Domenica sera, all’ora di cena, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, accompagnato dal direttore del Mossad, Yossi Cohen, si è imbarcato su un jet privato – codice 7T-CPX – per il volo più improbabile di tutta la sua lunga carriera politica: l’Arabia Saudita. Quaranta minuti di viaggio per atterrare fra le dune all’aeroporto della città “tecnologica” di Neom – lungo il confine saudita con Egitto e Giordania – dove ha incontrato per un paio d’ore il principe Mohammed Bin Salman, l’erede designato al trono saudita. Con loro anche il segretario di Stato Mike Pompeo atterrato solo un quarto d’ora prima di Netanyahu proveniente da Abu Dhabi, un’altra tappa del suo tour mediorientale che aveva toccato anche a Gerusalemme nei giorni scorsi.
I colloqui certamente erano stati meticolosamente pianificati, non si sono conclusi però con un patto per normalizzare le relazioni tra Israele e Arabia Saudita, sebbene un tale accordo potrebbe ancora concretizzarsi in futuro. Le notizie sullo strano viaggio del premier sono trapelate grazie a uno sito israeliano di skyscanner che ha seguito lo strano volo di quel jet – già usato dal premier in passato – decollato dal Ben Gurion di Tel Aviv e atterrato 40 minuti dopo in Arabia Saudita. La rivelazione dell’incontro sembra essere un messaggio inviato da Israele e Arabia Saudita all’Iran, al resto del Medio Oriente e al presidente Usa eletto Joe Biden. L’incontro indica che anche se la nuova Amministrazione Usa invertirà le politiche intransigenti di Donald Trump sull’Iran, Israele e Arabia Saudita sono pronti a reagire alla minaccia rappresentata dalla Repubblica islamica. Biden ha pubblicamente sostenuto il ritorno all’accordo nucleare del 2015 che imponeva limiti alle ambizioni atomiche dell’Iran e dal quale invece Trump si è ritirato nel 2018, con il plauso di Netanyahu.
Nel suo blitz in Arabia Saudita Netanyahu era accompagnato dal direttore del Mossad Yossi Cohen, ma ha lasciato all’oscuro i suoi alleati di governo, il ministro della Difesa e premier “sostituto” Benny Gantz e il ministro degli Esteri, Gabi Askenazi. Nel governo tira una brutta aria fra il Likud di Netanyahu i suoi partner di coalizione del partito Blue & White (Blu e Bianco). Gantz, leader di Blue & White, ha aperto le ostilità annunciando la formazione di una commissione d’inchiesta su una vicenda di tangenti per l’acquisto di sottomarini della società tedesca ThyssenKrupp, nella quale sono coinvolte persone vicine al premier. Per Netanyahu, che ha parlato ieri di iniziativa “vergognosa”, è l’ennesima tegola giudiziaria che si abbatte sulla sua testa.
Certamente Bibi sperava in un risultato più clamoroso da una visita così inconsueta, magari che l’Arabia Saudita firmasse come i suoi alleati Bahrein e Emirati Arabi Uniti gli accordi di normalizzazione con Israele. A Ryad il clima è però diverso. Secondo quanto riferito dai sauditi, il principe ereditario Mohammed bin Salman – che farebbe qualunque cosa per lavare la sua immagine di mandante dell’assassinio dell’oppositore Jamal Kashoggi a Istanbul – ha espresso il suo sostegno nello stabilire relazioni con Israele, ma suo padre, l’anziano e malato re Salman, è contrario a tale mossa. Il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan Al-Saud, che probabilmente era presente durante l’incontro di Netanyahu con bin Salman, ha detto che il regno sostiene la piena normalizzazione con Israele, ma ha ribadito la posizione di lunga data di Ryad, secondo cui un tale accordo potrà venire solo dopo la creazione di uno Stato palestinese.