Non è un ultimatum da fine del mondo, ma una bella grana da risolvere sì. Dopo giorni di proteste e occhiatacce, la mina del Mes deflagra dentro i 5Stelle, con 42 deputati e 16 senatori che sottoscrivono una lettera in cui dicono no alla riforma del fondo salva-Stati. Un muro nero su bianco, mitigato dalla richiesta di assicurazioni che i firmatari pretendono di leggere nella risoluzione di maggioranza, quella che andrà votata mercoledì prossimo quando il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, riferirà in Parlamento sul Consiglio europeo dell’indomani.
Tradotto: i frondisti potrebbero anche votare il testo con il via libera alla riforma, ma alle loro condizioni. In caso contrario, i giallorosa non avrebbero i voti per reggere. Almeno a Palazzo Madama, visto che Forza Italia sarebbe rientrata nei ranghi del centrodestra nel nome del no al Mes. E già questo basta ad agitare ancora il M5S che è una nave nella tempesta congressuale. Ma anche per provocare la reazione del Pd, che in serata fa trapelare: “Non voteremo mai una mozione sulla riforma del Mes dove non ci sia scritto che il fondo va usato per le spese sanitarie”. Così in serata diversi deputati a 5Stelle si sfilano, come Mattia Fantinati e Iolanda Di Stasio (“non l’abbiamo firmata”) o Sabrina De Carlo (“Ho tolto la firma per evitare strumentalizzazioni”). Contraccolpi, da un testo costruito in gran parte dai deputati alfieri del no al Mes: Alvise Maniero, Raphael Raduzzi e Pino Cabras. “Non vogliamo in nessun modo mettere a rischio la maggioranza” scrivono in neretto i grillini, come a salvarsi l’anima. Frase centrale nella missiva inviata al reggente Vito Crimi, ai capigruppo e ai ministri competenti in materia, Luigi Di Maio e Alfonso Bonafede. E tra i firmatari affiorano i senatori Nicola Morra e Barbara Lezzi, probabilissimi candidati alla segreteria, e l’ex ministra Giulia Grillo, fino a parlamentari come il lombardo Cristian Romaniello. Uniti da un testo che invoca il ripristino della logica di pacchetto, ossia l’esigenza di accompagnare alla riforma del Mes l’Unione bancaria europea e il Bicc, strumento di bilancio per finanziare riforme e investimenti nella zona euro. E citano risoluzioni in tal senso fatte sia con la Lega che con il Pd. Poi però c’è il resto. “Le numerose posizioni contrarie alla riforma sui canali ufficiali del M5S” ricordano, per poi citare i punti critici del nuovo Mes: dal “ruolo rafforzato del fondo nella valutazione dell’accesso alle linee di credito”, alla “nuova suddivisione tra paesi ‘virtuosi’ e ‘viziosi’, secondo logiche che diciamo di voler cambiare”. Quindi i firmatari chiedono che “nella risoluzione venga chiesto che la riforma sia subordinata alla chiusura degli altri elementi delle riforme economico-finanziarie europee, in ossequio alla logica di pacchetto, o in subordine, di rinviare gli aspetti più critici della riforma del Mes”.
Se ne discuterà anche domani, in un’assemblea dei parlamentari con Crimi. “Un punto di caduta si può trovare” dicono dai vertici del M5S. Tutto dipende dalla risoluzione. Ieri una riunione sul testo dei capigruppo di commissione con il ministro agli Affari europei Amendola è stata “interlocutoria”. Ma c’è ancora tempo, dicono da entrambi i fronti.