“Rendo omaggio a lui come un martire morto a Berlino, fermo nel suo proposito di non capitolare. In memoria di un grande leader del popolo tedesco. Riposa in pace, führer”. Un ‘pensierino’ della sera affidato ai social non da un minorenne affascinato dal nazismo, ma da Shandon Simpson: quando lo ha scritto, qualche mese fa, era ancora un effettivo della Guardia Nazionale dell’Ohio. Oggi, Shandon non ne fa più parte, ma di certo rappresenta uno di quegli esempi che non fanno dormire sonni tranquilli all’Fbi e al Secret Service, in vista del giuramento del neo presidente Joe Biden, previsto domani. Non sono sereni, i federali, e il motivo è comprensibile: a Washington, per evitare ciò che è avvenuto il 5 gennaio a Capitol Hill, con l’assalto dei “patrioti” di Trump, sono stati chiamati 25.000 militari della Guardia Nazionale. Il loro compito è deterrente, tenere a distanza i Boogaloo o i Proud Boys che volessero passare alla storia come coloro che per la prima volta nella storia americana hanno impedito a un presidente di sedersi alla Casa Bianca. Ma, si chiedono all’Fbi: e se fra quei 25.000 vi fossero altri soldati come Shandon? Lui non era solo, su Telegram partecipava a un gruppo chiamato RapeWaffen Division dove si esaltava la violenza sessuale verso le poliziotte, e si definivano ‘traditrici’ le donne bianche che avevano avuto figli con uomini di altre razze. Su Twitter, Simpson cercava di reclutare altri suprematisti e non mancava di ricordare l’anniversario della morte di Adolf Hitler, il 30 aprile. Per correre ai ripari, Stephanie Beougher, portavoce della Guardia Nazionale dell’Ohio, nel giugno scorso, dopo l’allontanamento del riservista, ha detto: “Il razzismo e il pregiudizio non hanno posto nella nostra organizzazione”. Ma il sistema è in corto circuito per i cavilli: quasi un anno fa, a febbraio, alti ufficiali hanno testimoniato al Congresso che “la semplice appartenenza” a gruppi della supremazia bianca non è proibita, anche per chi è in servizio attivo. Il Dipartimento della Difesa dal 1996 proibisce ai soldati di “partecipare attivamente” alla suprematismo bianco e ad altri gruppi estremisti, conseguenza della strage del veterano del Golfo Timothy McVeigh a Oklahoma City. Per “partecipazione attiva” si intende prendere parte a manifestazioni o raccolte di fondi per un gruppo razzista, ma non essere un iscritto. Il problema, pensano in queste ore a Washington, è che il confine è labile e Simpson non è un caso isolato. Ethan P. Melzer era legato sia a RapeWaffen che al gruppo di estrema destra Order of Nine Angles (09A); a un certo punto, in missione all’estero, aveva pensato di fare una strage in caserma fra i suoi commilitoni.
Corwyn Storm Carver, anche lui allontanato dall’esercito, era in contatto non solo con O9A, ma anche con AtomWaffen Division, organizzazione neonazi a stelle e strisce. L’elenco potrebbe continuare: l’anno scorso due elementi della Guardia Nazionale della Georgia e dell’Alabama sono stati licenziati perché erano legati al Norse pagan group Ravensblood. A “Fortezza Washington”, gli alti ufficiali così come i federali sono preoccupati: perché se da un lato quei 25.000 riservisti della Guardia Nazionale dovrebbero servire a tenere alla larga i cattivi, sono loro i primi ad essere armati di tutto punto. I federali stanno controllando i profili di tutti i militari chiamati nella Capitale. Ryan McCarthy, ex forze speciali, oggi supervisore dell’Esercito, un paio di giorni fa all’Associated Press ha confermato di aver avvisato i comandanti di reparto di stare all’erta. Se da un lato McCarthy dice che fino a ora non sono suonati campanelli d’allarme, dall’altro all’AP ammette: “La domanda è: possiamo fidarci? Dobbiamo mettere in atto tutti i meccanismi per controllare a fondo questi militari, uomini e donne che sono stati coinvolti nell’operazione”. Non rincuora il fatto che fra gli assalitori di Capitol Hill, il 5 gennaio, c’erano diversi veterani. Fra loro, anche Jacob Fracker: un passato nella Marina, poliziotto di Rocky Mount, e membro della Guardia Nazionale della Virginia. Almeno fino a una settimana fa.