“L’odissea” è l’universo compatto un attimo prima del Big Bang

E ora, per la serie “Birra Kafka”, la posta della settimana.

Caro Daniele, sono in convalescenza dopo un’operazione chirurgica (tutto bene). Vorrei approfittarne per leggere un libro significativo. Cosa mi consigli? (Vincenzo Russo)

L’Odissea di Omero. Ci trovi tutto quello che serve: personaggi affascinanti, fuori dall’ordinario; una trama avvincente, ricca di mistero, magia, amori e colpi di scena; paesaggi esotici; e un finale idilliaco, dopo un massacro compiuto per vendetta. L’Odissea non è solo un libro, è l’universo ultra-compatto un attimo prima del Big Bang che darà origine a tutta la tradizione letteraria occidentale, dai romanzi sentimentali (Penelope, Calipso, Nausicaa, Circe) all’horror (“Così dicendo, con la man gagliarda dal suol raccolse la tagliente spada, che Agelao su la morte avea perduto; e di percossa tal diede al profeta pel collo, che di lui, che ancor parlava, rotolò nella polvere la testa”); dallo splatter (“Con un balzo gettò le mani sui miei compagni, due ne afferrò e, come cuccioli, li sbatteva al suolo: dalla testa schizzava fuori il cervello, bagnava la terra”; “Naso e orecchie ti taglierà con il bronzo crudele, ti strapperà i genitali e li darà in pasto ai cani”) al comico (“Si consumerà le spalle, costui, appoggiandosi a molti stipiti per chiedere tozzi di pane”; “È un dio che manda quest’uomo in casa di Odisseo, davvero, da lui mi sembra provenga una luce, dalla sua testa, perché non ha più nemmeno un capello”); dall’ironia narrativa (il lettore sa che il mendicante è Ulisse, mentre Eumeo, Telemaco, i Proci, Anticlea e Penelope non lo riconoscono: però lo riconoscono i cani di Eumeo, che non abbaiano, e il suo cane, Argo, che ne muore) alla composizione a pattern (Ulisse e Hermes: stesso carattere; Ulisse e Agamennone: diversità di ritorni e mogli; Ulisse nudo: tra i Feaci e tra i Proci; arrivi mediati da figure femminili; approdi con esplorazione; Ulisse ed Ercole: Ade, arco, Hermes; caccia al cinghiale e ai Proci: il collegamento è la cicatrice; Troia e Itaca: il collegamento è l’arco, di Ulisse e di Filottete; l’arco come prova di valore per conquistare Penelope, Elena, Agariste; Odissea e Iliade: uccisione Proci, uccisione Ettore; le menzogne di Ulisse; il rivelarsi di Ulisse: a Eumeo, Telemaco, Euriclea, Proci, Penelope); dalla ricapitolazione degli eventi (Ulisse a Penelope; Anfimedonte, uno dei Proci uccisi, ad Agamennone nell’Ade) all’agnizione: Euriclea: “Il mio cuore è turbato: molti stranieri provati dalla sventura sono giunti in questa casa ma nessuno, ti dico, così somigliante a vedersi come tu nel corpo assomigli, e nella voce e nei piedi, a Odisseo” (…) Andò vicino al suo re e lo lavava: e subito riconobbe la cicatrice della ferita che con le zanne bianche gli inflisse un cinghiale quando (seguono due pagine dell’episodio, a sospendere l’emozione il più a lungo possibile). Quella ferita toccò con le mani aperte la vecchia, toccandola la riconobbe e lasciò andare il piede. Nel bacile cadde la gamba, risuonò il recipiente di bronzo e si inclinò da una parte: l’acqua si versava per terra. Gioia e dolore insieme le presero il cuore, le si empirono gli occhi di lacrime, le venne a mancare la voce. E toccando il mento di Odisseo, così parlava: “Tu sei Odisseo, figlio mio caro: e prima non ti riconobbi, non riconobbi il mio re, prima di averlo toccato”. Quando leggi l’Odissea e arrivi a quella sequenza di dettagli magistrali non puoi non provare un brivido: come il brillio di una stella, quella scena ha attraversato i millenni per giungere fino a te. Così, grazie alla grande letteratura, partecipi di tutto ciò che è eterno e infinito. “Oppure puoi leggere Fabio Volo”, commenta salace un rosicone.

 

“Immunità”: Lotti e Boschi, nessuno segue l’ex premier

Matteo Renzi ieri ha depositato il suo esposto alla Procura di Genova contro i pm che lo indagano a Firenze: Giuseppe Creazzo, Luca Turco e Antonino Nastasi. La sua tesi è che abbiano violato le guarentigie del Parlamento depositando nell’inchiesta Open le sue chat. Erano state trovate nei cellulari sequestrati non a Renzi ma ad altri soggetti che avevano interlocuzioni su Whatsapp con il senatore. I pm di Firenze le hanno depositate perché non le considerano conversazioni o corrispondenza (quindi tutelata dall’articolo 68 della Costituzione), bensì documenti sequestrati a terzi utilizzabili esattamente come la lettera di Tiziano Renzi trovata nel pc del padre durante una perquisizione (e non si sa se mai inviata al figlio senatore) depositata nel processo del padre per bancarotta.

Se le chat non sono conversazioni o corrispondenza, come dicono i pm, non serve la richiesta di utilizzazione. Ergo Matteo Renzi sta denunciando i pm per una violazione inesistente. Se lo sono però dovrebbe essere un giudice a stabilirlo. Non Renzi, il Senato, la Procura di Genova o l’opinione pubblica. Questo è il punto.

Il leader di Italia Viva invece, prima di sollevare la questione di fronte al giudice competente, è andato in tv (Porta a Porta, Tg2 Post) e persino a Radio Leopolda per sostenere la sua tesi aggiungendoci sopra il carico di attacchi ad personam per i tre pm su altre questioni. Renzi non è il primo ex premier che preferisce difendersi dal processo piuttosto che nel suo processo. Però c’è un dato che nessuno ha sottolineato: a indebolire le sue tesi ardite sono i comportamenti ben diversi di due parlamentari indagati con lui che, trovandosi nella medesima condizione, hanno scelto una strada diversa. Maria Elena Boschi e Luca Lotti non hanno sollevato la questione dell’articolo 68 della Costituzione obbligando la Giunta della Camera a un braccio di ferro analogo a quello aperto in Senato con la magistratura. Lotti e Boschi avrebbero potuto firmare anche loro un esposto a Genova come quello di Renzi contro i pm. Non lo hanno fatto. Probabilmente i due parlamentari faranno valere i loro diritti nella sede propria, cioé a Firenze davanti al giudice competente. In caso di uso delle chat contro di loro, probabilmente chiederanno al giudice di stabilire se le loro prerogative sono violate. Punto. Niente interviste, niente denunce, niente attacchi personali.

La guerra di Renzi parte un anno e mezzo fa. Il 21 settembre 2020 i suoi difensori intimano al pm Turco “di astenersi dallo svolgimento di qualsivoglia attività investigativa preclusa ai sensi dell’articolo 68 della Costituzione”. Il 4 ottobre Turco risponde picche e allora il 7 ottobre 2020 Renzi scrive alla Presidente del Senato Casellati che il 14 ottobre scrive a Turco per fargli sapere che la questione “su richiesta del Senatore Renzi è stata deferita alla Giunta”. Renzi scrive ancora a Turco il 24 novembre 2020 e poi il 27 novembre allegando la missiva alla solita Casellati e anche al procuratore generale della Cassazione e al vicepresidente del CSM, competenti per le azioni disciplinari contro i pm. La Giunta delle immunità ha ora votato a favore di Renzi e la questione del conflitto di attribuzione dovrà essere votata in aula al Senato. Lotti e Boschi non hanno chiesto nulla di simile ai colleghi della Camera.

Dopo trent’anni, Pomicino ancora inventa complotti su Tangentopoli

Insieme alle antiche confessioni, dilegua, in trent’anni, anche la vergogna. Dopo Claudio Martelli (l’antico vice Craxi) che ha appena detto: “È ora che la magistratura faccia autocritica” (la magistratura, non i ladri) tocca a Paolo Cirino Pomicino, bagaglio della indimenticata Corrente del Golfo andreottiana, che ai bei tempi dell’inflazione a due cifre, danzava mangiando babà sulle macerie del terremoto dell’Irpinia.

Dice che Mani Pulite fu un complotto dei comunisti. Anzi di un gruppo di magistrati comunisti, istigati da Achille Occhetto, istruiti da Carlo De Benedetti. Glielo rivelò nientemeno che Gerardo Chiaromonte (defunto nel 1993, purtroppo) “uno dei pezzi da novanta della nomenklatura rossa”, che ebbe la bella idea di informare del complotto in corso non l’opinione pubblica democratica, meno che mai i carabinieri nei secoli fedeli, ma direttamente lui: ’O Ministro. “Mi fece sapere riservatamente che il Pds aveva scelto la via giudiziaria per andare al potere”.

Perbacco! E come? Muovendo agenti provocatori da Capalbio e capitani d’industria appena sbarcati dal Britannia? “Cosa significasse in concreto non me lo chiarì, ma certe anomalie sono evidenti a distanza di tanto tempo”.

Chissà se tra le anomalie annovera l’astuzia comunista di usare magistrati di destra come Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo per confondere gli spalloni della Democrazia cristiana. Oltre a un gran borghese come Francesco Saverio Borrelli, noto maestro di equitazione repubblicana, per allestire i patiboli.

Meno male – dice sempre Pomicino – che dal cilindro della Storia saltò fuori Silvio Berlusconi: “Non lo avevano calcolato”. Ci ha pensato la Provvidenza. Che ha fatto una carezza pure a lui, Cirino, facendo in modo che la sfangasse con una condanna, un patteggiamento e un paio di prescrizioni. Invece di ringraziare il cielo, spegnere la luce e guardarsi un film, ancora li inventa.

Stiamo perseguitando anche chi non sa se può vaccinarsi

Ricevo da un’amica veneta: “Mi hanno condannato a morte civile, e sono innocente. Un po’ alla volta mi è stata sottratta una libertà dopo l’altra, un diritto dopo l’altro. Posso solo comprarmi cibo e medicine, e andare in chiesa. Sai che sono una nevrotica, sola, con un sistema immunitario squinternato. Sono andata dal medico di base, che mi ha mandato in un centro di vaccinazione con due righe di accompagnamento. La giovane dottoressa ha scorso in fretta l’anamnesi che le ho dato – fatta di una sequela di reazioni avverse a farmaci, persino omeopatici, e alcune molto gravi (con ricovero in ospedale e terapia di cortisone) – e ha dichiarato che non vedeva controindicazioni. Davanti alla mia perplessità, ha detto a un ragazzo che passava alle mie spalle: “Ce n’è un’altra!”, ridacchiando. Il giovane ha fotografato con il telefonino le due righe del medico di base, ridacchiando. Le mie condizioni di vita mi hanno tolto ogni capacità di reagire; mi aspettavo un po’ di cautela, un esame del sangue, qualche test per valutare eventuali allergie… Così me ne sono andata, dopo essere stata costretta a firmare una dichiarazione di rifiuto della vaccinazione. Ma io non ho rifiutato la vaccinazione: ho rifiutato il trattamento sbrigativo e offensivo”. Scriveva poi che aveva perso il suo lavoro di insegnante, che era stata messa al bando dagli amici vaccinati, che le fanno un “salutino” pro forma al telefono una volta alla settimana. “Sai cosa ti dico? Quasi quasi preferirei una prigione vera e propria”. Così finiva la lettera. Come è possibile mettere medici così inadeguati a giudicare e decidere? Non è una specie di obiezione di coscienza quella di chi ha un’acuta coscienza del suo corpo e teme con buone ragioni per la sua salute? Perché farlo diventare un fuorilegge? Cosa stanno subendo quelli che sono definiti in pseudo-inglese no-vax (in inglese “anti-vaxxer”) se non una persecuzione? Li si difende così da Omicron, che ormai fa morire solo i moribondi? E un governo che decreta un risarcimento danni da vaccinazione, come ha potuto renderla obbligatoria? Non è un’abominevole iniquità? E i cosiddetti immunizzati, fortunati senza “reazioni avverse”, che vanno contagiandosi all’impazzata, se ne infischiano? Si sentono ancora gli svuotatori delle terapie intensive, i protettori dei commerci e del turismo, i “giusti”, gli eroi, i salvatori della patria? Il ri-presidente della Repubblica sta preparando 54 milioni di medaglie al valore?

Epico dualismo al centro: Toti vs. Brugnaro

Spieghi il candidato, con parole sue, cosa distingue politicamente le seguenti sigle di partito: Cambiamo!, Coraggio Italia, Noi con l’Italia, Centro Democratico, Azione, Italia Viva. In un ricorrente incubo notturno svolgo l’esame per diventare giornalista, ma il mio foglio resta tragicamente in bianco. Non è solo un brutto sogno poiché se nella realtà dovessi rispondere a una domanda sul merito farei scena muta. Nelle mie notti agitate c’è del metodo poiché tutti i simboli succitati potrebbero comporre quel Centro (forse all’inizio solo un Centrino) vagheggiato dai giornali in ogni retroscena che si rispetti. Poi ho letto che due leader di prima grandezza di questa macchina da guerra in gestazione – Giovanni Toti (Cambiamo!) e Luigi Brugnaro (Coraggio Italia) – hanno litigato di brutto, e questo un po’ mi dispiace perché come pilastri della nuova entità dovrebbero dare il buon esempio. Come mai siano ai ferri corti non è chiarissimo anche se poi ho riflettuto che in tutte le grandi rivoluzioni, fatalmente, emergono dualismi spesso inconciliabili: Robespierre-Danton, Stalin-Trotsky. Però, mentre lo scrivevo mi pentivo dei due infelici esempi che hanno avuto come epilogo, rispettivamente, la ghigliottina e una picconata.

Sono arcisicuro che quello tra Toti e Brugnaro sia solo un qui pro quo superabilissimo se solo la rappacificazione fosse agevolata da un paciere dotato del tatto necessario. Subito viene in mente uno come Matteo Renzi (Italia Viva), ma temo che al momento stia cercando di rispondere alla lettera di papà Tiziano. Perché non Carlo Calenda (Azione)? Sarebbe perfetto se non fosse che ce lo dicono impegnato in tre o quattro risse: con Clemente Mastella, con il medesimo Renzi e con un vicino per questioni condominiali. Poi, l’illuminazione: perché non affidare una fattiva mediazione a Maurizio Lupi (Noi con l’Italia), sempre così squisito e moderato nei modi, tanto che certe volte sembra trattenere il respiro per non disturbare. Ecco, come federatore Lupi potrebbe essere per il Centro (o Centrino) ciò che George Washington ha rappresentato per l’America. Altrimenti toccherebbe dare ragione a Mario Draghi quando dice che piuttosto che guidare una simile, stravagante accolita di perdigiorno preferirebbe trovarsi un lavoro.

Rivolta a San Vittore, condannati 4 detenuti

Quattro condanne fino a 5 anni e 4 mesi di reclusione e cinque assoluzioni. Lo ha deciso ieri pomeriggio la nona sezione del Tribunale di Milano, nel processo a carico di nove detenuti imputati per le rivolte nel carcere milanese di San Vittore avvenute a marzo 2020, nel pieno della pandemia di Covid. Le accuse sono sequestro di persona, devastazioni, lesioni personali e rapina. Sono state parzialmente accolte così le richieste della pm Paola Pirotta, che aveva chiesto condanne per tutti gli imputati fino a 5 anni e 4 mesi, concedendo le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate. I detenuti avrebbero anche rinchiuso tre agenti della polizia penitenziaria, sottraendo loro chiavi e trasmittenti.

Fallimento Ste, chiesta conferma pena Verdini

La Procura generale di Firenze ha chiesto la conferma della condanna per Denis Verdini nel processo che vede imputato l’ex senatore di bancarotta fraudolenta per il fallimento della Società Toscana di Edizioni (Ste). In primo grado Verdini era stato condannato a 5 anni e 6 mesi. Il pg ha chiesto anche la conferma anche per gli altri quattro imputati: l’ex deputato Massimo Parisi, ex coordinatore regionale toscano diFI e già Ad della Ste (pena di 5 anni); Girolamo Strozzi Guicciardini, ex presidente del consiglio di amministrazione della Ste (3 anni); Enrico Luca Biagiotti, ex membro del cda (3 anni); Pierluigi Picerno, ex amministratore delegato e poi liquidatore della Ste dichiarata fallita nel febbraio 2014 (3 anni).

Appello bis “Mondo di mezzo”: a Alemanno 1 anno e 10 mesi per finanziamento illecito

Gianni Alemanno è stato condannato a un anno e dieci mesi a Roma per traffico di influenze e finanziamento illecito nel processo d’Appello bis sul “Mondo di mezzo”. Lo stralcio è quello che vedeva l’ex sindaco di Roma imputato e inizialmente condannato per corruzione. È stata poi la Cassazione, nel luglio scorso, ad annullare la pena a 6 anni inflittagli in secondo grado – per la quale l’ex ministro rischiava anche il carcere – derubricando l’accusa. Ieri è arrivato il “ricalcolo” della pena, anche se i legali di Alemanno annunciano che faranno un nuovo ricorso in Cassazione. La vicenda riguarda i circa 10 mila euro pagati dalle cooperative guidate dal principale imputato, Salvatore Buzzi (già condannato a 12 anni e 10 mesi in secondo grado) alla Fondazione Nuova Italia, che gli inquirenti hanno ritenuto fosse riconducibile ad Alemanno. Per la Suprema Corte, la prima sentenza di appello, “a fronte delle censure difensive che avevano lamentato la mancata dimostrazione della partecipazione” di Alemanno “al patto illecito di Salvatore Buzzi e Franco Panzironi per l’alterazione della gara (appalto Ama del dicembre 2012, ndr) si è limitata ad indicare quale prova a suo carico i bonifici fatti da Buzzi alla Fondazione Nuova Italia in prossimità della aggiudicazione della gara”.

La vicenda giudiziaria dell’ex primo cittadino della Capitale era iniziata nel dicembre del 2014 con una perquisizione domiciliare e l’iscrizione nel registro degli indagati. Nei suoi confronti l’accusa iniziale era di concorso esterno nell’associazione di stampo mafioso e corruzione. Per questa fattispecie i pm chiesero e ottennero l’archiviazione nel febbraio del 2017. La posizione di Alemanno venne, però, stralciata e per lui restò in piedi la corruzione a cui si aggiunse il finanziamento illecito e il traffico di influenze. L’ex sindaco, difeso dagli avvocati Cesare Placanica e Filippo Dinacci, ha rilasciato alcune dichiarazioni a margine e pubblicato un lungo post su Facebook. “Sono innocente non solo perché i fatti che mi vengono contestati molto difficilmente possono essere inquadrati come degli illeciti – ha scritto sul social network – ma soprattutto perché nel lungo iter processuale non si è voluto prendere atto, nonostante tante testimonianze e molteplici prove, che io ho agito sempre in buona fede e spesso per puro spirito di servizio”.

Incendio sul traghetto Grimaldi tra Corfù e Brindisi: “Undici dispersi, nessun italiano”

Il traghetto Euroferry Olympia della compagnia Grimaldi Lines è andato a fuoco vicino all’isola di Erikoussa, a nord dell’isola greca di Corfù mentre era in navigazione da Igoumenitsa a Brindisi. Rispetto a quanto spiegato nelle prime ore successive all’incendio, sviluppatosi attorno alle 4.30 di ieri mattina, non tutti i passeggeri e i 51 membri dell’equipaggio – 288 in tutto – sono stati tratti in salvo. Le autorità del porto di Corfù hanno riferito di aver contato e identificato 277 persone salvate, una delle quali non era nella lista ufficiale degli imbarcati. E la Guardia costiera greca ieri sera parlava ancora di almeno 11 dispersi. Diversi i conteggi della stessa compagnia, che ha fatto marcia indietro rispetto alle rassicurazioni mattutine: la compagnia parla di 14 dispersi, di cui 5 persone rintracciate a bordo e il cui tentativo di salvataggio è in corso. Diversamente da quanto spiegato alle agenzie di stampa, non ci sono italiani tra i dispersi. “Nel controllo da parte delle autorità elleniche, per errore, erano state inserite tre persone di nazionalità italiana – ha chiarito il gruppo – I dispersi sono di nazionalità bulgara, greca e turca”.

Tra coloro che erano intrappolati sull’Olympia figuravano anche due camionisti, un turco e un bulgaro, che si trovavano nel garage della nave (a sinistra il tragitto alla deriva dopo l’incendio da Marine Traffic, ndr) e sono stati salvati dai vigili del fuoco, come confermato dagli stessi in un tweet. Uno di loro avrebbe problemi respiratori. “C’erano fiamme altissime, a bordo c’era il panico”, hanno spiegato alcuni testimoni. “Sulle scialuppe c’erano persone che gridavano e vomitavano. Ci sono stati momenti di panico, non lo auguro a nessuno. C’erano anche bambini. Faceva freddo e le scialuppe stavano imbarcando acqua poiché erano sovraccariche”, ha spiegato l’imprenditore brindisino Mino Roma che si trovava sul traghetto. “Il comandante della nave, quando è scoppiato l’incendio, ha fatto il giro delle cabine e radunato i passeggeri su un unico ponte – ha spiegato all’Ansa il comandante del pattugliatore della Guardia di Finanza intervenuto sul posto, Felice Lodovico Simone Cicchetti – poi ha dato l’abbandono nave, ma l’evacuazione non è stata una passeggiata”. Nel momento in cui le fiamme sono diventate ingovernabili, il traghetto si trovava a circa 9 miglia dalla costa, in piena area Sar (ricerca e soccorso) greca.

L’accusa: “L’alibi di Bellini smontato da sua moglie”

Maurizia Bonini, ex moglie di Paolo Bellini, “merita una patente di assoluta credibilità, perché demolisce l’alibi dell’ex marito, che lei stessa aveva aiutato a creare”. Ne è convinto il Pg Nicola Proto, che ha cominciato la sua parte di requisitoria del nuovo processo sulla strage del 2 agosto 1980 a Bologna, che vede come principale imputato Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale, accusato di concorso nella strage. Per il Pg sono diversi gli elementi introdotti dall’ex moglie di Bellini che fanno ritenere veritiera la sua testimonianza, cambiando l’orario della presenza al Delfinario di Rimini dell’ex marito e collocandola verso l’ora di pranzo, dopo che invece per quarant’anni aveva sostenuto fossero le 9-9.30 del 2 agosto, un orario incompatibile con la sua presenza in stazione a Bologna.

La donna nel 2019, parlando con il figlio Guido, ha riconosciuto per ben tre volte Bellini in una foto pubblicata sui giornali ed estrapolata dal video amatoriale girato il 2 agosto in stazione.