Cig e stop ai licenziamenti frenano il calo di occupati

Senza le misure del governo per fronteggiare la recessione causata dalla pandemia, spiega una ricerca pubblicata il 16 novembre da Banca d’Italia, quest’anno nel nostro Paese si sarebbero contati 600mila licenziamenti in più. Una dimostrazione arriva dalle grandi ristrutturazioni aziendali registrate dal database Eurofound dell’Unione europea: nell’anno che sta per finire il saldo tra i posti di lavoro persi e quelli creati in Italia è stato negativo per appena 1.779 unità, a fronte di una media di -15mila l’anno dal 2002 al 2019. Un risultato simile si spiega solo con il blocco dei licenziamenti deciso da Palazzo Chigi, oltre alla quarantina di miliardi stanziati per misure occupazionali e sociali a favore di lavoratori dipendenti e autonomi tra indennità, cassa integrazione Covid, congedi parentali e per l’assistenza ai disabili, estensione dei sussidi di disoccupazione Naspi e Discoll. Interventi che hanno tamponato l’emergenza, ma che lasciano aperte le domande per l’anno prossimo.

Secondo Eurofound, le grandi ristrutturazioni aziendali quest’anno sono costate all’Italia 17.459 posti di lavoro, mentre nel frattempo ne hanno creati 15.680, con un saldo negativo di 1.779 occupati. L’Italia è così 17esima su 28 tra i Paesi dell’Unione europea più colpiti dalla pandemia sul lato occupazionale. È andata molto peggio nel Regno Unito (-150.899 occupati da inizio anno nelle grandi crisi), in Germania (-79.099) e Francia (-45.625), ma anche in Stati ben più piccoli della Penisola come Svezia (-19.479) e Olanda (-14.548). In tutta la Ue nel 2020 il saldo occupazionale delle ristrutturazioni segna una perdita di oltre 360mila posti. Dal 2002, quando sono iniziate le registrazioni del database europeo, il saldo delle ristrutturazioni aziendali segna una perdita di 3,2 milioni di posti, tra 7,5 milioni di licenziamenti e 4,3 milioni di nuove assunzioni. Nella classifica di lungo periodo l’Italia è quinta, con 274mila occupati in meno (390mila licenziati e 115mila assunti), alle spalle del Regno Unito (-850mila occupati), Germania (-823mila), Francia (-437mila) e Olanda (-317mila). In 19 anni le 774 grandi ristrutturazioni aziendali in Italia hanno colpito di più l’industria (-118mila occupati il saldo), il settore bancario e finanziario (-116mila), i trasporti (-34mila) e le tlc (-33mila). Nel 2020 invece il più colpito è stato il settore bancario (-10.130 occupati), mentre l’industria ha segnato “solo” 2.106 posti in meno e le tlc -1.550. Ma i dati Ue sono parziali: Eurofound registra solo le ristrutturazioni che comportano la perdita di almeno 100 posti di lavoro o riducono di almeno il 10% gli occupati delle aziende con oltre 250 addetti.

Secondo gli ultimi dati dell’Istat sul mercato del lavoro aggiornati all’11 dicembre, nel terzo trimestre nonostante il forte recupero dell’economia durante l’estate gli occupati sono calati comunque su base annua di 622mila unità (-2,6%), soprattutto tra i dipendenti a termine (-449mila, -14,1%) e gli autonomi (-218mila, -4,1%). Dopo 13 trimestri consecutivi in calo sono tornati a crescere coloro che cercano occupazione (+202mila, +8,6%) e gli inattivi (+265mila, +2,0%), come il tasso di disoccupazione al 9,8% (+1,4% sul secondo trimestre).

Le cifre italiane collimano con quelle rese note da Eurostat il 10 dicembre: nella Ue il tasso di disoccupazione medio a ottobre era al 7,6% (6,6% un anno prima), con 16,24 milioni di disoccupati. La perdita stimata per il reddito da lavoro mediano nella Ue è del 5,2% su base annua. A livello globale, secondo l’Organizzazione mondiale del lavoro (Ilo), il Covid nel secondo trimestre ha portato al calo su base annua del 17,3% delle ore lavorate, pari a 495 milioni di posti a tempo pieno, con un taglio del 10,7% del reddito da lavoro pari a una perdita di 3.500 miliardi di dollari, il 5,5% del Pil globale.

Ecco gli aiuti pubblici resteranno fondamentali. Nella legge di bilancio, sul fronte del lavoro il Governo ha stanziato fra 5 e 6 miliardi su giovani, donne e Sud, oltre a 5,3 miliardi per il rifinanziamento della cassa integrazione, con ulteriori settimane di Cig Covid e la proroga di Ape Social e Opzione Donna. C’è poi un piano di assunzioni nel settore pubblico e nella scuola che però i sindacati ritengono ancora insufficiente. Anche la Ue ha messo sul tavolo 90,3 miliardi a sostegno dell’occupazione con il Supporto temporaneo per mitigare i rischi di disoccupazione in emergenza (Sure). Ma solo la fine della pandemia potrà scongiurare il rischio che l’inasprirsi della recessione renda insufficienti questi sforzi. E a fine marzo, poi, scadrà il blocco dei licenziamenti.

Conte mette fretta: da domani vuole i tavoli coi giallorosa sul Recovery Plan

Giuseppe Conte ha fretta. Vuole chiudere prima del nuovo anno il documento sul Recovery Plan, perché il rischio è che si arrivi in ritardo alla presentazione alla Commissione europea. Tra domani e mercoledì, dunque, palazzo Chigi vorrebbe tre giorni di incontri con le delegazioni dei partiti, che dovranno consegnare i loro appunti e le loro richieste dopo aver visionato la bozza ricevuta la settimana scorsa da Conte. E l’idea è quella di due tavoli paralleli: uno sul piano (ovvero sui 52 progetti, ancora provvisori, e destinati a diventare meno, come detto dallo stesso Conte), l’altro sulla struttura di governance, ossia il nodo principale. Il premier è aperto alla mediazione, ma non intende apparire come troppo accondiscendente.

Piuttosto, vuole dare l’idea di essere saldo alla guida del governo e di non farsi influenzare. Come sussurra un ministro “Conte sente che l’atteggiamento dei partiti nei suoi confronti è cambiato, ma a tutti ripete che andrà comunque dritto”. I partiti però non hanno la stessa urgenza del premier. In queste ore lavorano alle controproposte al documento sul Recovery, che consegneranno domani. “Ma partire già lunedì con i tavoli ci pare difficile” dicono varie voci della maggioranza. E in diversi sostengono che sul Recovery si possa chiudere anche più avanti, “entro la Befana”. Al centro della trattativa resta la struttura di governance. Non è in discussione, ovviamente, se ci sarà, ma come sarà. In origine si prevedeva una cabina di regia (nella quale erano presenti, oltre a Conte, anche Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia e Stefano Patuanelli, titolare dello Sviluppo economico) e una task force con 6 super manager alla guida e 300 componenti. Ora quella parte del piano è stata espunta. Un po’ tutti, dal Pd a Iv, passando per i grillini, hanno chiarito che i ministeri dovranno avere il loro ruolo nella gestione dei Fondi. Oggi i 5Stelle si riuniranno per decidere con quali proposte presentarsi a palazzo Chigi. E di certo chiederanno un riequilibrio della distribuzione dei soldi. I renziani invece non hanno intenzione di far trapelare nulla fino a stasera, dopo il voto sulla legge di bilancio, per tenere alta la tensione. Il Pd, invece, consegnerà a Conte le osservazioni sul Recovery entro domani, dopo un confronto con la segreteria. L’idea è quella di ribadire grande attenzione al green, alla transizione ecologica, all’innovazione; e poi, alla parità di genere, all’istruzione. Si chiedono maggiori fondi per gli asili nido, le infrastrutture sociali, cultura e commercio. Oltre al focus sul Mezzogiorno.

I dem continuano a ribadire l’importanza delle riforme sul lavoro (ammortizzatori sociali e politiche attive). Sostengono che si vada troppo a rilento, e questo fa sospettare al M5S che vogliano la testa del ministro del Lavoro, la grillina Nunzia Catalfo. Il Pd intende poi sottolineare ancora che la cabina di regia della governance del Recovery dovrà essere “sussidiaria”, quindi di “supporto” alla Pa e non “sostitutiva”, e dovrà anche “interagire” con le amministrazioni locali.

C’è però un punto che rischia di dividere comunque la maggioranza, ossia il Mes: eresia per i grillini, strumento indispensabile per Iv. Così il Pd cerca un punto di caduta, partendo dalla verifica di quanto si riuscirà a ricavare per la sanità dal Recovery. Tradotto, servono più risorse per il settore, anche per togliere argomenti a Renzi. E del resto Leu lo dice dritto con Federico Fornaro: “Il Recovery è essenziale per il Paese, ma di sicuro servono molte più risorse per la sanità”.

Manovra, oggi l’ok in super-ritardo: bonus, lavoro & C.

Continua la corsa contro il tempo per approvare la legge di Bilancio da quasi 40 miliardi. Considerati i tempi stretti per la conversione in legge (entro il 31 dicembre, altrimenti scatta l’esercizio provvisorio), dopo il sì alla fiducia del 23 dicembre, questa mattina la manovra otterrà alla Camera il voto finale, previsto in serata. Da domani il testo si sposterà al Senato, dove i senatori non potranno fare altro che dare il via libera definitivo entro tre giorni. Un percorso a tappe forzate, monocamerale, che avrà solo due letture e non tre. Tempi strettissimi causati sì dall’emergenza Covid, ma anche dal ritardo che ha avvolto il testo, passato indenne solo grazie alle centinaia di micro-norme concesse agli onorevoli (si è raggiunta la cifra record di quasi 1 miliardo per oliare il lavoro parlamentare bipartisan). A complicare il tutto è arrivata la Ragioneria generale dello Stato che ha chiesto 79 correzioni alle modifiche, quasi un terzo del totale. Le modifiche hanno richiesto una variazione del bilancio, in attesa di una nuova probabile richiesta di extra-deficit a inizio 2021, che si ipotizza da circa 20 miliardi per affrontare la terza ondata.

Oltre al mucchio di micro-norme di cui abbiamo scritto (dai presepi ai suini, dai consorzi alle terme), il grosso della manovra è rappresentato dalle misure per lavoro, imprese e famiglia. Ci sono poi 23 miliardi per Industria 4.0 e 10 miliardi per scuola e sanità, compresi i vaccini. Svettano poi una raffica di incentivi, tra cui la proroga del Superbonus 110% (oggetto di un lungo di braccio di ferro nella maggioranza).

Lavoro. Nel pacchetto che vale 7 miliardi, c’è un miliardo per l’esonero dal pagamento dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori autonomi e professionisti; 5,3 miliardi vanno a finanziare la Cig Covid, gratuita per le imprese, che scadrà il 31 marzo così come il divieto dei licenziamenti. Arriva anche la Cig per le partite Iva iscritte alla gestione separata (Iscro) che andrà da 250 a 800 euro per 6 mesi per chi non supera 8.145 euro di reddito e ha subito perdite del 50% rispetto ai tre anni precedenti. Per assumere under 35 al sud, ci sono sgravi triennali al 100%, entro un tetto di 6mila euro l’anno. Incentivo al 100% anche in caso di assunzione di donne disoccupate al sud e senza un impiego da almeno 24 mesi nel resto d’Italia. Salgono da 50 a 55 milioni di euro le risorse destinate ai percorsi formativi di apprendistato e di alternanza scuola-lavoro. Il congedo paternità sale da 7 a 10 giorni. Poi, in attesa della riforma dell’Irpef, scatta il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori dipendenti (vale 7 miliardi), anche per i redditi tra 28mila e 40mila euro. Un’operazione in attesa della più generale riforma dell’Irpef, rimasta sulla carta.

Previdenza. Al rinnovo della nona salvaguardia per gli esodati (seppure con vincoli di monitoraggio), si aggiunge la proroga di un anno per Ape sociale e Opzione donna.

Famiglia. A farla da padrone è l’assegno unico per i figli che entrerà in vigore a luglio (vale 200 euro con una maggiorazione del 20% per i figli successivi al secondo e viene dato dal settimo mese di gravidanza fino al 21° anno di età). Sostituirà gradualmente tutte le attuali agevolazioni previste (bonus bebè, nascita, asilo nido, detrazioni per i figli a carico, ecc).

Scuola. Prevista l’assunzione di 25 mila nuovi insegnanti di sostegno. All’edilizia scolastica e universitaria vanno 3,85 miliardi in 15 anni.

Bonus. C’è l’imbarazzo. Si va dal neo bonus idrico (20 milioni) per sostituire rubinetti e soffioni a quello occhiali (5 milioni) per le famiglie con Isee fino a 10 mila euro. Si amplia il bonus Tv da 50 euro (ulteriori 100 milioni); si alza a 16mila euro il tetto per il bonus mobili se si ristruttura casa. Arriva uno sconto del 40% sulle auto elettriche rivolto a famiglie con Isee non superiore a 30.000 euro, mentre 20 milioni sono stati stanziati per gli extrabonus sulle auto con emissioni di CO2 fino a 60g/km (in aggiunta al vecchio ecobonus). Per gli chef professionisti c’è un credito d’imposta fino al 40%.

Air Force Renzi: “Voli abusivi, mancano le certificazioni Ue”

L’Airbus voluto dall’ex premier Matteo Renzi per i voli di Stato non aveva le necessarie certificazioni di marca europea per decollare. E dunque non avrebbe dovuto essere autorizzato a compiere nessuno degli 88 viaggi effettuati fra il 2016 e il 2018. Voli a cui hanno partecipato in due anni le massime autorità governative italiane, e non solo. È quanto emerge da una nuova relazione consegnata nel mese di dicembre al Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma, che indaga su delega della Procura di Civitavecchia, sul crac Alitalia.

Il filone (che non conta nessun iscritto nel registro degli indagati) è quello relativo all’Airbus A340/500, l’aereo di Stato preso in leasing da Etihad nel 2015 con un costo totale previsto di 168 milioni di euro, operazione portata a termine dal governo italiano guidato dall’allora premier Matteo Renzi. In particolare, secondo il documento tecnico redatto da Gaetano Intrieri, il difetto di documentazione riguarda i servizi di continuous airworthiness, operazioni di certificazione e controllo dei parametri di sicurezza che devono essere erogati da una Camo organization, una società certificata dalle autorità aeronautiche. Intrieri, già consulente dell’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, è il tecnico che nel 2018 spinse per la chiusura anticipata del contratto assai oneroso per lo Stato.

Già più volte ascoltato dalla Procura come persona informata sui fatti, i finanzieri lo reputano attendibile e stanno verificando punto per punto la bontà della relazione attraverso vari accessi effettuati nelle scorse settimane presso la sede di Alitalia e degli enti governativi collegati.

Dunque secondo il documento redatto da Intrieri, controlli e certificazioni di sicurezza sull’Airbus venivano effettuati e rilasciati da una società araba non registrata in Europa. Il caso viene spiegato nel dettaglio al paragrafo due della relazione. “Non essendo Alitalia una Camo certificata su quel tipo di macchina – si legge nel documento – non poteva erogare quei servizi previsti dal Lotto 2. Ecco quindi che nel main lease agreement (l’accordo di leasing, ndr) tra Alitalia ed Etihad tali servizi sono resi in concreto dalla Camo organization di Etihad”.

E qui sorge l’inghippo. Perché questa fattispecie “non è conforme alle regole emesse dalle autorità̀ aeronautiche – si legge – secondo il Regolamento Europeo part. Camo n.1321/14 Amc2 305(b)”, in quanto la continuous airworthiness di un aereo europeo registrato in Europa, “come nel caso dell’Airbus A340” deve essere “garantita solo ed esclusivamente da una Camo organization europea, ovvero, certificata Easa (l’agenzia europea per i servizi aerei, ndr)”. Ma, conclude Intrieri, “questo non è chiaramente il caso della Camo organization di Etihad”.

Servizi, fra l’altro, erogati a peso d’oro. Nella relazione viene citato un preventivo di una Camo maltese che avrebbe assicurato le stesse erogazioni, per la durata del contratto di leasing, a un prezzo totale di mercato di circa 528.000 dollari, contro i 31.751.718 dollari previsti dall’accordo con Etihad. Sessanta volte di più.

Nella relazione allo studio della Guardia di Finanza e della Procura di Civitavecchia, titolare del fascicolo, emergono poi altri rilievi potenzialmente utili agli investigatori. Il primo è che dei 34 aerei “gemelli” prodotti da Airbus nello stesso periodo, a oggi ne risultano effettivamente operativi soltanto 7, di cui 6 posseduti da Stati arabi e uno da una società statunitense proprietaria di una catena alberghiera nel segmento del lusso.

“Gli altri 27 esemplari prodotti – si legge – sono stati o messi definitivamente a terra (stored) o smontati (scrapped) allo scopo di riciclare componenti utilizzati anche da altri aeromobili”. Tre agenzie di rating, interrogate dai periti, hanno stabilito che il valore attuale dell’aereo è compreso appena fra 1,7 e 3,5 milioni di dollari. “Chi stava negoziando il velivolo sapeva o comunque doveva sapere quale era il tasso di svalutazione dei valori di mercato dell’aeromobile”, conclude il documento.

La Bestia leghista arruola Cassese, Porro e Briatore

La platea dei testimonial è particolarmente variegata. Ci sono cantanti, giornalisti, imprenditori, persino virologi. L’unico requisito è che attacchino il governo su un argomento a piacere, che siano le chiusure natalizie o gli sbarchi di immigrati. Tutto fa brodo nella comunicazione social della Lega. Per i suoi profili web, il partito di Matteo Salvini ha deciso di spendere i faccioni di alcuni vip, associati – in una specie di santino digitale – a una intemerata degli stessi personaggi nei confronti di Giuseppe Conte e dell’esecutivo. Si sceglie un volto noto, si prende il suo primo piano più fiero che esista e poi si incolla la frase in questione vicino al simbolino della Lega.

Qualche esempio renderà l’idea. Nel Pantheon dei riferimenti culturali leghisti c’è Iva Zanicchi. La cantante, immortalata con un mezzo sorriso, verga parole di fuoco: “Virus mutato? Si sapeva da settembre e come sempre noi arriviamo per ultimi? È di una gravità inaudita. È già successo con le mascherine. Ma ci sono o ci fanno? Non voglio attaccare il governo (sic) ma davvero è una cosa che non si capisce. Ma non si vergognano? Qui non si scherza. Non si gioca con la vita delle persone”. Altro maître à penser è un elegantissimo Raffaello Tonon, già ospite fisso del Maurizio Costanzo Show, opinionista a Pomeriggio 5 e concorrente al Grande Fratello Vip: “Mentre Salvini ha chiuso i centri d’accoglienza, il ministro attuale ha aperto i porti. Con Salvini la situazione era diversa. Gli immigrati? Non dovrebbero sbarcare”.

Immancabile Matteo Bassetti, il virologo di Genova preferito da Salvini e compagni: “Il Natale? Festeggerò con la mia famiglia, che nessuno mi può togliere. Nessuna legge, nessun decreto, nessun politico, nessuno. Il Natale senza famiglia non è Natale”. Di slancio, partecipa anche il fine giurista Sabino Cassese, che in punta di penna accenna a una critica al governo: “Conte usurpa i poteri di ministri e governatori”. E meno male che Conte era quello che non decideva mai nulla.

Avanti con Enrico Ruggeri: “So benissimo che c’è un’emergenza, ma non possiamo rinunciare a vivere per paura di morire, è contro natura”. C’è anche il redivivo Flavio Briatore, la cui ultima battaglia mediatica era a favore dell’apertura delle discoteche. Adesso si rivede per pontificare su chiusure e riaperture: “I veri autisti da multare sono quelli che guidano questo Paese. Incoraggiano lo shopping con il cashback e poi incolpano i cittadini che vanno a fare compere”. Nella campagna social leghista c’è poi spazio per la nostalgia, con l’ex missino Francesco Storace, oggi vice-direttore de Il Tempo e battutista: “Se Capodanno lo organizza Arcuri, possiamo festeggiare a marzo”.

Con lui c’è anche Francesco Facchinetti, figlio di Roby, già Dj e oggi imprenditore: “In altri Paesi lo Stato ha aiutato le imprese. In Italia ci sono proteste da mesi. Io sto dalla parte di chi protesta e ci mette la faccia. Come fanno a andare avanti?”. Simili contributi arrivano pure dai giornalisti Pietro Senaldi e Nicola Porro, dallo chef Gianfranco Vissani, dall’ex magistrato ed editorialista Carlo Nordio, dal tuttologo e fondatore di Vox Diego Fusaro. In attesa che riaprano le sagre, la propaganda leghista è nelle loro mani.

La pandemia affonda Salvini e Renzi. SuperConte Meloni boom Altalena 5S

Un anno fa, la Lega si affacciava al 2020 con oltre 11 punti di vantaggio sul Pd. Ora quel vantaggio si è ridotto a 3 punti, dopo una discesa inesorabile iniziata durante il lockdown di marzo e arginata in parte – non a caso – soltanto nei mesi estivi. È questo l’aspetto più vistoso dello storico dei sondaggi di quest’anno, che nel grafico a fianco mettiamo in correlazione con i più importanti eventi del 2020.

Basta il colpo d’occhio alle curve dei partiti – basate sui dati della Supermedia Youtrend – per capire che in un anno i rapporti di forza sono profondamente cambiati. Nel frattempo, la popolarità del governo Conte ha visto percentuali del tutto anomale per i precedenti governi, complice soprattutto la gestione della prima ondata. Come ben mostrano i dati di Demos, a inizio 2020 la fiducia nell’esecutivo era poco sopra il 40 (si intende che 40 intervistati su 100 assegnavano almeno la sufficienza al governo), ovvero su percentuali ben più basse rispetto al Conte 1, oscillanti tra il 50 e il 60, e in linea con l’ultima parte del governo Renzi e col governo Gentiloni. Poi, a marzo, ecco l’improvviso balzo: nell’emergenza gli italiani si stringono intorno a Conte e ai suoi ministri, che raggiungono una popolarità del 71 per cento (+27 per cento in un mese). Da lì in avanti il consenso diminuisce, restando però su percentuali più alte rispetto a quelle pre-Covid. Poi, nell’ultimo mese, dopo le ultime decisioni sulla seconda ondata, una nuova inversione di tendenza verso l’alto: dal 55% di ottobre al 57% di dicembre.

Salvini flop, Meloni vola. Nella prima rilevazione del 2020, la Lega ha il 30,8 per cento. La discesa fino al 23,7 di oggi ci dice che la fiducia nel Carroccio ha seguito – per contrasto – l’andamento dell’emergenza Covid. La Lega arriva alla scoperta del “paziente 1” – 20 febbraio – ancora sopra il 30 per cento, ma da marzo la dura opposizione al governo non paga e il partito scende di oltre un punto al mese. A fine marzo la Lega è al 28,9; a fine aprile al 27,2 e a fine maggio, quando si torna alla normalità, è al 26,4 per cento.

In estate la Lega tiene, tant’è vero che il 3 settembre, ultima Supermedia prima delle Regionali e del referendum sul taglio dei parlamentari, torna al 25,2. Poi, con la batosta in Toscana e la seconda ondata, il trend cambia. Alle prime restrizioni di ottobre la Lega è al 24,3, ma quando l’Italia viene divisa in zone (3 novembre) e le misure iniziano a dare risultati (26 novembre) Salvini tocca il punto più basso (23,4).

Ben diverso è il percorso di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni cresce da inizio a fine anno, salendo dal 10,7 di gennaio al 16,2 attuale, che vale il sorpasso nei confronti del M5S. Sono 5 punti e mezzo e i dati, come ci spiega il fondatore di Youtrend Lorenzo Pregliasco, indicano che si tratta in gran parte di leghisti delusi: “Dalle Europee a oggi c’è un travaso di circa un leghista su sette in favore della Meloni, dunque siamo intorno a un 5 per cento”. Eppure FdI, durante l’emergenza, ha avuto toni simili a quelli della Lega: “Una possibile spiegazione è che Salvini fosse più esposto rispetto alla Meloni, anche in quanto leader della coalizione”. Negli ultimi due mesi il boom di FdI si è stabilizzato: dall’8 ottobre al 17 dicembre il partito oscilla tra il 16 e il 16,2.

Meno netta è invece la risalita di Forza Italia, che nel 2020 rimane più o meno stabile – dal 6,6 di inizio anno al 7 per cento finale – ma che ha buoni motivi per esultare, se si pensa che nel 2018 e nel 2019 aveva perso 5 e 3 punti. L’emorragia si è fermata forse proprio grazie ai continui distinguo rispetto all’alleato Salvini, come ci indica il fatto che il punto più basso per FI – 6 per cento – arriva la settimana prima del lockdown di marzo e da lì in poi il partito recupera. Non molto, ma abbastanza per sopravvivere: “Non credo possa ambire a molto di più – riflette Pregliasco – ma mantenere un 6 o 7 per cento consente a B. di essere ancora decisivo”.

M5S: Pesano le divisioni interne. L’anno del Movimento non è certo esaltante. Dopo aver iniziato la legislatura con ampio margine su tutti gli altri partiti, oggi il M5S è la quarta forza, ferma al 14,8 – a inizio 2020 era al 15,7 – e un punto e mezzo dietro FdI. La curva ci dice che il Movimento ha avuto una buona risalita durante il primo lockdown, iniziato poco sopra il 14 per cento e finito al 16. Una tendenza stabile in estate e che forse poteva portare a una ripresa. E invece, da settembre in poi, la curva si inverte e i 5 Stelle crollano di nuovo perdendo un paio di punti nonostante il successo al referendum sul taglio dei parlamentari. Sono le settimane in cui si esaspera lo scontro interno tra i governisti e i “duri e puri”, con tanto di lite sul ruolo di Rousseau. Neanche il buon apprezzamento per Conte, secondo Pregliasco, aiuterà il M5S a risollevarsi: “In un nostro sondaggio estivo era emerso come il premier fosse ormai percepito quasi come equidistante tra Pd e M5S”.

Il Pd tiene, il bluff Renzi. Pregliasco definisce il Pd come “il partito di gran lunga più stabile negli ultimi due anni e mezzo”. Guardando al 2020, i dem passano dal 19,3 iniziale a un 20,6 finale, oscillando per dodici mesi tra il 20 e il 21 per cento. Pur restando immobile – un merito, da un certo punto di vista – il calo della Lega giustifica i brindisi: un anno fa il distacco era di 11 punti, oggi di 3. A pesare, oltre alla segreteria conciliante di Zingaretti, c’è uno zoccolo duro che non ha abbandonato la Ditta neanche nel momento peggiore, dopo le elezioni del 2018.

Chi invece ha poco di cui festeggiare è Matteo Renzi. Ambiva “alla doppia cifra”, ma finora sondaggi e urne sono impietosi: partita dal 4,4 per cento di inizio anno, Italia Viva adesso è al 3,2. Secondo Pregliasco, il trend non migliorerà: “I dati delle Regionali dimostrano che Iv ha poco margine. Il caso della Toscana è emblematico, il fatto che lì Renzi sia al 4,4 dà l’idea di un progetto con poco appeal”. Nelle ultime settimane Iv è finita dietro ad Azione e Leu.

Blake, lo 007 che tradì 500 volte Londra per Mosca

Quante vite ha vissuto davvero George Blake? L’ex ufficiale del MI6 britannico che in piena Guerra Fredda passò informazioni a Mosca è morto all’età di 98 anni. La spia sovietica in circa 9 anni riuscì a far individuare oltre 40 agenti del servizio d’intelligence inglese dispiegati nei paesi dell’Europa orientale. Arrestato e incarcerato a Londra nel 1960, riuscì a scappare e si rifugiò in Russia nel 1966. Per Mosca – che ieri lo ha ricordato – Blake “aveva un autentico amore”.

Nato a Rotterdam nel 1922 Behar – questo era il suo nome, ricorda la Bbc – era figlio di un ebreo spagnolo che aveva combattuto con l’esercito britannico durante la Prima guerra mondiale ed aveva acquisito la cittadinanza britannica. Lo stesso Blake lavorò con la resistenza olandese durante la seconda guerra mondiale, prima di rifugiarsi a Gibilterra. Successivamente gli fu offerta la possibilità di unirsi all’intelligence. In un’intervista con la Bbc ammise nel 1990 di aver tradito oltre 500 agenti occidentali ma negò l’accusa secondo cui 42 di loro avevano perso la vita per effetto del suo tradimento. La sua fine fu segnata dalla defezione di un agente dei Servizi polacchi, Michael Goleniewski, che fuggì in Occidente portandovi la notizia dell’esistenza di una talpa sovietica nell’intelligence britannica. Richiamato a Londra venne arrestato e sotto processo si dichiarò colpevole di cinque capi di imputazione relativi al passaggio di informazioni all’Urss. Blake causò enormi danni alle operazioni di intelligence britanniche. La sua fuga dal carcere fu un ulteriore motivo di imbarazzo. I motivi che lo spinsero a operare per l’Unione Sovietica non furono mai chiariti, in particolare le modalità del suo reclutamento iniziale.

Infiltrazioni mafiose a Capaci, quegli atti sbianchettati inviati in commissione

C’è il sospetto di “sbianchettamenti” negli atti inviati dai carabinieri di Palermo all’Antimafia nazionale sul mancato scioglimento per mafia del comune di Capaci, su cui la commissione di palazzo San Macuto ha aperto da mesi un dossier ora arricchito da nuove acquisizioni documentali che puntano dritte al sistema politico affaristico mafioso messo in piedi dall’ex “paladino della legalità” Antonello Montante: in un’informativa dei carabinieri di Carini è citato il nome dell’ex Presidente del Senato Renato Schifani (Forza Italia), titolare dello studio legale Pinelli & Schifani, a quanto si sa non indagato e indicato come “personaggio coinvolto nelle attività investigative sulla variante urbanistica” destinata a realizzare il progetto di un centro commerciale cui era interessato l’imprenditore Massimo Romano, una delle attività finite sotto i riflettori delle indagini del luogotenente dei carabinieri Paolo Conigliaro, ex comandante della stazione di Capaci, oggi in forza alla Dia, autore della proposta di scioglimento del Comune. “Abbiamo riscontrato che alcuni documenti si offrono ad una valutazione filologicamente attenta in maniera da destare perplessità tali da imporre ulteriori approfondimenti – ha detto il Presidente dell’Antimafia Nicola Morra –. La presenza di uno spazio bianco eccessivo rispetto ai normali standard di comunicazioni ufficiali analoghe nel corpo di una lettera ha fatto sollevare dubbi”. “Sta delineandosi un quadro in cui troverebbero conferma ipotesi adombrate a seguito dell’audizione del maresciallo Conigliaro, arrivando a recuperare personaggi di rilievo nella questione Montante” ha aggiunto Morra, che ha inserito nell’agenda dei lavori di palazzo San Macuto, bloccati per ora dalla protesta del centro destra contro le sue parole sulla Santelli, l’audizione dei superiori gerarchici di Conigliaro, anche per verificare l’esistenza di “coperture” politiche o istituzionali allo stop alla proposta di scioglimento per mafia di Capaci. Infine con un’interrogazione del 22 dicembre, 17 deputati M5S e uno del Pd hanno chiesto che il dossier Capaci finisca all’attenzione dei ministri dell’Interno, della Giustizia e della Difesa per sapere “quali iniziative intendano adottare per verificare i fatti riportati da Conigliaro”. Dopo le sue denunce il luogotenente è finito sotto accusa per diffamazione per un messaggio diffuso in una chat di 5 persone: la magistratura ordinaria lo ha archiviato, quella militare, invece, lo ha rinviato a giudizio e il processo è in corso a Napoli.

Effetto cashback sugli acquisti delle Feste: +50%

Ultimi giorni a disposizione, fino al 31 dicembre, per raggiungere minimo 10 transazioni e far scattare la restituzione del 10% delle somme spese fino a 1.500 euro con carta di credito, bancomat e app di pagamento. Il cashback di Natale piace agli italiani. Tanto che, rileva Satispay, è aumentata del 50% la spesa e del 18% il numero dei pagamenti senza contante. Inoltre tra l’8 e il 21 dicembre del 2020, nei primi giorni di avvio del programma, gli 1,4 milioni di utenti attivi sulla piattaforma hanno speso di più e con più operazioni rispetto allo stesso periodo del 2019. Si tratta di una prima indicazione che riguarda solo una parte degli iscritti. I dati ufficiali del governo, diffusi il 21 dicembre, mostrano che le persone registrate al programma, sul l’app Io o su altri canali, sono complessivamente oltre 5,3 milioni. Sono oltre 22 milioni i pagamenti registrati nel programma, e comportano diritti di rimborso effettivi già maturati per 37 milioni di euro.

Sequestrata e violentata la notte di Natale

Un colloquio di lavoro la sera di Natale pur di cercare una nuova strada si è trasformato nell’incubo di un sequestro: mani e bocca bloccati da nastro adesivo e ore di violenze sessuali subìte senza avere via di uscita, a casa di un uomo che aveva conosciuto tempo prima e che si è rivelato un mostro. È quanto accaduto a una donna di 43 anni, residente nel Varesotto, sequestrata e stuprata da un 39enne nella sua abitazione di Gorla Minore (Varese). La vittima, che in quell’appartamento ci è andata perché conosceva di vista il proprietario che poche ore prima le aveva proposto un lavoro come colf, è stata salvata dai carabinieri allertati stamattina da un suo amico. “Dai che ti faccio lavorare, vieni che ne parliamo”, avrebbe scritto l’uomo. Seppur fosse la sera di Natale, la donna ha deciso di accettare perché quel lavoro le serviva. Per il 39enne è scattato l’arresto e a casa sua è stata anche sequestrata cocaina oltre a 1.600 euro in contanti. Ora l’uomo si trova in carcere a Busto Arsizio.