Confinati in zona rossa per una settimana perché la Regione Lombardia ha comunicato all’Istituto Superiore di Sanità dati errati. Uno svarione emerso il 20 gennaio e diventato verità inoppugnabile ieri, durante l’incontro settimanale della Cabina di Regia. Che i dati comunicati (e usati per stabilire il coefficiente Rt e, quindi, il colore della Lombardia) fossero sbagliati, risulta dal documento interno nel quale l’Iss ricostruisce il cambiamento dello status della regione, “alla luce dei nuovi dati comunicati”.
Nel report si legge che il 20 gennaio, la Lombardia, nel consueto aggiornamento epidemiologico, oltre ai numeri della settimana trascorsa, ha inserito anche “una rettifica dei dati relativi anche alla settimana 4-10 gennaio 2020”, inviati il 13 gennaio. A cambiare è “il numero di casi in cui viene riportata una data inizio sintomi e, tra quelli con una data di inizio sintomi, quelli per cui viene data una indicazione di stato clinico laddove assente”. I primi diminuiscono da 419.362 a 414.487; i secondi passano da 185.292 a 167.638. Infine i casi “con una data inizio sintomi e in cui sia dichiarato uno stato asintomatico o vi sia notifica di guarigione/decesso senza indicazione di stato sintomatico precedente” crescono da 234.070 a 246.849. Cambiamenti che, dice l’Iss, “riducono in modo significativo il numero di casi che hanno i criteri per essere confermati come sintomatici e pertanto inclusi nel calcolo dell’Rt”. La Regione Lombardia, quindi, ha prima comunicato numeri e indici propri da zona rossa (con un Rt risultante a 1.38), poi avrebbe cercato di correre ai ripari. Regione Lombardia spiega la rettifica del 20 gennaio con un problema causato da un baco del sistema informatico che conteggia i contagi. Un malfunzionamento scoperto dai tecnici del ministero solo la settimana scorsa. Per ovviare all’inconveniente, il ministero avrebbe chiesto alla Regione di “forzare” l’inserimento dei dati (anche se erronei) e di procedere successivamente alla loro rettifica.
Giovedì era stata la Lombardia a dichiarare di aver inviato una serie di “dati aggiuntivi” per “ampliare i dati standard trasmessi nella settimana precedente”. Sosteneva inoltre che, in base all’ultimo monitoraggio, l’Rt medio fosse 0.82. Da zona arancione. E tutto ciò accadeva mentre Attilio Fontana faceva proprio del fattore Rt il fulcro del suo ricorso al Tar contro la zona rossa. Una guerra che lunedì vivrà il momento cruciale, quando il giudice confronterà i dati del secondo e terzo monitoraggio. Quando cioè gli errori risulteranno lampanti. È forse per evitare imbarazzi che due giorni fa il Pirellone ha inviato la mail con cui ammetteva le inesattezze. Una comunicazione alla quale il ministero ha risposto chiedendo un documento ufficiale. Il batti e ribatti – segretissimo – è continuato per tutta la giornata di ieri, fino a quando non è trapelato, scatenando le reazioni della politica.
Mentre Salvini pontificava su presunti rapimenti di massa (“Se 10 milioni di lombardi sono stati rinchiusi in casa per mesi in base a dati e valutazioni sbagliate del governo, saremmo di fronte a danni morali ed economici enormi, un vero e proprio sequestro di massa”), Fontana assicurava che “abbiamo sempre fornito informazioni corrette” e che “a Roma devono smetterla di calunniare la Lombardia per coprire le proprie mancanze”. Salvo poi, dalla D’Urso, spostare l’attenzione sul Tar. “Il ricorso ha avuto un suo effetto”, ha detto, “non parlo di responsabilità, ma di valutazione più complessiva che noi abbiamo voluto evidenziare, l’indice di incidenza”. Un capolavoro di acrobazia, anche perché oggi, concesso l’ arancione, il ricorso potrebbe essere ritirato.
Intanto le opposizioni affondavano il coltello nell’ennesima brutta figura della Lombardia. In Regione “non solo hanno dimostrato di non saper gestire l’emergenza, ma ora parrebbe che per un loro errore abbiamo pagato il prezzo, economico e psicologico, di una settimana in zona rossa. Ora paghino i danni”, ha attaccato il 5S, Massimo De Rosa. Anche il Pd ha chiesto a Fontana e all’assessore Letizia Moratti spiegazioni: “Se, dopo giorni di polemiche e di ricorsi, la responsabilità della serrata fosse della Regione, Fontana dovrebbe perlomeno chiedere scusa pubblicamente”, ha detto Samuele Astuti.