Il governo non è ancora in piena crisi, ma di certo è già immerso in una palude profonda. Con Matteo Renzi sempre deciso a lasciarvi il nemico, Giuseppe Conte, su cui rovescia pesanti dubbi di connivenza con la gestione Trump per poi (ri)invitarlo a cedere la delega ai Servizi. Fino all’intimazione lanciata da Tg2 Post: “Il Recovery Plan? Chiediamo più soldi per la sanità, e vuol dire prendere il Mes”. Ma per il M5S il fondo salva Stati è inaccettabile. Così la paura del voto anticipato sale dentro la maggioranza. Anche se oggi, in una “giornata cruciale”, a sentire il segretario del Pd Nicola Zingaretti, il presidente del Consiglio vedrà se e quando si potrà tirare fuori dall’acquitrino.
Innanzitutto nella riunione dei capidelegazione convocata per le 18 da Conte, che avrà come tema il Recovery Fund. Di fatto il cuore della partita con i 209 miliardi che ha in pancia. E infatti il premier, come rivendicato già nel post di mercoledì, ha concesso molto ai partiti e specialmente a Italia Viva. Partendo dall’aumento dei fondi per la Sanità, saliti da 9 a 19,7 miliardi (soglia peraltro raggiunta soprattutto con uno spostamento di voci dalla digitalizzazione: uno degli escamotage trovati, così come i fondi europei del prossimo settennio integrati nel piano). Per passare al notevole incremento delle risorse per l’Alta velocità ferroviaria: un chiaro segnale a Renzi e al Pd, certo, ma anche al centrodestra.
Di sicuro la bozza trasmessa ieri pomeriggio ai partiti dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, sembra aver accontentato dem e grillini. Mentre i renziani continuano a seminare polemiche. Ieri mattina si erano lamentati per il mancato confronto sul testo con Gualtieri, che mercoledì aveva consultato Pd, LeU e M5S. E allora il ministro ha dovuto precisare che era stata Iv a rifiutare un incontro, spiegando di non voler discutere prima di avere ricevuto il nuovo testo. Ma nonostante i capricci, neanche da Iv possono negare che Conte abbia concesso, e parecchio. Anche se nella bozza non c’è neppure un accenno alla struttura di governance, altro punto potenzialmente esplosivo.
Di sicuro però non si può tirare avanti all’infinito. Lo pensa il Pd, che oggi nfarà il punto in una Direzione in cui verrà ribadita la linea “o Conte o il voto”. E soprattutto il premier, che ha convocato la capidelegazione anche e soprattutto per stanare i renziani. “Se andasse bene il tavolo, potremmo tenere il Consiglio dei ministri anche in nottata” ipotizzavano ieri fonti di maggioranza. Dipenderà da come va la riunione. E le premesse non sono eccellenti, leggendo le parole della renziana Teresa Bellanova al Tg4: “Se il presidente del Consiglio cercherà i Responsabili mi troverà al Senato a svolgere il mio ruolo di senatrice di opposizione”.
Un avvertimento, che conferma una sensazione molto diffusa ieri, ossia che Renzi tema il voto a Palazzo Madama sul Recovery. Un passaggio che Conte vuole comunque fare. Anche per provare a trasformare la “conta” sul suo governo in un verdetto sul piano di finanziamenti europei: se Renzi votasse contro, ragionano, si assumerebbe la responsabilità di una scelta così impopolare. E se invece arrivasse il sostegno dei Responsabili, è l’altro punto del ragionamento, non lo farebbero per sostenere il governo, ma in nome dell’unità nazionale. Anche perché il calendario scorre: se vogliamo l’anticipo sul Recovery, il piano va inviato ai primi di febbraio, non oltre. E manca meno di un mese.
In questo clima, il Quirinale prova a offrire un’ancora. Nel dettaglio, ha fatto sapere a Conte e ai leader di maggioranza che è pronto anche da accettare un rimpasto ampio, senza i paletti su alcuni ministeri che aveva posto settimane fa. A patto che si arrivi al Colle con un accordo ben definito. A quel punto, si proverà a varare un rimpasto senza passare per le rischiosissime dimissioni di Conte. Operazione complicata, ma non impossibile, sostengono fonti di governo. Però la strada è stretta. E dal Nazareno già mettono le mani avanti: “Se si vota, non è colpa nostra”.