Anche oggi, terza domenica di Avvento, leggiamo nel Vangelo di Luca un testo tradizionale di questo periodo: il cantico del sacerdote Zaccaria per la nascita del figlio Giovanni, figlio che diventerà il predicatore nel deserto che battezzerà Gesù. In questo canto viene annunciato che “l’Aurora dall’alto ci visiterà per risplendere su quelli che vivono in tenebre e in ombra di morte, per guidare i nostri passi verso la via della pace”. Il buio, la notte, hanno sempre suscitato timore nell’animo umano. Forse è il ricordo ancestrale di quando l’essere umano non conosceva ancora il fuoco, capace di rischiarare la notte e proteggere dai pericoli. Ancora oggi si può avere paura del buio. E allora si lascia accesa una piccola luce che rompe l’oscurità delle tenebre e in qualche modo anticipa lo spuntare dell’alba. Anche il futuro, con il suo contenuto imprevedibile, può essere percepito con timore, e anche in questo caso si può essere aiutati se ci è dato di vedere un po’ di luce che lo illumini. L’antico inno che pronuncia Zaccaria chiama questa luce (che è Gesù) Aurora, l’Aurora che dall’alto ci ha visitati per far luce sul nostro presente e sul nostro futuro.
Secondo il Vangelo di Luca, Giovanni (il battista) e Gesù nascono quasi gemelli e saranno uccisi da un potere oppressivo e ingiusto a poca distanza l’uno dall’altro. Entrambi cammineranno davanti a Dio, ma Luca chiarisce nettamente la “gerarchia” tra i due. Zaccaria, riferendosi al figlio Giovanni, dice “Tu sarai chiamato profeta dell’Altissimo”, mentre l’angelo aveva appena annunciato a Maria, dettandole il nome del bambino che essa partorirà (Gesù) e la dignità che avrà il bimbo: “Sarà chiamato Figlio dell’Altissimo”. Non è possibile equivocare, anche perché le spiegazioni successive di Zaccaria tracciano con chiarezza la funzione e le caratteristiche del ministero di Giovanni: profeta, precursore, banditore della salvezza, annunciatore del perdono.
Il compito del neonato figlio di Zaccaria è annunciare che l’aurora è già iniziata, anche se la luce non ha ancora avuto il sopravvento sulle tenebre dell’odio, del peccato, della morte. Ma l’aurora ha già avuto inizio, e quindi l’attesa è ora illuminata da quell’Aurora (Gesù) che ci ha già visitati (e che tornerà a visitarci) e grazie alla quale possiamo camminare sulla via della pace. Pace con Dio, con il prossimo, con noi stessi. Pace con Dio, perché Gesù è la fine di ogni inimicizia e l’inizio del perdono dei peccati (“per dare al suo popolo conoscenza della salvezza mediante il perdono dei loro peccati”); pace con il prossimo, perché Gesù è la fine di ogni inimicizia fra gli esseri umani e l’inizio della liberazione dai nemici e dei nemici (“ci salverà dai nostri nemici e dalle mani di tutti quelli che ci odiano”); pace con noi stessi, perché Gesù è la fine di ogni inimicizia interiore e l’inizio di una vita di gioia e riconoscenza (“per risplendere su quelli che giacciono in tenebre e in ombra di morte, per guidare i nostri passi verso la via della pace”).
Da qui la possibilità di vivere senza paura (“di concederci che, liberati dalla mano dei nostri nemici, lo serviamo senza paura”): senza paura del giudizio e della punizione di Dio; senza paura degli uomini, di quello che ti possono fare, liberi da odio e inimicizie; senza paura di noi stessi, delle nostre incapacità, dei nostri limiti, delle nostre debolezze. Natale è un’aurora, dice questo antico inno, un’alba nuova che apre il presente al futuro, quando sarà giorno pieno e ogni ombra sarà scacciata.