Porcheddu per lo “straordinario senso del dovere” con cui “hanno saputo resistere alle fortissime pressioni psicologiche (…), riuscendo comunque a concludere l’indagine che, tra l’altro, ha accertato l’esistenza di una situazione di forte contrasto e di pervicace delegittimazione dell’allora comandante provinciale di Sassari, anche da parte di alcuni esponenti della gerarchia dell’Arma”, scriveva il magistrato nel novembre 2019. Non potevano essere premiati, secondo il Comando generale, prima del terzo grado di giudizio: regola insolita, anche perché penalizzerebbe chi fa indagini rispetto a chi salva un bambino in mare o prepara la parata del 2 Giugno; tant’è che perfino i carabinieri di Piacenza, poi arrestati, avevano avuto encomi per l’attività antidroga. Ad Adamo l’encomio l’ha dato il comandante del Coi, ad altri non è arrivato. L’Arma gli ha abbassato le note caratteristiche, una sorta di pagella, perché “non è fisiologico che le indagini siano condotte personalmente da un comandante provinciale data la disponibilità di diverse strutture (…) che si sarebbero potute attivare in un rapporto più aperto con i livelli gerarchici superiori”, ha scritto il suo superiore: insomma doveva rispondere alla gerarchia più che al pm. L’hanno processato per peculato militare per un presunto abuso dell’auto di servizio, al termine di indagini condotte da una magistrata incidentalmente sposata con un ufficiale dei carabinieri: assolto perché il fatto non sussiste. La giustizia militare ha anche prosciolto Del Sette e Pitzianti dall’accusa di cospirazione, fondata pure quella su intercettazioni inutilizzabili. E il processo per abuso d’ufficio vedremo come andrà dopo la riforma che ha ristretto l’ambito del reato. C’è un contenzioso infinito dal penale al Tar e fino al Csm, ma in realtà è una questione interna all’Arma, ora sul tavolo del nuovo comandante generale Teo Luzi.