“San Germano Vercellese non merita questa gogna. Troppa acrimonia, una comunità lacerata, insieme dobbiamo vincere l’odio e recuperare lo spirito del Vangelo”. Così ha predicato il parroco, don Stefano Bedello alla messa di domenica 17 gennaio, due giorni dopo che sono finiti agli arresti domiciliari la sindaca leghista Michela Rosetta e l’ex assessore Giorgio Carrando. Intercettati mentre si compiacevano di fare “figli e figliastri”, distribuendo pacchi alimentari “da sfigati”, testuale, alle famiglie bisognose ritenute immeritevoli; e altri, più sostanziosi, a famiglie amiche tutt’altro che indigenti, compreso un nucleo che percepisce più di 7mila euro di reddito mensile. Obbligo di firma anche per l’ex vicesindaco Maurizio Bosco e altre due persone denunciate.
Ci vorrebbe la penna di Harper Lee per raccontare il buio oltre la siepe, o meglio oltre le risaie di San Germano, comune della bassa vercellese di 1.700 anime dove quella sindaca, salviniana fervente, alle ultime elezioni aveva raccolto l’89,6% dei votanti (quasi la metà, però, gli astenuti). Un paese spaccato in due.
Arrivando in una giornata di pioggia in queste terre d’acqua, tra i campi irrigati dal Canale Cavour e il volteggiare dei cormorani, trovo San Germano immerso in un lockdown di vergogna. Difficile parlare di quel che è accaduto perché la grettezza, la micragnosità delle malversazioni venute alla luce, promosse a virtù dalla mentalità leghista, qui precipitano fin nel ridicolo.
Mazzancolle & capesante: 9mila euro di fondi Covid
Una studentessa universitaria italo-marocchina di 24 anni, Ghizlan Ould Ghzala, mi mostra due tabulati. In cima si legge: “Raccolta firme delle persone che non hanno ricevuto mazzancolle e capesante”. Sottoscritto da vari Rashid, Ahmed, Laila, Mouna per un totale di 28 famiglie. Per giustificare l’acquisto di mazzancolle e capesante con gli oltre 9mila euro destinati al Comune dalla Protezione civile per l’emergenza Covid, la sindaca si era inventata la scusa che servissero per il rispetto delle norme religiose islamiche. “Neanche una scatoletta di tonno abbiamo ricevuto”. In compenso Halima Zitouni, madre divorziata di due figlie che versa in povertà assoluta – l’unica marocchina cui sia giunto un pacco – si è vista recapitare della carne di maiale, notoriamente proibita. Un impiegato comunale ha testimoniato che l’hanno fatto apposta. Halima mi racconta di aver regalato quella carne a un vicino di casa prima di tornare in Municipio a protestare: “Perché altri hanno avuto olio, farina, detersivo, zucchero, maionese, shampoo, e a me solo grissini, biscotti, fagioli e una conserva di pomodoro?”. Non l’avesse mai fatto: la sindaca Rosetta s’è infuriata e ha disposto che non ricevesse più alcun aiuto.
Succedeva a maggio. Poi a settembre venne fuori la storia delle mazzancolle e delle capesante. Chiedo a Ghizlan che esito abbia avuto la sua raccolta di firme: “Non se n’è fatto nulla. Per paura di subire ritorsioni le famiglie mi hanno chiesto di non consegnarle”.
Ben presto ho capito il perché. All’ingresso del Municipio, posto di fianco a piazza Oriana Fallaci, solo da poco hanno tolto una grande scritta: “Prima gli italiani”.
“Che senso aveva mettere a terra la propria dignità, sapendo che andavi incontro a certi sguardi, battute sul velo, per poi ottenere solo dei no? In molti hanno rinunciato a fare domanda. Del resto se in strada, per educazione, salutavi la sindaca, lei voltava la testa dall’altra parte”, spiega Ghizlan.
I gesti ostili e i certificati di residenza negati
Mi elencano una sequela quotidiana di gesti ostili, a cominciare dai certificati di residenza negati. Una marocchina sposata con un italiano aveva chiesto aiuto a Giuseppe Fodero della Cgil di Vercelli, di carnagione scura perché sua madre è eritrea. Niente da fare: “Torna pure dal tuo negro che tanto io la residenza non te la do”, si è sentita rispondere dalla Rosetta. Quando a San Germano fu trovato il corpo senza vita di Ifeanyi Amaefula, un nigeriano lanciatosi dal treno perché privo di biglietto, lei rifiutò di seppellirlo a spese del Comune (dopo tre mesi, la salma trovò infine accoglienza a Bergamo). Dulcis in fundo: durante l’inverno 2019 il Comune fece il bel gesto di donare a chi ne aveva bisogno 600 quintali di legna da ardere; ma col requisito indispensabile di risultare cittadino italiano da minimo dieci anni e residente da cinque.
Nella vecchia canonica, insieme a don Stefano Bedello incontro la maestra in pensione Vilma Gallo, responsabile della Caritas parrocchiale: “Spiace dirlo, ma per non subire rimostranze abbiamo proseguito di nascosto la consegna degli aiuti, naturalmente senza badare a nazionalità o religione perché la carità cristiana non fa distinzioni. Ma abbiamo dovuto sospendere le vendite pubbliche di beneficenza, di torte o indumenti”.
Come si spiega questo clima di intimidazione? Michela Rosetta aveva la denuncia facile. Dal 2013, cioè da quando è sindaca, il Comune ha già speso 70mila euro in controversie legali. Come la volta che vietò l’accesso al parco giochi ai bambini di famiglie inadempienti nel pagamento della mensa scolastica (17 euro a settimana). O quando il Tar le bocciò la delibera intitolata “Tutela del territorio sangermanese dall’invasione/immigrazione delle popolazioni africane e non solo”, che prevedeva fino a 5 mila euro di multa per chi affittasse case agli stranieri. In replica al ricorso vittorioso dell’avvocato Marco Faccioli e di un’associazione radicale, queste furono le parole scritte dalla sindaca: “Dopo il colpo di stato imposto dall’Ue certe cornacchie riprendono a gracchiare il loro odio nei confronti del popolo italiano. Auspicano, certamente per loro interessi (vedi cooperative) e politici, l’invasione di una massa sciocca che verrà a macchiare il nostro territorio con ruberie, delitti e parassitismo”. Così il razzismo leghista è stato proclamato a voce alta da una sindaca devota a Salvini e protetta dal capogruppo alla Camera, l’alessandrino Riccardo Molinari, che l’ha pure candidata alla Regione.
Da ex feudo “rosso” a terra di odio razziale
Ho provato a chiedere al procuratore capo di Vercelli, Pier Luigi Pianta, se tanta ostilità tragga origine da una criminalità straniera radicata in paese, o da qualche episodio di cronaca nera: “Nulla di tutto questo, San Germano è un posto tranquillo. Le indagini rivelano comportamenti discriminatori caratterizzati da odio razziale che risultano peraltro immotivati”.
L’unica ferita incancellabile che resta nella memoria dei paesani è lo scoppio di una bombola gpl che provocò cinque morti durante la “Sagra del pesce e del cinghiale” della Pro Loco, il 26 giugno 2010. All’epoca c’era un sindaco di centrosinistra, l’insegnante Orazio Paggi. Quella disgrazia lacerò gli animi in un inutile rimpallo di responsabilità. E lo stesso Paggi continua a essere oggetto di frequenti attacchi verbali della nuova sindaca che lo accusa di aver facilitato l’arrivo in paese degli immigrati. L’invasione, come dice lei. In effetti i vicini cantieri dell’Alta Velocità e dell’autostrada hanno attratto nelle case svuotate dal calo demografico i dipendenti delle ditte che ci lavoravano, fino a 300 residenti stranieri. È il flusso che ha provocato una vera e propria intossicazione delle coscienze.
“Questa era una zona rossa, Pci e Psi raggiungevano il 70% dei voti grazie agli operai pendolari e alle mondine”, ricorda il sangermanese Gianni Merigazzi, presidente del Museo Leone di Vercelli, “ma la sinistra è colpevole di aver trascurato un’opera educativa fra la sua gente”.
E la Chiesa? Come si riesce a praticare la missione evangelica senza isolarsi dai fedeli orientati in senso opposto? A don Stefano Bedello, appena guarito dal Covid, non manca la pazienza: “Purtroppo abbiamo dovuto agire un po’ sottotraccia, camminiamo sulle uova. Ha suscitato critiche perfino l’introduzione nel rosario, voluta da papa Francesco, del ‘conforto per i migranti’. La consuetudine contadina dell’immagazzinare in vista dei tempi grami può trasformarsi in culto di Mammona, l’ossessione che altri ricevano e tu no. Ma ora che anche gli italiani vengono a bussare alla Caritas, cosa dovremmo dirgli? Prima non eravate d’accordo, ora chiedete?”.
In effetti alla ventina di famiglie assistite finora dalla Caritas se ne stanno aggiungendo altre. Solo alcune hanno beneficiato dei pacchi “da sfigati” confezionati nel magazzino del Comune dalla sindaca e dai suoi complici, ignari delle microspie dei carabinieri. Michela Rosetta, la protagonista di questa storia di razzismo quotidiano, ha rassegnato le dimissioni. Sconta la custodia cautelare in una cascina a pochi passi dalla chiesa e dall’Osteria del Viandante (strano che non le abbia fatto cambiare nome). Nel primo interrogatorio, di fronte al sostituto Davide Pretti, si è avvalsa della facoltà di non rispondere.
A tutt’oggi la Lega non ha ancora provveduto a sospenderla, e in fondo possiamo capirli… Non ha fatto che applicare la linea e mantenere le promesse: da 300 che erano, gli immigrati a San Germano si son ridotti di quasi la metà. Se possono, scappano.