Dicono che la scelta ormai sia solo tra intervenire con il bisturi o con l’accetta. Ovvero rendere l’Italia zona rossa solo nei giorni di festa oppure seguire il modello Merkel, quello che chiude tutte le attività non essenziali da domani fino al 10 gennaio. Eppure la politica ancora battibecca e in Senato litiga sulla norma che dovrebbe consentire lo spostamento tra piccoli Comuni: di fronte ai dubbi di chi ritiene che, prima di prevedere deroghe, sia il caso di attendere l’orientamento del Cts sulle chiusure nazionali, il capogruppo di Italia Viva a Palazzo Madama, Davide Faraone, se ne esce così: “Ma che dobbiamo aspettare? Speranza e Franceschini sono ipocondriaci”.
Siamo arrivati a questo punto: da chiamarli “rigoristi” sono finiti a bollarli come malati immaginari. Tanto che il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà è dovuto intervenire per difendere l’operato dei suoi colleghi di governo preoccupati per la tenuta del sistema sanitario nelle prossime settimane.
Perché, per dirla con il ministro Francesco Boccia, “la terza ondata ormai è sicura” e il rischio è che mandi all’aria la campagna vaccinale che dovrebbe partire proprio dopo la Befana. Ieri il premier Giuseppe Conte ha incontrato il Cts insieme ai capidelegazione, al sottosegretario Fraccaro e ai ministri D’Incà e Lamorgese. E di fronte alle indecisioni della maggioranza si è di nuovo chiesto agli scienziati di sbrogliare la matassa: si attende una nota, insomma, che dia al governo il coraggio che gli manca. Quale sarà l’orientamento del Comitato è piuttosto chiaro, così come è evidente l’irritazione degli scienziati nei confronti della politica che non vuole decidere e ha ributtato a loro la patata bollente. La maggior parte degli studiosi, con qualche timido distinguo, propende per la linea tedesca: “A questo punto, con i numeri attuali e viste le scene del weekend bisognerebbe fare come la Germania, un lockdown generalizzato da subito o almeno dal 24 dicembre al 7 gennaio”. Un rinvio necessario, soprattutto perché, va detto, sarebbe ormai impossibile arginare la surreale corsa agli spostamenti innescata dal divieto che scatta domenica e che consente invece fino al 20 di muoversi tra le regioni, ormai quasi tutte gialle. Eppure i numeri, è ancora l’analisi degli scienziati, consiglierebbero restringimenti immediati.
Ieri, infatti, ci sono stati altri 491 morti (484 domenica). I nuovi casi registrati sono stati 12.030 (domenica 17.938), ma a fronte di soli 103.000 tamponi, in netto calo rispetto ai 152.967 del giorno precedente. E se c’è qualche segnale positivo dalle terapie intensive che con una variazione di -63 (domenica -41) scendono a 3.095 pazienti, tornano, invece, seppur di poco a salire i ricoveri nei reparti ordinari Covid: +30 (domenica -333) per un totale di 27.765. Anche l’indice Rt riprende a crescere: da 0,82 aumenta a 0,89.
Che i numeri non siano belli lo ammettono anche quelli che al governo sono dell’idea che vada evitata la linea drastica. Non tanto per ragioni sanitarie, quanto per fronteggiare l’emergenza economica: bloccare negozi, bar e ristoranti in un periodo in cui le persone “hanno voglia” di spendere, sarebbe suicida (tanto più che è un messaggio in controtendenza con l’introduzione del cashback che Palazzo Chigi ha voluto con forza per incentivare gli acquisti “non telematici”).
Sempre per tentare di evitare il lockdown indiscriminato e procedere “col bisturi”, ieri si è anche chiesto al Viminale di produrre un report che trasformi in un monitoraggio quanto più scientifico lo “spettacolo immondo” (Luca Zaia dixit) dei luoghi dello shopping stracolmi nel weekend: per capire, insomma, quali e quante città sono a rischio e in quali zone gli assembramenti sono stati più consistenti.
Un disperato tentativo di ridurre la portata dei restringimenti, nonostante – oltre alla Germania – anche altri esempi stranieri seguano una direzione chiara: cinque settimane di lockdown in Olanda, rinvio delle riaperture previste per oggi in Francia, nuove strette imminenti a Londra, quattro giorni di chiusura totale anche in Turchia da Capodanno.