Anno 2021, calendario Battistoni. Per Roma è come il calendario Pirelli per Milano. Magari meno internazionale, ma più legato alle radici culturali della città. Le belle foto che illustrano il calendario sono tutte in bianco e nero, paradossalmente il colore del dopoguerra. Della televisione di Lascia e Raddoppia, dei Caroselli, del festival di Sanremo al tempo di Nilla Pizzi. In bianco e nero sono i film del neorealismo. Di Roma città aperta. Della Dolce vita. E delle Olimpiadi di Roma: il tema scelto dalla Casa Battistoni per illustrare il calendario dell’anno che verrà, i Giochi del 1960.
Guarda caso, nel febbraio di quell’anno il capolavoro di Fellini irrompe nei cinematografi. Per i bigotti e i clericali, vederlo è peccato mortale, il film viene accusato di “propagandare il vizio”. Cassola pubblica La ragazza di Bube, spietato ritratto delle difficoltà politiche e sociali del dopoguerra, nonostante il boom e il Pil che supera l’8 per cento. Il 4 aprile nasce il famigerato governo Tambroni, un monocolore democristiano (detto degli “affari”) appoggiato dal Msi. Fu subito accusato di filo-fascismo. Tensioni sociali. Manifestazioni. Le proteste represse duramente, troppo. A Reggio Emilia, cinque morti. A Licata, un morto. Disordini, scontri, incidenti a Milano e anche a Roma. Altri morti, altre centinaia di feriti. Il governo Tambroni cade. Le tensioni restano.
È in questo clima difficile che a settembre si svolgono le Olimpiadi: il conto è di 40 miliardi di lire (oggi 550 milioni di euro), gli introiti previsti 30. I 14 miliardi per gli impianti sportivi sono finanziati dal Totocalcio e dalle lotterie. Presidente del Comitato olimpico è Giulio Andreotti, ministro della Difesa con Tambroni e pure dopo. Eccolo infatti scendere compiaciuto, fasciato in un doppiopetto scuro, la fastosa scalinata dell’Altare della Patria dopo aver presenziato alla cerimonia per il Milite Ignoto. È l’immagine più emblematica del calendario 2021. Rappresenta l’intreccio di potere, politica e orgoglio nazionale. L’Italia che è riemersa dal disastro, dalle macerie. Suggella la ricostruzione. Legittima l’ingresso tra le nazioni più progredite. La prima telecronaca in mondovisione. La macchina del tempo con la lotta greco-romana di oggi sotto la volta della basilica di Massenzio, come duemila anni prima. Gli impianti sportivi progettati dalle archistar dell’epoca per unire idealmente passato e presente, pensando al futuro. La nemesi della storia perpetuerà il ricordo dei Giochi di Roma quando a vincere la maratona sarà un soldato del Negus d’Etiopia, un quarto di secolo dopo l’ignobile conquista mussoliniana. Nella foto, Andreotti scambia uno sguardo complice e soddisfatto con Giulio Onesti, avvocato socialista che guida il Coni e che sfoggia un abbigliamento da cene a Portofino, col tocco dandy delle scarpe bicolori. Insieme ai due, un generale piuttosto corpulento, carico di medaglie. Testimone involontario di un’epoca moribonda.
Riproporre i Giochi del 1960 è, sottotraccia, una sorta di sfida: “Le Olimpiadi furono un momento epocale, un crocevia della modernità”, spiega Francesco Capodiferro, presidente della Casa Battistoni, che da raffinata bottega sartoriale di via Condotti nata nel 1946 si è trasformata in una pregiatissima impresa del made in Italy, “i Giochi ebbero un ruolo importante nel far affiorare capacità e vocazioni di Roma”. Perché non riprovarci?