“Ho vissuto mesi in ospedale e vi prego: fidiamoci dei medici”
Cara Selvaggia, ho letto la storia di Teresa, la figlia di Jovanotti e Francesca Valiani, e della malattia che dopo tanta paura se ne va. Voglio raccontarti la storia mia e di Thomas. Thomas è uno scricciolo nato di 540 grammi, prematuro. “Tommaso” significa gemello, e un gemello lui ce l’ha, si chiama Gabriel. Sono stati entrambi ricoverati a Taranto per un mese, Gabriel è tornato a casa prima del loro primo “complimese”. Thomas invece è stato trasferito al policlinico di Bari. Dopo cinque mesi e mezzo fra incubatrice, intubazione e tanta forza, è uscito a vedere il mondo. E ora, per i suoi fragili polmoncini gli hanno prescritto medicine con cui si sta ancora “curando”. Se vivi un’esperienza così forte, ogni tanto parlarne ammorbidisce un pezzettino di sofferenza.
Quando Thomas è stato dimesso dall’ospedale di Bari scrissi questo: “Sono arrivata nel vostro ‘mondo’ il 16 maggio di quest’anno… con la paura nel cuore di poter perdere un figlio. Ho pregato tutti i giorni in quella chiesetta del policlinico, ho chiesto di poter stare più tempo con Thomas nella terapia intensiva: dovevo parlargli, dovevo dirgli che io avevo sempre creduto in lui, che lo amavo quanto il fratellino gemello. Amo la musica e gli ho fatto sentire tante canzoni, amo leggere e gli ho letto dei libri, amo viaggiare e gli ho raccontato storie di montagna e di mare. Gli ho parlato, ma l’ho anche ascoltato… perché Thomas, ogni giorno, mi parlava con i suoi occhi così grandi. La situazione era seria, così mi è stata data la possibilità di appoggiarmi in una stanza, lì in ospedale, sullo stesso piano. L’ho usata tanto, è diventata la mia camera in questi cinque mesi. Ho conosciuto altre mamme, ascoltato tante storie (e ho capito che una sola stanza con due letti non sarebbe bastata per aiutare tutte, ma sarebbe bello fare qualcosa per quelle mamme, dare a tutte la possibilità di “appoggiarsi” in ospedale). È stata dura, ed ho scelto di farmi forza in ogni modo per trasmetterla a lui. Ho guardato avanti, sforzandomi di fare le cose normali: scendevo al bar per il caffè, insalatone e pranzo, un gelato dal gelataio vicino al policlinico. Avevo bisogno di “vivere io” per dare a Thomas le mie energie, fargli sentire quello che le mie orecchie ascoltavano, guardare quello che i miei occhi vedevano, lì fuori, nel mondo.
Ho visto quello che succede a tutte le ore in quei reparti, le urgenze, le terapie, gli infermieri, i medici. All’inizio non è semplice, ma poi comprendi determinate dinamiche. Mi sono affidata, a volte arrabbiata, poi pentita, poi incavolata di nuovo, perché quando stai lì vuoi che tuo figlio sia al centro, sia sorvegliato, coccolato, seguito. E poi ho capito che dovevo solo avere fiducia in tutti e aspettare che Thomas stesse meglio. Stanotte qui sul lettone ho accanto Gabriel e finalmente anche Thomas, dopo cinque mesi e mezzo… insieme, e vedo in loro, il miracolo della vita. Ecco, avevo scritto questo.
Vale
E io vedo il miracolo delle mamme. Di te, della mamma di Teresa. Di mamme che si scoprono potenti e piene di risorse, capaci di gestire la paura e non solo, di raccontare la fine senza retorica. Grazie.
“Cara Elena e Teresa, quanta libertà vi concede Matteo?”
Cara Selvaggia, a proposito delle due ministre che hai sbertucciato così bene sul Fatto Quotidiano, volevo chiederti se non trovi che alla fin fine sia normale che due miracolate, messe lì da Matteo Renzi per fedeltà a Renzi, tacciano di fronte a un finale non deciso da loro. Voglio dire, hanno taciuto per la stessa ragione per cui avevano acconsentito: perché glielo aveva chiesto Renzi. Che libertà di azione potevano avere?
Te la immagini la Bonetti che dice a Renzi: “Decido io!?”. Le scout di solito obbediscono al loro capo squadriglia. È nel loro dna. E la Bellanova? Ma cosa pretendevi che facesse? La capo sindacalista col capo più dispotico e vendicatore del pianeta terra? Rischiava di buttare decenni di carriera e di tornare nei campi. Renzi non gliel’avrebbe fatta passare liscia.
Insomma. Perdonale Selvaggia, perché le due sanno quello che fanno: obbediscono.
Luigi
Ma sì, hai ragione. Che stiano serene.