Era fatale e infatti sta succedendo. La riforma del Meccanismo europeo di stabilità sta mettendo in difficoltà i partiti che in questa fase hanno più problemi di posizionamento: M5S e Forza Italia. Tatticamente però – anche data la natura non proprio ideologica dell’eletto medio berlusconiano – il cerino è rimasto in mano ai grillini, che rischiano di perdere per strada altri pezzi in vista della risoluzione di maggioranza che dovrà avallare la scelta del governo di approvare il nuovo Trattato. Eventualità esplosiva, specie a Palazzo Madama, dove i giallorosa hanno una maggioranza “politica” risicata: ieri, per dire, un senatore grillino ha già detto chiaro e tondo che voterà no e altri due hanno espresso critiche talmente pesanti da essere poco compatibili con un voto a favore.
Breve riassunto. Lunedì all’Eurogruppo il ministro Roberto Gualtieri ha dato il via libera alla riforma dell’ex fondo salva-Stati, il Mes già tristemente noto in Grecia (non si parla qui di accedere o meno alla cosiddetta “linea pandemica”). Sono molti i partiti politici e gli osservatori che hanno sottolineato, con maggiore o minore passionalità, i difetti e i rischi del dare maggiori compiti e poteri a uno screditato ente intergovernativo: i Paesi del Nord, però, lo pretendono e il governo alla fine ha detto sì.
Al di là del merito tecnico, comunque non secondario, in Italia la riforma del Mes è anche una bomba politica su cui potrebbe esplodere l’esecutivo. Il Parlamento dovrà esprimersi una prima volta il 9 dicembre, quando Giuseppe Conte andrà a parlare del Consiglio europeo di dicembre, e probabilmente una seconda volta il mese successivo: la firma dei capi di Stato e di governo dell’Ue sul nuovo Trattato è infatti prevista il 27 gennaio. Se tutto andrà come sembra, Camera e Senato dovranno poi ratificare l’accordo. Quali sono le posizioni dei partiti? Pd, renziani, centristi vari e Forza Italia sono sempre stati a favore; M5S, Lega e Fdi contrari. Com’è spesso capitato sui temi europei, però, le contingenze di politica interna stanno facendo slittare i partiti come macchine impazzite.
In questo senso, ieri Matteo Salvini ha ottenuto una discreta vittoria. Gli è bastato minacciare Forza Italia: “Chiunque in Parlamento approverà questo oltraggio all’Italia si prende una grande responsabilità (…) Se lo fa qualche membro dell’opposizione, finisce di essere compagno di strada della Lega”. Silvio Berlusconi ha scelto di tenersi stretti gli alleati: “Il 9 dicembre – ha scritto – non sosterremo in Parlamento la riforma del Mes perché non riteniamo che quella modifica sia soddisfacente per l’Italia”. La cosa, ovviamente, non è piaciuta agli eletti del suo partito, quasi tutti pasdaran del Mes a ogni costo. Nonostante l’incazzatura, defezioni in Parlamento non sono attese grazie alla bizzarra formula azzurra “no alla riforma del Mes, sì ai 37 miliardi del Mes pandemico” che a sera veniva magnificata a dichiarazioni unificate, alcune con toni lirici (“Berlusconi è il faro del centrodestra”).
Curiosamente è, rovesciata, la formula scelta dai 5 Stelle: “La riforma del Mes è peggiorativa e finché ci sarà il M5S al governo non si userà”, però il Movimento voterà sì e “non si dividerà in aula”, anche se “probabilmente ci sarà qualcuno che farà le sue scelte (…) e voterà in dissenso, questo è già accaduto” (Vito Crimi). Il problema è che la rivolta grillina è più estesa di quella di Forza Italia e, come detto, in Senato assai pericolosa per il governo.
Dice il senatore Mattia Crucioli: “Crimi si è forse consultato con i gruppi? Ha sentito la base? Si è forse votato su Rousseau? Non mi risulta (…) Certamente, se alla fine la risoluzione della maggioranza dovesse essere a favore non la voterò”. Probabilmente non sarà il solo. Se la riforma peggiora il Mes come dice Di Maio, ha scritto su Facebook l’ex ministra Barbara Lezzi, allora “non possiamo permettere il peggioramento di uno strumento che potrebbe finire, in futuro, nelle mani di un governo in cui potrebbe anche non esserci il M5S”. Un altro senatore, Elio Lannutti, da sempre contrario alla riforma del Mes, ieri su Twitter l’ha definita “un ulteriore crimine dopo tragedia greca”.
Se tre senatori – come le otto ore delle mondine – vi sembran pochi, basti dire che la maggioranza politica a Palazzo Madama (al netto dei senatori a vita e di aiutini sempre possibili) è di 165 voti, cioè di soli 5 senatori. Approvare una riforma così importante senza numeri non sarà senza effetti politici.