Dice Vittorio Sgarbi che Virginia Raggi “prima di fare il sindaco faceva la cameriera in uno studio di avvocati”. Solita robaccia misogina. A cui, più diplomatico, risponde Carlo Calenda: “Sgarbi sbaglia” perché non c’è nulla di “poco dignitoso nel fare la cameriera”. “Esiste però una questione che ha a che fare con la preparazione per svolgere una carica pubblica complessa. Sostenere che chiunque senza preparazione possa fare qualsiasi lavoro è un grave errore”.
E qui è tutto un mondo che viene a galla, un nuovo “elitismo” al cui confronto i Gaetano Mosca o Vilfredo Pareto sembrano dei democratici radicali. Perché l’élite dei “preparati” a cui Calenda si onora di appartenere è lì in agguato e non vede l’ora di rimettersi in sella, forte della propria intoccabile, sedicente autorevolezza.
Accampare scrupolicosì sofisticati in realtà è spesso un pretesto. Prima di fare la sindaca, Raggi è stata per una legislatura consigliera comunale. Che altra preparazione avrebbe dovuto avere? Se fosse valso questo principio, i contadini, gli operai, la gente del popolo che irruppe nella vita democratica in seguito all’affermazione dei partiti di massa sarebbe dovuta essere bandita dalla politica attiva.
Mentre Raggi deve dimostrare ogni giorno la propria preparazione, il presunto passato bracciantile di Teresa Bellanova è esibito come un santino. Così come non si mette mai becco sulla totale mancanza di esperienza amministrativa del ministro che ha in mano la salute degli italiani, Roberto Speranza, mentre su Lucia Azzolina si abbattono polemiche che sembrano asce. E chi, a parte Trump, rimprovera ad Alexandria Ocasio-Cortez il suo passato da cameriera?
Nell’attacco all’inesperienza, all’ingenuità, a volte, va detto, mista anche ad arroganza, del Movimento 5 Stelle si vuol in realtà restaurare il primato dei tecnici e dei competenti non solo per un regolamento dei conti contro i populisti. La campagna contro gli “scappati di casa” che accomuna un’intera élite di dirigenti politici, giornalisti di grido, politologi da talk show, serve a ribadire che a guidare un paese, quale esso sia, possono essere solo gli ottimati. I quali, guarda caso, sono dotati di un unico pensiero e di un’unica ricetta da assumere senza protestare in quanto, ipso facto, la giusta ricetta.
La politica, è la tesi di questa importante corrente, deve affidarsi alla sapienza così come, nella pandemia da Coronavirus, ci si affida agli scienziati. Anche perché, in tempi di morte delle ideologie, e delle idee, la politica non è altro che una mera amministrazione operativa. Calenda ha costruito il proprio personaggio solo su questo, in maniera abile, va detto, perché in quanto a esperienza amministrativa non ne ha molta da vantare. Ma si pensi anche all’insistenza quotidiana con cui i giornali si occupano di Sabino Cassese, emerito giurista ma anche “prezzemolino” mediatico, intervistato, blandito e ospitato come editorialista da un po’ tutti i quotidiani italiani con le sue intemerate anti-governative a prescindere. Cassese costituisce la rappresentazione perfetta della “carica dei competenti” venuti a stampigliare sulle dita dei malcapitati politici d’occasione sonore bacchettate inferte dall’alto della propria scienza applicata.
Si dimentica, però, che i “tecnici” sono stati già al governo e che tra il 2008 e il 2012, hanno offerto una misera dimostrazione delle loro capacità. Mario Monti o Elsa Fornero hanno il loro posto nel pantheon del rigetto popolare. Lo stesso Obama, nelle sue memorie, deve ammettere che essersi affidato a Larry Summers come consigliere economico, in chiara concessione a Wall Street, non ha giovato del tutto.
Diceva Lenin che anche una “cuoca” dovrebbe poter condurre lo Stato. E il punto, a parte la vecchia ideologia, rimane ancora quello. Hanno diritto i subalterni a governare lo Stato o devono chiedere il permesso? In passato lo hanno fatto grazie all’azione dei partiti, che hanno rappresentato strumenti di formazione permanente soprattutto quando erano rappresentativi degli strati popolari. Ma i partiti oggi non ci sono. Come rimediare? Intimando a chi ci prova di tornare al proprio posto, sventolandogli sotto il naso l’ultimo, ricco, master di business administration? O magari creando anche in Italia una scuola della Pubblica amministrazione come l’Ena francese, sapendo che a dirigerla ci sarebbe Elsa Fornero?
L’unica soluzione, perciò, è la politica. Esiste lo scontro di idee, esistono competenti di destra e di sinistra, la democrazia funziona così. Se prende i voti, anche una cameriera, o una cuoca, deve poter governare lo Stato. Gli ottimati si rassegnino.