Chindamo, il pentito: “L’imprenditrice fu uccisa e triturata o data in pasto ai maiali”

Data in pasto ai maiali o fatta macinare con un trattore. È la fine che avrebbe fatto Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello. Di lei non si hanno tracce dal maggio 2016, quando è sparita mentre si trovava nella sua tenuta agricola di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia. La donna sarebbe stata inghiottita dalla ’ndrangheta perché si era rifiutata di cedere i suoi terreni a un uomo vicino alla cosca Mancuso. A quasi cinque anni dalla sua scomparsa, è un collaboratore di giustizia di Potenza a fornire ai magistrati calabresi la speranza di fare luce sulla “lupara bianca”.

È il 7 febbraio 2020 quando il pentito Antonio Cossidente ha di fronte il pm di Catanzaro, Annamaria Frustaci. A lei racconta le confidenze ricevute dal suo compagno di cella, il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone detto “l’ingegnere”. Detenuti entrambi nel carcere di Paliano, Cossidente, maggiore di età, aveva preso quest’ultimo sotto la sua ala protettrice: “Per me Emanuele Mancuso – dice ai pm – era diventato come un figlio”. Il giovane parla con Cossidente e quest’ultimo riporta ai pm, guidati dal procuratore Nicola Gratteri, i discorsi sentiti dal rampollo della ‘ndrangheta. Soprattutto il soprannome, “Pinnolaro”, con cui veniva chiamato Salvatore Ascone, l’uomo arrestato per concorso nell’omicidio di Maria Chindamo nel luglio 2019 e scarcerato poco tempo dopo dal Tribunale del Riesame. “Emanuele – fa mettere ancora a verbale Cossidente – mi disse che era scomparsa una donna a Limbadi: un’imprenditrice di Laureana di Borrello, la Chindamo”.

In sostanza, Ascone (definito dallo stesso pentito “un grosso trafficante di cocaina”) sarebbe il responsabile della scomparsa dell’imprenditrice perché “voleva acquistare i terreni della donna in quanto erano confinanti con le terre di sua proprietà”. “Emanuele Mancuso – si legge sempre nel verbale – mi disse anche che in virtù di questo rifiuto della Chindamo a cedere le proprietà, ‘Pinnolaro’ l’ha fatta scomparire, ben sapendo che se le fosse successo qualcosa la responsabilità sarebbe ricaduta sulla famiglia del marito della donna, poiché il marito, o l’ex marito dopo che si erano lasciati, si era suicidato. Quindi questo ‘Pinnolaro’ sarebbe stato lui l’artefice della vicenda per entrare in possesso dei terreni”.

Che fine ha fatto Maria Chindamo? Cossidente riporta sempre quanto sentito da Emanuele Mancuso: “Mi disse che la donna venne fatta macinare con un trattore o data in pasto ai maiali”.

La Croazia trema ancora: scossa avvertita in Italia

La terra continua a tremare e non dà pace alla Croazia, già colpita il 29 dicembre da un violento sisma di magnitudo 6.4 avvertito chiaramente anche in Italia. Dopo uno sciame che negli ultimi nove giorni non ha accennato ad arrestarsi, e nel pieno delle operazioni di soccorso seguite al terremoto di fine anno, una nuova forte scossa valutata inizialmente di magnitudo 5.3 e poi corretta a 5.0 è stata registrata intorno alle 18 di ieri ancora nella zona di Petrinja, la cittadina a una cinquantina di km a sud-est di Zagabria rimasta semidistrutta dopo l’ultimo sisma, il cui bilancio è stato di 7 morti, una trentina di feriti e danni materiali di ingente entità.

L’epicentro della nuova scossa è stato localizzato tra Petrinja e Sisak, a 10 km di profondità. Le notizie giunte a ieri sera parlavano di ulteriori danni materiali a diversi edifici, ma di nessuna nuova vittima. Durato una decina di secondi, il sisma è stato avvertito chiaramente anche nella capitale Zagabria e in numerose altre località della Croazia, in particolare a Varazdin e Slavonski Brod. La scossa è stata sentita anche in vari quartieri di Trieste. Nella zona dell’epicentro il movimento tellurico ha di nuovo terrorizzato gli abitanti, che da giorni dormono o in auto o in tende e container allestiti dalle squadre di soccorso impegnate senza sosta a fornire assistenza alla popolazione. Operazioni che si svolgono con la concomitante emergenza sanitaria.

Dal terremoto distruttivo 6.4 del 29 dicembre lo sciame sismico a Petrinja e nella regione circostante non si è mai fermato, con decine di scosse anche fino a magnitudo 4. Secondo le autorità croate, sono almeno 22mila le case e gli edifici danneggiati dal sisma di fine anno, e il 20% dei quasi 9 mila stabili ispezionati finora sono andati completamente distrutti. Numerosi Paesi europei, Italia compresa, hanno già inviato aiuti mobilitandosi con iniziative umanitarie e raccolta di denaro a favore delle popolazioni colpite.

“In Lombardia le stesse siringhe di tutti”

Alle 17.30 di ieri, la Lombardia risultava aver somministrato il 17,8% delle dosi vaccinali in sua dotazione, meglio solo di Valle d’Aosta, Molise, Calabria e Sardegna e ben al di sotto del 65,9% della Toscana e del 61,8% del Lazio. Ritardi che in Lombardia sarebbero da addebitare anche all’inadeguatezza delle siringhe fornite dalla struttura del commissario all’emergenza Domenico Arcuri, come ha dichiarato al Corriere della Sera Carlo Nicora, direttore generale del policlinico San Matteo di Pavia.

In pratica sarebbero troppo grandi (5 ml) quelle per la diluizione del vaccino con la soluzione fisiologica (la quantità di soluzione da mettere nelle fiale è di 1,8 ml). Troppo grandi (3 ml), anche quelle per la somministrazione del siero, di cui va prelevata una dose da 0,3 ml. In definitiva, ciò comporterebbe una seppur minima approssimazione nella preparazione del vaccino, perché le siringhe non avrebbero tacche tarate su quantità così minime.

Dopo che l’assessore lombardo al Welfare, Giulio Gallera, ha giustificato il ritardo nella campagna vaccinale con l’assenza dei medici per le festività, a mettere un freno alla macchina della Regione contribuirebbero ora anche le siringhe non idonee. Tanto che, per adesso, molte strutture sanitarie lombarde utilizzano le proprie scorte, quelle che hanno nei magazzini. “Tutto è stato fatto in base a quanto è previsto dal protocollo – controbattono dallo staff di Arcuri –. Con il primo lotto sono state inviate siringhe luer lock (ad avvitamento, ndr) da 1, da 3 e da 5 ml. Tutte adatte alla somministrazione in sicurezza e con precisione. Con i successivi lotti saranno inviate siringhe da 1 e 3 ml”. Le luer lock sono, peraltro, quelle consigliate dalla stessa casa farmaceutica americana Pfizer, che insieme alla tedesca BionTech, ha messo a punto il primo vaccino anti-Covid, quello utilizzato in questa prima fase della campagna vaccinale. A differenza di quelle con l’ago a incastro, hanno un sistema di avvitamento che impedisce la rimozione accidentale, le perdite e gli sprechi. La precisione di dosaggio consente di prelevare dalle fiale Pfizer anche una sesta dose (e non più solo cinque), permettendo così anche un risparmio sul costo del vaccino, pari al 20% di dosi in più, a fronte di un costo più elevato delle siringhe ad avvitamento rispetto a quelle tradizionali.

La stessa Aifa, l’agenzia nazionale del farmaco, nel bugiardino, precisa che il vaccino deve essere somministrato con siringhe ad ago bloccato. La dose, scrive Aifa, “deve essere estratta in condizioni asettiche e utilizzando siringhe di precisione adeguate, da un flaconcino di vaccino che contiene 2,25 ml, dopo la diluizione prevista con soluzione di cloruro di sodio allo 0,9%”. In questo modo con mille fiale potranno essere vaccinate 6mila persone anziché 5mila.

Il contagio sale in tutta Italia. Casi gravi in aumento al Sud

Negli ultimi sette giorni i contagi rilevati sono aumentati del 28% rispetto alla settimana precedente. Crescono in tutte le Regioni, di pochissimo in Val d’Aosta (+1,3%), di poco nel Veneto (+6,6%) che però resta il territorio più colpito, di più nel Lazio (+32,5%) e in Lombardia (+45,6%), ma il record l’ha fatto l’Abruzzo (+82,4%). Sono elaborazioni del dottor Paolo Spada che da mesi anima una pagina Facebook molto seguita, “Pillole di ottimismo”, sui dati forniti giornalmente da Regioni, ministero della Salute e Istituto superiore di sanità.

“La situazione peggiora – osserva Spada, medico dell’Humanitas di Milano che però non c’entra nulla con il suo lavoro sulla pandemia –, ce ne accorgiamo anche negli ospedali. Ma questo aumento era atteso, dipende dai numeri molto bassi della settimana di Natale”, quando i tamponi sono notevolmente diminuiti.

Ieri sono stati notificati dalle Regioni 20.331 nuovi casi con 178.596 tamponi. La percentuale di positività è dunque dell’11,4%, come martedì. “I media – avverte il dottor Spada – seguono molto questo dato, ma nel totale dei tamponi c’è di tutto: test di controllo, test ripetuti… Preferiamo guardare alle persone testate per la prima volta”, che ieri sono state 75.719. Così il tasso di positività sale al 26,8%, il 2 gennaio era al 38,8%. I morti sono stati 548, la media settimanale è 467,6, un po’ più alta dei sette giorni precedenti (458,4).

Si contano 221 pazienti in meno nei reparti ordinari (in totale 23.174, quasi un terzo in meno rispetto a fine novembre) e sono aumentati di due nelle terapie intensive, con 183 nuovi ingressi (in totale sono 2.571, un terzo sotto il picco). Dopo settimane di continuo calo, i ricoverati sono stabili, calano di poco nelle aree mediche (-1,7% negli ultimi 7 giorni) e aumentano leggermente nelle rianimazioni (+1,7%). “Può dipendere – suggerisce il dottor Spada – da una diversa gestione dei ricoveri, consentita dalla minore pressione” rispetto a un mese fa, quando quasi tutte le Regioni erano oltre le soglie d’allerta. Secondo Agenas, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, le terapie intensive sono occupate da pazienti Covid-19 al 30% (che è la soglia ), i reparti ordinari al 36%, 4 punti sotto la soglia. Le Regioni con gli ospedali più affollati sono Emilia-Romagna, Friuli-V.G., Lazio, ovviamente Veneto e soprattutto Trentino-Alto Adige; Lombardia e Umbria soffrono nelle rianimazioni, Piemonte e Marche nell’area medica; sulle soglie Liguria e Puglia. Ieri sono aumentati i casi più gravi in Molise, Calabria, Friuli-V.G., Sardegna e Umbria.

In Veneto si registra l’incidenza più alta, 503 nuovi casi negli ultimi 7 giorni ogni 100 mila abitanti, oltre il doppio della media nazionale (196), seguono Friuli-Venezia Giulia (307) ed Emilia-Romagna (297). Oggi e domani ministero e Iss valuteranno l’andamento settimanale, con le nuove regole basterà che il tasso di riproduzione del virus Rt sia uguale o superiore a 1 per la zona arancione, 1,25 per la rossa: potrebbero cambiare colore Veneto ed Emilia-Romagna, forse la Liguria, ma anche Lombardia, Puglia, Calabria e Basilicata erano sopra 1 all’ultima rilevazione, Marche e Friuli-Venezia Giulia erano appena sotto. “Ma la cabina di regia valuta Rt con riferimento a una settimana prima. Ora la media dovrebbe essere di poco sotto 1 (era 0,93, in crescita da tre settimane, all’ultimo rilevamento, ndr), ma la realtà potrebbe essere andata più avanti, come in ottobre quando si è intervenuti quando la curva era già alta”, osserva il dottor Spada. Il ritardo dipende dai tempi di trasmissione dei dati all’Iss. Le soglie più basse servono a intervenire prima. Le zone regionali però non convincono Spada: “Non ha senso imporre le stesse regole a Mantova, che ha 300 casi a settimana ogni 100 mila abitanti, e a Bergamo che ne ha 54”.

Buone nuove l’Ema approva anche Moderna

L’Agenzia europea del farmaco (Ema) e la Commissione europea hanno dato il via libera al vaccino dell’azienda Usa Moderna, definito “efficace e sicuro”, dopo l’approvazione lo scorso 21 dicembre di quello di Pfizer-Biontech.

Per domani è atteso anche il via libera da parte dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e già dalla prossima settimana è previsto l’arrivo in Italia delle prime dosi.

Complessivamente, nei prossimi tre mesi, giungeranno in Italia 1,3 milioni di dosi Moderna: 100 mila a gennaio, 600 mila a febbraio e 600 mila a marzo. La prossima autorizzazione potrebbe essere quella per il candidato vaccino di Oxford/AstraZeneca/Irbm, già in uso in Gran Bretagna.

Il vaccino Moderna è utilizzabile a partire dai 18 anni di età e nella sperimentazione su circa 30 mila soggetti ha dimostrato un’efficacia del 94,1%, Utilizza l’innovativa tecnologia dell’Rna-messaggero, come Pfizer, e richiede una doppia dose. Il vaccino rimane stabile a temperature standard di refrigerazione tra 2 e 8 gradi C per 30 giorni. Inoltre si prevedono condizioni di trasporto e conservazione a lungo termine a temperature standard del congelatore di -20 gradi C per 6 mesi. “La sfida è ancora dura – ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza – ma è un altro importante passo avanti contro il virus”. Cauto ottimismo anche dal premier Giuseppe Conte: “Abbiamo appena avviato la campagna di vaccinazione che va portata a termine il prima possibile”, ha detto il presidente del Consiglio, sottolineando lo “sforzo immane” messo in campo e definendo i primi risultati “molto incoraggianti”.

“Infermieri, medici e Rsa: tutti immuni entro fine febbraio”

“Si sta già correndo e adesso l’obiettivo è arrivare a completare il milione e 800 mila operatori sanitari, personale e ospiti delle rsa entro fine febbraio”. Il professor Franco Locatelli – presidente del Consiglio superiore di sanità e ormai frontman del comitato tecnico scientifico a supporto del governo per l’emergenza coronavirus – si ritiene soddisfatto per il passo preso dalle strutture sanitarie nella campagna di vaccinazione: “Sento voci critiche, ma la mattina del 3 gennaio eravamo a 84 mila prime dosi somministrate e poi ne abbiamo raggiunte 190 mila in tre giorni. Siamo secondi in Europa dopo la Germania”.

Il regalo della Befana è l’approvazione per il secondo vaccino, quello di Moderna.

Ed è un bellissimo regalo, perché abbiamo così già due vaccini dal profilo di sicurezza più che rassicurante e con un’efficacia importantissima. Solo con Pfizer e Moderna arriveremo a 62 milioni di dosi nel 2021, la maggior parte delle quali nel primo semestre. Il che significa che solo con questi due vaccini raggiungeremo quota 31 milioni di italiani immunizzati dopo prima e seconda dose. E poi, ricordo, per il secondo semestre dell’anno si andranno ad aggiungere le altre piattaforme vaccinali che sono ormai avviate verso la fase di approvazione.

Qualche intoppo e rallentamento c’è stato. Il dato della Lombardia impressiona in negativo: com’è possibile che proprio la regione più colpita non sia partita a razzo?

C’è una disomogeneità che deve essere colmata al più presto: in alcune regioni si sfiora già l’80 per cento delle somministrazioni rispetto alle dosi ricevute, altre devono e possono far meglio. Non voglio far alcun tipo di polemica, ma chiaramente la Lombardia ha margini di miglioramento. È anche vero che siamo solo all’inizio, le Regioni che hanno prestazioni migliori spero siano da stimolo. Va molto bene, ad esempio, il Lazio, ma anche la provincia di Trento, la Puglia, la Sicilia e la Campania. Chi dice che non siamo partiti bene non fa i conti con una realtà che in questo momento ci vede secondi in Europa: mentre stiamo parlando (ieri sera, ndr) abbiamo già raggiunto 272 mila prime dosi somministrate. Non è poco. È interesse di tutti, ora, incentivare le vaccinazioni in tutte le regioni.

Teme che una variante di SarsCov2 con una velocità di trasmissione maggiore, come quella “inglese”, possa impattare negativamente sulle vaccinazioni?

Una ripresa della curva con il dilagare di SarsCov2 inevitabilmente impatterebbe sulla campagna di vaccinazione, mettendo sotto pressione le strutture ospedaliere chiamate anche alla somministrazione dei vaccini. Per questo motivo è importante tenere ancora i numeri sotto controllo.

E ora stiamo assistendo a un colpo di coda della seconda ondata o siamo già nella terza?

Non amo queste definizioni, ma è chiaro che quella che vediamo è la fotografia della circolazione virale del periodo immediatamente pre-natalizio. Quel che è stato messo in campo successivamente da Natale a oggi dal governo contribuirà a mantenere la situazione sotto controllo. Dobbiamo prestare la massima attenzione ma registriamo che per contagi andiamo meglio del Regno Unito che oggi ha superato di nuovo i mille morti. La situazione europea è questa.

Vede lockdown all’orizzonte?

Le tre fasce di rischio lo hanno evitato e lo scongiureranno ancora in futuro. I numeri di questi giorni non lo giustificano e ritengo non sarebbe sopportabile per il Paese.

Dopo febbraio a chi toccherà vaccinarsi?

Avremo 1.500 punti vaccinali dislocati nel Paese, con il coinvolgimento di medici di base e Asl. Si passerà ai 4,5 milioni di ultraottantenni, da immunizzare entro aprile. Poi si passerà alla fascia 60/80enni e alle scuole, alle forze dell’ordine e a operatori e detenuti delle carceri. Entro fine estate, inizio autunno, confermo, tutti gli altri per raggiungere 42 milioni di italiani: 4,2 milioni in media al mese, obiettivo assai ambizioso, ma non impossibile.

La scuola superiore ripartirà davvero l’11 gennaio?

Domani valuteremo in cabina di monitoraggio, ma è interesse di tutti che riparta e non è opportuno dividersi sulla scuola. Poi è chiaro che ci possono essere realtà locali più critiche.

Per la ripartenza intravede già delle zone rosse?

I dati più critici in termini di Rt li avevano una settimana fa Veneto, Calabria e Liguria. Vedremo domani.

Il vaccino degli altri: meglio di noi solo Berlino

Alle 20.50 di ieri erano 290.573 gli italiani vaccinati contro il Covid, tra personale del sistema sanitario e anziani ospiti delle Rsa, pari al 41,8% delle 695.175 dosi distribuite in Italia a partire dal V-Day, il 27 dicembre scorso. Media nazionale. Ma ci sono Regioni che corrono e altre che arrancano. Mentre la Toscana è al 65,9% delle dosi ricevute e il Veneto al 65,6, Lombardia (17,8), Valle d’Aosta (17,1%) Sardegna (11,5%) e Calabria (11,4%) sono in coda, con percentuali di somministrazione che vanno dal 11,2% (Sardegna) al 22% (Lombardia).

Per numero di dosi somministrate, nonostante le furiose polemiche delle scorse settimane, l’Italia in Europa è seconda solo alla Germania (il Regno Unito ha iniziato 20 giorni prima) ed è tra le prime dieci al mondo.

Regno Unito obiettivo 13mln entro febbraio ieri 1000 morti

Dall’8 dicembre nel Regno Unito sono state inoculate oltre 1,3 milioni di dosi del vaccino Pfizer-BionTech, mentre la distribuzione di quello Astra-Zeneca, più semplice dal punto di vista logistico, è stata avviata il 4 gennaio. Il governo intende raggiungere almeno 13 milioni di persone entro febbraio e cercherà di allestire circa 1.000 centri di vaccinazione nel paese. Intanto la situazione è fuori controllo, già peggiore che nel picco della prima ondata, anche a causa della diffusione della mutazione “inglese”. Le nuove infezioni riportate ieri sono state 62.322 (+42.6% sulla settimana precedente), i morti 1.041 (+37.2), i ricoverati 30.451. Molti ospedali sono al limite della capienza. Da ieri è attivo un lockdown quasi totale; chiuse tutte le scuole, consentito uscire di casa solo per la spesa e per fare esercizio fisico. Una misura soggetta a revisione a metà febbraio ma che si prevede resterà in vigore almeno fino a fine marzo.

Germaniail primato in Ue (anche come decessi)

Di vaccino in Germania “ce ne sarà abbastanza per tutti”. Lo ha ribadito il ministro della Salute Jens Spahn nel mezzo di una violenta campagna di stampa contro il governo Merkel, colpevole di aver passato il timone degli ordinativi alla Ue, contro gli interessi tedeschi. Questo mentre il Paese registrava ieri oltre 1.000 morti in un giorno, 21.230 nuovi contagi e il governo prolungava e inaspriva il lockdown fino al 31 gennaio. Il problema, ha ribadito il portavoce tedesco della Salute, non è il numero insufficiente di ordinazioni ma il collo di bottiglia delle limitate capacità produttive iniziali. Il Paese in totale potrà contare nel 2021 su circa 136 milioni di dosi di vaccino già autorizzato e 300 milioni in totale, quando anche gli altri produttori avranno l’ok Ema. Del Pfizer-Biontech la quota-Paese è di 55,8 milioni di dosi a cui si aggiungono 30 milioni ordinati successivamente. Del vaccino Moderna ne arriveranno 1,5 milioni di dosi già dalla prossima settimana e nel corso dell’anno Berlino ne potrebbe ricevere 50 milioni. Fino a ieri erano state vaccinate 367.331 persone (dati Rki), metà anziani e metà per motivi di lavoro. Ma il consenso alla vaccinazione non è uguale ovunque. Il governatore della Turingia, Bodo Ramelow, ha lanciato l’allarme: in alcuni ospedali solo un terzo degli infermieri si è lasciato vaccinare.

Francia appena 7 mila dosi, boom “no vax”: sono il 58%

La campagna di vaccinazione è iniziata in Francia con un flop e tante polemiche. Al primo gennaio, infatti, solo 516 persone avevano ricevuto la prima dose di vaccino, malgrado le prime 520 mila dosi consegnate a fine anno da Pfizer. Un ritardo che ha scatenato feroci polemiche e la “collera” di Macron sul Journal du Dimanche: “Non è all’altezza dei francesi”. Da lunedì, dunque, Parigi cerca di recuperare. Il ministro della Salute Véran ha promesso di accelerare: la vaccinazione, finora riservata agli anziani delle case di riposo, è stata estesa agli operatori sanitari di più di 50 anni e lo sarà, prima di fine mese, a tutti gli over 75. Sono stati promessi tempi più brevi per raccogliere il consenso degli anziani (ora servono cinque giorni) ed è stata annunciata l’apertura di 500/600 centri vaccinali. Ieri 7.000 persone in tutto avevano ricevuto il vaccino in Francia, dove il virus ha ucciso oltre 66 mila persone. Entro l’autunno Parigi riceverà 30 milioni di dosi da Pfizer e ne ha preordinate 24 milioni a Moderna sul 2021. Il governo però deve fare i conti con lo scetticismo dei francesi: il 58% non intende farsi vaccinare.

Israele tra i primi tre al mondo in numeri assoluti

Il primo al mondo per copertura vaccinale: oltre 1,5 milioni degli oltre nove milioni di israeliani ha già ricevuto il vaccino Pfizer. Israele avrebbe pagato il doppio ogni dose per ricevere subito il siero, ha detto alla Reuters ieri una fonte anonima del governo. Accordi sono stati stretti anche con AstraZeneca e Moderna. I primi a cui è stato iniettato sono stati i cittadini over 60, pazienti a rischio, personale sanitario. Seguiranno insegnanti, operatori sociali, personale carcerario. Non lo riceveranno senza ulteriori studi minori di 16 anni e donne in gravidanza. I vaccini sono conservati in un bunker frigorifero accanto all’aeroporto di Tel Aviv. Vietato ricongelare le dosi: al posto degli assenti all’appello, i cittadini che decidono di rimanere in fila possono tentare la sorte e riceverlo. Proteste degli attivisti: il coordinatore per la salute Aiman Saif, ha espresso rammarico per il basso numero di dosi destinato agli arabi israeliani. Secondo le stime degli esperti, Israele uscirà dall’emergenza entro il prossimo marzo, mese in cui ci saranno le prossime elezioni.

“Rifiuti, col virus favori alle aziende”

Il Covid-19per le aziende di rifiuti in Lombardia? “Potrebbe essere stata una vera e propria sanatoria di illeciti pregressi perché non c’è mai stata alcuna criticità di smaltimento ma, nonostante questo, Regione Lombardia ha consentito che le aziende smaltissero in deroga”.

La denuncia arriva da Monica Forte, consigliera e presidente della Commissione speciale antimafia, anticorruzione, trasparenza e legalità del Pirellone.

Tutto nasce all’inizio dell’emergenza Covid, quando ci si attendeva un aumento della produzione di rifiuti, in particolare sanitari. “Dal ministero dell’Ambiente erano arrivate indicazioni circa possibili rischi di mancata tenuta del sistema”. Così la Regione emette due ordinanze che accordano alle aziende che si occupano di smaltimento un regime derogatorio. Contrariamente alle previsioni, però, il volume prodotto non raggiunge il punto critico. “Tutti i documenti certificano che non si è mai registrato l’atteso incremento”: vero è che tra 2019 e 2020 si è verificato un aumento del 30%, ma “potrebbe essere la conseguenza di contratti stipulati nel periodo pre-Covid; si tratta di numeri che comunque non hanno mai mandato in crisi il sistema”. Tanto che la direzione del settore Ambiente in diverse relazioni scrive: “In nessun momento dell’emergenza sanitaria sono state registrate criticità nella gestione dei rifiuti. I gestori non sono entrati in sofferenza come temevamo e hanno potuto trattare interamente il flusso dei rifiuti sanitari generati con gli impianti dedicati”. Per Forte, quindi, “le due delibere andavano sospese”, invece sono arrivate a scadenza senza che nessuno a Palazzo Lombardia prendesse atto della loro inutilità. Nel frattempo però un centinaio di imprese di smaltimento hanno richiesto la deroga. Ma queste, prosegue Forte, “secondo l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente non coincidono con chi ha dichiarato la quasi saturazione degli stoccaggi: diverse aziende l’hanno richiesta in modo preventivo pur avendo gli stoccaggi al 60% della capacità”.

Si è preferito, quindi, un sistema derogatorio nonostante non fosse necessario e non sono state chieste garanzie aggiuntive alle aziende come ulteriori fideiussioni a garanzia di eventuali rischi incendio. “Non mi risulta nemmeno che siano stati fatti controlli per accertare che le deroghe ottenute riguardassero sostanze entrate in azienda nel periodo dell’emergenza e non prima. Eppure – aggiunge la consigliera – sarebbe bastato farsi inviare le bolle di scarico merci per verificare l’effettiva data di ingresso dei materiali”. Le due ordinanze “non tengono conto di una serie di criticità che possono favorire il fenomeno di gestione illegale dei rifiuti. Proprio gli impianti autorizzati al deposito temporaneo – conclude – sono quelli su cui si appuntano gli interessi delle filiere di gestione illegale”.

 

L’ex sindaca con la passione per le consulenze a peso d’oro

Se arriverà a Palazzo Lombardia come assessore alla Sanità in sostituzione di Giulio Gallera, Letizia Moratti porterà con sé un bel curriculum. Ex sindaco di Milano, ex ministro dell’Istruzione, ex presidente della Rai, ex broker assicurativo, ex presidente di Ubi banca. Ma anche condannata dalla Corte dei conti “per colpa grave” nella vicenda delle “consulenze d’oro”; e indagata per una brutta storia di soldi e petrolio, in cui fanno capolino gruppi mafiosi e perfino i terroristi dell’Isis.

Letizia Maria Brichetto Arnaboldi vedova Moratti era sindaco di Milano quando assunse a Palazzo Marino una sessantina di persone di sua fiducia. Tra queste, sei uomini d’oro entrati con “illeciti conferimenti di incarichi dirigenziali” e altri sei ingaggiati con “non consentite nomine di addetti all’Ufficio stampa comunale”, che arrivò ad avere 20 dipendenti. Tutto a spese del Comune. Peccato che la Corte dei conti le abbia poi presentato il conto: 591 mila euro di danno erariale da rimborsare, un cifra che arriva a oltre 1 milione se si considerano anche i suoi 21 coimputati.

I fatti sono del 2006. La condanna diventa definitiva, con sentenza della Corte di cassazione, nel 2019. Le motivazioni sono pesanti: l’operato di Letizia Moratti ha avuto “il connotato della grave colpevolezza, ravvisabile in uno scriteriato agire, improntato ad assoluto disinteresse dell’interesse pubblico alla legalità e alla economicità dell’espletamento della funzione di indirizzo politico-amministrativo spettante all’organo di vertice comunale”. Nessuno dei nominati – appurano i magistrati – era in possesso delle competenze professionali richieste dalla legge.

Ancor più bruciante la vicenda che l’ha coinvolta da presidente di Ubi, ruolo che ha ricoperto fino all’ottobre 2020, quando la banca è stata conquistata da Intesa. Tre anni prima, nel 2017, un funzionario antiriciclaggio di Ubi, Roberto Peroni, denuncia che la banca ha una quarantina di clienti molto speciali, che godono di un trattamento particolare: per loro non valgono i controlli e non scattano le segnalazioni di operazioni sospette. Tra questi, la presidente Moratti: la Saras Trading, società svizzera del gruppo Moratti, ha infatti ricevuto da Ubi Factor finanziamenti milionari poi finiti all’estero, con transazioni passate nelle Isole del Canale.

Peroni viene cacciato, ma la Procura di Brescia apre un’indagine che si chiude nel 2019, con un’archiviazione: la mancata segnalazione di operazioni sospette non è più reato ma solo illecito amministrativo, comunque sanzionato dalla Banca d’Italia con una multa a Ubi di 1,2 milioni di euro. La posizione di Moratti viene però stralciata e mandata alla Procura di Cagliari. E questa fa il botto. Scopre che tra il 2015 e il 2016, Saras, la società petrolifera del gruppo Moratti, aumenta le importazioni di greggio dal Kurdistan iracheno, allora controllato dall’Isis. Niente bolle regolari e prezzi stracciati, con un ribasso “mediamente di oltre il 22 per cento, con punte del 38-42 per cento”. L’ipotesi degli investigatori è che sia lo Stato Islamico a contrabbandare il petrolio, dal porto di Bassora, in Iraq, attraverso Petraco Oil Company Llp, società inglese con una sede a Lugano, controllata da una sigla domiciliata nell’isola di Guernsey. Petraco è nel biennio 2015-2016 il maggior fornitore di petrolio di origine irachena (72 importazioni su 51) a Saras Trading. Moratti è coinvolta due volte: come azionista di Saras e come presidente di Ubi. Perché è il consiglio d’amministrazione di Ubi Factor che il 23 dicembre 2016 delibera di finanziare Saras Trading con 45 milioni di euro. Il credito viene triangolato (Ubi Factor-Saras Trading-Petraco) negli ultimi giorni dell’anno. E la banca ha “volutamente omesso” la segnalazione all’antiriciclaggio, pur “in una situazione di palese conflitto d’interessi”, visto che Letizia Moratti è presidente della banca che finanzia una sua società . I contratti di factoring, secondo la Guardia di finanza, potrebbero essere “un modus operandi” per nascondere “la provenienza delittuosa” del petrolio.

Ma non basta l’Isis. Il gruppo Moratti è indiziato anche “di relazioni commerciali con società contigue ad ambienti della criminalità organizzata o ad alto rischio di condizionamento”. Gli investigatori citano la Kb Petrols, società anch’essa in rapporti con Ubi Banca e anch’essa non segnalata all’antiriciclaggio. Il suo rappresentante legale è Claudio La Rosa, che risulta in contatto con “Giuseppe Arena, considerato organico della famiglia di Cosa nostra Santapaola-Ercolano, essendo una delle persone più vicine (autista e guardaspalle) a Vincenzo Aiello, rappresentante provinciale di Cosa nostra catanese”. La Rosa è rappresentante legale anche di un’altra azienda, in rapporti d’affari con ditte collegate a Luigi Brusciano, “riconducibile al clan dei casalesi” e contiguo agli ambienti di Malta citati in alcune inchieste giornalistiche sulla morte della giornalista Daphne Caruana Galizia, uccisa nel 2017 con una autobomba. Con questo curriculum, Letizia Brichetto Moratti arriva in Regione con l’impegno a non farci rimpiangere Gallera.

Bologna, maglia nera 2020 alla Borgonzoni. Per lei zero presenze in Consiglio comunale

È un piccolo record quello di Lucia Borgonzoni, senatrice leghista, candidata alla presidenza dell’Emilia-Romagna contro Stefano Bonaccini nel 2019 dopo essere stata candidata nel 2016 a sindaco di Bologna contro Virginio Merola. Dopo la sconfitta alle Regionali, aveva promesso di rimanere in consiglio per continuare da lì la sua battaglia. Invece a marzo, preferendo rimanere senatrice, ha formalizzato le proprie dimissioni. E nel consiglio comunale nel quale entrò nel 2016 dopo l’exploit che portò la Lega al ballottaggio a Bologna? Nel 2020, dicono i dati diffusi dall’assemblea cittadina, non si è mai vista, neanche in streaming. Non che nel 2019 avesse fatto molto meglio: una singola presenza su 92 sedute. Per trovare la migliore performance, che la colloca sempre ai piani bassi della classifica, bisogna tornare al 2018: 33 presenze in consiglio comunale su 96. Starà sempre al Senato, si dirà. Non proprio. Dal 23 marzo 2018 risulta presente al 37,57% delle votazioni, in 3046 casi è in congedo o missione. Fino al 4 settembre 2019, del resto, era anche sottosegretario ai Beni culturali.