C’è una nuova accusa nell’inchiesta sul crollo del Ponte Morandi: la Procura indaga manager e tecnici di Autostrade per l’Italia e delle società controllate per omissione d’atti d’ufficio. Una contestazione che, a questo punto, si allarga anche ai dirigenti del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti coinvolti nelle indagini e investe la responsabilità di chi avrebbe dovuto controllare e non lo ha fatto. “L’ipotesi di reato si riferisce al ruolo di pubblici ufficiali che avevano sia i responsabili della concessionaria che gli indagati che dipendevano direttamente dallo Stato – spiega il procuratore capo Francesco Cozzi – come nel caso dei viadotti, c’erano compiti specifici di monitoraggio, controllo e manutenzione che erano previsti per legge e invece non sono stati fatti”.
La svolta è arrivata dopo il deposito della perizia sulle cause del crollo, depositata prima di Natale dai periti del giudici. Le conclusioni degli esperti sono durissime: dal 1993 sul viadotto “non sono stati eseguiti interventi che protessero arrestare il processo di degrado in atto o di riparazione dei difetti presenti”, “particolarmente gravi” proprio sull’estremità della pila numero 9, ovvero il punto che avrebbe ceduto per primo.
Aspi in molti frangenti avrebbe nascosto e manipolato dati inviati al ministero. A sostenerlo sono sia il giudice per le indagini preliminari Angela Nutini sia il Tribunale del Riesame. Nonostante questo, fra i 71 indagati dell’inchiesta sulla strage del viadotto Polcevera sono coinvolti anche molti funzionari del Mit. Una parte di essi appartengono al Provveditorato alle opere pubbliche ligure e all’organo centrale romano che avevano il compito di approvare il progetto di “retrofitting” che avrebbe portato alla ristrutturazione della pila numero 9 e dei suoi stralli: le altre due erano già state oggetto dell’intervento del 1993. I lavori preventivati erano di oltre venti milioni di euro e dovevano essere avviati nel settembre del 2018, cioè poche settimane dopo il crollo del 14 agosto. Altri tecnici del ministero sono stati coinvolti proprio per aver partecipato alla ristrutturazione degli anni Novanta, che rimise a posto solo due delle tre strutture rette dai tiranti. La chiamata in causa anche del Mit, oltre che della concessionaria, potrebbe avere effetti importanti sulla partita dei risarcimenti. Al momento sono solo due i soggetti indagati per responsabilità amministrativa: Aspi e la controllata Spea Engineering.