L’Egitto chiude l’ennesima porta in faccia all’Italia sul caso Regeni. Pur ammettendo in maniera ufficiale di aver pedinato e indagato sul ricercatore di Fiumicello scomparso al Cairo il 25 gennaio e ritrovato cadavere il 3 febbraio del 2016. In una lunga nota il procuratore generale Hamada Al Sawi ieri è arrivato a criticare la condotta tenuta dal giovane friulano durante la sua permanenza nel Paese, affermando che “la vittima aveva discusso del sistema di potere egiziano con i venditori ambulanti” dicendo loro “che potevano cambiare la situazione come avvenuto in altri paesi”. Un comportamento “non consono al suo ruolo di ricercatore”, motivo che ha spinto gli apparati a porlo “sotto osservazione”, ma “senza violare la sua libertà o la sua vita privata”.
Ma la nota di ieri è stata anche una difesa d’ufficio di Al Sawi verso i quattro ufficiali della National Security accusati dalla Procura di Roma di essere responsabili a vario titolo delle torture e della morte del 28enne. Per i magistrati del Cairo “non c’è alcuna ragione per intraprendere procedimenti penali circa l’uccisione, il sequestro e la tortura della vittima”. Al contrario, le indagini romane sarebbero basate “su false conclusioni illogiche” contrarie “a tutti i fondamenti giuridici internazionali”. E allora chi è stato a torturare e uccidere Regeni? “Il responsabile resta sconosciuto”, spiega la Procura, che però non fornirà i nomi degli stranieri arrestati o fermati dalla polizia dalla notte della scomparsa fino al ritrovamento del cadavere. Chi ha ucciso Regeni, secondo Al Sawi, avrebbe scelto la data del 25 gennaio perché sapeva “che la sicurezza egiziana sarebbe stata impegnata a tutela dei siti sensibili”, fu crimine “compiuto da ambienti ostili all’Egitto e all’Italia” per danneggiare i rapporti tra i due Paesi.
La Farnesina ribadisce “di avere piena fiducia nell’operato della magistratura italiana” e “ritiene che quanto affermato dalla Procura Generale egiziana sia inaccettabile”, si legge in una nota. Nicola Zingaretti, segretario naqzionale del Pd, ha rilanciato un tweet di Piero Fassino, secondo cui “ci sono responsabilità di apparati egiziani di cui non cesseremo chiedere conto alle autorità de Il Cairo”. Per il presidente della Camera Roberto Fico è “l’ennesima provocazione”. Erasmo Palazzotto, presidente della commissione parlamentare d’inchiesta, chiede al governo di “pretendere chiarimenti”.