“Conte è un punto di equilibrio, se si toglie il premier si rotola verso le elezioni”. E ancora: “Governissimo? Io avrei grande imbarazzo, non credo che si diminuisca la confusione mettendosi con Salvini e la Meloni”. È Andrea Orlando, vicesegretario Pd, a dare la linea. Che si muove intorno a due pilastri. Uno: non esistono altre maggioranze, oltre a quella attuale. Due: non esiste altro premier, oltre a Giuseppe Conte. E quindi, i dem non sono disponibili a nessun governo di larghe intese, di salute pubblica, di scopo, o che dir si voglia. E neanche a prendere in considerazione l’idea di sostituire questo premier. Non perché vada tutto bene, ma perché non c’è un’altra personalità davvero spendibile per i giallorossi: né Dario Franceschini o Lorenzo Guerini, che non potrebbero essere accettati da M5s; nè Luigi Di Maio, meno forte di Conte.
Martedì sera c’è stato l’ufficio politico dei dem: oltre a Nicola Zingaretti e a Orlando, hanno partecipato gli stessi Franceschini e Guerini, non solo nelle vesti di ministri, ma in quella di capi delle correnti maggiori del partito. E Paola De Micheli, come coordinatrice della mozione Zingaretti al congresso, i capigruppo, Graziano Delrio e Andrea Marcucci.
Più passano i giorni, più il rischio che la crisi si trascini e si scivoli verso soluzioni improponibili per i dem aumenta. L’iniziativa politica in questa fase è stata confusa: prima il Pd ha mandato Renzi avanti, poi la situazione è sfuggita di mano. Dopodiché, il partito si è esibito in valutazioni come “né con Renzi, né con Conte”. Per trovarsi messo di fatto all’angolo, rispetto ai due che hanno il pallino in mano. Senza trovare una voce e una strategia unica, tra governisti, tentati dal voto e viceversa tentati dall’entrata nell’esecutivo. A questo punto i dem sembrano aver scelto la strada.
Con Renzi ci parla prima di tutto Franceschini, ma anche Zingaretti e Orlando. Nella loro veste di mediatori, gli stanno offrendo di tutto. D’accordo con Conte, che ieri ha esplicitato le sue aperture. Dunque, le modifiche al Recovery Plan (a partire dai 9 miliardi in più per la sanità, un terzo del Mes), la cessione della delega ai Servizi segreti da parte del premier. E poi, la revisione degli assetti di governo. Si sta lavorando sia sulla possibilità di allargare il governo (inserendo prima di tutto un ministro per la gestione del Recovery Plan), sia su un rimpasto più sostanzioso. Per Iv ci sarebbe un ministero in più. In cima alla lista, il Mit. Ma se Renzi dovesse insistere, anche la Difesa, con Guerini spostato al Viminale. Nelle valutazioni non secondarie che si fanno in casa dem in queste ore, c’è anche il fatto che Ettore Rosato e Maria Elena Boschi, davanti alla prospettiva di entrare nell’esecutivo, sarebbero meno inclini a seguirlo sulla strada di una crisi senza sbocchi certi. Il Pd non è chiuso nemmeno davanti all’ipotesi di un governo dei leader, nel caso Renzi si decidesse a entrare. Però, fino a ieri, l’ex premier continuava – nei colloqui privati – a chiedere la crisi. Ovvero le dimissioni di Conte. Il Pd non è contrario neanche di fronte a questa ipotesi. Ma non si fida. E dunque, per arrivarci ci vorrebbe un’intervista chiara di Renzi che dà il via al Conte ter, annunciandone le basi programmatiche, oppure un accordo scritto. Tra le difficoltà, c’è anche il fatto che Conte non chiama Renzi e che un incontro tra leader non è possibile, a meno che l’accordo non sia già blindato. Altrimenti, diventerebbe la rappresentazione del fallimento. Il timore resta quello che il leader di Iv sia disposto a tutto pur di far saltare Conte. Mentre gioca su altri tavoli. Anche per questo, il Pd si è deciso a ribadire la strada delle urne. Il rischio di trovarsi incastrato in un governo di tutti esiste.
E in casa dem sanno che Sergio Mattarella potrebbe dare il via a un governo elettorale, che porti il Paese al voto non in piena pandemia, ma prima dell’estate. Come sanno che Conte può alla fine scegliere la conta in Senato. Un’opzione che al Nazareno non piace. Così come piace l’idea di un esecutivo con i Responsabili, in sostituzione di Iv. Ma la storia si fa giorno per giorno. E se davvero ne arrivassero a sufficienza, chi sa. Di certo, se questa crisi si risolve, il Pd cercherà dei “puntelli” per evitare che Renzi rigiochi la stessa partita.