Per la variante britannica scoperta nel Regno Unito un mese fa, i modelli statistici attuali suggeriscono che gli anticorpi generati dai vaccini dovrebbero continuare a neutralizzare il virus. Ma per quella sudafricana e due varianti brasiliane — una delle quali preoccupa — appena scoperte, gli anticorpi generati dai vaccini potrebbero non riconoscerle, per questo ora c’è paura”, spiega Duccio Cavalieri, biologo evoluzionista dei microrganismi all’Università di Firenze. E anche il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha annunciato il blocco dei voli in partenza dal Brasile e vieta l’ingresso in Italia di chi negli ultimi 14 giorni vi è transitato, come Uk e Francia. “Ci sono mutazioni in molti punti della spike (la proteina che il virus usa per invadere le cellule umane, ndr). Ma le mutazioni, spiega Cavalieri, riguardano anche altre parti del virus. “La variante brasiliana, presenta una mutazione anche di un gene che sarebbe responsabile di una maggiore abbondanza del virus nell’aria”, aggiunge. Il Consorzio britannico Cog-Uk ha analizzato oltre 150mila sequenze di campioni di virus di pazienti britannici positivi (contro i 960 dell’Italia, in fondo alla classifica con l’Arabia Saudita): la variante britannica contiene una mutazione della variante brasiliana allarmante. Il Cog-Uk spiega che la stessa, presente anche nella variante sudafricana, è legata ad una minore risposta anticorpale dell’organismo umano. Anche la risposta immunitaria indotta dai vaccini potrebbe essere meno efficace. “Ogni vaccino non genera un solo tipo di anticorpo. La variante inglese riduceva il riconoscimento solo di alcuni. Per quella brasiliana e sudafricana potrebbe essere diverso: ci sono mutazioni in molti più punti della spike”.
Il sequenziamento è una delle armi per combattere la pandemia. Se non si fa, come in Italia, anche i test diagnostici tarati sulle sequenze del virus dei primi mesi della pandemia non rilevano le nuove varianti. In quelle zone d’Italia dove l’incidenza dei contagi è superiore alla media, potrebbero nascondersi nuove varianti. “In Veneto, Friuli e Slovenia continuano ad avere un’incidenza elevatissima, nonostante, in Slovenia, ci sia stato un lookdown totale”, spiega Michele Morgante, ordinario di Genetica all’Università di Udine accademico dei Lincei, dirige l’Istituto di Genomica Applicata. Lo scorso aprile aveva segnalato al ministero della Salute, della ricerca, all’Istituto superiore di Sanità (Iss) la necessità di attivare una rete di tutti i laboratori per il sequenziamento presenti in Italia per studiare l’evoluzione del virus. Nessuno ha risposto. Il Friuli, spiega Morgante, ha deciso di analizzare solo 10 campioni di tutte le sequenze del virus da pazienti positivi il cui risultato del test faceva pensare alla possibilità che avessero contratto la variante inglese. “Da soli 10 campioni hanno stabilito che la variante non era presente sul nostro territorio. È ridicolo”. Anche Duccio Cavalieri spiega al Fatto che “già a marzo sostenevo che il virus stava mutando sulla base di articoli scientifici internazionali pubblicati già allora. Scrissi una lettera al ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, segnalando l’importanza di costituire una rete nazionale per il sequenziamento e finanziarla. Abbiamo in Italia moltissimi sequenziatori, a Firenze uno dei 4 più potenti presenti in Europa. Manfredi rispose che avrebbe girato la lettera a Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità. Nessuna risposta. Nel giugno scorso, il gruppo di Cavalieri ha presentato il progetto di sequenziamento dei ceppi presenti in Toscana. Il progetto è stato stilato tra gli ultimi posti e non è stato finanziato. Dopo la scoperta della variante inglese, la Regione Toscana li ha ripescati, chiedendo ora di fornire un servizio, cioè sequenziare il genoma di 3mila campioni di virus dai pazienti positivi di varie aree.