Un “quadro in cui emerge la persistente e totale mancanza di scrupoli per la vita e l’integrità degli utenti delle autostrade”, in cui le costanti “omissioni” in tema di “manutenzione” sono spiegate da una “poliedrica e persistente politica di profitto aziendale”. Era questo, il “sistema Castellucci”.
Lo sostiene il tribunale del Riesame di Genova, che ieri ha revocato al manager i domiciliari, decisi nell’ambito dell’inchiesta sulle barriere antirumore fallate: nei suoi confronti sono stati riconosciuti i gravi indizi, ma non l’attualità dell’inquinamento probatorio. In altre parole, secondo i magistrati, non ci sono abbastanza prove che l’ex Ad di Autostrade per l’Italia e di Atlantia abbia continuato a influenzare le scelte delle società anche dopo aver lasciato le cariche. L’episodio clou, secondo l’accusa, sarebbe stato il pagamento di bonus a un sottoposto, Paolo Berti, che in cambio non lo avrebbe coinvolto nel processo per la strage di Avellino (43 morti). Dalle carte emerge per la prima volta anche come Castellucci sia indagato in tutti i procedimenti nati dal crollo del viadotto di Genova (altre 43 vittime): non solo per il disastro, ma anche per le falsificazioni dei report sui viadotti, ammorbiditi per abbassare i costi sulla manutenzione, e per il filone gemello che riguarda le valutazioni sulle gallerie, avviato dopo il cedimento della galleria Bertè, sulla A26, alla fine del 2019. Le indagini, condotte dal primo gruppo e dal nucleo metropolitano della Finanza di Genova, nascono dai cedimenti di alcune barriere fonoassorbenti. I vertici della società sapevano che erano difettose, ma piuttosto che ripararle nascosero il problema, rischiando l’incolumità degli utenti.
“Ovviamente neppure può dirsi che le condotte illecite siano state tenute da Castellucci solo nell’interesse di terzi, in quanto i soddisfatti azionisti di maggioranza avevano modo di compensarlo adeguatamente. Riceveva rilevantissimi compensi economici già nel 2010: oltre € 1 milione e 250mila euro annuali lordi per il lavoro svolto per Aspi e 750mila per Atlantia”. Dopo la strage del ponte di Genova, scrivono i magistrati, l’ex ad di Aspi non smette di mettere in atto “manovre avvolgenti”, come il tentativo di strappare “accordi di scambio”. Va letto in questo modo, per i giudici, il contatto con il governatore ligure Giovanni Toti, con cui Castellucci parla “addirittura di un salvataggio di Banca Carige con capitali di Atlantia”, in cambio di una “vestita aspettativa di mancata revoca della concessione”. Nel marzo 2020 spunta anche un tentativo di Castellucci di contattare “il presidente di Cassa Depositi e Prestiti, interessata a subentrare nel capitale di Aspi” e un abboccamento coi vertici di Airfrance. Ai francesi, Castellucci, che tenta di riciclarsi come presidente di Alitalia, si presenta come l’uomo che portò la partnership di Etihad. I legali di Castellucci hanno espresso soddisfazione per la decisione: “Dimostrerà la sua estraneità”.