Per raccontare Roberto Calasso, 79 anni, cuore e anima di Adelphi, bisogna ricorrere alla figura mitologico-millenaria del serpente: quello che destò nell’uomo brama di conoscenza, ma più in particolare dell’Uroboro di matrice nietzschiana che si morde la coda e rappresenta l’energia universale che si consuma e rinnova di continuo, la natura ciclica delle cose, l’eterno ritorno, l’unità, la totalità del tutto.
In primis perché per Calasso essere da mezzo secolo sia editore sia scrittore è un’attività continua, senza separazione, “io non smetto mai di essere editore e scrittore, lo sono anche quando dormo” disse a Riotta nel 2016. Poi perché il marchio Adelphi è il pittogramma cinese della luna nuova, che compare sui bronzi della dinastia Shang dal 1000 a.C. e significa, guarda caso, morte e rinascita. Ancora perché Calasso se ne serve per spiegare la propria impresa editoriale: “Che cos’è una casa editrice se non un lungo serpente di pagine? Ciascun segmento di quel serpente è un libro. Ma se si considerasse quella serie di segmenti come un unico libro? Un libro che comprende in sé molti generi, stili, epoche, ma dove si continua a procedere con naturalezza, aspettando sempre un nuovo capitolo, che ogni volta è di un altro autore”. Da ultimo perché il rettile compare in ogni sua opera, come una costante, “emissario del continuo”.
Fiorentino, il padre fu storico del diritto e giurista, il nonno materno, Ernesto Codignola, fondò La nuova Italia editrice nel ’26, cominciò l’avventura adelphiana “il giorno in cui feci 21 anni, nel ’62, a Bracciano, nella villa dello psicoanalista Bernhard. L’intellettuale Bobi Bazlen ne era ospite. Lo avevo già conosciuto a Roma perché era cugino del pittore Settala, amico di famiglia e mi disse che, con Luciano Foà e Roberto Olivetti, stavano dando vita a un progetto che ci avrebbe permesso di pubblicare i libri che ci piacevano davvero. Mi mise tra le mani un mucchio di bozze…”. Il “la” lo diede l’edizione critica delle opere complete di Nietzsche, per Calasso “il pensatore decisivo dell’età moderna”, in un momento in cui faceva ancora paura, specie in Germania. Einaudi ci meditava da anni ma Cantimori non se la sentiva di tradurlo. Ci pensarono allora Colli e Montinari, spinti da Bazlen, facendo uno straordinario lavoro tanto che quelle 3.000 pagine sono poi state la base delle edizioni uscite nel resto del mondo. Poi la letteratura mitteleuropea, che Calasso definiva nel ’78, ormai direttore editoriale, “ancora sommersa, ma d’importanza essenziale per la cultura moderna”, funse da faro guida e immenso pozzo da cui pescare autori di spessore, all’epoca poco conosciuti e oggi assurti a classici, come Kraus, Musil, Wittgenstein, Schnitzler, Canetti, Singer, Márai, in un continuo oscillare tra scienza e letteratura, psicoanalisi, arte e filosofia.
La sua attività di autore si splitta invece in due: da una parte opere brevi in cui discetta del suo oggetto preferito, i libri, come ne L’impronta dell’editore, Cento lettere a uno sconosciuto, a inanellare 100 tra gli oltre 1.000 risvolti di copertina che ha scritto o Come ordinare una biblioteca e dall’altra la titanica opera in corso, che conta oggi 11 volumi, in cui mira a riscrivere enciclopedicamente la storia della civiltà umana, spaziando da Talleyrand ai miti dell’antica Grecia, da Kafka a Tiepolo, dalla Parigi degli Impressionisti alla storia di dèi, animali e uomini dal Paleolitico, dai miti indiani vedici ai nostri giorni, da lui definiti l’innominabile attuale, un mondo inconsistente e sfuggente che ha smarrito il senso del divino, del sacro e ignora il proprio passato.
Inaugurata nell’83 con La rovina di Kasch, proseguita con, forse tra i più amati, Le nozze di Cadmo e Armonia, questo work in progress ha come recente tappa La tavoletta dei destini in cui Utnapishtim, il Noè della cultura babilonese, incontra Sinbad, il leggendario marinaio di origine persiana che ai tempi del Califfato viveva fantastiche avventure in Africa orientale e Asia meridionale. Si incontrano, dialogano, sull’isola di Dilmun dove Utnapishtim vive da migliaia di anni, immortale per volere degli Dei. Un tassello in più della nostra storia universale. D’altronde per Calasso, mostro di erudizione e narratore raffinato, “le storie non vivono mai solitarie: sono rami di una famiglia, che occorre risalire all’indietro e in avanti”.