Doveva essere il più bel regalo di un Natale all’insegna della pandemia, ma la strada per una vaccinazione risolutiva di massa – e difficilmente poteva essere altrimenti– è ancora piena di ostacoli. E non risparmia Pfizer/Biontech e Astrazeneca, i due vaccini su cui, al momento, si concentrano le maggiori speranze.
In Gran Bretagna, nel primo giorno di somministrazione di Pfizer-Biontech, che certa trionfalistica stampa ha prontamente ribattezzato V-Day – dove V sta per Vaccine ma anche per Victory – si sono registrati due casi di “reazione allergica significativa”. Si tratta di due operatori sanitari 40enni immediatamente segnalati all’Mhra, l’ente regolatore britannico del farmaco che il 2 dicembre ha rilasciato un’autorizzazione temporanea al vaccino prima dell’approvazione al commercio, basato sull’esame incompleto dei dati della sperimentazione. Secondo la direttrice di Mhra June Raine entrambi avevano “una lunga storia di reazioni allergiche e si sono ripresi dopo un appropriato trattamento. Chiunque abbia una storia di significative reazioni allergiche al vaccino – è la raccomandazione dell’ente – non deve ricevere il vaccino Pfizer”. Secondo il direttore medico di NHS England, il professor Stephen Powis, si tratta di “episodi comuni con i nuovi vaccini”, ma rimane il fatto che si rischia di tagliare fuori un’ampia fetta della popolazione britannica, circa il 20%, ossia i 21 milioni che soffrono di allergie varie.
E anche dal fronte Astrazenca-Università di Oxford, che – a differenza di Pfizer e Moderna – hanno rilasciato una larga parte dei risultati sulla sperimentazione clinica del loro vaccino (pubblicati sulla rivista The Lancet) le ultime notizie invitano ancora a una certa cautela: “Al momento i dati non mostrano che il vaccino sia efficace negli anziani oltre i 55 anni o in quelli con comorbidità multiple – spiega il professor Julian W Tang, professore onorario di Virologia Clinica e Pneumologia dell’Università Leicester (Gran Bretagna) – Ma non perché non lo sia, ma perché i dati ancora non sono disponibili. Quei partecipanti sono stati reclutati abbastanza tardi, quindi i dati saranno noti più avanti”.
Sempre secondo quanto riportato da Lancet, nella fase 3 di sperimentazione Astrazeneca e Università di Oxford hanno operato una deviazione dal protocollo iniziale: a un gruppo di volontari è stata somministrata solo mezza dose invece che una intera. “Non credo che questo intacchi la sperimentazione – sostiene Guido Rasi, ex Direttore esecutivo dell’Agenzia europea per il farmaco – L’errore c’è stato solo su un migliaio di volontari. Tutto il resto, per ora, resta valido”. La sperimentazione Astrazeneca è stata condotta principalmente su una popolazione di circa 20 mila volontari quasi tutti sotto i 55 anni, ma il 10% dei dati riguarda persone sopra i 55 anni. “Sono tutti dati da vedere in profondità – ancora Rasi –. Il vaccino Astrazeneca per ora ha un efficacia superiore al 50% sulle fasce di età under 55, può dunque ritenersi sicuro”.
Ma il problema vero, sempre secondo l’ex direttore esecutivo Ema, è a monte: “Non ha senso fare la vaccinazione di massa – sostiene – Bisogna fare la cosiddetta vaccinazione ad anello: monitorare i focolai e vaccinare tutto intorno per stroncare i ponti di trasmissione del virus il più velocemente possibile, per evitare che il virus abbia il tempo di mutare per adattarsi alla pressione evolutiva che crea la vaccinazione. Il rischio è che muti prima di aver terminato la vaccinazione di massa, per adattarsi a sopravvivere trovando una via alternativa, e cioè quella di non rispondere più al vaccino”.
Tornando al caso Pfizer, anche secondo l’Oms le reazioni allergiche severe sono eventi rari (un caso su un milione per l’anafilassi). Il fatto che se ne siano verificati due al primo giorno di vaccinazione – spiega al Fatto una fonte interna a Ema – per una sostanza che deve stimolare il sistema immunitario su persone su cui non si hanno dati dallo studio clinico e che per giunta hanno già un’iperstimolazione come un’allergia, è un dato significativo e un rischio aggiuntivo”. Non si hanno dati perché la sperimentazione clinica della Pfizer-Biontech sul vaccino anti-Covid basato sulla tecnologia dell’Rna messaggero – mai approvata prima per il commercio – ha inserito tra i criteri per escludere eventuali volontari che avessero chiesto di partecipare alla sperimentazione, proprio una “storia di grave reazione avversa associata a un vaccino e/o a una grave reazione allergica (ad esempio, anafilassi)”.
Quanto avvenuto ieri nel Regno Unito potrebbe forse condizionare i processi di approvazione del vaccino da parte di enti regolatori europei e Usa. “Sarebbe raccomandabile anche per Fda ed Ema – spiega Julian W Tang – informare persone con allergie severe di evitare questo vaccino, come precauzione”, ha spiegato al Fatto Julian W Tang.
Peter Openshaw, docente di Medicina sperimentale all’Imperial College di Londra, ha ricordato come nella fase tre si fosse effettivamente riscontrata una differenza tra la percentuale di reazioni allergiche riscontrate nei volontari che hanno ricevuto il vaccino (lo 0,63%), rispetto al gruppo che ha ricevuto solo un placebo (lo 0,51%). In più, su volontari selezionati a priori senza storia di allergia. Il dato è pubblico solo da solo ieri, quando Fda, l’agenzia del farmaco americana, ha rilasciato il dato in un documento pubblico dove ha espresso un primo parere positivo sul vaccino Pfizer, ma non lo ha ancora approvato.
Il documento riporta anche il caso di due decessi avvenuti nel gruppo degli oltre 20mila volontari che hanno ricevuto il vaccino, entrambi sopra i 55 anni: il primo ha avuto un arresto cardiaco 62 giorni dopo la seconda dose di vaccino ed è morto tre giorni dopo; l’altro è deceduto per arteriosclerosi tre giorni dopo aver ricevuto la prima dose. Ma Fda non si è espressa su un eventuale rapporto causa effetto tra il vaccino e i due decessi.