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L’occasione di toglierci “Pinocchietto” dai piedi

Sul Fatto leggo che, sondaggi alla mano, se si andasse al voto adesso Italia Viva (viva?) e con lei Pinocchietto Renzi “scomparirebbero”… Ora, capisco tutto: i problemi di votare durante il Covid, maggioranze improbabili, il forse mancato arrivo dei 209 miliardi dall’Europa, però un’occasione così vogliamo veramente perdercela?

Walther Casadei

 

L’opposizione urla, ma è priva di proposte

Vi chiedo cortesemente di liberarmi la mente, a oggi sento tutta l’opposizione – con dentro Renzi – che chiede nuovi governi, rimpasti o elezioni, ci sta tutto però mi dovrebbero spiegare cosa vogliono perché fino a oggi non si è capito. Blaterano come galline in un pollaio, ma non sento un discorso costruttivo, dopo che loro stessi hanno distrutto il tutto in Italia, in primis la sanità.

Pier Paolo C.

 

Dal film “I soliti ignoti” alla hit di Don Backy

Con riferimento a quanto chiede nella posta la lettrice Mariarosaria Napolitano, e alla risposta sulla citazione “l’hanno rimasto solo”, mi piace completare con un’altra situazione storiografica, visto che mi occupo da sempre di canzone d’autore e in particolare di Tenco. La canzone “ho rimasto solo”, proprio per quel cosiddetto errore sintattico, divenne un tormentone nei jukebox degli anni 60, e fu uno dei grandi successi agli inizi di carriera di Don Backy, allora autore cult e solidale di Adriano Celentano nel Clan.

Mario Dentone

 

Il sogno di Padellaro mi ha sciolto ogni dubbio

Volevo aggiungermi alle migliaia di sognatori che si identificano con Padellaro. Dopo 6 anni di Renzi e crisi di nervi davanti alla tv tutte le volte che il suo volto si palesa, ho capito finalmente quale è la giusta maniera per definire un tale elemento, è un modo di dire inglese che è perfetto: Renzi “is a pain in the ass”. Questo dolore profondo deve essere estirpato!

Francesca Della Pietra

 

Due ringraziamenti al nostro “Fatto”

Vi ringrazio due volte, il primo grazie per i servizi circostanziati, documentati, chiari e doverosi sulla Lega e sulle malefatte di questi signori che si considerano esperti, competenti e responsabili. Mentre viene fuori tutto il marcio e il malaffare che questi figuri portano avanti da oltre 20 anni, sono dei veri corsari, furbi imprenditori con i soldi degli altri. Siete i soli a parlarne; i giornali dei padroni tacciono, perché sanno che se questo governo va avanti loro non possono fare i loro loschi affari. Inorridisco al solo pensiero di vedere alla guida del nostro paese il signor Salvini, esperto del nulla, mettere le mani sulla macchina dello Stato e cuccarsi i 209 miliardi di euro di fondi destinati all’Italia. Il secondo grazie, per la chiarezza e dovizia di particolari sul mondo di Italia Viva, che non sembra un partito, ma una banda di speculatori e prenditori all’arrembaggio.

Rosario Ruffolo

 

La probabile piroetta dello “statista” rignanese

Ancora oggi si resta increduli nel pensare in quale grave crisi si dibatteva il Pd attorno agli anni 2005–10. Giusto per partorire un personaggio come lo statista di Rignano. Dopo B., l’Italia di tutto aveva bisogno tranne che del bullo molesto. Ma ciò che oggi temiamo è che, in caso di voto anticipato, egli con una piroetta di cui è maestro, si unisca ai compari di FI o a qualche anfratto del centrodestra, per riuscire ad essere rieletto, a dispetto del suo 2% di Iv. Raggirando ancora i gonzi che finora gli hanno retto la coda.

Diego Tummarello

 

Riscopriamo la comunità tramite il servizio civile

Il “senso civico”, che ogni nazione dovrebbe perseguire come obiettivo primario, non nasce solo dalle aule scolastiche, ma deve essere visibile nella società reale attraverso la partecipazione personale. Invece di pensare a reintrodurre il servizio militare, non sarebbe male completare la formazione dei cittadini inquadrandoli per 6 mesi in un servizio civile. Già il solo fatto di mettere di fronte ai problemi sociali giovani e meno giovani, donne e uomini di tutte le classi sociali è un miracolo che trasforma la società e la fa diventare una comunità.

Paolo De Gregorio

 

Gli anti-premier stanno rosicando come non mai

Caro Marco, alla fine del tuo pezzo “Maalox Day” chiedi ai lettori quanto gli anti Conte, da zero a cento, rosicano. Non è difficile rispondere: per me di sicuro più di cento. Non se ne può più: di fronte a un uomo come il premier Conte, di certo la persona più dignitosa e paziente che abbia avuto l’Italia in questi anni, il suono dei denti che rosicano è per me diventato una dolce e riposante melodia.

Luciano Giovannini

Avvento. Il Signore viene nella nostra vita e rende possibile l’impossibile

Oggi è la quarta e ultima domenica di Avvento, poi ci sarà Natale, che passeremo (o celebreremo, se siamo cristiani praticanti) in un contesto molto diverso dal solito. Più triste, si dice, fatto di lontananza invece che di vicinanza a causa delle restrizioni sanitarie anti Covid. Ma forse sarà un Natale in cui capiremo meglio chi, anche nel Natale degli anni precedenti, non aveva comunque nessuno con cui festeggiare o sentiva di non avere alcun motivo per farlo. Ma soprattutto speriamo che sia un Natale più autentico, in cui essere più “vicini” a chi è solo, soffre e attende una parola amica e un aiuto solidale. Non ci mancano mai le occasioni per offrire doni di “vicinanze” di questo tipo, neppure in mezzo alle restrizioni sanitarie.

Oggi il Vangelo di Luca ci racconta il “dono” impegnativo che ricevono due donne: Elisabetta e Maria. La prima è anziana, la seconda è giovane, giovanissima. La prima ha quasi esaurito il tempo della sua vita, la seconda lo ha tutto davanti a sé. La prima non ha avuto figli perché sterile, la seconda è fidanzata e si aspetta di avere figli, non ora però, ma quando sarà il tempo giusto. A entrambe accade l’inaspettato, lo spiega l’angelo a Maria: “‘Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo […] Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, dal momento che non conosco uomo?”. L’angelo le rispose: “Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà dell’ombra sua; perciò, anche colui che nascerà sarà chiamato Santo, Figlio di Dio. Ecco, Elisabetta, tua parente, ha concepito anche lei un figlio nella sua vecchiaia; e questo è il sesto mese, per lei, che era chiamata sterile; poiché nessuna parola di Dio rimarrà inefficace’. Maria disse: ‘Ecco, io sono la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola’”. (1,31-38). Nel linguaggio indimenticabile della narrazione (e il Vangelo di Luca in questo è maestro) ci viene detto quello che il linguaggio teologico cristiano ha cercato di definire nel corso dei secoli con parole che non risultano mai veramente appropriate, e cioè che il Gesù di cui parla l’evangelo è la più alta espressione della nostra umanità e anche la più alta espressione della presenza di Dio tra gli esseri umani: “vero uomo e vero Dio” come diranno più tardi le confessioni di fede. Una presenza, quella di Dio, che giunge in modo inaspettato, sorprendente: quando pensi che il tempo sia ormai scaduto (come per l’ormai anziana Elisabetta) o quando pensi che sia troppo presto (come per Maria). Per l’essere umano il tempo in cui giunge Dio non è mai quello giusto, quello che ti aspetti, per il quale preghi. E quando giunge, rimproveri Dio perché ha sbagliato, ha tardato troppo o è arrivato prima che tu sia pronto. E così lo rifiuti.

Al contrario di quello che fanno queste due donne, Elisabetta e Maria, che colgono l’attimo di Dio perché credono, come dice l’angelo, che “nessuna parola di Dio rimarrà inefficace” (v.37), un riferimento a Isaia 55,11 (“così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l’ho mandata”) ma soprattutto a Sara, moglie di Abramo, l’antica madre che, come Elisabetta, concepisce nella vecchiaia: “C’è forse qualche cosa impossibile per il Signore?” (Genesi 18,14). Il Natale cristiano vuole trasmettere proprio questa fiducia che il Signore viene nella nostra vita (anche quando non te l’aspetti o forse soprattutto quando non te lo aspetti) e rende possibile l’impossibile.

*Già moderatore della Tavola Valdese

I morti “non covid” che ci aspettano

Un’emergenza nell’emergenza è la “sanità sospesa”. I morti a causa del Covid si evidenziano subito, quelli che l’emergenza Covid provocherà nei prossimi anni saranno di difficile quantificazione. Purtroppo diventano sempre più evidenti i danni collaterali che questa pandemia sta procurando, proprio a causa delle misure necessarie per combatterla. Uno degli esempi più importanti è dato da quanto “pagheremo”, in termini di vite umane, la sospensione quasi totale della prevenzione del cancro. Quanti casi non diagnosticati precocemente avranno un esito nefasto evitabile? Il problema è comune a tutto il mondo, ma i Paesi più esposti a questo pericolo sono quelli che, essendo arrivati alla pandemia con un numero insufficiente di letti in terapia intensiva, hanno dovuto procedere con una rapida conversione d’emergenza della degenza ordinaria.

Non solo è penalizzata la prevenzione, ma anche la cura. Alcuni pazienti ricevono cicli meno intensi di chemioterapia e radioterapia e, in altri casi, gli interventi per rimuovere i tumori di recente diagnosi sono stati rinviati. Non solo le strutture ospedaliere offrono meno assistenza, ma sono anche i pazienti che, terrorizzati dal pericolo di contrarre l’infezione, se ne tengono ben lontani. In un interessante editoriale pubblicato da Science, il direttore del National Cancer Institute, Norman Sharpless, sottolinea le possibili ripercussioni dei ritardi diagnostici (e in particolare dell’interruzione dei programmi di screening) sulla mortalità oncologica. Si ipotizza che a partire dal prossimo biennio ci saranno 10.000 morti in eccedenza per tumore del seno e del colon-retto. La situazione diventa via via più pesante con il prolungarsi dell’emergenza e dei lockdown. In una situazione pandemica che ancora non tende a esaurirsi, il fenomeno sta diventando preoccupante. Un malato di Covid è certamente spesso bisognoso di cure, ma non sempre del ricovero ospedaliero. Un aiuto per appesantire meno gli ospedali è imparare a curare, ove possibile, i pazienti a casa. Ma per far questo è necessaria una Medicina del territorio efficiente.

 

direttore microbiologia clinica e virologia del “Sacco” di Milano

In Italia produciamo 500 chili di rifiuti ciascuno: è troppo

In Italia – La seconda decade di dicembre è stata finalmente più calma della prima. Ha piovuto molto tra sabato 12 e domenica 13 in Sicilia e Sardegna (50 mm nel Trapanese), ma per il resto si è ristabilita una blanda alta pressione con tempo più soleggiato a parte nebbie in pianura e qualche pioggia mercoledì 16 al Nord. Ancora mitezza alle soglie del Solstizio d’Inverno (che sarà domani), mercoledì scorso 20 °C a Catania, giovedì 13 °C a Torino, ma da Natale diverrà più freddo. Dopo le grandi precipitazioni di inizio mese (888 mm d’acqua dal 4 al 10 dicembre a Barcis, Pordenone), l’innevamento è notevole sulle Alpi orientali, ieri 170 cm al Passo Rolle (2012 m, Trentino), 250 cm presso il Rifugio Gilberti (1850 m, Prealpi Giulie), e lunedì una valanga ha distrutto lo storico Rifugio Pian dei Fiacconi (2626 m) sulla Marmolada. Anche in tempo di riscaldamento globale e generale riduzione dell’innevamento, nevicate intense in montagna possono ancora verificarsi, fin più dannose per il carico di neve umida e pesante dovuta a temperature miti. La produzione di rifiuti è lo specchio dei nostri consumi e dei danni ad ambiente e clima: secondo il Rapporto Rifiuti Urbani dell’Ispra nel 2019 in Italia ne abbiamo prodotti 500 kg ciascuno, 30 milioni di tonnellate in totale, ancora troppo nonostante il calo del 7% dal picco del 2006, diminuzione peraltro fermatasi dal 2012 in poi; va meglio la raccolta differenziata, al 61% (+3% dal 2018), ma il rifiuto più sostenibile è quello evitato all’origine tramite sobrietà e scelta di oggetti con meno imballaggi.

Nel mondo – Bufere di neve negli Usa nord-orientali, centinaia di incidenti stradali e cinque vittime: in circa 24 ore tra mercoledì 16 e giovedì 17 dicembre 63 cm di neve sono caduti a Williamsport, Pennsylvania e 102 a Binghamton, New York (primati nelle serie dal 1895 e 1951); più al margine New York City, 27 cm. Eccezionali nevicate pure in Giappone al termine di un anno di caldo record: ai 700 m di Fujiwara, al centro del Paese, 76 cm di neve fresca in 12 ore e 162 cm in 48 ore, allorché aria siberiana si è caricata di umidità ceduta dal mare del Giappone 3 °C più caldo del solito. Dirompente avvio della stagione dei cicloni tropicali nel Pacifico australe con “Yasa”: di categoria 5, con raffiche di vento fino a 345 km/h e tra i più intensi in questa regione, ha investito giovedì le Fiji causando distruzioni e quattro vittime. Alluvioni nel Queensland (Australia) per piogge fino a 738 mm in tre giorni, e specie nello stato brasiliano di Santa Caterina (almeno 12 morti), mentre Las Vegas giovedì ha ricevuto le prime gocce (0,8 mm) insufficienti a sanare otto mesi di siccità ininterrotta e tra le peggiori della storia nel Sud-Ovest americano. Record di caldo per dicembre in Niger (40,6 °C), freddo glaciale invece in Québec (Canada), con minime di -40 °C tuttavia ancora lontane dai primati lì prossimi a -50 °C. L’iceberg A68A (4200 km2, circa come il Molise), residuo ancora imponente del blocco staccatosi nel luglio 2017 dalla piattaforma glaciale Larsen C nella penisola antartica, è giunto ad appena 50 km dall’isola della Georgia Australe, dove si teme possa sconvolgere la fauna costiera. Il Global Carbon Budget pubblicato su Earth System Science Data stima per il 2020 un’emissione di 34 miliardi di tonnellate di Co2 (senza considerare gli altri gas serra), -7% rispetto al record del 2019 (36,4 miliardi) a causa delle restrizioni Covid, con punte di -11% in Europa e -12% negli Usa, ma come detto più volte questo calo non darà benefici per il clima se non sarà mantenuto con serie politiche ambientali dopo la pandemia. Salute e lavoro oggi sono una priorità, ma ancor più deve esserlo la futura abitabilità del pianeta.

 

Il processo Regeni, tutti gli italiani protagonisti

Corrado Augias ha fatto una cosa che è mal tollerata nella consuetudine italiana. Ha preso l’impegno di restituire l’onorificenza francese (la più alta) della Legion d’Onore, come risposta alla decisione francese di offrire lo stesso onore all’uomo che ha fatto uccidere Giulio Regeni. Augias lo ha fatto subito e con una lettera chiara e debitamente indignata. Il non poter dire che un radical chic, come al solito, promette ma non mantiene. Il non poter giocare sul solito disprezzo dei privilegiati di sinistra che pensano alla bella figura e non all’Italia, ha provocato un vasto cattivo umore.

Vasta anche l’indignazione suscitata dal presidente del Consiglio Conte che, all’improvviso, interrompendo le cerimonie stagionali dette “crisi di governo”, è andato in Libia con il ministro degli Esteri, per liberare e portare a casa i pescatori italiani catturati e tenuti in ostaggio dal nuovo tipo di pirateria organizzata del generale Haftar. Ma la cosa più inaccettabile, per tutti coloro che si dichiarano opposizione, è stata che i pescatori sono stati liberati e riportati a casa davvero, e adesso sono in famiglia, pronti per il Natale.

Ma due episodi di dignità, mal fronteggiati da una opposizione che ha perso il filo, non ci sollevano dal dovere di non poter abbandonare Giulio Regeni al suo destino di vittima misteriosa di un delitto tremendo, ma anche misterioso, e del tutto inspiegabile senza una ragione, anzi molte ragioni, tutte oscure, perché un evento simile si compia. Ora c’è un processo, e sarà importantissimo per elencare, prima di tutto, le domande non fatte e le risposte mai ottenute. L’idea che si trattasse di un potere politico interessato con qualunque mezzo a chiudere una bocca non spiega i giorni e la efferatezza delle torture. Uno come Al Sisi, capo di un normale governo di dittatura selvaggia, ha bisogno di morti, non di vittime straziate (vedi il grande insegnamento di Putin che precisa, di una sua vittima: “Se veramente ci importava, avremmo finito il lavoro” frase che, tra l’altro, lo incrimina).

Il lavoro degli uomini di Al Sisi sulla vittima Regeni è stato finito due volte: prima mostrando che cosa si può fare a qualcuno, per qualche ragione. Puoi ucciderlo. Ma abbandonare i resti vuol dire che qualcuno deve sapere. Con chi stava dialogando Al Sisi mentre i suoi tormentavano il corpo di Regeni? E perché Rageni era l’interlocutore, mandato in Egitto, e fra i venditori ambulanti, dalla mai interrogata professoressa di Oxford, di origine e lingua egiziana, che ha adocchiato, selezionato e poi inviato sul posto Regeni, al lavoro per il suo dottorato, ma evidentemente mai avvisato da persona nativa, del rischio che stava per affrontare.

Manca il mandante, in questo processo, e la storia non può prendere forma fino a quando questo mandante non è ricercato e trovato, per poter analizzare i suoi legami con l’area di lavoro assegnata (con autorità accademica) al giovane dottorando. È facile immaginare che la docente oxoniana sia stata una sub-mandante, esecutrice, cioè destinataria della richiesta di un ” favore” da una casa madre di cui dobbiamo sapere i legami. La docente di Regeni era una inglese di origini egiziane, o una egiziana al lavoro in una università inglese? In ogni caso, come ha potuto o voluto mandare a Giulio Regeni le istruzioni che il giovane sembra avere seguito? Per montare una simile operazione con una conclusione crudele, che si vuole sia deliberatamente pubblica, ci vogliono due parti opposte. Il corpo di Regeni dimostra che una delle parti ha perso. O anche serve a dire quale prezzo devi pagare se ti inducono a entrare dalla porta sbagliata e a cercare ciò che non si deve cercare. La gravità del fatto fisico (il prolungato male fatto a Regeni) dimostra che c’erano cose grosse in pentola. Di chi, tra chi, per chi ? Ecco perché il governo italiano non può tenersi da parte. Non si uccide un giovane uomo non ignoto e non privo di legami per la svista di alcuni assassini di governo. Non si esegue per caso o pura cattiveria, un rituale di torture talmente gravi. Qui ci sono ragioni, ordini, interessi e motivazioni. Chiedono che qualcuno (ma non chiunque) corra il rischio, che la punizione sia pubblica e tremenda, che i suoi (le istituzioni italiane del condannato) siano inclini a lasciar perdere per ragioni che non conosciamo e che non sono state mai chieste. Ora la Giustizia italiana sta riordinando le carte e preparando le accuse. Il delitto Regeni è disumano, ma qui non stiamo discutendo di umanità, ma del senso atroce e pubblico di quel delitto che ha (deve avere) un significato politico che riguarda fatti italiani. Nessun dovrebbe sentirsi esente: siamo tutti, da cittadini italiani, protagonisti di questa storia, e giurati di questo processo.

 

Basta con Conte: ci vuole un Salvini…

 

“Penso che abbiamo fallito, abbiamo un gran numero di morti e questo è terribile”.

Carlo XVI re di Svezia, Messaggio di Natale al Paese

 

L’anno che sta per chiudersi, il 2020, sarà ricordato come la Caporetto mondiale dei governi, travolti dal Covid su tutta la linea. Monarchie assolute e costituzionali, Repubbliche presidenziali, Repubbliche parlamentari, Repubbliche popolari, Repubbliche islamiche, repubbliche delle banane, democrature, dittature, regimi del terrore, non esiste forma di governo che non abbia fallito. Come, per quanto lo riguarda, il signore coronato di Stoccolma ha avuto il coraggio di riconoscere. La verità è che se guardiamo al numero dei decessi globali causati dalla pandemia – che mentre scriviamo sono un milione e seicentosettantamila, in crescita esponenziale – tutti hanno fallito: da Trump a Johnson, da Xi Jinping a Putin, dalla Merkel a Macron e Conte. Forse soltanto gli storici del futuro potranno rispondere all’interrogativo che sorge drammatico davanti alla catastrofe: chi ci governa, a ogni latitudine, ha fatto sicuramente il peggio, ma era possibile fare meglio? Eppure, dalla immunità di gregge al lockdown, dal laissez-faire ai gulag sanitari, non esiste modello che alla lunga abbia funzionato. Un fallimento che non costituisce attenuante per chi sta a Palazzo Chigi: il cosiddetto “modello Italia” che a marzo aveva dato dei risultati confortanti mostra falle gigantesche dopo l’allegra estate del liberi tutti. Sì, era difficile fare peggio, perciò da questa modesta tribuna chiedo le dimissioni immediate dell’attuale governo di incapaci. Per giungere rapidamente alla costituzione di un esecutivo di salute pubblica, dotato di tutti i poteri eccezionali che la situazione richiede. Propongo che a presiederlo sia Matteo Salvini, che si alternerà con Giorgia Meloni. Sono convinto che grazie alla loro guida illuminata, e all’efficacia delle misure suggerite dai loro scienziati di fiducia, l’Italia saprà sconfiggere rapidamente l’odioso invasore. Come consulenti speciali del nuovo esecutivo vedrei bene Vittorio Feltri, Alessandro Sallusti e Maurizio Belpietro. Essi, a giudicare dai titoli dei giornali che dirigono (Libero: “Il governo è impazzito, la gente disperata fugge”; La Verità: “Conte distrugge il Natale”; Il Giornale: “Feste, lockdown a casaccio”), hanno sicuramente il polso della situazione. In totale sintonia con il Paese reale a cui l’ambiguo “Giuseppi” tenta di scippare il sacrosanto diritto ai cenoni natalizi e ai veglioni di Capodanno (con gli immancabili trenini attorno alle allegre tavolate).

Alla luce della situazione, come degno epitaffio, propongo quindi quel verso de “’A livella” di Totò che recita: “’Sti pagliacciate ’e fanno sulo ’e vive: nuje simmo serie… appartenimmo à morte!”.

 

Un prete in dispensa, un maiale grassoccio: storielle miracolose

Dalle novelle apocrife di Théodore d’Aubigné. Un brav’uomo stava risalendo lentamente la via, sulle spalle un sacco di farina, quando vide un ragazzo in male arnese, seduto sul muretto di fronte a casa sua. “Chi sei?” gli domandò. “Sono uno studente. Vengo da Parigi. Sono due giorni che cammino. Non ho soldi per mangiare, e non so dove passare la notte”. “Perché non hai chiesto a quella porta?”. “L’ho fatto, ma la padrona di casa mi ha cacciato, e la serva mi ha percosso con una scopa”. “Cosa? Quella è casa mia! Vieni: avrai un pasto abbondante e un letto caldo, per Dio!”. Entrati, il brav’uomo domandò alla moglie cosa stava cucinando di buono. “Nulla, marito”, rispose quella, irritata. “Ricordi? La credenza era vuota quando sei uscito per andare al mulino”. “Già, la credenza vuota. Me ne ero dimenticato. Ho la farina. Fai preparare delle frittelle, mentre questo studente ci racconterà una di quelle belle storie che sa leggere nei libri. Ci scalderemo al fuoco del camino, con un buon bicchiere di vino”. “Niente vino, marito. Ricordi?”. “Solamente la bella storia, allora”, disse sconsolato il brav’uomo allo studente. Questi promise che ne avrebbe raccontata una molto interessante, capitata proprio a lui.

“Lasciata Parigi, stavo attraversando un bosco, quando mi imbattei in un branco di maiali che grufolava sotto una quercia. D’un tratto, dal folto sbucò un lupo, che puntò il maiale più grasso. Un maiale magnifico. Come posso descriverlo? Diciamo che era grosso come quello che la tua serva ha portato in cucina un’ora fa”. Ci fu silenzio. Il brav’uomo guardò la moglie. “È vero?”. “Perdonami, marito, l’avevo dimenticato. Dico subito alla serva di portare l’arrosto, con le frittelle”. “Adesso ci siamo, per Dio!” esclamò il marito, tutto contento. “Continua la tua storia, ti prego, signor studente”. “Con piacere. Il lupo cominciò a sbranare il maiale, dalle cui viscere sgorgava sangue di un rosso scuro. Come posso descrivere il rosso di quel sangue? Diciamo che era rosso come il vino che la serva è andata a comprare dopo avermi picchiato con la scopa”. “Quindi c’è del vino in casa, moglie?” sbraitò il brav’uomo. “Oh, dove ho la testa?” disse quella. “Certo, ho fatto comprare una bottiglia di vino per la tua cena”. “Sono sempre più felice”, disse il brav’uomo allo studente. “La tua storiella fa miracoli. Continua, prego”. E lo studente continuò, mentre mangiavano l’arrosto succulento e le frittelle fragranti, fra sorsate generose di vino robusto. “Eccoci dunque alla parte più sorprendente del mio racconto. Forse non mi crederai. E forse quella brava donna di tua moglie non sarà molto contenta di sentirla”. “Perché non dovrei crederti, quando tutto quello che hai raccontato era vero?” disse il brav’uomo. E la moglie, aspra: “Hai già dimostrato che ho una memoria pessima. Non potrai dire nulla di più seccante”. “Allora continuo. Quando vidi che il lupo divorava il maiale, decisi di ucciderlo con la fionda. Raccolsi un sasso, ma, mentre stavo prendendo la mira, il lupo mollò la carcassa e mi guardò. I suoi occhi erano feroci, eppure impauriti. Sembrava tremare, sotto il suo manto nero. Come posso descriverlo? Sembrava un prete disonesto rintanato in una dispensa, terrorizzato che il padrone di casa possa scoprirlo”. Lo studente accennò col mento alla dispensa. “Un prete? In casa mia?” urlò il brav’uomo, andando alla dispensa.

In breve tempo accaddero molte cose, al termine delle quali un prete malconcio e una moglie svergognata finirono sulla strada. Quando tornò la calma, lo studente e il brav’uomo terminarono il vino. “Sarai sempre il benvenuto in questa casa”, gli disse il brav’uomo. “Ma la prossima volta niente storielle interessanti, per Dio!”.

 

Il superbonus prorogato: fino a quando?

Proroga di qualche mese (fino a marzo, forse aprile 2022) prevista nella legge di Bilancio e, poi, l’estensione del Superbonus 110% fino a tutto il 2023 da inserire nel Recovery Plan da cui attingere 20 miliardi. Sarebbe questa la mediazione raggiunta dalla maggioranza a un giorno dall’approdo in Aula della manovra. Il prolungamento dell’agevolazione sui lavori di miglioramento energetico e per l’adeguamento antisismico degli edifici è stata una lunga trattativa tra M5s (puntava a una prolungamento di due anni, fino a tutto il 2024) e Pd (chiedeva una proroga di un anno, fino 31 dicembre 2022, con gli ultimi 6 mesi per consentire il completamento dei lavori) contro una parte dell’opposizione contraria a causa degli alti costi da sostenere. Secondo la Relazione tecnica del decreto Rilancio, per capire di che parliamo, da qui al 2033 dovrebbero pesare sulle casse dello Stato per 11,8 miliardi.

A meno di tre mesi dalla piena operatività del Superbonus – che a determinate condizioni consente di fare gratis i lavori sugli immobili – c’è però soprattutto l’ostacolo della complessità della normativa ad aver condizionato negativamente la misura: ne scriveremo lunedì nelle pagine del Fatto Economico.

Ora l’impegno a voler prorogare il Superbonus attraverso due step (al momento è prevista la scadenza al 31 dicembre 2021) consentirà di spalmarne i costi e, soprattutto, di prendere tempo per consentire alla misura di entrare a pieno regime, tra continui chiarimenti, assemblee di condominio bloccate causa Covid e pochi cantieri effettivamente operativi. Dai cinquestelle assicurano che lo stallo della proroga non dipende dalla mancanza di coperture finanziarie, ma si tratta solo di “questioni tecniche”. In altre parole, la norma è tecnicamente coperta, visto che le risorse già stanziate non sono state ancora usate. Ma sarebbe stato assai complicato convincere i tecnici della Ragioneria ad autorizzare nuovi stanziamenti se non è ancora chiaro quanto potrà valere la misura a regime.

Ora per la maggioranza il Superbonus va garantito perché è “una colonna portante della nostra economia per il prossimo triennio”, come volano per la ripresa del settore edilizio e degli stessi consumi. Sembrerebbe, invece, accantonata la possibilità di potenziare la misura allargando la platea degli interventi ammessi.

Il Monte senza pace. Esposto a Consob: “Numeri secretati”

Perché il consiglio di amministrazione di Mps non ha comunicato al pubblico la versione integrale del piano industriale 2021-2025 presentato giovedì scorso? È la domanda che Giuseppe Bivona di Bluebell Partners pone a Consob, magistratura e Parlamento con una quinta lettera-esposto inviata giovedì 17 dicembre. Bivona lamenta la mancata trasparenza del Monte che ritiene violi la par condicio tra gli investitori stabilita dall’articolo 92 del Testo unico della finanza.

Bivona chiede di accertare se Mps abbia “aperto una data room a esclusivo benefico del ministero dell’Economia”, azionista di controllo del Monte, se la banca “abbia consentito l’accesso alla data room dopo aver ricevuto due pareri legali di cui uno rilasciato da uno studio” che in passato sarebbe stato “consulente del Mef su Mps”. L’azionista chiede poi quali informazioni siano state messe a disposizione del Mef, quali organi della banca abbiano concesso questa autorizzazione, quando è stata aperta la data room e fino a quando il Mef vi ha avuto accesso, “quale sia la motivazione della richiesta del Mef per accedere alla data room”, per quale ragione l’accesso sia stato permesso solo al Mef e non ad altri soci, “quale studio avrebbe rilasciato il parere legale alla banca” e “chi nella banca e su quali criteri” avrebbe scelto i consulenti per chiedere il parere legale sull’accesso alla data room.

L’azionista ricorda che il 13 novembre il Monte ha dichiarato uno “shortfall di capitale” specificandone le cause (accantonamenti sui rischi legali, effetti︎ prospettici della scissione di capitale ad Amco, s︎cenar︎io macro︎-economico dopo la pandemia, evoluzioni regolamentari) ma non l’ammontare. Bivona ricorda poi che mercoledì 16 dicembre l’agenzia Ansa ha anticipato alcuni contenuti del piano che sarebbe stato presentato solo il giorno dopo.

Piano sul quale Mps ha emesso un comunicato senza però diffonderne la versione integrale, come avvenuto invece nel 2011, 2012, 2013, 2015, 2016 e 2017. Contattata, Mps non ha risposto.

È il giorno delle “mancette”. Ma manca la norma su Mps

Come previsto, la legge di Bilancio 2021 s’avvia all’arrivo (lunedì) nell’aula della Camera nel più completo caos: bisogna insistere sul punto perché, emergenza Covid o no, si tratta di una prima volta nella storia della Repubblica. La commissione Bilancio di Montecitorio, che sarà l’unico organo legislativo a poter apportare modifiche, è letteralmente sommersa da emendamenti che non ha avuto ancora modo neanche di vedere: dopo due giorni di sospensione, solo ieri pomeriggio sono ripresi i lavori sulla manovra, per essere poi subito sospesi. Problema: la riformulazione di decine e decine di emendamenti di maggioranza e opposizione arrivata al termine di una contrattazione confusa col governo, cioè col Tesoro.

Dentro quei faldoni, che i deputati non potranno esaminare e votare completamente, c’è un po’ di tutto: 30 milioni per garantire gli esami di terza media e di maturità in sicurezza, 1 milione e mezzo per i Giochi del Mediterraneo di Taranto 2026, l’istituzione di un master di secondo livello in Medicina clinica termale, 5 milioni per i Comuni in dissesto o predissesto per fare nuovi rifugi per cani randagi, soldi per poliziotti e detenuti, misure contro la violenza di genere, risorse per il fondo anti-usura, gli esami diagnostici neonatali, i festival, i cori, le bande… Insomma, tra le altre, anche molte norme che tecnicamente si chiamano “localistiche, microsettoriali o ordinamentali” (e che sarebbe vietato introdurre in manovra) e nel linguaggio giornalistico “marchette”o “mancette” per i più educati.

Per capirci sulla confusione, una delle novità annunciate ieri è la decisione di applicare l’Iva agevolata al 10% sul cibo da asporto o consegnato a casa: provvedimento benedetto da molti via agenzia assai prima che un testo in proposito fosse depositato in Parlamento. Il primo voto su quel “pacco” di carte è arrivato attorno alle 17: la deadline per discutere e votare questa massa di materiale è domenica notte, il che vuol dire che la legge di Bilancio andrà in aula senza essere stata votata dalla commissione. A quel punto il governo farà il suo maxi-emendamento su cui porre la questione di fiducia: bisognerà aspettare l’arrivo in Senato (che comunque non potrà fare modifiche) per capire cosa c’è e cosa no nella manovra.

A un giorno dall’arrivo in aula, peraltro, non tutte le partite sono chiuse: del superbonus al 110% vi parliamo qui sotto, ma anche la vicenda del Monte dei Paschi divide la maggioranza (e in particolare i grillini e il ministro Gualtieri). Com’è noto, nel ddl arrivato alla Camera c’è uno sconto fiscale che aiuterebbe assai Unicredit a prendersi Mps: è l’operazione immaginata al Tesoro e che l’ex ministro Pier Carlo Padoan garantisce oggi come membro del cda della banca. I 5Stelle vorrebbero invece che il Monte rimanesse pubblico o che, se non altro, lo Stato non regalasse soldi a Unicredit. Problema: gli emendamenti grillini sono irricevibili per Gualtieri, serve un compromesso. Quello proposto dal Tesoro è simbolico: il governo informa ogni sei mesi il Parlamento sull’andamento della misura. I grillini dicono: così non lo votiamo. E il testo, che pure gira, a sera ancora non era arrivato in commissione.