Questo platano, coi suoi rami robusti, non è meno ombroso di quello contro cui svuotò la sua vescica Socrate, nel Fedro di Platone; platano che, secondo gli agiografi, diventò immenso proprio grazie a quel rigagnolo maieutico: lasciamo dunque che gli antichi comici greci e latini continuino a pisciarci addosso il loro sapere, in modo che la nostra arte diventi altrettanto maestosa. Regole e teorie, comunque, non servono a niente, se manca la predisposizione naturale. La comicità è un destino: “Comici si nasce” (Danny Simon).
LA FORZA DEGLI ARGOMENTI
L’argomento incompatibile. Un tale vende del miele. Un cliente si avvicina e lo assaggia: “È il miele più buono che abbia mai mangiato in vita mia!” E il tale: “Infatti non lo venderei, se non ci fosse caduto dentro un topo.” (Ierocle, V sec. a. C.)
La prodezza argomentativa. Un tizio su un asino passa accanto a un orto. Vede un albero pieno di fichi. Allora si alza in piedi sulla groppa della bestia e si allunga verso un ramo per coglierli, ma l’asino gli sguscia via da sotto e lui resta appeso. Dopo un po’ arriva il padrone dell’orto: “Cosa ci fai lì attaccato?” E quello: “Sono caduto dall’asino.” (Ierocle)
SIRO: Ho tanta di quella astuzia che dicendo la verità riuscirò a fregarli entrambi. (Heaut., 710)
PSEUDOLO: Se il tuo silenzio parlasse, padrone, e mi dicesse quale miseria ti macera così miseramente, io sarei lieto di risparmiare il fastidio a due persone: a me di chiedere, a te di rispondere. (Pseu., 3-6)
La giustificazione economica. Paola vuole sposarmi, ma io no, perché è vecchia. La sposerei volentieri, se fosse più vecchia. (Epigr., X, 8)
La giustificazione bislacca. METONE: Voglio misurare l’aria per dividerla in lotti. (Orn., 995-96)
Ritroviamo questa bizzarria nel film Un ettaro di cielo (1957, sceneggiatura di Aglauco Casadio, Tonino Guerra, Elio Petri & Ennio Flaiano), dove un giovane ciarlatano da fiera di paese (Mastroianni) convince un gruppo di vecchietti ingenui che a Roma vendono a lotti appezzamenti di cielo, e quelli gli danno i loro risparmi perché gliene acquisti uno ciascuno.
L’oscenità. SERVO: Di’, devo darle da mangiare, a questa? TRIGEO: Cosa credi, che si adatti a mangiare croste di pane, abituata com’è a ciucciare ambrosia tra gli dèi? SERVO: Le daremo da ciucciare anche noi. (Eir., 851-55)
CORO: Un Oreste ubriaco, furioso, gli spacchi la testa; e lui, volendo tirargli un sasso, nel buio prenda in mano un pezzo di merda appena cacato, scagli questo proiettile luccicante, ma sbagli bersaglio e colpisca Cratino. (Ak., 1169-72)
LIBANO: Cazzo! (Asin., 600)
TEBANO: E voi, flautisti, che mi scocciate da Tebe: andate a soffiare con i vostri cannelli nel culo di un cane! (Ak., 862-63)
La sentenza. Lo stile è reso efficace dall’uso di sentenze:
LEONIDA: Vabbè, se vuoi regalare qualcosa, devi solo prestarla a un amico. (Asin., 446)
GORGIA: Contro la violenza ha la legge che lo difende; contro la persuasione, il suo carattere. (Dys., 253-54)
MISIDE: Noi? Come si dice, stiamo come si può, dato che non si può come si vuole. (Andr., 804-05)
SOSIA: La cortesia ti fa gli amici, la sincerità i nemici. (Andr., 68)
MENEDEMO: Cremete, i tuoi affari ti lasciano così tanto tempo libero da poterti impicciarti nei fatti altrui e in ciò che non ti riguarda?
CREMETE: Sono un uomo: nulla di ciò che è umano ritengo mi sia estraneo. (Heaut., 75-77)
PARMENONE: Se uno ama chi non l’ama, fa due stupidaggini in una volta: spreca la sua fatica, e dà fastidio agli altri. (Hec., 343-44)
L’ORDINE DEGLI ARGOMENTI
La concessione che aumenta la dismisura. Un avvocaticchio è rauco a furia di parlare. Granio gli consiglia di bere vino mielato freddo. L’avvocaticchio protesta che così perderà la voce. E Granio: “Meglio quella che il cliente!” (Quintiliano)
CLITIFONE: O Siro, anche questa doveva capitarmi, il pericolo di essere alla fame! SIRO: Fin che c’è vita c’è speranza.
CLITIFONE: Che speranza?
SIRO: Di non aver troppa fame. (Heaut., 980-81)
A Curio che mentiva sull’età, Cicerone disse: “Per Ercole! Declamavamo insieme e tu non eri ancora nato!”
La confutazione anticipata (excusatio non petita). Un tale, che si trova all’estero, scrive a un amico di comprargli dei libri. Questi se ne dimentica, ma un giorno lo incontra, e allora subito gli dice: “Non ho ricevuto quella tua lettera sui libri.” (Ierocle)
Un legato chiede a Fulvio Propinquo se il documento da lui esibito è autografo. Fulvio Propinquo: “Sì, ed è anche autentico!” (Quintiliano)
EUCLIONE: E la dote? Io non ho nulla da darle. Te lo dico perché tu non creda che ho trovato dei tesori. (Aul., 238-240)
L’anti-climax. DISCEPOLO: Ieri notte, Socrate stava studiando i corsi e i ricorsi della luna. E mentre guardava in su a bocca aperta, un geco dal tetto ci ha cacato dentro. (Ne., 171-73)
PAFLAGONE: Perdio, con l’abilità che mi ritrovo, lo allargo e lo restringo come voglio, il Popolo.
SALSICCIAIO: Questo lo sa fare anche il mio culo. (Ipp., 719-721)
DISCEPOLO: D’accordo, ma queste sono rivelazioni da Misteri: bada di tenerle segrete. Dunque, proprio oggi Socrate voleva sapere da Cherefonte quanto è lungo il salto di una pulce in rapporto alle zampette. (Ne., 143-47)
PRIMO SERVO: “Come faccio, ad arrivare direttamente da Zeus?” chiedeva. È tornato con uno scarabeo enorme. (Eir., 68, 73)
LISISTRATA: Amiche, vogliamo obbligare gli uomini a fare la pace? Allora, dovremo rinunciare al cazzo! (Ly., 120-121, 124)
(31. Continua)