Social, Trump ko pure su Parler. Il guru Bannon fuori da Youtube

“Senza Twitter, è solo un ragazzo che parla da solo”. I consiglieri di Donald Trump sono rimasti scioccati dalla decisione di Twitter di chiudere l’account del presidente uscente. The Donald – che l’attimo prima di abbandonare @realdonaldtrump ha imprecato contro la piattaforma in una raffica di tweet — invece, l’aveva messo in conto. Tanto che l’anno scorso aveva riunito l’allora direttore della campagna Brad Parscale e altri consiglieri e chiesto loro di trovargli una piattaforma social alternativa. Allora la sua richiesta era suonata folle: 88 milioni di seguaci non si spostano facilmente. Parscale, preoccupato, aveva cercato di mediare con Trump proponendogli come pulpito Parler, la piattaforma frequentata dai suoi supporter: negazionisti, complottisti e suprematisti, creata da Rebekah Mercer, figlia di Robert, fondatore di Cambridge Analytica e fino ad allora grande fan del tycoon. Trump aveva ceduto e creato un profilo. Ma non era una cosa seria né definitiva, soprattutto ora che Google, visto “l’odio dei suoi supporter”, ha reso non più scaricabile l’app da Google Play e altrettanto sta per fare Apple.

Parler era un po’ come il placebo di Facebook somministrato a Trump dai suoi allorché Twitter si era messo a fare le pulci alle sue dichiarazioni negazioniste sul Covid-19. Ma Trump amava troppo Twitter, almeno quanto ora lo odia. “Non c’è dubbio che fosse il suo megafono. In effetti, senza Twitter, avrebbe potuto non vincere le elezioni nel 2016”, spiega il sondaggista Tony Fabrizio, che ha lavorato alle due campagne del presidente. “Anche se sono sicuro che troverà altri mezzi per comunicare con i suoi fan, perdere la capacità di parlare a 88 milioni di persone contemporaneamente ridurrà il suo impatto”, conclude Fabrizio. Con i cinguettii poi Trump aveva perseguitato i rivali di partito, fin dalle elezioni di mid-term. E proprio ora che la sfida si fa enorme: mantenere le redini del Partito repubblicano dopo l’occupazione del Congresso, la possibilità di un impeachment e probabili incriminazioni, perde il suo “pulpito da bullo online” come lo definisce il quotidiano Politico. Eppure a Trump non resta che ricominciare da zero altrove, destino che tocca anche al suo ex guru, Steve Bannon, a cui Youtube, dopo averlo bannato, ha rimosso il podcast “War Room”, “per aver violato ripetutamente le regole della comunità con contenuti fuorvianti su presunte frodi ed errori che hanno cambiato l’esito delle elezioni presidenziali”. Ma l’apparato preparato dai consiglieri di Trump per la vita post-presidenziale, guardando alle primarie del 2022, potrebbe non bastare senza i feed di Twitter. Denaro in cassa non manca viste le centinaia di milioni di dollari raccolti in campagna elettorale e confluiti nel suo nuovo comitato. Con parte di questi soldi potrebbe creare una “nuova piattaforma”. “Non riusciranno a zittirci”, “restate connessi”, ha twittato in extremis Trump dall’account della Casa Bianca, @Potus e quello della campagna, @Teamtrump, subito bloccati da Twitter.

Un’altra strada per non sparire – visto il ‘tradimento’ di FoxNews di Rupert Murdoch – potrebbe essere farsi un canale suo. “Ciò che lo rende vincente è un mezzo senza filtri, diretto e interattivo”. Secondo fonti Reuters, Christopher Ruddy, amico di Trump e Ceo del network conservatore Newsmax, esclude l’ipotesi di una tv trumpiana, ma fa sapere che è pronto ad affidare a Trump uno show. “Il presidente è un’attrazione incredibile”, sostiene Ruddy. Per ultimo Donald potrebbe pensare di recuperare terreno tra i complottisti di 4chan, ma è da escludere che l’“Hemingway dei 140 caratteri”, come si definiva, 56 mila provocatori tweet dopo, voglia scomparire nel buio.

Boeing precipita in mare dopo 4 minuti dal decollo: 62 passeggeri sono dispersi

Alla fine, la conferma è arrivata dal governo indonesiano: il Boeing della Sriwijaya Air scomparso dai radar è precipitato in mare pochi minuti dopo il decollo da Giacarta. L’allarme era stato dato dall’autorità aeroportuale quando si erano persi i contatti con un Boeing 737-500 della compagnia Sriwijaya Air diretto verso Pontianak, sull’isola di Borneo. Il ministro dei Trasporti, Budi Karya Sumadi, ha spiegato che il volo SJ182 era partito con un’ora di ritardo alle 14.36. L’ultima volta che il pilota aveva interloquito con la torre di controllo era stato per chiedere l’autorizzazione a salire a una quota di 8.839 metri. Dopo quattro minuti, secondo la ricostruzione del ministro, è scomparso dai radar e sono immediatamente partite le attività di ricerca e soccorso. A bordo c’erano 56 passeggeri, tra cui nove bambini, un neonato, oltre a sei membri dell’equipaggio. Secondo i siti specializzati, l’aereo ha perso oltre 3mila metri di quota in meno di un minuto. Un pescatore ha raccontato alle televisioni indonesiane di aver visto un aereo schiantarsi in mare dopo una picchiata, mentre continuano le ricerche.

Rai in crisi sul web: Mediaset stravince con reality e fiction

Per gli italiani non ci sono solo Netflix, Amazon Prime, Tim vision o Disney. L’analisi del pubblico che nel 2020 ha fruito della televisione attraverso i device collegati al web dimostra un balzo in avanti di circa il 30% rispetto all’anno precedente. Un aumento dovuto ai lunghi mesi chiusi in casa per il lockdown di primavera e per le restrizioni autunnali, ma anche a una maggiore offerta.

La conseguenza della pandemia è stata una grande voglia di evasione, con la prevalenza di programmi leggeri come reality show, serie tv, fiction e sport. Ma ciò che balza agli occhi è che a stravincere siano i canali Mediaset rispetto a quelli Rai, nonostante gli sforzi che la tv pubblica ha messo in campo negli ultimi anni per colmare il gap sul digitale.

Il report riservato che il Fatto ha avuto modo di consultare descrive i dati di ascolto da gennaio a dicembre 2020 con una rilevazione effettuata su tablet, smartphone, smart tv, pc e game console, con il monitoraggio degli ascolti online dei cinque editori principali (Rai, Mediaset, La7, Sky, Discovery) che rappresentano l’86,5% del totale.

Interessante è vedere il tempo di ore speso (totale time spent: tts), ma anche il legitimate stream (ls), ovvero il volume di stream erogati e visti di un contenuto per almeno 300 millisecondi (0,3 secondi), ovvero per un breve o brevissimo periodo, le cosiddette “pillole”.

Su un totale, nel 2020, di 820,7 milioni di ore, in testa c’è Mediaset con 311,7 milioni, pari al 37,9% del totale del mercato. Poi segue la Rai con 260,7 mln (31,7%), Sky Italia con 210,1 mln (24,5%) La7 con 24,5 mln (3,2%) e Discovery con 18,3 mln (2,2%). Sul legitimate stream è invece in testa Sky Italia con 6,6 milioni (47%), seguita da Mediaset 5,1 mln (36,2%) e dalla Rai con 1,7 mln (12,2%).

Lo strumento più utilizzato per la fruizione in ore è il computer (41%), seguito dallo smartphone (37,9%), poi tablet 15,2% e smart tv (5,2%). La più vista sul pc è La7 col 66%, mentre Mediaset è al primo posto per fruizione su smartphone con il 51% e su tablet, invece, vince Sky con il 20%. Sul breve, invece, è lo smartphone a farla da padrone: i contenuti Mediaset sono i più visti, seguiti da La7. E la capacità di realizzare “pillole” da veicolare poi anche sui social (Fb e Twitter) è ancora una delle armi vincenti del Biscione nei confronti di mamma Rai.

Per quanto riguarda i singoli canali, il dato più evidente è il dominio di Canale 5, con 43,1 milioni di “tempo speso in ore”.

Molto distanziata, al secondo posto, c’è Raiuno con 28,9 mln, poi Mediaset Digital con 21,7 mln, i due canali di Sky Sport (20 e 19 mln), Tgcom24 (15,8 mln), La7 (14,7), Italia Uno (14,5), Sky Tg24 (12,9) e Rainews 24 (12,2). Seguono poi Raidue (11,7) e Raitre (9,4).

Sulle visualizzazioni brevi, invece, ai primi quattro posti troviamo TgCom24 (con oltre 430 milioni di visualizzazioni), Mediaset Digital, Canale 5 e SkyTg24. Solo al quinto posto c’è Raiuno (con quasi 68 milioni).

In queste classifiche non pervenuta è Raiplay, il canale web di Viale Mazzini diretto da Elena Capparelli, su cui la tv pubblica ha molto investito, ampliando notevolmente l’offerta e con un rilancio in grande stile, a fine 2019, con un programma in streaming e on demand di Fiorello (Viva Raiplay).

Una tabella del report Auditel analizza proprio i programmi della tv pubblica secondo l’Amrd, ovvero il numero medio giornaliero dei device collegati al minuto. Secondo questo parametro, al primo posto c’è Milan-Juventus di Coppa Italia del 13 febbraio, seguito dalla finale del Festival di Sanremo 2020. Nei primi venti posti ci sono altre serate di Sanremo e partite di Coppa Italia, inframezzati dalle puntate del docu-reality Il Collegio. Solo al 34° posto troviamo la benedizione Urbi et orbi di Papa Francesco di venerdì 27 marzo e al 35° il Tg1 del 26 aprile, in pieno lockdown.

Se poi guardiamo ai singoli programmi, il più visto del 2020 sul web è Uomini e donne (28,3 milioni di ore), seguito dalla serie turca trasmessa da Mediaset Daydreaamer – Le ali del sogno (21,4), il Grande Fratello Vip (13,6), la serie Rai Il paradiso delle signore (13,2), Le Iene (12,6), Temptation Island (10,6).

Nei primi dieci posti ci sono sette programmi Mediaset e tre della Rai, nei primi trenta la metà sono di Mediaset, 14 della Rai e uno de La7 (Propaganda live). I primi d’informazione sono Sport Mediaset al 15° posto e TgCom24 al 17°, poi Chi l’ha visto al 32° e Report al 35°.

Se li dividiamo per reti, i programmi più visti su Rai sono Il paradiso delle signore (che la Rai voleva pure chiudere), Il collegio e L’allieva; su Mediaset, Uomini e donne, Daydreamer e Grande Fratello Vip; su La7 sono Propaganda live, Piazza Pulita e Non è l’arena; su Discovery, Fratelli di Crozza, Primo appuntamento e Matrimonio a prima vista. Un dato impressionante sono le “pillole” viste su Sport Mediaset, oltre 413 milioni, seguito da Grande Fratello Vip con oltre 250 mln e Tgcom24 con 243 mln, mentre il record della Rai è Il collegio con più di 54 milioni.

Come si rompe la narrazione discutendo con il “pubblico”

Continuiamo la nostra passeggiata corroborante in compagnia dei comici greci e latini.

METABOLE DEL DESTINATARIO

SOSTITUZIONE

Destinatario 1/destinatario 2. Il commento a parte, rivolto al pubblico, è uno stratagemma comico di sicuro effetto:

MENECMO: Mi raccomando: se il vecchio ritorna, voi non ditegli da che parte me la sono squagliata. (Men., 879-881)

LURCHIONE: Mi raccomando, voi non ditegli niente. (Mil., 862)

DEMEA: Capite? Questo è il colmo! (Samia, 461-2)

DAVO: Cosa vuole, questo? (Andr., 184)

Nella Mostellaria, l’

a parte incrementa la tensione drammatica:

TRANIONE: Adesso sono proprio spacciato! (Most., 660)

Frequente il commento di un personaggio mentre altri due litigano:

SOSIA: Qui l’affare si complica. (Amph., 814)

MESSENIONE: Mi dispiace solo che non ho niente da rompergli in testa. (Men., 303-304)

Oppure mentre lui stesso sta litigando:

CILINDRO: Scherza spesso con me in questa maniera. (Men., 317)

Nel Mercante, Demifone e Carino interrompono il loro litigio con due lunghi a parte alternati:

DEMIFONE: Che gli prende, che si allontana a ponderare da solo? Non temo che abbia già appurato che mi sono innamorato della ragazza, perché non ho ancora commesso nessuna delle tipiche sciocchezze che fanno gli innamorati. CARINO: Per ora la faccenda è al sicuro, dato che non sa ancora nulla dei miei rapporti con lei; se li sapesse, sarebbe un altro discorso. DEMIFONE: E allora perché non parlargli di quella? CARINO: E allora perché non andarmene? (Merc., 379- 384)

Nel Miles gloriosus, Milfidippa e Palestrione smettono per un attimo di prendere in giro Pirgopolinice per complimentarsi a vicenda:

MILFIDIPPA: Accidenti, che razza di contaballe! PALESTRIONE: Come sto recitando? MILFIDIPPA: E io? Come lo sto sfottendo? PALESTRIONE: A puntino. (Mil., 1066)

Ecco due esempi di Terenzio:

SIMONE: ‘Così assicurano’. Che faccia di bronzo! (Andr., 876)

GNATONE: Gli brucia, al nostro uomo! PARMENONE: Come si inganna! (Eun., 274)

Ancora più sorprendente l’apostrofe offensiva:

TRIGEO (agli spettatori): Come eravate piccoli, dall’alto. Dal cielo mi sembravate dei delinquenti. Da qui, mi sembrate anche peggio. (Eir., 821-23)

DISCORSO PEGGIORE: Guarda gli spettatori. Chi sono, in maggioranza? DISCORSO MIGLIORE: Perdio, in maggioranza sono rottinculo! Questo lo conosco, e pure quello, e anche il capellone qui davanti. (Ne., 1096- 1101)

EUCLIONE: Vi conosco tutti quanti, lo so che ci sono molti ladri, qua dentro, che si nascondono sotto la toga bianchissima e stanno lì seduti come galantuomini. (Aul., 718-719)

Livello 1/livello 2. Rendere esplicita la finzione scenica (metateatro) è una tattica che colora di umorismo i dialoghi.

EUTICO: Entriamo. Questo non è il posto più opportuno per parlare dei fatti tuoi, chi passa potrebbe sentire tutto. DEMIFONE: Hai ragione. E poi così la commedia sarà più breve. Entriamo. (Merc., 1005-1008)

PSEUDOLO: Il servo doveva portarsi via la tua amica, ma io l’ho fregato.

CALIDORO: E come? PSEUDOLO: Per chi la recitiamo, questa commedia? Gli spettatori sanno già tutto: c’erano. A voi due lo dirò dopo. (Pseu., 719-721)

IL PROLOGO: Oggi lui, arrivando qua, ritroverà in questa casa le sue figlie e nella casa accanto il figlio di suo cugino, così almeno ho saputo leggendo la mia parte. Adesso vado a truccarmi. (Poen., 121-123)

L’illusione scenica può essere smascherata anche in modo più esplicito:

CORO: Su, togliamoci i mantelli e diamo inizio agli anapesti. (Ak., 627)

CARINO: Io non faccio come ho visto fare da altri nelle commedie. (Merc., 3-4)

CARINO: Voglio dirlo con calma. ACANTIONE: Hai paura di svegliare gli spettatori addormentati? (Merc., 160)

Qui, invece, Aristofane rompe l’illusione alludendo satiricamente alla macchina scenica usata da Euripide, l’enkyklema, la piattaforma girevole che serviva a mostrare gli interni:

DICEOPOLI: Busserò ancora alla porta. Euripide, Euripiduccio! EURIPIDE (da dentro): Non ho tempo. DICEOPOLI: Adopera la macchina. (Ak., 407-8)

Animato/inanimato. Per esempio, le Nuvole che formano il coro della commedia omonima di Aristofane.

Umano/animale. Per esempio, Re Tereo trasformato in upupa negli Uccelli di Aristofane.

METABOLE DEL CONTESTO

AGGIUNZIONE

Contesti unificati. SOSIA: Non mi sembra meno strano che a te. All’inizio non credevo a me stesso, Sosia, finché l’altro Sosia, me stesso, non ha fatto in modo che gli credessi. (Amph., 596-598)

ANFITRIONE: Chi te le ha date? SOSIA: Io stesso, che in questo momento sono là a casa. (Amph., 607)

SOTTRAZIONE

Contesto ignorato. SOFOCLIDISCA: Me ne vado. PEGNIO: Io me ne sono già andato. (Per., 251)

SOSTITUZIONE

Contesti sostituiti. PROLOGO: Questa città, finché si recita la commedia, è Epidamno: quando la commedia cambia, anche la città diventa un’altra. (Men., 72-73)

PERMUTAZIONE

Contesto ambiguo. Come sei svenevole, Ammiano, con tua madre! Com’è svenevole, Ammiano, tua madre con te! Ti chiama fratello ed è chiamata sorella. Perché vi attraggono queste parole sospette? La madre che desidera essere una sorella non si accontenta di essere né una madre, né una sorella. (Epigr., II, 4)

(38. Continua)

Genova, la diga da un miliardo si fa, ma i numeri non tornano

La nuova diga foranea del porto di Genova si farà, con costi pubblici di 1-1,3 miliardi ma non senza perplessità sul suo fondamento economico. Il dubbio è emerso durante il dibattito pubblico avviato dalla stazione appaltante, l’Autorità portuale in tandem col commissario per la ricostruzione del Morandi e sindaco Marco Bucci, responsabile del maxipiano d’infrastrutturazione portuale deciso col decreto Genova. Del progetto si discute da anni: le navi portacontenitori e da crociera si sono ingrandite e la vicinanza della diga esistente ai moli crea problemi di accessibilità al porto storico. Stavolta, però, si è parlato anche di analisi costi-benefici, affidata al progettista Technital. Il verdetto è che la diga conviene, ma a sorprendere sono i numeri, necessari per l’inserimento fra le opere da finanziare col Recovery (500 milioni, il resto lo metterà il governo). A fronte di un’opzione zero (nessun intervento) in cui il milione di contenitori movimentato oggi nel porto storico potrebbe dimezzarsi, secondo Technital con la diga i volumi raddoppieranno fra il 2028 e 2029, per attestarsi a 2,8 milioni. Ma lo shock di domanda cozza con la realtà: a fine 2019 l’Italia movimentava 10,8 milioni di container contro i 10,6 del 2007: +1,9% in 12 anni. Ma da dove arrivano questi numeri? “Le proiezioni – ha spiegato Antonio Lizzadro, responsabile Technital – sono basate sulle interazioni con gli operatori che dovranno attuare i piani di impresa promessi in caso di realizzazione”. Nell’analisi viene poi ignorata l’offerta portuale esistente o in realizzazione nell’area (Vado Ligure, Genova Prà, La Spezia e Livorno); trascurate merceologie diverse dai container; nulla sugli effetti occupazionali e poco di quelli ambientali. Infine, i tempi di realizzazione (2028) sono più lunghi di quelli previsti dal Recovery (2026). Insomma, un intervento statale miliardario rischia di essere basato sulle promesse dei concessionari delle banchine che ne beneficeranno. Bruxelles approverà?

Open Arms, Salvini tra difesa e selfie. A primavera si decide se sarà processato

Ce l’ha messa tutta per conquistarsi la scena. Postando su Facebook a più non posso nella due giorni palermitana in vista dell’udienza all’Ucciardone per il caso Open Arms: la foto opportunity a via D’Amelio tanto per associare la sua figura a quella del martire della mafia Paolo Borsellino. Poi un selfie a mo’ di scongiuro, con le arance siciliane prima di raggiungere l’aula bunker: “Amici intanto mi anticipo”. Come dire. Il rischio di finire in galera con l’accusa di aver sequestrato i migranti a bordo della nave della ong spagnola nel caldo agosto del 2019 quando era ancora ministro dell’Interno sebbene obnubilato dal sogni dei pieni poteri maturati al Papeete, è grave ma non è serio. Almeno fino al 20 marzo quando il Tribunale di Palermo deciderà se mandarlo o meno a processo per sequestro aggravato di persona e rifiuto di atti d’ufficio.

Intanto dalla Sicilia, Salvini ha inviato pure messaggi in bottiglia agli alleati del centrodestra, freddini stavolta con i suoi guai giudiziari che potrebbero costargli l’agibilità politica. È costretto a smentire di caldeggiare l’idea di un governo istituzionale, ipotesi che è fumo negli occhi per la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: “L’ipotesi Draghi premier? Alcuni quotidiani con fantasia mi attribuiscono dichiarazioni mai fatte” ha tirato corto. Ad attenderlo fuori dall’aula, il presidio di attivisti e simpatizzanti della ong e il controcanto degli avvocati di parte civile che lo hanno più volte invitato a smettere di raccontare “balle”. Prima di riprendere la strada per Roma rimane giusto il tempo di rassicurare la figlioletta Mirta che si informa se i giudici siciliani lo faranno tornare a casa. Il prossimo appuntamento è per il 14 gennaio quando verrà nominato un perito che dovrà tradurre una serie di documenti tra cui il diario di bordo di Open Arms prodotto dalla difesa di Salvini. Che punta a dimostrare che il ritardato sbarco dipese in realtà dalla scelta deliberata (e sospetta) del capitano della nave, Reig Creus, di insistere per l’approdo a Lampedusa anziché proseguire verso la sua Spagna. Ma Giulia Bongiorno ha anche ottenuto l’acquisizione della deposizione su nave Gregoretti fatta dall’ex ministro Danilo Toninelli a Catania, per insistere sulla tesi della compattezza del governo gialloverde in tema di migranti. Su Open Arms però risultano già depositate anche due note del presidente del Consiglio, tra cui quella in cui aveva invitato Salvini, già dal 14 agosto a far scendere i minori (fatti poi sbarcare solo il 18). Il Capitano sarà all’Ucciardone il 20 marzo quando verranno sentite le parti civili e arriveranno le richieste dei pm.

Le toghe: “Rivela tutte le chat con i magistrati”

Con una lettera aperta 24 magistrati chiedono a Luca Palamara – ex presidente del Csm e membro del Csm, rimosso dalla magistratura nell’ottobre scorso – di rivelare tutto quel che sa sul sistema che, attraverso le correnti, ha gestito le nomine in magistratura degli ultimi anni. L’obiettivo: una “Profonda rigenerazione etica della categoria” che “consenta di dare corpo a concreti interventi di riforma”. I 24 magistrati hanno invitato Palamara (indagato a Perugia per corruzione) a rivelare, consegnando la trascrizione all’Anm, il contenuto dei messaggi “con i colleghi investiti di incarichi nell’autogoverno e nella rappresentanza sindacale, e con coloro che semplicemente vi aspiravano” o hanno “interferito (…) sui meccanismi di selezione e di nomina della Dirigenza, del Massimario, della Cassazione, degli incarichi ministeriali”. Se davvero Palamara ha intenzione di fare chiarezza, come sostiene da tempo, una fetta della magistratura – tra i loro nomi si contano quelli dei gip di Roma e Ragusa, Clementina Forleo e Andrea Reale – gliene sta dando l’occasione. “Gentile dott. Palamara”, si legge nella lettera, “sono i suoi colleghi (fino a sentenza irrevocabile nei suoi confronti lei è ancora appartenente all’Ordine giudiziario) che le scrivono, in nome di quel culto della Verità e della Giustizia che lei ha dichiarato di nutrire anche nel momento della dismissione della toga. Si è professato vittima di un sistema i cui meccanismi ha imparato a utilizzare non meno di altri che l’hanno preceduta, e di altri ancora, che sono rimasti ben ancorati ai medesimi ingranaggi”. Nel documento si sottolinea la difficoltà in cui versa oggi la magistratura che “soffre una crisi che sarebbe riduttivo definire di sola immagine”. Quindi la richiesta: “Le chiediamo di dare il suo contributo a prevenire qualunque tentativo di insabbiamento che possa essere messo in atto dalle correnti generatrici di questo ‘sistema’”.

Mail Box

 

Donald e B. somigliano tanto a mia nonna

Trump (e Berlusconi) è come la nonna: ti vizia purché le dici che è la migliore.

Stefano

 

Assange, uno scandalo del giornalismo

Il suo giornale ha il merito di aver dato uno spazio all’unica giornalista in Italia – Stefania Maurizi – che conosce in profondità la vicenda di Julian Assange, giornalista prigioniero politico nel cuore dell’Occidente. Che bello però sarebbe se una volta, in uno dei suoi collegamenti dalla Gruber (o altrove) anche lei avesse il coraggio di “alzare il ditino” (cit.) e pronunciare un nome che da solo darebbe scandalo, in questo nostro Paese con la classe giornalistica più serva, provinciale e ignorante del mondo.

Eugenio Abruzzese

 

Caro Eugenio, quando in tv si toccherà l’argomento lo farò molto volentieri.

M. Trav.

 

Bellanova e Bonetti, personaggette litigiose

Non si può fare a meno di rimaner sconcertati quando su Radio 24 la Bellanova e su Rai News la Bonetti hanno recitato a memoria abominevoli filastrocche contro Conte. Personaggi, questi, da far considerare la Meloni una statista. Ovviamente con i soliti intervistatori in ginocchio e gaudenti. Ma davvero questa specie di ministre pensa che la gente sia stupida? Possibile che Conte e i suoi non abbiano i mezzi per controbattere a questa plateale e ormai stucchevole disinformazione, compresa la “tiepida reazione verso l’amico Trump”? Ormai che siamo oltre al ridicolo, vadano subito in Parlamento e quindi al voto eventuale: pandemia e vaccinazioni faranno il loro corso, ma questa gente, si spera, andrà a casa.

Diego Tummarello

 

Caro Diego, concordo. Ma penso che la cosa migliore sia lasciare questi personaggetti e personaggette a litigare da soli e continuare a lavorare in silenzio. Così la gente capirà ancor meglio che cosa sta accadendo, quando questa farsa arriverà alla resa dei conti in Parlamento.

M. Trav.

 

La “trattativa” è peggio delle violenze americane

Quello che è successo negli Stati Uniti è allucinante, ma nulla in confronto a quello che è successo in Italia nei primi Anni 90, col tentato colpo di Stato da parte della mafia, finito poi in una trattativa con la complicità di alcuni apparati. Mentre in America vedo più un popolo vittima della sua stessa arroganza, inquinata dall’ignoranza. Le nostre società, sono malate, non solo di Covid.

Flavio

 

Non se ne può più delle Regioni: inutili

Ancora un atto di accusa contro le Regioni: la denuncia riportata sul Fatto da Federico Cauli. Basta con le Regioni!

S. Di Giuseppe

 

Renzi è più “unfit” dell’ex presidente Usa

Renzi e Trump, mi vengono i brividi: ho pensato che i due personaggi, fatti della medesima pasta, sono entrambi figli di un periodo tragico, in cui pare che il mondo sia condannato a rimanere incastrato. C’è una differenza notevole però tra l’americano e il nostro: i relativi sistemi di informazione. Negli Usa la stampa anti-Trump non ha mai smesso di attaccarlo, mentre da noi è avvenuta una novità assoluta, mai vista neanche durante il berlusconismo più feroce. Tutta la stampa è con lui, anche adesso che politicamente è morto e sepolto. Considerato questo abominio dell’informazione, possiamo dire che Renzi è più “unfit” di Trump?

Alessandro Pipitone

 

Cari senatori, andare alle urne non vi conviene

Un umile e modesto consiglio ai senatori: votate, non date retta agli stregoni della politica, perché se Conte verrà sfiduciato andranno a casa anche molti di voi. E chi ha provocato la crisi farà a tutti noi un bel marameo nella prossima legislatura, tanto per confonderci un po’ ancora.

Fabio De Bartoli

 

I NOSTRI ERRORI

Ieri, in alcune edicole, è uscita una edizione del Fatto con un’inversione tipografica in pagina 3 che ha alterato il senso dell’articolo. Ce ne scusiamo con i lettori.

 

Nel pezzo uscito venerdì a pagina 11 – “Morti Covid, cosa dicono i dati: in Italia +93mila decessi sul 2019” – è contenuto un errore: in fase di editing, laddove si parla del rapporto mortalità aggiuntiva per milione di residenti, è saltato “per mille”: l’Italia insomma ha una mortalità in eccesso nel 2020 dell’1,5 per mille ogni milione di abitanti, non certo di 1,5. Quel tasso serviva a paragonare la situazione italiana a quella degli altri Paesi e quel rapporto resta invariato (la mortalità in eccesso, anche in grafica, era riportata in valori assoluti). Ringraziamo il lettore che ci ha segnalato l’errore, di cui non possiamo che scusarci.

FQ

La vocazione cristiana. In origine fu non conformista e minoritaria

Ho appena finito di leggere Come canne al vento (Claudiana 2020), i diari tenuti nei lager nazisti da Giorgio Girardet (1919-2011) che poi, da pastore valdese e giornalista, sarà un protagonista della comunicazione religiosa italiana del secondo Novecento. Il ventiquattrenne sottotenente Girardet arriva al campo di Sandbostel (Bassa Sassonia, Germania) il 20 marzo 1944 insieme a migliaia di militari italiani che avevano combattuto i tedeschi (Girardet è fatto prigioniero nell’isola greca di Lero nel novembre del 1943 dopo due mesi di combattimenti contro gli ex alleati) e avevano rifiutato il reclutamento nella Repubblica di Salò. Le condizioni di prigionia non sono quelle dei campi di sterminio, ma sono dure, specie per gli oltre 600 mila internati militari italiani cui i nazisti non riconoscono lo status di prigionieri di guerra ma di “traditori”. A Sandbostel – dove passano anche Alessandro Natta, Giovannino Guareschi, Gianrico Tedeschi e tanti altri – il giovane Girardet decide di diventare cappellano evangelico, pur non essendolo formalmente (la sua formazione teologica era stata interrotta dalla chiamata alle armi), per cercare di mantenere (lui) e far mantenere (agli altri) un briciolo di speranza cristiana e dignità umana contro l’inedia e l’abbrutimento della denutrizione e delle condizioni di prigionia. Con i tanti pensieri suscitati da questi diari, leggo due testi biblici di questa domenica: “Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio” (Romani 12,2). Dopo secoli di “civiltà cristiana” è difficile immaginare cristiani e cristiane non conformisti, ma è anche vero che il cristianesimo è stato più vivo e influente quando e dove ha saputo dire una parola diversa, non conformista, grazie a minoranze mai completamente represse o marginalizzate o grazie a grandi testimoni che hanno illuminato epoche intere. La vocazione cristiana originaria è senza dubbio non conformista, numericamente minoritaria, come il lievito nella pasta o il sale nel cibo (per utilizzare esempi della predicazione di Gesù). Così si può conoscere “per esperienza quale sia la volontà di Dio”. L’altro testo si trova in uno dei quattro “canti del servo” del libro del profeta Isaia: “Ecco il mio servo, io lo sosterrò; il mio eletto di cui mi compiaccio; io ho messo il mio spirito su di lui, egli manifesterà la giustizia alle nazioni. Egli non griderà, non alzerà la voce, non la farà udire per le strade. Non frantumerà la canna rotta (cioè, non si accanirà su chi è già spezzato dalla vita, dal dolore o dal peccato)

e non spegnerà il lucignolo fumante (cioè, non schiaccerà chi è già ridotto al lumicino, chi è abbattuto)

; manifesterà la giustizia secondo verità. Egli non verrà meno e non si abbatterà finché abbia stabilito la giustizia sulla terra” (Isaia 42,1-4). Ci sono varie interpretazioni su chi sia stato (o sia) questo servo, certamente i cristiani vi hanno visto la prefigurazione di Gesù e del suo modo così particolare di essere il Cristo atteso: senza grida, autoritarismi, arroganze (tipico di troppi leader religiosi e politici), ma pieno di misericordia e giustizia, di mitezza e determinazione, resistente contro chi lo deriderà e cercherà di abbatterlo (“Egli non verrà meno e non si abbatterà”).

In condizioni drammatiche, Girardet e tanti altri della sua generazione sono stati testimoni di questa fede determinata e resistente e hanno contribuito a porre le basi morali (di cui c’è ancora bisogno) per la ricostruzione di questo Paese.

*Già moderatore della Tavola Valdese 

Pro. Ranucci ha il pregio di semplificare per fare capire a tutti gli spettatori

La risposta alla domanda di Antonio Ingroia (‘Sarò forse troppo esigente conoscendo bene quelle vicende giudiziarie, in quanto sono stato il pm di quei processi sopra elencati?’) per me è: Sì.

Qualsiasi giornalista o magistrato che si sia occupato di ‘Stragi e Trattativa’ troverà qualcosa da ridire sulla puntata di Report.

Per Ingroia si poteva spiegare meglio la decisione della Corte di Strasburgo su Bruno Contrada; si poteva chiarire chi è Salvatore Baiardo e quali sono i limiti e le possibili finalità dei messaggi lanciati dall’allora favoreggiatore della latitanza del boss Giuseppe Graviano e dal boss stesso. Tutto vero. Tutto giusto.

Sul Fatto e nel documentario Sekret Speciale Trattativa i Gravianos (su www.iloft.it) ci siamo occupati anni fa dei temi trattati da Paolo Mondani e Giorgio Mottola nel loro ‘Menti raffinatissime’. L’informativa della Dia sulle rivelazioni del 1997 di Baiardo (non riscontrate) sui rapporti dei Graviano con Marcello Dell’Utri e sulle vacanze in Sardegna dei boss a un chilometro e mezzo da Villa Certosa, le abbiamo pubblicate nel 2009. In questi ultimi 10 anni abbiamo incontrato anche noi Baiardo (più volte) e lo abbiamo intervistato. Abbiamo lavorato per cercare riscontri alle sue parole. Alcune parti del suo racconto che potevano sconfinare nel ‘messaggio in codice’ o nella diffamazione, sono finite nel cestino. Anche Report a nostro avviso ha fatto una scelta simile. Il conduttore Sigfrido Ranucci ha inserito tra virgolette l’intervista e ha subito riportato la posizione dei legali di Dell’Utri e Berlusconi, che “smentiscono e dicono: non ci sono stati mai incontri e del resto 25 anni di indagini lo hanno confermato”. Però quello che Ingroia vede come il limite del lavoro di Report potrebbe essere ribaltato in un pregio: la semplificazione.

Un’inchiesta di un’ora e mezza non è una sentenza dalla lunghezza sterminata o un processo decennale. Non si può pretendere da Report l’approfondimento e la completezza di un libro di 600 pagine o di una docu-serie in dieci puntate. Se avessero spiegato nei dettagli il procedimento di Strasburgo probabilmente avrebbero tediato i telespettatori che avrebbero girato canale. Parafrasando Humphrey Bogart: “è la tv bellezza”.

La sfida di Mottola e Mondani era non schiacciare i fatti sotto montagne di precisazioni che tolgono respiro al racconto cercando comunque di mantenere una correttezza di fondo. Reporta nostro parere ha vinto la sfida portando 3 milioni e mezzo di italiani a interessarsi di argomenti dei quali discutono da decenni tra loro pm, giudici e giornalisti in grado di distinguere il senso legale del procedimento di Strasburgo favorevole a Contrada da quello seguito dal pm Ingroia a Palermo. Il merito di Report è stato tirar fuori le stragi, la Trattativa Stato-Mafia e il ruolo dei servizi segreti dal recinto degli addetti ai lavori.

Tre milioni e mezzo di persone cominceranno a chiedersi perché Paolo Borsellino parlava nella medesima intervista della mafia a Milano e di Berlusconi e Marcello Dell’Utri. Tre milioni e mezzo di persone si chiederanno perché Graviano, boss condannato per le stragi del 1992 e 1993, parli in quel modo di incontri (tutti da verificare) con Berlusconi. La semplificazione delle storie complesse che riguardano i potenti è sempre un rischio. I legali di Berlusconi hanno già annunciato azioni legali contro Report.

Ora sta ai giornalisti e ai magistrati, ai saggisti, ai documentaristi e agli storici, cercare di dare una risposta alle domande poste da Reportche per la prima volta frulleranno nella testa di milioni di italiani.

Domande non risposte. Dubbi da sciogliere con rigore, mantenendo sempre la presunzione di innocenza, evitando strumentalizzazioni ma anche senza censure e tabù.

Lasciar cadere le domande poste da Report rifugiandosi nelle certezze delle sentenze e dei codici, questa sì, sarebbe un’occasione persa.