Dario Franceschini chiama la “Lega moderata”. Lo fa in un’intervista a Repubblica in cui si pone l’altisonante obiettivo di “cambiare il sistema politico”. Un programma tanto vasto, quanto vago. Che però in realtà si traduce – almeno – in un primo step da raggiungere: il cambiamento della legge elettorale. Franceschini punta – come praticamente tutto il Pd – ad arrivare a un sistema proporzionale. Quello che Fratelli d’Italia non vuole e ufficialmente neanche Matteo Salvini.
Ma ora Franceschini è convinto che al leader del Carroccio, viceversa, converrebbe. Per staccarsi da Giorgia Meloni, per collocare la Lega nell’ambito europeista. E dunque, ha iniziato a parlarci. Anche pubblicamente. Così come parla con Giancarlo Giorgetti.
Gli abboccamenti dei dem con i leghisti a livello parlamentare sul tema sono continui, per quanto ancora informali. Ci parlano in molti, gli “esperti” di sistemi elettorali, prima di tutto, come Stefano Ceccanti e Dario Parrini. Ma anche parlamentari con compiti di coordinamento, come Alessandro Alfieri, vicinissimo a Lorenzo Guerini. Le posizioni registrate sono molteplici, da chi è per mantenere il Rosatellum, a chi vuole il proporzionale e chi invece vuole una legge con base proporzionale, ma con premio di maggioranza alle coalizioni. Il dialogo è interrotto, in attesa che Salvini prenda una posizione e si metta a lavorare sul dossier.
La dinamica assomiglia a quella dell’elezione del capo dello Stato: tutti cercano di capire che vuol fare il “Capitano” e nello stesso tempo di influenzarlo. Nessuno sa davvero come intende muoversi e per arrivare dove.
Ma chi tra i dem sul proporzionale ci sta lavorando davvero – magari sotto traccia – cerca di tenere basso l’argomento. Perché un dato è certo: fino alle Amministrative è complicato affrontare il tema. Perché si vota con il maggioritario. E il centrodestra – per quanto ammaccato, diviso, con i leader in lotta tra loro – dovrà presentarsi insieme.
Lo stesso Franceschini, che di questo è consapevole, intravede la possibilità di arrivare a un traguardo poco prima della fine della legislatura. Intanto, per inciso, la coalizione giallorossa, che pure s’era inventato lui, sembra ora ai margini anche del suo ragionamento.
Se il ministro cerca di “avvicinare” Salvini, ieri Enrico Letta ha incontrato Mario Draghi. Un’ora: il sostegno all’azione di governo e temi legati alla crisi Ucraina e al rincaro dei prezzi dell’energia. Per la prima volta dopo l’elezione del presidente della Repubblica, un incontro tra i due è stato reso noto ufficialmente. Il Colle è entrato nella conversazione. D’altra parte, Letta è stato l’unico che ha sostenuto la candidatura dell’ex Bce. E ieri a Draghi ha chiarito che il Pd è e resta dalla sua parte. “Più ci sono fibrillazioni maggiore sarà il nostro impegno nel sostegno all’azione dell’esecutivo. È il momento della serietà, basta ambiguità”, gli avrebbe detto. Strategia opposta a quella della Lega. Al Nazareno sono convinti che questo paghi anche nei sondaggi.