Morì a 5 anni di cancro. Indagati nove ex dirigenti Ilva

È morto a 5 anni Lorenzo Zaratta, ucciso da un tumore al cervello. Una malattia causata, per la procura di Taranto, dalle emissioni velenose dell’ex Ilva. Al termine dell’inchiesta portata avanti dai pm Remo Epifani e Mariano Buccoliero, sono infatti 9 i dirigenti della gestione Riva iscritti nel registro degli indagati. L’accusa è omicidio colposo: “consentivano la dispersione di polveri e sostanze nocive provenienti dalle lavorazioni delle Aree: Parchi Minerali, Cokerie, Agglomerato, Acciaierie e Gestione Rottami Ferrosi dello stabilimento siderurgico, omettendo l’adozione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali” causando “una grave malattia neurologica al piccolo Lorenzo Zaratta che assumeva le sostanze velenose durante il periodo in cui era allo stato fetale” che avrebbe così sviluppato una “malattia neoplastica che lo conduceva a morte”.

Tre giorni prima di quel tragico 30 luglio 2014, Lorenzo aveva compiuto 5 anni. Era diventato uno dei simboli della lotta al disastro ambientale e sanitario del territorio ionico. Poco dopo la sua morte, i consulenti nominati dall’avvocato Leonardo La Porta hanno effettuato una serie di analisi sui suoi tessuti: nel suo cervello c’erano “numerosi corpi estranei” si legge nelle relazioni consegnate alla magistratura. Ferro, acciaio, zinco e persino silicio e alluminio. Sostanze che per gli esperti provengono proprio dall’acciaieria. “La possibile spiegazione – si legge – della presenza di polveri d’acciaio” nel corpo di Lorenzo “è legata al fatto che, all’epoca della gravidanza, la madre viveva a Taranto e lavorava in una zona notoriamente soggetta a inquinamento di polveri da acciaieria” e di “numerose altre polveri come quelle di magnesio e di zinco” che risultano “compatibili con la stessa provenienza”. Lorenzo, insomma, si è ammalato prima di venire al mondo. Un caso “emblematico” che per la prima volta collega la produzione d’acciaio alla morte di un bambino tarantino.

Fuga di utenti, slitta la revisione di Whatsapp. Il rivale Signal ieri offline per troppi accessi

La fuga improvvisa di milioni di utenti da Whatsapp verso le applicazioni concorrenti deve aver spaventato Facebook al punto di fargli temere un effetto cascata che li avrebbe portati a perderne molti di più. L’azienda ha così deciso di posticipare i nuovi termini sulla privacy concedendo di fatto tre mesi in più agli utenti per rivedere e accettare l’aggiornamento dell’informativa. La prima scadenza era prevista per l’8 febbraio, pena la sospensione o l’eliminazione dell’account. Ora ci sarà tempo fino al 15 maggio quando saranno disponibili le nuove opzioni business”. Nella nota diffusa venerdì sera si spiega che la decisione sarebbe legata alla “confusione” creatasi nei giorni scorsi, quando erano circolate notizie false sul fatto che Whatsapp avrebbe addirittura potuto leggere i contenuti dei messaggi. “L’app – spiega la nota – si fonda su un concetto semplice: tutto ciò che condividi con familiari e amici rimane tra voi. Questo significa che continueremo a proteggere le tue conversazioni personali con la crittografia end-to-end”. L’ultimo aggiornamento “non cambia nulla di tutto questo” ma include due nuove opzioni facoltative che consentono agli utenti lo scambio di messaggi con le aziende che usano Whatsapp e offrono maggiore trasparenza sulle modalità di raccolta e utilizzo dei dati. Con questo aggiornamento non aumenta la nostra capacità di condividere le informazioni con Facebook”. L’obiettivo, insomma, sembra essere cercare di spiegare agli utenti cosa cambierà e cosa no. Ma, come ha fatto notare nei giorni scorsi il Garante della Privacy italiano, è evidente che il problema è proprio che non c’è molta chiarezza sul tema. Se non cambia nulla – tanto più per i cittadini europei che sono tutelati dal regolamento sulla privacy dell’Ue – cos’è che viene accettato?

Intanto, ieri, come conseguenza dell’emorragia di utenti da Whatsapp, la rivale Signal ha dovuto sospendere il servizio a causa dell’improvvisa ondata di nuovi iscritti. “Abbiamo aggiunto nuovi server e capacità extra a un ritmo record ogni singolo giorno questa settimana – si leggeva ieri sul profilo Twitter – ma oggi ha superato anche le nostre proiezioni più ottimistiche. Milioni e milioni di nuovi utenti stanno inviando il messaggio che la privacy è importante. Stiamo facendo progressi verso il ripristino del servizio online. La privacy è la nostra massima priorità, ma in questo momento l’aggiunta di capacità lo è altrettanto”.

Festini sesso&coca con minori: altri 3 arresti a Bologna

Salgono a 14 gli indagati di Villa Inferno, l’inchiesta sui festini sessuali con cocaina, nel Bolognese, in cui è coinvolta anche una 17enne. Gianluca Campioni, imprenditore nella sanificazione, ai domiciliari, è uno dei nuovi 5 indagati, considerato il maggior fornitore di droga ai party. Gli altri sono due pusher albanesi con divieto di dimora, e due pusher italiani, uno ai domiciliari e uno in carcere perché con precedenti: nessuno di questi partecipava ai festini. A far partire l’inchiesta fu la madre della minore, dopo aver trovato nel suo cellulare video e foto di rapporti con uomini più grandi. Le accuse sono prostituzione minorile, detenzione e spaccio, pornografia minorile. Alcune foto sarebbero state caricate su un sito porno mentre un video, racconta una teste, è stato visto da “molte persone nella curva della Virtus”, squadra di basket cittadina. In curva si sono conosciuti i vari indagati, tra cui Luca Cavazza, ex candidato della Lega alle Regionali, Davide Bacci proprietario del villino ribattezzato Villa Inferno, e lo stesso Campioni.

Nuovo polo per batterie al litio nella ex Whirlpool

Un polo per le batterie al litio nell’area ex Whirlpool, con i suoi lavoratori: è il progetto presentato nell’incontro al ministero dello Sviluppo economico tra la sottosegretaria Alessandra Todde e Vittorio Civitillo, socio di maggioranza insieme al fratello, della Seri Industrial Spa. Una Gigafactory (sostenuta con un finanziamento europeo di 505 milioni) che nei prossimi tre anni vuol produrre accumulatori al litio per 8 giga-watt, continuando il processo di reindustrializzazione dell’area aversana che entro gennaio vedrà 75 lavoratori provenienti dal magazzino Whirlpool di Carinaro e altre 50 assunzioni entro marzo. Secondo la timeline presentata, nel 2023 l’organico complessivo del sito di Teverola (1 e 2) dovrebbe ammontare a 675 unità, di cui 175 ex dipendenti Whirlpool. “Una gigafactory rappresenta un ingresso nel futuro – ha detto la Todde – ed è un investimento per creare una nuova filiera produttiva in un settore trainante come quello della mobilità elettrica. È una opportunità di sviluppo importante per il territorio campano”.

Roma, strage nella casa di riposo: 5 morti. “Intossicati dal monossido di carbonio”

Cinque persone decedute, fra gli 80 e i 100 anni. Altre sette intossicate e in gravi condizioni. E una tragedia che si colora di giallo. Perché in tutta la giornata di ieri gli inquirenti non sono riusciti a capire quale possa essere stata la fonte del monossido di carbonio che – ipotizzano i Vigili del fuoco – ha avvelenato dieci ospiti e due operatori di una casa di riposo a Lanuvio, in provincia di Roma. Due sopravvissuti sono stati portati all’ospedale Tor Vergata, altri 5 all’ospedale dei Castelli Romani, tutti con sintomi da intossicazione. La struttura è stata posta sotto sequestro.

Ieri mattina alle 7, l’addetto di Villa dei Diamanti intento a prendere servizio si è ritrovato di fronte una scena macabra: un collega era riverso privo di sensi sul pavimento della cucina, l’altra operatrice sulle scale. Svenuti anche altri 5 anziani, mentre altrettanti erano ormai morti. Una vittima era seduta su un divano, le altre erano nelle camere da letto tranne una che era a terra sull’uscio del bagno. Alcuni cellulari erano disseminati sui pavimenti. I pompieri, giunti sul posto insieme ai carabinieri dei Nas di Roma e della compagnia di Velletri, hanno subito ipotizzato un avvelenamento da monossido di carbonio, pista sposata anche dai primi rilievi del medico legale. Ma cosa potrebbe averlo provocato? All’interno dell’appartamento c’era un camino, ma era da molto tempo inutilizzato. Nessuna stufetta a gas, mentre la caldaia è esterna. “Potrebbe esserci stato un rigurgito di fumi dal camino, ma è tutto da valutare”, spiegano gli investigatori. Il pm Giuseppe Travaglini della Procura di Velletri ha disposto accertamenti, per i quali ci vorranno diversi giorni.

La gran parte degli ospiti – 9 su 10 – sarebbe stata trasferita ieri mattina dopo il focolaio Covid che aveva colpito la struttura, una casa di riposo privata. Dalle verifiche dei Nas, non sono state rilevate anomalie o mancanze rispetto alle autorizzazioni rilasciate dal Comune di Lanuvio e dalla Asl Roma 6. Proprio gli uffici comunali avevano effettuato l’ultimo controllo (disposti con cadenza annuale) nel febbraio 2020. Tutto, insomma, sembrava essere in regola. In mattinata, davanti alla casa di riposo è arrivata anche la figlia di una delle ospiti che si è lamentata per aver saputo cosa era successo dai telegiornali: “È stata una mancanza di rispetto, dovevamo sapere cosa succedeva, non dovevamo venirlo a sapere dalla stampa”.

Mail Box

 

La grandeur di Renzi, nato per rottamare

Messer (auto)Rottamatore ribadendo, con l’ultimo atto parlamentare, le sue abilità diplomatiche e strategiche ha sicuramente segnato un punto a suo favore nel curriculum con cui ambisce all’agognato incarico a capo della Nato. Nato per rottamare.

Melquiades

 

Quanto sono urticanti gli interventi leghisti

Quando sento parlare quelli della Lega, ho una sensazione che mi scatena il bisogno di farmi una doccia: è come avere la bava di lumaca addosso, come se una puzzola mi sparasse il suo olezzo, come se qualcuno tirasse su il brodo col risucchio.

Luigi Coppola

 

Solo Briatore potrebbe appoggiare Italia Viva

Leggo che Briatore ha manifestato tutto il suo più vivo e caloroso apprezzamento per il comportamento di Italia Viva, nonché per le sue scelte. Appoggio migliore non poteva esserci: spero che possano capire dove stanno andando e dove stanno portando la nostra cara Italia.

Edmondo Mastrilli

 

Salvini con la mascherina di Borsellino è offensivo

Mi ha fatto inorridire vedere Salvini portare una mascherina con l’immagine di Borsellino stampata sopra. Non riesco a commentare la cosa in modo sereno, perché offendere così un grande personaggio è ignobile. Non ho parole per dire di più.

Leonardo Mezzacapo

 

Paolini in politica: rivale “degno” di Matteo

Seguendo lo speciale sulla crisi di Mentana, l’unica vera notizia degna di nota è stata l’annuncio dell’entrata in politica di Gabriele Paolini. Finalmente il senatore Matteo Renzi avrà un avversario alla sua altezza. Paolini però ha dimostrato nel tempo di essere molto più discreto.

Giuseppe Ostellari

 

Ecco la mia proposta a Conte: fondi un partito

Il presidente Conte dovrebbe creare un suo partito con la promessa di candidare tutti i responsabili o costruttori nelle prossime elezioni, che saranno fra 2 giorni, 2 mesi o 2 anni. Fermo restando che siano persone non indagate e che possano stare al livello del M5S.

Salvatore Licciardello

 

Continua il dibattito sulla censura dei social

Caro Direttore, temo che riguardo al blocco degli account di Trump sui social stia prendendo una cantonata. Lei scrive “Non si può silenziare preventivamente nessuno. Tantomeno se a farlo non è un tribunale o un’autorità indipendente, ma un imprenditore privato”. Non sono d’accordo: esistono dei termini di servizio di Twitter, Facebook, ecc., che Trump ha accettato di sottoscrivere per poter aprire il proprio account, e tutti riportano la facoltà da parte del fornitore del servizio di sospenderlo se a giudizio insindacabile la prosecuzione del rapporto costituisca un rischio per il fornitore di servizi medesimo. Siamo tutti soggetti a queste regole, Trump compreso, o dovremmo pensare che un politico è più uguale di chi politico non è.

Renato Campaci

 

Infatti: ma quelle regole Trump può violarle solo quando scrive, non quando tace.

M. Trav.

 

L’ossessione per i media di certi politici

Invito il Fatto Quotidiano a proporre una sottoscrizione popolare per far presentare il Festival di Sanremo a Renzi: mi piange il cuore vedere questo pover’uomo rimanere fuori dai media. Senza scomodare Freud o Lacan, lui ha bisogno di stare al centro per la sua patologia, malattia che viene da lontano, da quando vinse alla Ruota della fortuna: può cominciare col Festival di Sanremo e poi su Rete4 al posto di Giordano. Berlusconi l’accoglierebbe a braccia e portafogli aperti.

Domenico Zenobio

 

Caro Domenico, dubito che B. affiderebbe mai un programma al personaggio più impopolare d’Italia. Non è mica scemo.

M. Trav.

 

In troppi parlano “a nome degli italiani”

Sono un vostro lettore abituale da qualche anno e ritengo il Fatto uno dei seri, liberi e veritieri quotidiani italiani. Chiedo se sia possibile intervenire in termini legali nei confronti del senatore Salvini con un atto di diffida dal momento che spesso e volentieri, rivolgendosi alla massima carica istituzionale dello Stato, parla a nome di 60 milioni di italiani per fare in fretta. Visto che appartengo ai 60 milioni di italiani, io elettore non ho chiesto niente al senatore: non essendo un suo elettore e non riconoscendomi nel suo pensiero politico, a mio nome non parli e non parlerai mai, men che meno davanti al presidente della Repubblica, massima carica dello Stato.

Valter Ginocchi

 

Caro Valter, no, non credo che si tratti di un reato. Ma più semplicemente, in linea col personaggio, di una pagliacciata.

M. Trav.

 

I NOSTRI ERRORI

Ieri, in un richiamo in prima pagina, abbiamo chiamato Lia Levi “Pia Levi”: ce ne scusiamo con l’interessata e con i lettori.

Fq

Miracoli. Come Gesù, dobbiamo trovare quel “vino” che ci dà gioia

Il primo dei miracoli di Gesù raccontato dal Vangelo di Giovanni è proprio uno strano miracolo, apparentemente piccolo e futile: “Tre giorni dopo ci fu un matrimonio in Cana di Galilea, e la madre di Gesù era là. Anche Gesù fu invitato con i suoi discepoli al matrimonio. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: ‘Non hanno più vino’. Gesù le disse: ‘Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta’. Sua madre disse ai servitori: ‘Fate tutto quel che vi dirà’. C’erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure. Gesù disse loro: ‘Riempite d’acqua i recipienti’. Ed essi li riempirono fino all’orlo. Poi disse loro: ‘Adesso attingete e portatene al maestro di tavola’. Ed essi gliene portarono. Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l’acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: ‘Ognuno serve prima il vino buono, e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino a ora’. Gesù fece questo primo dei suoi segni in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui”.

Il vino in una festa, soprattutto in una festa di matrimonio, è importante, ma non è strano che Gesù se ne occupi? Per il Vangelo di Giovanni non lo è perché questo miracolo rappresenta simbolicamente l’arrivo di Gesù come Messia (lo “sposo”) per cui è giusto fare festa: il banchetto può iniziare (lo confermano anche le varie parabole evangeliche riguardanti le nozze). Ed è anche l’annuncio che quanto insegna Gesù non è solo un “vangelo” (in greco “notizia”), ma un “ev-angelo” (in greco una “buona notizia”), una notizia che reca gioia al mondo (il vino, in tutta la tradizione biblica, è simbolo di gioia, e quello di Gesù è “vino buono”, cioè gioia buona, salutare). La festa della vita, della vita vera e piena, è l’obiettivo di Gesù, non una vita di contrizione e inutili rinunce (ricordate il bellissimo film Il pranzo di Babette del 1987?).

Ma tra i molti altri significati che si possono trarre da questo racconto, ce n’è uno che vorrei sottolineare: al di là delle apparenze (l’arrivo in un secondo tempo di un vino molto più buono di quello precedente), c’è una verità nascosta che bisogna conoscere (l’opera che compie Gesù). Mi spiego. Nel racconto ci sono due scene parallele: una si svolge davanti, nella sala principale, quella del banchetto, in cui succede quello che ci si aspetta: ci sono gli sposi, un capotavola, gli invitati, le persone di servizio, si mangia e si beve. Tutto si svolge bene, senza intoppi. Questo è quello che appare. L’altra scena, parallela, si svolge sul retro, la vivono e la conoscono in pochi, eppure lì c’è la verità del banchetto di nozze di cui tutti godono i risultati. È lì che ci si accorge del problema, irrisolvibile finché Gesù non mostra il modo per rendere possibile l’impossibile (“Fate tutto quel che vi dirà”).

Anche nella vita accade lo stesso: c’è una scena pubblica, quella che appare agli occhi di tutti, e c’è una scena privata, quella in cui si mostra la verità della vita, quella in cui si alimenta (o si “abbevera”, per rimanere nell’immagine del vino) la vita, anche quella pubblica, che è spesso difficile, faticosa, piena di imprevisti, anche drammatici come abbiamo sperimentato con il Covid. Nel privato della nostra vita, dobbiamo cercare, e trovare, quel “vino” che ci mantiene nella gioia e che ci dà la carica per un amore generoso e solidale.

*Già moderatore della Tavola Valdese

 

Tra Nord e Sud Italia 35°C di differenza: anomalie pericolose

In Italia – Lo scirocco del 9-10 gennaio ha fatto registrare 24,8 °C a Palermo (vicino al record di 25,6 °C del gennaio 1960) e 27 °C nel Messinese, delineando un sorprendente divario di oltre 35 °C rispetto al gelido fondovalle di Dobbiaco in cui, in pieno giorno, ristagnava aria a -12 °C! Tiepido in seguito anche al Nord-Ovest (20 °C giovedì 14 nel Torinese), raggiunto dal foehn che sulle Alpi ha soffiato a 100 km/h. Adesso correnti fredde nord-orientali invadono l’Adriatico e il Sud, dove finora l’inverno era trascorso fino a 2 °C più mite del solito. Ci stupiamo sempre quando la neve sfiora le pianure del Meridione, ma sono episodi che avvengono quasi ogni anno e anche più intensamente di quello attuale, come a San Silvestro 2014, quando fu imbiancata Siracusa, e a metà gennaio 2017, nei giorni della tragica valanga di Rigopiano.

Nel mondo – L’interno della Spagna è estesamente innevato dopo la straordinaria nevicata dell’8 gennaio (mezzo metro a Madrid, la più copiosa da almeno cinquant’anni, tuttavia inferiore a quella da un metro di fine novembre 1904) e nel “triangulo del frío”, attorno a 1.000 m tra Madrid e Saragozza, le temperature sono piombate a -26,5 °C. Non faceva così freddo da almeno un trentennio, ma nel dicembre 1963 si scese perfino a -30 °C. Inoltre, forti nevicate in Svizzera (30 cm giovedì a Zurigo, quarto evento più abbondante in 90 anni), e gelo da primato in Giappone (fino a -20 °C). Per contro, record nazionali di caldo per gennaio in Tunisia (33,8 °C), Turchia (31,6 °C), Russia (24,0 °C), Georgia (25,3 °C), e tepori anomali anche in Canada e Tibet. Nuovi studi evidenziano legami, complessi e controintuitivi, tra cambiamenti climatici e anomalie di circolazione atmosferica che, pur in un pianeta mediamente più caldo, possono causare intense ondate di freddo nell’inverno boreale, come in queste settimane. Improvvisi riscaldamenti della stratosfera a 10-40 km di quota (stratwarming) indeboliscono il vortice polare di aria fredda, la quale “trabocca” così verso le basse latitudini. Secondo ricercatori delle università di Milano-Bicocca e Harvard (Decoupling of the Arctic Oscillation and North Atlantic Oscillation in a warmer climate, su Nature Climate Change), all’accentuarsi di questo meccanismo contribuirebbe il surriscaldamento del Pacifico settentrionale, più rapido rispetto al Nord Atlantico. Intanto, secondo Noaa e MetOffice il 2020 è stato il secondo anno più caldo nel mondo, ma pressoché pari merito con il record del 2016, e chiude a sua volta il decennio più rovente da metà Ottocento, inizio delle misure sistematiche. Ancor più preoccupa il primato di calore negli oceani, in cui finisce il 90 per cento del surplus termico dato dall’effetto-serra antropico: ne parla il rapporto Upper Ocean Temperatures Hit Record High in 2020, cui hanno lavorato anche Ingv ed Enea. Un gruppo di 17 autorevoli studiosi di ecologia, coordinati da Corey Bradshaw dell’Università di Adelaide, ha pubblicato sulla rivista Frontiers in Conservation Science un appello a non sottovalutare la gigantesca crisi climatica e ambientale nella quale siamo entrati per causa nostra. Lo studio Underestimating the Challenges of Avoiding a Ghastly Future (Sottostima dell’impegno per evitare un terribile futuro) sottolinea i rischi di estinzione che corre la nostra stessa specie, le responsabilità degli scienziati per una corretta comunicazione dei pericoli e delle soluzioni e l’importanza della politica nel prepararsi a fronteggiare sfide ben più drammatiche della pandemia in corso. Dati e scenari inequivocabili ai quali continua incredibilmente a essere data pochissima attenzione, mentre ci si balocca con scaramucce puerili e miliardi di euro sprecati in grandi opere inutili e dannose per l’ambiente.

 

Il sacco vuoto della democrazia

In un articolo sul Fatto del 12.1 mi auguravo che l’“affaraccio” Trump e le sue stravaganti, chiamiamole così, dichiarazioni su Twitter stimolassero un dibattito serio sulla Democrazia. In realtà poiché alcuni grandi social media hanno chiuso la porta in faccia a Trump bloccando i suoi account, cioè in realtà impedendogli di parlare, il dibattito si è accentrato sulla libertà di espressione, se questa non conosca limiti e soprattutto se sia uno degli elementi fondanti della democrazia liberale.

Anche nella democrazia liberale il diritto di parola, scritta o parlata, incontra dei limiti nei diritti altrui. Esistono i reati di diffamazione e ingiuria e, in Italia, che pur è considerata una democrazia sia pure imperfetta, reati chiaramente liberticidi ereditati dal Codice Rocco come il vilipendio alla bandiera, al Capo dello Stato, alle Forze Armate. Che i reati di diffamazione, che colpiscono soprattutto noi giornalisti, debbano essere sanzionati penalmente, in qualsiasi Paese, democratico o non democratico, è fuori discussione. Anche l’onorabilità delle persone eventualmente offese è un valore tutelato giustamente dalla legge. Intollerabili sono invece i reati che abbiamo ereditato dal Codice Rocco (quelli che ho citato, vilipendio alla bandiera, al Capo dello Stato, alle Forze Armate) perché sono classici reati di opinione che in una democrazia non dovrebbero esistere. Più inquietanti ancora sono i reati introdotti nell’Italia repubblicana con la legge Mancino del 1993 che punisce i cosiddetti “crimini d’odio” cioè, semplificando, l’odio razziale, etnico, religioso, perché di per sé istigherebbero alla violenza. È di fatto il reato che oggi si addebita a Donald Trump. Ho già scritto che l’odio, come la gelosia, l’invidia, l’ira, è un sentimento e come tale non può essere compresso da una legge penale. Io ho il diritto di odiare chi mi pare, pure, anche se questo non è molto intelligente, intere etnie o comunità. Nemmeno i regimi più autoritari hanno osato mettere le manette ai sentimenti, le hanno messe alle idee, alle opinioni e soprattutto alle azioni. In una democrazia liberale tutte le idee, anche quelle che ci paiono più aberranti, dovrebbero avere il diritto di cittadinanza, con un unico e fondamentale discrimine: buone o cattive che siano, non possono essere fatte valere con la violenza. Io ho il diritto di odiare un malgascio, ma se gli torco anche solo un capello devo andare dritto e di filato in gattabuia.

La questione autentica, che in questi giorni i media, concentrati, in seguito alle ‘stravaganze’ di Trump, sulla libertà di espressione, hanno bypassato sta nella domanda: che cos’è in realtà la democrazia liberale? E qui nascono i problemi. Norberto Bobbio, che ha dedicato la sua lunga e laboriosa vita allo studio della democrazia, in un primo momento aveva individuato nove elementi costitutivi della democrazia liberale, poi, constatando che molti di questi elementi erano presenti anche in altri sistemi, era sceso a sei, poi a tre e infine ha partorito questa definizione: “Per regime democratico s’intende primariamente un insieme di regole e di procedure per la formazione di decisioni collettive, in cui è prevista e facilitata la partecipazione più ampia possibile degli interessati”. Una definizione così evanescente da non significare in realtà nulla. Il grande giurista austriaco Hans Kelsen (ma anche Schumpeter) è andato più a fondo affermando in sostanza che la Democrazia è innanzitutto e soprattutto un metodo, è costituita da una serie di procedure formali, avalutative, cioè prive di contenuto e di valori (dal momento che quelli che vengono sbandierati come propri del sistema, la libertà o l’uguaglianza o la rappresentanza, sono, secondo Kelsen, delle mere fictio iuris, delle finzioni giuridiche), per determinare la scelta dei governanti sulla base del meccanismo del prevalere della volontà della maggioranza. La Democrazia non è quindi un valore in sé, il suo valore si definisce dai contenuti che stanno all’interno del perimetro costituito dalle procedure. Ciò che resta fermo e invalicabile è che queste procedure non possono essere cambiate in corso d’opera se non seguendo le regole che queste stesse procedure dettano per arrivare a un tale cambiamento. Ma anche questo limite è stato sfondato, come ci avverte Norberto Bobbio, sulla cui lealtà democratica non ci possono essere dubbi. Scrive Bobbio: “Altro è la costituzione formale, altro è la costituzione reale e materiale”. Che cos’è questa costituzione materiale che salta fuori improvvisamente, dopo tanto parlare di leggi, di norme, di procedure, di regole del gioco sacre e inviolabili? La “costituzione materiale” è quella che le oligarchie partitiche ed economiche creano violando giorno dopo giorno la Costituzione formale, con buona pace di Marco Travaglio, cioè proprio le famose “regole del gioco”. E quando si viola la Costituzione formale per sostituirla con una “fai da te”, creata dalle oligarchie senza il consenso dei cittadini, senza che nemmeno siano stati messi nella condizione di esprimerlo, ponendoli di fronte al fatto compiuto, la Democrazia non è più tale. Dunque siamo di fronte alla finzione di una finzione.

Tuttavia il problema vero è un altro. Ammettiamo pure, anche se ciò di fatto non accade, che queste procedure formali siano rispettate. Di che cosa abbiamo riempito questo sacco vuoto, non solo in Italia ma nell’intero Occidente democratico? Siamo stati capaci di riempirlo solo di contenuti quantitativi e materiali. Ed è questo il vero problema dell’intero Occidente, della sua mancanza di valori autentici, che non siano quelli del meccanismo “produci-consuma-crepa” per dirla con la band CCCP, meccanismo che si autopotenzia in continuazione nello stesso tempo in cui ci degrada, col nostro consenso, che è l’unico vero consenso che esprimiamo, non quello delle elezioni, da uomini a consumatori. Insomma la Democrazia non è che l’involucro legittimante di questa caramella avvelenata. Per questo le categorie politiche nate con la Rivoluzione francese, declinate in senso liberista o marxista, economiciste, cioè la Destra e la Sinistra, che pur hanno avuto per un paio di secoli un ruolo importante, oggi, agganciate a questo meccanismo paranoico, hanno perso il loro senso, perché non sono più in grado di intercettare le autentiche esigenze dell’uomo contemporaneo che, per quanto sembri paradossale dirlo proprio oggi, non sono economiche, sono esistenziali.

 

Trump, l’amico dei poveri e della disuguaglianza

Il testo che segue è la citazione dalla lettera di un lettore (Bruno De Zen) che rispondeva al mio articolo di domenica scorsa, in questa pagina, sulla occupazione e devastazione del Campidoglio a Washington, un violentissimo evento mai accaduto prima nella storia americana. Lo descrivevo come una insurrezione preparata e guidata dal candidato sconfitto: Donald Trump. Il lettore non era d’accordo. “Sull’attacco al Campidoglio per Furio Colombo si tratta di esagitati telecontrollati sotto la guida di Trump, e a prima vista è così. Ma un fine conoscitore dell’America e del mondo spero si renda conto che questi ‘pazzi’ sono la schiuma della rabbia degli ultimi, e se non c’è più Trump, ci sarà certamente qualcun altro pronto a cavalcarla”.

Questa è la rivolta degli ultimi, di coloro che sono stati lasciati indietro. Il rimprovero del lettore è importante perché si ascolta continuamente. Un numero non irrilevante di osservatori, anche tra i bene informati delle drammatiche vicende americane nei giorni di Trump, propongono queste due nuove credenze, opposte, incompatibili ma saldate l’una all’altra. La prima è che i poveri – stroncati da un governo di destra estrema, che ha abolito qualunque aiuto e sussidio, dagli ospedali alle scuole, e dove c’è (o c’era, prima della pandemia) lavoro compensato da paghe tra le più basse del mondo – sono diventati in poco tempo molto più poveri. La seconda è che questa massa di poveri abbandonati da tempo, e di nuovi poveri, è pronta, per Trump, a mettere a ferro e fuoco il Paese. Ci sarebbe dunque un’America spaccata e non conciliabile. Una è guidata da chiunque tenti di rifare un minimo di giustizia sociale, diciamo metà dell’America. L’altra è la truppa di Trump, pronta anche al sangue per l’uomo che alza muri invalicabili e costosissimi nel deserto messicano, sequestra e rinchiude in campi introvabili i bambini dei migranti, stanzia somme immense per le forze armate e spinge al grande risveglio il suprematismo bianco (cittadini armati e polizia) che ha le sue radici nel linciaggio.

La milizia di Trump ha tre grandi sostegni: il razzismo nella sua forma più diretta (se è utile, si uccide, senza pentimenti, scuse o punizioni) come ci hanno fatto vedere per nove minuti anche in televisione durante una esecuzione in diretta. Le polizie e i governatori locali che Trump, da presidente, ha incoraggiato e lodato: delitto per delitto, sono i più feroci – predicava Martin Luther King. E per questo la marcia dei poveri per i diritti civili doveva per forza andare a Washington (“I have a dream”), dove ci sono tutti gli americani e non solo il Ku Klux Klan e la grande distesa delle fake news, che sono in grado di farti credere che Obama è stato un radical chic perdigiorno e i poveri, tutti i poveri (come nel “pifferaio magico”), si sono messi in strada a seguire Trump, se necessario, distruggendo il Parlamento del loro Paese, simbolo di Patria per la quale in tanti americani sono morti. Poiché l’idea dei poveri (“gli ultimi, la schiuma”) che si aggrappano a un salvatore ha un richiamo a sinistra, funziona bene in Europa e in Italia, dove Obama, troppo poco attento alla politica come spettacolo e alla presidenza come auto-elogio continuo, non ha mai avuto gran presa. Dopotutto, Trump, dopo decenni di governi Berlusconi, lo conosciamo. Mentire è di casa, l’intrico d’intrecci con la mafia è cosa che si fa allo scoperto, abolire od oscurare le notizie o fornirle a rovescio è stato il nostro modo di inventare le fake news molto prima di Steve Bannon.

È bene non dimenticare che lo schieramento, tuttora vivo e attivo di Trump, è composto e rafforzato dalle squadre di QAnon, su cui le notizie sono sempre poche a confronto con il loro vigilante attivismo: Q sarebbe l’iniziale del nome di un patriota mai identificato e Anon sta per anonimo, rafforzando il mistero. Q è affiancato dalle tracce lasciate in Rete da 4Chan, anch’esso con il compito di depositare infamanti accuse che traggono forza da un diffuso pensiero popolare: “Sen non fosse vero, non potrebbero scriverlo”.

Nelle elezioni vinte da Trump nel 2016, Hillary Clinton ha perso, oltre che per l’intenso attivismo dei Servizi segreti russi, per una storia totalmente falsa di un gigantesco giro di pedofilia che avrebbe avuto sede nella cantina di una pizzeria di Washington, che ha provocato anche un tentato omicidio. L’inchiesta, misteriosamente, non è avvenuta subito. Luogo e indirizzo, citato da centinaia di giornali e tg, non esisteva. Chiedo ai lettori disorientati, ma anche agli intellettuali che vedono gli “abbandonati” da Obama tutti in marcia con spranghe e vendetta nel corteo di Trump: davvero credete che sia possibile la marcia dei poveri di Trump?