Per non rimanere tagliato fuori dal capitolo Libia, in vista della formazione di un governo di accordo nazionale ad interim che porti il paese alle elezioni fissate al termine del 2021, il presidente egiziano Al-Sisi sembra disposto ad abbandonare l’indebolito, seppur vicino, anche in senso geografico, generale Khalifa Haftar, ex uomo forte della Cirenaica. A dimostrarlo, secondo l’analisi di numerosi esperti, è stata la decisione del Cairo di spedire una delegazione del ministero degli Esteri e dei funzionari dell’intelligence a Tripoli per incontrare gli esponenti del governo di accordo nazionale (Gna) riconosciuto dall’Onu e finora guidato da Fayez al-Sarraj.
Si tratta della prima visita egiziana a Tripoli dal 2014, quando scoppiò la seconda guerra civile dalla caduta del defunto Gheddafi. L’importanza di questa visita la si evince dal fatto che la delegazione è stata guidata dal vice capo dell’intelligence e capo del ‘fascicolo Libia’ presso la presidenza egiziana, Ayman Badie. Il Cairo durante i colloqui ha promesso di riaprire la propria ambasciata a Tripoli. Questa decisione inattesa, se si pensa che a metà settembre Badie era a Bengasi per parlare di petrolio con Haftar, può suonare come un’abdicazione al ruolo di protettore e finanziatore di Haftar da parte dello stesso presidente egiziano. Il tema principale del cruciale incontro tra (ex) nemici è stato quello del continuo arrivo a Tripoli di armi turche. La delegazione egiziana ha sottolineato la necessità di interrompere l’importazione di armi turche, di smantellare rapidamente le milizie pagate da Erdogan e di respingere completamente qualsiasi base militare turca sul territorio libico. Guardando più da vicino la dinamica dell’incontro, la mossa avrebbe avuto invece lo scopo di portare un messaggio di sostegno alla corrente del governo tripolino guidata dal ministro dell’Interno Fathi Bashagha nonché aspirante premier del governo di transizione, e leader di una potente milizia di Misurata, che rifiuta l’escalation militare turca.
Bashagha, che è vicino al ‘Partito per la giustizia e la ricostruzione’ affiliato ai Fratelli Musulmani, aveva visitato il Cairo lo scorso novembre. Un fatto inedito dato che Al-Sisi è colui che da capo dell’esercito aveva annichilito nel 2013 la Fratellanza Musulmana e quindi preso il potere.
Erdogan, leader da anni del movimento politico islamico, da allora accusa Al-Sisi di golpe, e non solo. Quest’anno in seguito al ritiro dell’Esercito nazionale libico (Lna, guidato da Haftar) da Tripoli e recentemente dalla regione di Sirte, nella Libia occidentale è emersa una spaccatura tra i sostenitori del processo di risoluzione politica che pone fine al ruolo militare della Turchia e coloro che chiedono la continuazione dei combattimenti e la conquista di Sirte e dei porti petroliferi, che si trovano soprattutto nella Cirenaica. L’ambizione di Bashagha di guidare il futuro governo ha messo a dura prova i suoi rapporti con gli ormai ex alleati turchi che sarebbero rimasti estremamente contrariati, per usare un eufemismo, dalle due visite che il potente ministro dell’Interno libico e originario di Misurata (la città simbolo della rivoluzione contro Gheddafi) ha fatto recentemente in Egitto e Francia. Parigi è l’unica in Europa ad aver sostenuto di fatto Haftar ma ieri un portavoce del ministero degli Esteri, commentando la ripresa di sparatorie fra Tripoli e Haftar ha dichiarato: “Non esiste una soluzione militare, bisogna concentrarsi sulla nomina del nuovo governo e sull’organizzazione delle elezioni” annunciate per il 24 dicembre 2021”.
L’influenza di Bashagha tuttavia sembra stia iniziando a scemare mentre si amplia quella di Salah al-Din al-Namroush, il nuovo ministro della Difesa nominato pochi mesi fa e noto per la sua posizione pro-Turchia. Fonti egiziane hanno detto che la visita è stata pianificata poche settimane fa, e non ha nulla a che fare con la visita del ministro della Difesa turco Hulusi Akar a Tripoli. Mohammed al-Zubaidi, professore di diritto internazionale presso l’Università di Tripoli, ha dichiarato: “La visita arriva dopo che il Cairo ha ospitato le riunioni del Comitato militare e del Comitato costituzionale, e in seguito al successo nel raggiungimento di un accordo sulla cruciale città di Sirte, lo scambio di prigionieri tra Lna e Gna e un accordo sull’uscita delle forze straniere dal Paese”.
Il Cairo ha ulteriormente ampliato la portata del suo raggio d’azione alle forze di tutte le regioni della Libia e ha ospitato riunioni che includevano figure di diverse regioni e diverse affiliazioni, nel tentativo di evitare di venire associato esclusivamente all’asse della Libia orientale, che include anche il presidente del Parlamento, Aguila Saleh.