Laura Boldrini spiega: “Un direttore di una testata giornalistica sceglie di non pubblicare un intervento per via dei suoi rapporti familiari. Ma è accettabile una cosa del genere? Per me no, non lo è. In tanti anni non mi sono mai trovata in una simile situazione. Sia chiaro che continuerò a impegnarmi perché sia rispettata la dignità delle donne, anche nell’informazione e sul piano del linguaggio, e continuerò a difendere sempre la mia libertà di parola”. Il suo post censurato è stato poi pubblicato dal manifesto. Vediamo adesso, in ordine, gli argomenti usati da Mattia Feltri per giustificare la sua censura. 1) “Confermo quanto scritto oggi dall’onorevole Boldrini su Facebook: ieri ha mandato uno scritto per HuffPost che conteneva un apprezzamento spiacevole su mio padre Vittorio” (Non era affatto un “apprezzamento”. Era la denuncia dell’articolo in cui Vittorio Feltri attribuiva la responsabilità di uno stupro alla vittima. Un apprezzamento è opinabile, attribuire la responsabilità di uno stupro alla vittima no). 2) “Ritengo sia libera di pensare e di scrivere su mio padre quello che vuole, ovunque, persino in Parlamento, luogo pubblico per eccellenza, tranne che sul giornale che dirigo” (Grave errore deontologico: così hai censurato la denuncia di uno che attribuisce la responsabilità di uno stupro alla vittima; e hai reso opinabile la colpevolizzazione della vittima). 3) “L’ho chiamata e le ho chiesto la cortesia di omettere il riferimento” (Non è una “cortesia” omettere la denuncia di chi attribuisce la responsabilità di uno stupro alla vittima). 4) “Al suo rifiuto e alla sua minaccia, qualora il pezzo fosse stato ritirato, di renderne pubbliche le ragioni, a maggior ragione ho deciso di non pubblicarlo” (Il rifiuto di Laura Boldrini è nobile. Ed è sempre opportuno rendere note le ragioni di una censura subita. Parlare di “minaccia” trasforma il censore in vittima: vi ricorda qualcosa?). 5) “Al pari di ogni direttore, ho facoltà di decidere che cosa va sul mio giornale e che cosa no. Se questa facoltà viene chiamata censura, non ha più nessun senso avere giornali e direttori” (La tua libertà di decidere non ti rende immune dal giudizio di merito. Non tutte le decisioni editoriali sono censure, ma la facoltà di decidere viene chiamata censura quando censura). 6) “Oltretutto l’onorevole Boldrini, come altri, su HuffPost cura il suo blog. Quindi è un’ospite. E gli ospiti, in casa d’altri, devono sapere come comportarsi” (Con questo rincalzo, Feltri si dà la zappa sui piedi. Vedremo poi perché. Intanto notiamo che continua a colpevolizzare Laura Boldrini, che denunciava chi aveva attribuito la responsabilità di uno stupro alla vittima). 7) “Ringrazio il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, per avermi condannato senza nemmeno una telefonata per sentire la mia versione, quella di un iscritto” (Verna non lo ha “condannato”, altro vittimismo; ha manifestato solidarietà a Laura Boldrini: “Lascia basiti la notizia della censura (peraltro estranea alla tradizione editoriale del giornale online in questione) denunciata dalla presidente emerita della Camera, Laura Boldrini, da parte del direttore dell’Huffington post, Mattia Feltri, per un riferimento nel pezzo da lei redatto a un’opinione pubblicata da Libero a firma del padre, Vittorio Feltri, già iscritto all’Ordine dei giornalisti, poi dimessosi, i cui contenuti sono già al vaglio dei competenti organismi in quanto permane in ogni caso la responsabilità deontologica del direttore che firma il giornale… Nell’esprimere la totale solidarietà alla presidente Boldrini, ci aspettiamo che la questione trovi accettabili spiegazioni che al momento totalmente ci sfuggono”).
(2. Continua)