“Dica ai suoi collaboratori che chiamano le redazioni dei giornali per raccontare che Iv è in cerca di poltrone, che se ha bisogno di qualche poltrona ce ne sono tre a sua disposizione, due da ministro e una da sottosegretario”. Termina in un crescendo l’intervento di Matteo Renzi in Senato. L’attacco a Giuseppe Conte è violento, l’ultimatum stavolta è più di una minaccia. L’ex premier non sta bluffando, è pronto a ritirare la sua delegazione al governo e dunque ad aprire la crisi. La road map è in via di definizione, ma intanto ieri rimanda la palla al premier: sta a lui trovare una soluzione, intestarsi il processo. Il leader di Iv dice no non solo alla struttura di governance del Recovery Fund, ma anche alla Fondazione sulla Cybersicurezza. Avverte che non voterà la legge di Bilancio se ci sono emendamenti su quei temi. Nel muro contro muro, stavolta Renzi non è disposto a indietreggiare. Anche se ieri la riforma del Mes l’ha votata. Mentre si risiede al suo posto in Senato, FI gli tributa la standing ovation. Tutto il centrodestra applaude, Matteo Salvini compreso, che poi gli si avvicina per complimentarsi. Ma gli applausi arrivano anche dai banchi del Pd, guidati da un veterano come Luigi Zanda.
Sono giorni che Renzi tesse la sua tela. E stavolta non da solo. Il malcontento nel Pd è ormai diffusissimo. Di fatto, al Nazareno gli hanno fornito una pistola carica e sta a lui premere il grilletto. Tanto è vero che ieri Zingaretti, dopo il voto sul Mes, invita il governo a “sciogliere i tanti nodi”.
La giornata di ieri va avanti tesissima, tra colloqui e trattative a tutti i livelli. Più volte a Renzi viene recapitata da sherpa di Conte la richiesta di dare il via al Recovery Plan in un Consiglio dei ministri prima della partenza del premier per il Consiglio europeo oggi. Con l’offerta di discutere la struttura di governance successivamente. Trattativa a vuoto. Il Cdm viene sconvocato, Renzi si prende la soddisfazione di mandare il premier a Bruxelles con un governo che non approva il suo piano.
Ma la sostanza (e pure la road map) della crisi è tutta nell’intervento del leader di Iv. “Non scambieremo il nostro si alla proposta di governance con uno strapuntino. Non stiamo chiedendo che nella cabina di regia ci sia uno nostro. Di fronte ai 200 miliardi da spendere o il Parlamento fa un dibattito vero, oppure perdiamo la dignità delle istituzioni”, scandisce con il piglio dei momenti cruciali. Dal Mef di Roberto Gualtieri, che sta cercando soluzioni di compromesso da giorni, fanno sapere che quella del Recovery è una proposta offerta al Parlamento. Eppure nelle intenzioni doveva essere un emendamento alla legge di Bilancio. “Se è dentro la legge di bilancio, Iv vota no”, chiarisce Renzi. Conte sta già ragionando su un decreto o addirittura un disegno di legge. Anche se ormai è piuttosto chiaro che il merito delle questioni c’entra molto relativamente. Tanto è vero che apre subito un altro fronte: “Se c’è una norma che mette la governance con i Servizi votiamo no”. Il riferimento è all’Istituto per la Cybersicurezza cui il premier tiene moltissimo. “La task force non può sostituire il governo”, scandisce Renzi. Ma “non è solo un problema di metodo, anche di merito”. Non secondaria la sponda fornita a Roberto Speranza, che ieri ha criticato il Recovery Plan per i soli 9 miliardi previsti per la sanità: “come si fa a dare 9 miliardi alla Sanità?” Sabato l’ex premier è stato ospite di un convegno organizzato dalla Fondazione dalemiana Italianieuropei. Convergenze che saltano agli occhi.
Ma ora? Che accade ora? Renzi dice a tutti che dopo la legge di bilancio comunque l’esperienza del governo Conte così com’è si chiuderà. Dunque a gennaio. “Non si va a votare”, è il mantra che ripete. Nei confronti del premier in privato ha espressioni quantomeno colorite. E infatti, a questo punto “il piano inclinato” – come dice un senatore dem – è partito. E va oltre il rimpasto: può portare al Conte ter ma, vista l’accoglienza dell’opposizione, anche a un governo tecnico. Ieri sera intanto Renzi ha sondato i gruppi di Iv per capire fino a che punto si può spingere.