“Il Regno Unito è il primo Paese al mondo ad avere ottenuto l’approvazione per la fornitura di un vaccino” anti-Covid, ha annunciato il ministro della Salute, Matt Hancock. Secondo Hancock, l’Agenzia regolatoria del Farmaco (Mhra) avrebbe battuto sul tempo tre delle più grandi agenzie del farmaco al mondo – Fda Usa, Ema europea e Pmda giapponese – sull’approvazione del primo vaccino anti-Covid, quello di Pfizer/BioNTech. Ottocentomila dei 40 milioni di dosi saranno disponibili già dalla prossima settimana, con priorità a ospiti e lavoratori delle case di riposo, seguiti da ultraottantenni e personale sanitario. Per Hancock le ragioni del primato sono due: “Mhra ha lavorato con Pfizer esaminando i dati man mano che arrivavano,” e questo le ha fatto guadagnare tempo; secondo: “mentre fino allo scorso anno eravamo membri dell’Agenzia europea del Farmaco, oggi grazie a Brexit ci siamo basati sulle scelte del regolatore britannico, un’eccellenza mondiale; gli europei, si stanno muovendo più lentamente”. Dichiarazione coerente con la linea pro Brexit del governo Johnson, ma subito smentita dal direttore generale di Mhra, June Raine, che ha chiarito come il processo di approvazione abbia seguito i requisiti Ue fino a fine 2020.
La verità è un’altra, come il Fatto ha riscontrato. “Mhra ha rilasciato un’autorizzazione temporanea di un certo quantitativo, e per uno specifico gruppo di persone, di un vaccino non ancora approvato per il commercio,” spiega Ema. L’autorizzazione temporanea e l’approvazione al commercio sono due cose molto diverse. Prima di tutto “nel livello delle prove presentate e dei controlli richiesti,” molto più blandi, rispetto alla procedura disposta da Ema. “Quella britannica è un’approvazione all’uso di alcuni lotti, non dell’intero vaccino – spiega Armando Genazzani, rappresentante italiano al Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp) di Ema che valuta i vaccini Covid – Ema non ha questa possibilità, ma ogni Stato membro avrebbe potuto adottare la stessa scorciatoia”, spiega. “Meno male che nessuno lo abbia fatto”. Perché? Fare domanda a Ema per l’approvazione al commercio significa sottoporre tutti i dati delle sperimentazioni, da quelle pre-cliniche a quelle sull’uomo, richiede un mese di tempo e gli occhi di 100 esperti, prima di fornire una prima opinione (prevista per il 29 dicembre) – e non ancora un’autorizzazione. Quella rilasciata nel Regno Unito prevede la sottomissione di una piccola parte di dati, avvenuta solo il 23 novembre e valutati da Mhra in una sola settimana. La procedura non offre la stessa affidabilità.
Ema aveva ricevuto questa estate il dossier sugli esperimenti pre-clicnici e sulla qualità del prodotto. Anche rispetto a questa tranche ci sono problemi irrisolti. “Abbiamo fatto ulteriori domande su qualità, stabilità del prodotto, catena del freddo, dubbi che ancora non sono risolti”, spiega Genazzani. Sui dati clinici arrivati due giorni fa, “a prima vista, non sembrano esserci elementi negativi da balzare sulla sedia, ma una cosa è dire che a prima vista sembra che funzioni, un’altra è avere il controllo di 100 esperti su ogni dettaglio”. Eppure per i media l’approvazione è scontata, quasi che Ema svolgesse un’attività proforma. “Non è così – aggiunge – Oltre ai tre vaccini principali, ne abbiamo altri 15 da valutare. Di sicuro avremo un vaccino, ma non sappiamo ancora quali saranno approvati e quali no”.