Gli spostamenti tra piccoli Comuni limitrofi il 25, 26 dicembre e primo gennaio sono diventati la patata bollente del governo, dopo che più voci della maggioranza e lo stesso ministro degli Esteri Luigi Di Maio hanno chiesto con forza la modifica al Dpcm che li vieta. Il titolare del dicastero della Salute Roberto Speranza ha alzato subito il muro e ieri da Bruxelles il premier Giuseppe Conte ha tagliato la testa al toro: si pronunci “il Parlamento” perché “è sovrano” e potrà, assumendosene la “piena responsabilità”, introdurre delle “eccezioni” ai divieti ma con “grande cautela” e “attenzione”: non deve saltare “l’impianto complessivo” delle misure, pensate nel loro insieme per prevenire una “terza ondata” di contagio da SarsCov2. Il capo del governo ha specificato: “Non dobbiamo creare occasioni di convivialità tra persone che abitualmente non convivono” durante le feste natalizie, ma su questo punto “c’è grande sensibilità parlamentare. Se poi il Parlamento, assumendosene tutta la responsabilità, vuole introdurre qualche eccezione per i Comuni più piccoli, che possa consentire una circolazione in un raggio chilometrico contenuto… si è aperta una riflessione anche intorno al governo: ci confronteremo anche con gli altri capi delegazione, e ritorneremo su questo punto, ma ovviamente il Parlamento è sovrano. Non siamo contenti di introdurre delle misure, vorrei dirlo agli italiani: ma il numero dei decessi continua ad essere abbastanza elevato, e c’è il rischio che possa arrivare una terza ondata”.
Numeri. Rianimazioni in calo
Infatti, ieri i morti per Covid-19 sono stati 761 e 18.727 i nuovi casi (+1.728 rispetto a giovedì) a fronte di 190.416 tamponi (+18.830 sul giorno precedente). Sono 28.562 le persone ricoverate in reparto ordinario Covid con una variazione di -526 in ventiquattr’ore; in terapia intensiva ci sono 3.265 malati di Covid, la variazione rispetto a giovedì è di -29.
Rapporto. “Troppi ritardi”
E poi c’è il monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità, ieri sera è stata diffusa un prima bozza, che invita alla prudenza: sebbene si osservi una diminuzione significativa dell’incidenza a livello nazionale negli ultimi 14 giorni (454,70 per 100.000 abitanti nel periodo 30 novembre – 6 dicembre contro 590.65 per 100.000 abitanti nel periodo 23 novembre – 29 novembre), il valore è ancora molto elevato; l’incidenza rimane cioè ancora “troppo elevata per permettere una gestione sostenibile”. L’Rt nazionale scende a 0,82 e solo il Molise rimane sopra quota 1, però con gli altri indicatori che si sommano in un rischio complessivo giudicato “basso”. E poi c’è nero su bianco quella che suona proprio come una risposta alla politica: “L’incidenza ancora troppo elevata e l’attuale forte impatto sui servizi sanitari richiedono di attendere prima di considerare un rilassamento delle misure di mitigazione, ivi comprese quelle della mobilità, oltre alla necessità di mantenere elevata l’attenzione nei comportamenti”. Il freddo dato della “valutazione complessiva di rischio” è elevato in cinque regioni: Emilia-Romagna (molteplici allerte), provincia di Trento, Puglia, Sardegna e Veneto. Il rischio rimane comunque un gradino sotto, moderato, in Abruzzo, Campania, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Liguria, Marche, provincia di Bolzano, Sicilia, Toscana, Umbria e Valle d’Aosta. In quest’ultimo elenco anche Calabria, Piemonte e Lombardia che, però, da domani diventano “gialle”. Passa al giallo anche la Basilicata. Paradossale l’Abruzzo che ritorna rosso per due giorni su sentenza del Tar, ma sarà arancione da domani, rimanendo comunque l’unica regione non gialla. Lo stesso Iss scrive anche di possibile “sottostima della velocità di trasmissione” del contagio, bacchettando le Regioni: “Sebbene in miglioramento, permane una diffusa difficoltà nel mantenere elevata la qualità dei dati riportati al sistema di sorveglianza integrato sia per tempestività (ritardo di notifica dei casi rapportati al sistema di sorveglianza su dati aggregati coordinati dal ministero della Salute) sia per completezza”.
Antidoto. 15mila assunzioni
E sul tema più caldo, quello dei vaccini, a cui viene rivolta la speranza per la fine dell’incubo, il commissario all’emergenza coronavirus Domenico Arcuri ha predisposto una call, chiamata, per assumere 13mila medici e 12mila tra infermieri e assistenti sanitari che avranno il compito di unirsi a quella sorta di “esercito della salvezza” pronto all’impegno per somministrare le dosi degli antidoti anti-Covid alla popolazione italiana.