“Ma quali ospedali pieni! Ho filmato una sala, era vuota!”

A Camilla Assi, 50 anni, casalinga di Cernusco sul Naviglio, qualcosa non tornava. Amici, parenti e la sua rete social raccontavano un mondo completamente diverso – ospedali vuoti, un virus non così letale – rispetto a quello che “veniva raccontato da Massimo Galli del Sacco in tv”. Così il 28 ottobre ha deciso di prendere la macchina e andare a vedere quale delle due versioni fosse vera e postare tutto sui social, mostrando che il pronto soccorso del Sacco “era vuoto”. Il suo video è diventato virale ma secondo molti debunker (chi smonta le notizie false sul web) era una bufala perché quello ripreso non era il pronto soccorso, ma la sala d’attesa dei parenti che, per norme anti-Covid, non possono visitare i pazienti.

Signora Assi, cosa ha visto?

Sui giornali e tv si continuava a dire che i pronto soccorso erano pieni terrorizzando le persone. Allora con un’amica siamo andate al Sacco di Milano: la cosa che ci ha sconvolto è che siamo entrate al pronto soccorso senza controlli e c’erano 6 persone, di cui due operatori che fumavano una sigaretta e mangiavano le patatine. Di ambulanze non se ne vedevano.

Ma era la sala d’attesa dei parenti.

Falso, ho le prove con i video. Ho anche altri video come il padiglione per farsi il tampone: vuoto anche quello.

Quindi i pronto soccorso sono vuoti?

Questo non lo so e non posso verificarlo, ma dopo il mio video sui social i cittadini hanno iniziato a pubblicarne centinaia uguali. Io guardo solo i bollettini ufficiali degli ospedali e il livello di intasamento non è alto.

Al Sacco è sempre rosso.

Forse quello sì, ma altri no.

E i reparti e le terapie intensive?

Questo non posso verificarlo, della tv non mi fido.

Cos’è il Covid per lei?

È un virus depotenziato rispetto a maggio, pericoloso per alcuni soggetti come un’influenza e nella maggior parte delle persone non produce sintomi. Oggi poi ci sono le cure e si deve smettere di fare terrorismo perché la gente è spaventata. La persona anziana che seguivo è morta così: ha avuto un dolore al petto, ma siccome aveva paura di andare in ospedale me lo ha detto solo il giorno dopo. Morto d’infarto. Il terrorismo mediatico uccide le persone.

C’è l’emergenza?

No, assolutamente. C’è questo virus come ce ne sono centomila. Lampante è il caso dell’annegato in Basilicata conteggiato come decesso da Covid perché al tampone post-morte risultava positivo.

Non è così, lo dice l’Istituto Superiore di Sanità.

Io seguo solo medici con la schiena dritta: si sta distruggendo l’economia di una nazione e la serenità della gente.

Lei si vaccinerà?

Assolutamente no, e se mi obbligano piuttosto mi chiudo in casa.

Ma serve per difendere i più fragili…

Ma via, nemmeno Crisanti si vaccinerebbe. Io mi fido del mio sistema immunitario, ho dei medici che mi sconsigliano di farmi il vaccino antinfluenzale. È risaputo che i vaccini siano pieni di additivi e schifezze.

Chi ha votato alle ultime elezioni?

M5S. E avevo fiducia in Conte, ma adesso li detesto, sono dei traditori. I politici sono eterodiretti: comandano Soros, Bill Gates, l’Oms, la Cina e le lobby del farmaco.

La seconda pandemia: il boom negazionista

Lorenza, ingegnere elettronico, il 12 novembre ne era sicura: “Sapete cosa sono i quantum dots? No? Sono granelli microscopici di silicio che possono essere iniettati nel vostro sangue con i vaccini. Ebbene, questi granelli di silicio sono costituiti ognuno da centinaia di miliardi di atomi e sono… programmabili. Noi diventeremo così programmabili, però con un software che saranno altri a gestire. L’incubo va al di là di ogni immaginazione”.

Lorenza vuole convincere molti altri suoi “amici” su Facebook. Click, pubblica il commento sul suo gruppo preferito: “Vaccini puliti, rimozione dal commercio dei prodotti vaccinali contaminati”. Il post raggiunge quasi mille condivisioni e molti commenti: “Siamo già delle cavie” si dispera Annie, mentre la sentenza è di Angela: “La fiction pandemica serve a indurre il cittadino a farsi iniettare volontariamente questo veleno”. Questo post è stato quello che ha ricevuto il maggior numero di interazioni in tema “vaccino” degli ultimi 30 giorni nella galassia dei gruppi negazionisti e complottisti che dall’inizio della pandemia invadono la Rete. È da questo mondo che vengono i fautori delle teorie cospirazioniste sul Covid che vanno a riprendere gli ospedali, secondo loro vuoti, o che vanno “a caccia di ambulanze” per le strade accusandole di “creare terrorismo”. Quelle immagini riprese col cellulare poi vengono postate sui social, viste e ricondivise da migliaia di persone in un’unica grande bolla negazionista.

Il sistema è semplice: quello dei negazionisti è “un vero network”, spiega il professor Fabio Giglietto dell’Università di Urbino, che può contare su circa 100 gruppi Facebook con obiettivi autonomi – dagli antieuro agli oppositori della “dittatura sanitaria”, agli oltranzisti cattolici – ma “in Rete” tra loro perché molti partecipanti sono iscritti contemporaneamente a diversi gruppi. E la diffusione dei contenuti complottisti si basa su un sistema quasi rudimentale: “Se ti è piaciuto questo post, copia e condividi” è la frase più ricorrente. Il principio è chiaro: diffondere, diffondere, diffondere. E così la disinformazione dilaga.

“Per amplificare il più possibile i propri messaggi – spiega il professor Giglietto – gli utenti sincronizzano i contenuti su più pagine: è una forma di automatismo”. Tecnicamente il fenomeno si chiama coordinated link sharing behaviour (comportamento coordinato di condivisione di link) e funziona così: “Gli utenti condividono un post o un link su più gruppi che hanno obiettivi autonomi – continua Giglietto – ma così facendo raggiungono più persone e riescono a marciare insieme: sono network di persone che fanno riferimento a valori diversi che si coalizzano per condividere i contenuti negazionisti”.

I risultati della ricerca del professor Giglietto con i colleghi Nicola Righetti (Urbino) e Giada Massari (Sassari), che usano un metodo di ricerca basato sull’individuazione delle “url” (le stringhe di Internet), sono impressionanti. Dall’inizio della pandemia a oggi i contenuti negazionisti hanno avuto un boom: da 1 milione e mezzo di interazioni al mese nel periodo pre-pandemia, siamo passati a oltre sette. Più del quadruplo. Tutto questo mentre nei gruppi “non complottisti” (più numerosi), le interazioni passano da 19 milioni a 34 milioni, raddoppiando. Al confronto, quindi, i primi sono cresciuti molto di più. Non solo: secondo gli studiosi, l’esplosione dei negazionisti Covid non riguarda solo i contenuti ma anche la platea di coloro che credono alle teorie complottiste. Rispetto al periodo pre-pandemia, questi gruppi hanno visto sestuplicare i propri iscritti: la piattaforma “Sostenitori di ByoBlu (gruppo non ufficiale)” è passata da 3.000 a 21.000 iscritti e quella dell’ex senatrice no-vax del M5S Sara Cunial da 10.000 a 108.000.

Salviniani, euroscettici e “ByoBlu”

Tra i gruppi negazionisti più attivi ci sono quelli che fanno riferimento all’estrema destra. C’è “Basta Europa-Basta euro, salviamo l’Italia!” (6 mila iscritti) dove vengono condivisi post euroscettici e video dell’ex senatore M5S Gianluigi Paragone o di Matteo Salvini contro le restrizioni. E così molti altri come “Sostenitori ByoBlu” (21 mila iscritti), “Fan di Vox Italia-Diego Fusaro” (9 mila) fino a gruppi che fanno direttamente riferimento al leader della Lega come “Matteo Salvini per tutti gli italiani” con ben 35 mila affezionati: “In queste pagine ricorrono molto i nomi di Salvini e Meloni – racconta Giglietto –. Sono gruppi non ufficiali e quindi non si potrà mai imputare loro di essere i registi, ma le pagine sono ispirate liberamente a questi personaggi che nei mesi scorsi hanno dimostrato, dall’uso delle mascherine alle dichiarazioni anti-lockdown, di diffondere messaggi negazionisti”. Insomma, l’accusa è quella di lisciare il pelo a un certo elettorato: “Se c’è una comunità di super attivisti online, averli dalla tua parte fa comodo – continua Giglietto – portano traffico e voti, c’è un flirt evidente tra alcuni gruppi e queste posizioni. Se per giorni dici, come ha fatto Salvini, che non ti metti la mascherina, strizzi l’occhio”.

Gli Esorcisti e quelli che ”Io amo la vergine”

Le altre due grandi famiglie di gruppi e pagine negazioniste sono quelle ultracattoliche come “L’ultimo esorcista” (22 mila seguaci) o “Io amo la Vergine Maria” (77 mila) che hanno rilanciato con forza le parole del direttore di Radio Maria, Padre Livio Fanzaga (“Il coronavirus è un progetto criminale delle élite mondiali per instaurare una dittatura sanitaria e ridurci come zombie”) e quelle no vax. Le prime uniscono la messa, le preghiere e le rappresentazioni di Cristo alle teorie che negano la virulenza del Covid postando link in cui l’unica “guarigione” ammessa è quella nel nome di Gesù. Poi ci sono i gruppi dichiaratamente antivaccinisti come “Vaccini puliti” o “R2020, Gruppo Sostenitori” o contro la “dittatura sanitaria” come “L’Eretico” tornati molto attivi dopo gli annunci dei vaccini anti-Covid già da inizio anno: rilanciano post e fotomontaggi parlando di “falsa pandemia”, di microchip stampati sulla nuca delle persone (“ci vogliono segnalare tutti”) e di accuse alle case farmaceutiche “che ci guadagnano”. Solo queste tre pagine contano oltre 50 mila seguaci

“I vaccini saranno sicuri. Ora evitiamo la 3ª ondata”

“Stabilmente faticosa”: così il professor Massimo Antonelli – direttore della terapia intensiva del “Gemelli” di Roma e membro del Comitato tecnico scientifico di supporto al governo Conte per l’emergenza coronavirus – descrive la situazione del suo reparto: “Ho novanta pazienti in Rianimazione, di cui 69 ricoverati per Covid”.

E il “Gemelli” è un’eccellenza a livello nazionale, c’è chi sta messo peggio…

Senz’altro, noi non siamo in sofferenza, ma l’impegno è notevole in termini di risorse umane tra infermieri e medici.

Come sono le condizioni in cui vi arrivano oggi i pazienti? L’età è cambiata?

I malati che arrivano in terapia intensiva non sono diversi da quelli di marzo e aprile, però ora grazie al tracciamento arrivano precocemente in ospedale e la risposta della cura è più efficace anche nei casi più gravi. La fascia di età, se prima era tra i 60 e i 90, ora è scesa verso i 50 e i 75 anni direi. Gli ultra-ottantenni ci sono anche adesso, però si proteggono e sono protetti maggiormente.

Ascoltiamo dibattiti lunari su cenoni di Natale e veglioni di capodanno…

Spero non si ripeta quanto successo la scorsa estate, quando per altro persistevano forti raccomandazioni a comportamenti corretti: lavaggio delle mani, distanziamento e niente assembramenti soprattutto. È chiaro che non si potranno fare cenoni di venti persone con zii e cugini e che non sarà il caso di festeggiare l’anno nuovo in piazza passandosi lo stesso bicchiere come in tempi normali. Il veglione è impossibile, è proprio assurdo parlarne. Questo in ogni caso.

Invece “tregue natalizie”, parziali riaperture, saranno possi bili da qui a un mese?

Difficile poter dire ora quanto sarà possibile riaprire sotto Natale, lo diranno i numeri: in ogni caso parliamo di un possibile leggero allentamento, non è ipotizzabile una riapertura completa di certo.

Anche perché la terza ondata sarà in agguato?

Bisognerà consolidare i comportamenti rigorosi assunti fino a qui, non violare le regole e utilizzare intelligenza e buon senso.

La pademia in Italia attualmente a che punto della seconda ondata si trova?

La situazione comporta ancora grandissima attenzione, come scritto sul rapporto-monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità ieri. Sono ancora troppe, quasi tutto il territorio nazionale, le regioni a rischio alto di trasmissione del coronavirus. Allo stesso tempo iniziamo a essere più fiduciosi perché la curva dei contagi sembra aver iniziato una discesa incoraggiante, dopo un rallentamento in atto da un po’. Qualche effetto i Dpcm che si sono susseguiti a partire da fine ottobre lo stanno producendo e siamo in attesa di capire quali risultati avranno le misure più stringenti prese recentemente.

In queste ore impazza anche una polemica sulla sicurezza degli annunciati vaccini che dovrebbero arrivare a partire da inizio 2021. Lei cosa ne pensa, saranno sicuri?

Sono d’accordo col professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità, quando afferma che i vaccini sono affidabili e saranno sottoposti a test ineludibili e che alcuni colleghi hanno fatto dichiarazioni sconcertanti. La filiera di sperimentazione è stata molto accorta e puntuale e la garanzia di sicurezza è necessaria per le stesse case farmaceutiche che di certo non si vorranno esporre a un precipizio enorme come quello rappresentato dall’insicurezza del vaccino.

5 milioni di controlli: Lombardia e Marche con il record di multe

C’è a chi una bevuta a casa di amici è costata 400 euro. O anche chi è stato multato per aver partecipato ai festeggiamenti del santo del paese, nonostante si trovasse in zona rossa, o per non aver resistito alla tentazione di fare una passeggiata sul lungomare di Napoli. E poi c’è chi si ostina a non voler indossare la mascherina. Dal 1° settembre al 18 novembre, su tutto il territorio nazionale, sono state oltre 27 mila le contravvenzioni inflitte per il mancato rispetto delle misure di contenimento e quasi mille le persone denunciate per aver violato la quarantena. Con la decisione del governo di dividere il Paese in zone, gli italiani si ritrovano di nuovo a dover fare i conti con i divieti imposti per il contenimento della pandemia. Certo, stavolta rispetto a marzo, ci troviamo di fronte a un lockdown molto più leggero: parecchi negozi continuano a rimanere aperti, anche le scuole, con divieti variano in base alle Regioni. E infatti i numeri dei controlli e delle sanzioni sono molto lontani da quelli di marzo e aprile, quando la chiusura era generalizzata. In questo nuovo scenario, il primato per numero di sanzioni se lo aggiudica la Lombardia, seguita dalla Campania (si tratta di regioni “rosse”, con divieti più stringenti di altre, da qui i provvedimenti). E poi ci sono le “arancioni” Puglia e Sicilia.

Due mesi e mezzo di nuova vigilanza. Il problema: mascherine e distanziamento

Dal 1° settembre al 18 novembre sono state controllate 5.016.423 di persone. Meno della metà dei controlli che c’erano stati durante il precedente lockdown: dall’8 marzo al 18 maggio i controlli furono più di 11 milioni, con oltre 314 mila denunce. Negli ultimi due mesi e mezzo, invece, le persone denunciate sono state 27.220. E per motivi diversi dai mesi precedenti, quando la maggior parte delle sanzioni venivano inflitte magari a coloro che andavano in giro senza alcun “comprovato motivo”. Ora le ammende vengono comminate per lo più per il distanziamento non rispettato e per la mancanza di protezioni. Tanti infatti sono i casi di coloro che vengono fermati dalle forze dell’ordine perché senza mascherina. A volte la situazione è anche degenerata. Come è avvenuto a Roma dove un tedesco di 48 anni, a bordo di un treno, richiamato perché non indossava la mascherina, ha reagito aggredendo i poliziotti ed è stato arrestato. Come pure è stato arrestato un ragazzo di 21 anni che sulla Cumana a Napoli ha dato un pugno a un agente che gli chiedeva di indossarla. Tra le Regioni “rosse”, la Lombardia conta 4.151 multe (su oltre 801 mila controlli), in Campania sono state 3.871 (con oltre 522 mila verifiche). In Puglia sono state inflitte 3.783 sanzioni. Nel Lazio (Regione “gialla”) ci sono stati più di 704 mila controlli e 1.145 ammende.

Quarantene violate. Il caso delle Marche

Ci sono poi coloro che vengono sanzionati perché violano l’obbligo di quarantena. È successo per esempio in provincia di Foggia, dove un uomo è stato denunciato perché si trovava in azienda, nonostante la moglie positiva al Covid-19. Dal 1° settembre a tre giorni fa, sono state denunciate 919 persone. La maggior parte delle quali nelle Marche, dove a fronte di poco più di 154 mila controlli sono state beccate mentre violavano l’isolamento obbligatorio 187 persone. Più del doppio delle 91 denunciate in tutta la Lombardia dove ci sono state molte più verifiche delle forze dell’ordine. 95 invece coloro che sono stati denunciati in Friuli-Venezia Giulia, 86 in Campania. E poi ci sono gli esercizi commerciali: oltre 705 mila controllati, 2.733 i titolari sanzionati, 222 le attività chiuse.

 

La curva del contagio è appiattita Rt verso 1, la quota “crescita zero”

Il calo dei contagi rilevati si comincia a vedere, negli ultimi sette giorni le Regioni ne hanno notificati il 2,5% in meno rispetto alla settimana tra il 7 e il 13 novembre. Rt, il tasso di trasmissione del virus, nel monitoraggio settimanale del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità, è sceso da 1,43 a 1,18 secondo un calcolo che si ferma a qualche giorno fa; a fine ottobre era a 1,72. Gli esperti ritengono che sia sceso ancora, quasi a 1: significa che una persona infetta ne contagia solo un’altra, sotto 1 l’epidemia smette di crescere. Sardegna (0,84), Lazio (0,9) e Liguria (0,92) hanno già raggiunto l’obiettivo, almeno per ora. Lombardia (1,25) e Piemonte (1,1) migliorano, Basilicata (1,54) e Toscana (1,44) hanno i valori più alti.

“È l’effetto delle misure adottate”, osserva Giovanni Rezza che dirige la Prevenzione al ministero della Salute. Solo l’Abruzzo si aggiunge alle Regioni rosse, ma il presidente Marco Marsilio aveva già provveduto da sé. Il Lazio, sempre in area gialla, per precauzione chiude negozi e supermercati alle 21. Veneto, Molise e Friuli-Venezia Giulia, i primi due gialli e il terzo arancione, sono invitati ad assumere provvedimenti più restrittivi in base a criticità riscontrate nel report settimanale. Restano rosse, con ordinanza del ministro Roberto Speranza valida fino al 3 dicembre quando arriverà il nuovo Dpcm, Lombardia, Piemonte, Val d’Aosta e Calabria; arancioni Puglia e Sicilia. Per queste Regioni il provvedimento, che dura 15 giorni, era in scadenza. Possibile, con intesa governo-Regioni, solo attenuare le misure in porzioni del territorio: i tentativi dei cosiddetti governatori non mancheranno. Per Toscana e Alto Adige (rosse), Liguria, Emilia-Romagna, Umbria, Marche, Friuli-Venezia Giulia e Basilicata (arancioni) si vedrà tra una settimana. Le Regioni scalpitano per riaprire il più possibile dal 27 novembre o dal 3/4 dicembre per il Natale: tempi e modalità sono oggetto di negoziati. Ma gli esperti avvertono: “L’incidenza” dei casi di Covid-19, ha detto il professor Rezza, “è ancora elevata, supera 730 per 100 mila abitanti” (anche 800 secondo il Centro europeo per la prevenzione delle malattia, Ecdc: solo l’Austria sta peggio nell’Europa occidentale). Quindi, spiega Rezza, “bisogna continuare a prendere precauzioni, le norme in vigore devono restare ancora valide”.

Ieri il bollettino diceva 37.242 nuovi casi con 238.077 tamponi (15,64% contro il 14,46% di giovedì). La media degli ultimi sette giorni è a poco più di 34 mila casi giornalieri e una settimana fa era appena sotto i 35 mila; il tasso di positività dei tamponi è sceso dal 16,3% al 15,8% su base settimanale. Aumentano, però, i morti: ieri 699 (il totale sale a 48.569) per una media settimanale che in pochi giorni è passata da 590 a 632. Purtroppo continueranno ad aumentare, perché dipendono dai contagi delle scorse settimane. Peraltro l’Iss avverte che l’età mediana dei contagiati (rilevati) cresce: in estate era scesa a 30 anni, ora è già a 48, ma a marzo-aprile era oltre i 60.

I ricoveri, invece, aumentano meno. “La probabilità di saturazione dei posti letto si è un po’ allontanata”, ha detto il professor Silvio Brusaferro (Iss), per quanto le condizioni degli ospedali siano al limite. Ieri i letti occupati nei reparti ordinari sono aumentati di 437 unità, solo 13 in Lombardia che conta 8.304 ricoveri (più 930 in terapia intensiva), ma in alcune Regioni (Toscana, Liguria, Umbria, Bolzano, Val d’Aosta, Molise) sono diminuiti. Nelle aree mediche i pazienti sono in tutto 33.957, da diversi giorni oltre il picco di 29.010 del 3 aprile scorso. Altri 36 letti sono stati occupati in terapia intensiva, per un totale di 3.747 (vicini al record di 4.068 del 4 aprile): “Sono soprattutto uomini attorno ai 70 anni”, ha spiegato Brusaferro. Attenuare la pressione sugli ospedali è l’obiettivo più importante: la maggior parte delle Regioni è fuori dalle soglie (30% nelle rianimazioni, 40% nei reparti ordinari) con effetti drammatici sulle cure extra Covid e sulle condizioni di lavoro degli operatori socio-sanitari. La discesa dei contagi è iniziata, quella delle ospedalizzazioni sarà più lunga.

Belcastro, padrone dei “topini” e delle Asl

Con una vecchia intervista a Report si è guadagnato l’appellativo di “manager dei topini”: al giornalista che gli chiedeva quale fosse l’attività della “Fondazione Campanella”, di cui era direttore amministrativo, rispose che faceva ricerca sui tumori. Malgrado il dolore per le bestiole: “Per i topini, a me, tra l’altro, dispiace”.

Antonio Belcastro è il super dirigente per antonomasia della Regione Calabria. L’ex presidente Jole Santelli lo aveva trovato al Dipartimento della Salute dove era stato piazzato dal governatore del Pd Mario Oliverio. A fine giugno viene sostituito ma la Santelli, oggi scomparsa, gli trova subito un nuovo incarico: “Delegato del soggetto attuatore per l’emergenza Covid”, una sorta di consulente esterno a cui la Regione ha “scaricato” la gestione della pandemia.

In questo periodo Belcastro è il dirigente “più ricercato” per avere risposte sulla sanità calabrese. Ma è soprattutto l’uomo per tutte le stagioni. Non ha sposato un preciso colore politico, ma tutti i partiti dell’arco costituzionale lo vogliono e lo nominano a capo di qualcosa.

La storia politica di Belcastro inizia nel 1995, a 36 anni entra per la prima volta nell’assessorato alla Sanità: con il ruolo di coordinatore regionale si occupa del controllo di gestione e di implementazione della contabilità nelle aziende sanitarie. Asl che il super dirigente ha conosciuto bene come quella di Palmi, da direttore amministrativo e da commissario straordinario prima con i governi regionali di Forza Italia guidati da Giuseppe Nisticò e Giovanbattista Caligiuri e poi con il presidente Luigi Meduri dell’Ulivo. Nel 1999 l’esponente della Margherita lo nomina anche direttore generale dell’Asl di Catanzaro. Nel 2000, con la giunta guidata dal presidente Giuseppe Chiaravalloti (Forza Italia), Belcastro viene spedito all’Asl di Locri e poi diventa direttore amministrativo e generale dell’ospedale “Annunziata” di Cosenza.

È Agazio Loiero (centrosinistra), a nominarlo invece alla Fondazione “Tommaso Campanella” (quella dei topini, appunto), oggi fallita, e a capo dell’ospedale “Mater Domini” di Catanzaro. Del quale, anni dopo, arrivata la giunta di Giuseppe Scopelliti (Pdl), diventa prima commissario e poi viene “incoronato” direttore generale. Incarico, quindi, ricevuto dal centrodestra e confermato nel 2017 dalla giunta di Mario Oliverio (Pd) che poi lo lancia al dipartimento della Salute, lasciato a giugno per fare il “delegato del soggetto attuatore per l’emergenza Covid”. Almeno per il periodo di pandemia.

Calabria, Tronca in pole per fare il commissario

Con il passare delle ore, ieri, per il commissario in Calabria si faceva strada il nome di Paolo Francesco Tronca, già commissario del Comune di Roma dopo le dimissioni del sindaco Marino. Tronca è sostenuto dal Pd e da Roberto Speranza. E inoltre è figura più nota e riconoscibile di altri, uno dei requisiti voluti dal governo. Che però fino a ieri sera non era arrivato alla quadra finale. Il Cdm notturno, mentre questo giornale va in stampa, parlerà anche di questo incarico. Ma prima del suo inizio prevaleva lo scetticismo sul fatto di chiudere la pratica. Perché il governo non può sbagliare ancora una volta. Tra i nomi che si sono fatti in questi giorni, c’era soprattutto Federico D’Andrea, manager calabrese, colonnello dalla Guardia di Finanza, sponsorizzato da M5S. Che pare tramontato perché non abbastanza noto. E poi Luisa Latella, reggina di nascita, ex prefetto in Calabria e ora commissario all’Asp di Catanzaro. Ma se ne stanno vagliando anche altri. A valutare è soprattutto il premier, Giuseppe Conte.

“Non diamo un’importanza spasmodica al commissario della Calabria: è un commissario ad acta, avete mai sentito parlare di quelli delle altre Regioni?”. A sera, una fonte di governo si sfogava così. Perché dopo una settimana dal licenziamento in tronco di Saverio Cotticelli, che aveva detto di non sapere che il piano della sanità toccava a lui, il caso nel governo è deflagrato, con tanto di altri due proposte-boomerang. Roberto Zuccatelli, già commissario dell’Azienda ospedaliera Pugliese Ciaccio e dell’Azienda universitaria Mater Domini di Catanzaro, è stato nominato ma è durato un battito di ciglia: il tempo di scovare le dichiarazioni in cui diceva che per prendersi il Covid ci si deve “baciare in bocca per 15 minuti”. Eugenio Gaudio, ex rettore della Sapienza, si è tirato indietro dicendo che sua moglie non voleva trasferirsi a Catanzaro.

Conte si è già dovuto prendere la responsabilità. E non è facile che una personalità affermata scelga di andare a rischiare in Calabria, tra disastro sanitario, investimenti che gestisce Domenico Arcuri e presenza massiccia della ‘ndrangheta. Non a caso ieri i ragionamenti che si facevano nella parte dem del governo tendevano a dire che non è vero che senza il commissario non si possa gestire l’emergenza sanitaria, perché ora tra Emergency, Protezione civile, Regione e Croce rossa il lavoro va avanti. Al commissario toccherebbe vigilare sui conti e sulle gare (cose che ora fanno i tecnici del Mef). Insomma, il tentativo è di cambiare la prospettiva del dibattito.

Intanto, il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, ha firmato la proposta di schema di decreto per il presidente del Consiglio dei ministri per la sospensione dalla carica di consigliere regionale e di presidente del Consiglio della Regione Calabria di Domenico Tallini, prevista ai sensi del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 quando è disposta l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari. E lunedì la Conferenza Stato Regioni si farà in Calabria. Un segnale. Mentre parte l’ospedale da campo di Reggio Calabria, come le strutture tra Vibo, Locri e Crotone. In totale, un centinaio di posti letto.

Caso Santelli. Morra insiste e imbarazza il M5s

Nicola Morra ha chiesto scusa per le dichiarazioni su Jole Santelli che hanno scatenato una bufera politica sul suo conto: “Le mie parole sono state tagliate e cucite, da parte mia c’è sempre stato il massimo rispetto per chi vive la condizione della malattia”. Ma il senatore grillino, presidente della Commissione antimafia, ha anche ribadito il concetto: “Io ho semplicemente ricordato come l’elettorato debba essere pienamente responsabile delle proprie scelte”. Una frase che ha contribuito a riaccendere la polemica nei suoi confronti. Lo stesso Movimento 5 Stelle prende (ancora) le distanze, mentre la destra chiede le sue dimissioni da due giorni. In prima linea, il leader della Lega, Matteo Salvini: “Parole vomitevoli. Chiedo le immediate dimissioni di questo deficiente”. Poi la fondatrice di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni: “Indegno, dimettiti!”. Su questa scia, anche la sorella dell’ex presidente della Calabria morta il 14 ottobre, Roberta Santelli: “Si vergogni come uomo e come politico. E si dimetta per favore”. La dichiarazione di Morra, che aveva scatenato il caso, era stata rilasciata a Radio Capital giovedì: “Era noto a tutti che la presidente della Calabria Santelli fosse una grave malata oncologica. In democrazia ognuno dev’essere responsabile delle proprie scelte”.

La condanna infinita: ora il fisco americano cerca i soldi di Silvio

Chissà se qualcuno riuscirà a lamentarsi della giustizia a orologeria, stavolta in versione internazionale: proprio mentre Silvio Berlusconi tenta di accreditarsi come il leader dell’opposizione moderata e dialogante con il governo, ecco che i giudici svizzeri e il fisco americano resuscitano la vicenda della più grande frode fiscale italiana, già costata a Berlusconi la condanna a 4 anni. La sentenza definitiva è del 2013, ma il fisco Usa – a differenza degli italiani – ha memoria lunga e pazienza incrollabile. Così ha aspettato per quattro anni, dal 2016, che la giustizia elvetica gli desse il via libera per il recupero del malloppo in Svizzera di Franck Agrama, produttore cinematografico e coimputato di Berlusconi nel processo sui diritti televisivi Mediaset.

Il via libera è arrivato il 4 novembre: il Tribunale federale svizzero ha detto il sì definitivo alla richiesta dell’Irs, l’Internal Revenue Service, ossia l’agenzia governativa per la riscossione dei tributi negli Stati Uniti d’America. Chiedeva di ricostruire i movimenti di 140 milioni di franchi svizzeri (circa 130 milioni di euro) di Agrama in Svizzera. Il processo Mediaset ha ricostruito il ping-pong di fatture tra Usa, paradisi fiscali e Italia, in cui un film comprato da Agrama alla Paramount a 10, dopo un bel giro di compravendite virtuali, arrivava in Italia al prezzo di 100: 90 (tolte le creste e qualche spesa) s’inabissavano nelle società offshore di B., che accumulava così un tesoretto segreto e realizzava un risparmio fiscale milionario. Secondo i giudici, “le maggiorazioni di costo realizzate negli anni” sono state di ben “368 milioni di dollari” nascosti al fisco italiano (e agli altri azionisti Mediaset), anche se la condanna riguarda solo una piccola parte, i 7,3 milioni sopravvissuti alla prescrizione. In questo ping-pong, Frank Farouk Agrama, l’indimenticabile produttore di Robotech, era il principe dei prestanome, l’amico fedele (a parte le creste), il socio occulto. Lui ha sempre negato. Ha sempre negato Silvio. E continuano a negare oggi i suoi avvocati: “Il denaro sequestrato in Svizzera ad Agrama non ha nulla a che fare con Berlusconi”, dichiara Niccolò Ghedini, il quale spiega che a gennaio 2020 il Tribunale di Milano ha respinto la richiesta di Mediaset di tenere sequestrati i soldi svizzeri di Agrama, “affermando trattarsi di plusvalenze lecite”. Ma non dichiarate al fisco Usa. È una storia che “non riguarda minimamente Berlusconi”, ribadisce Ghedini. Anzi: “Dimostra che la sentenza di condanna era profondamente ingiusta e infondata, essendo Agrama un imprenditore terzo”.

Segue ennesima richiesta di revisione del processo. Che inchioda invece Agrama nel ruolo di prestanome-socio occulto di Berlusconi. Scrivono infatti i giudici: “Vari testi hanno riferito che Agrama quando veniva in Italia si recava sistematicamente ad Arcore o comunque incontrava B. Non è dunque verosimile che qualche dirigente di Fininvest/Mediaset abbia organizzato un sistema come quello accertato e, soprattutto, che la società abbia subito per vent’anni truffe per milioni di euro senza accorgersene”.

M5S, i sospetti su Pd e FI: “Così vogliono spaccarci”

Il Caimano è riaffiorato in superficie. E ha agitato tanta acqua da fare rumore. Al punto che l’ipotesi di un forzista come relatore aggiunto della manovra è tramontata: troppo complicato da reggere per i giallorosa e comunque, assicura una fonte di governo a 5Stelle, “sono stati proprio quelli di Forza Italia a tirarsi indietro, spiegando che non è ancora tempo per queste operazioni”.

Ma di questi tempi più che a un coccodrillo Silvio Berlusconi assomiglia a uno specchio, dei sospetti incrociati: quelli tra i partiti della maggioranza, dove tutti vogliono andare avanti fino al 2023, certo, ma sul come e con chi le opinioni divergono. Così ecco il segretario dem Nicola Zingaretti, che da Start su Sky Tg 24 ringrazia il grillino Stefano Patuanelli per essersi assunto la paternità dell’emendamento che tutela Mediaset dalla scalata di Vivendi: “È una norma non finalizzata a un’azienda ma a una condizione del mercato, Patuanelli ha chiarito e lo ringrazio. Accusavano il Pd di uno scambio al ribasso con FI”. Quindi, conclude, “nessun cambio di maggioranza”. Quel che non dice è che al Mise anche i dem avevano sollecitato il provvedimento, stando a fonti dell’esecutivo. Perché il tema era delicato. E del resto i dem continuano a inviare segnali a FI. Su La Stampa il capogruppo alla Camera Graziano Delrio evoca “un’unità nazionale sostanziale” e bacchetta i 5Stelle: “Parlando di autosufficienza peccano di presunzione”. Traduzione diffusa: Delrio punta sempre a un rimpasto per entrare nell’esecutivo. Poi c’è il deputato romano Claudio Mancini, vicinissimo al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, che sul Foglio sostiene: “FI è un partito europeista, abbiamo bisogno dei suoi contenuti”. E cita anche la legge elettorale. Per nulla un dettaglio, spiegano ambienti dem: “I forzisti vanno coinvolti perché votino lo scostamento di bilancio, ma anche per approvare una legge elettorale proporzionale. Così loro si potranno emancipare dalla Lega e il Pd non dovrà sottostare alle richieste di Matteo Renzi”. Comunque sofismi per Alessandro Di Battista, che in giornata picchia su quel Pd di cui non si è mai fidato: “Moltissimi dem non si limitano al loro ipocrita silenzio di fronte a episodi di malaffare che travolgono FI. Cercano in ogni modo di riabilitare il berlusconismo. Il partito dell’immoralità diventa responsabile, ma stare lontano dall’immoralità è un dovere perché l’immoralità è come il letame”. Condanna con sfumature congressuali, perché i 5Stelle devono ancora votare la nuova segreteria. E il Di Battista che accusa in chiaro i dem indirettamente ce l’ha anche con alcuni dei suoi.

Non a caso, Luigi Di Maio giovedì lo ha precisato: “Io a Berlusconi non risposi al telefono allora e non lo farò oggi”. E in queste ore tornerà a dire pubblicamente no a FI. D’altronde anche ai piani alti del M5S guardano con malumore al Pd: “Il loro primo obiettivo è spaccare il centrodestra, ma così facendo sanno di dividere e indebolire anche noi. E magari pure Giuseppe Conte”. Preoccupato da certi movimenti. Anche se FI rincula, per non farsi infilzare dal Salvini che indica “l’inciucio”. E dal M5S giurano che Gianni Letta lo abbia fatto sapere: “Noi l’emendamento su Mediaset non lo volevamo”. Sillabe per alzare la posta.