Diminuisce il rapporto positivi/tamponi, dal 17,9% di martedì al 14,6% di ieri. Ai primi di ottobre era al 3%. I nuovi casi registrati dalle Regioni sono stati 34.282 con 234.834 test. Al ministero della Salute vedono una “stabilizzazione dei contagi”, sia pure “a un livello molto alto”, negli ultimi 14 giorni il più alto dell’Europa occidentale dopo l’Austria. Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, ieri mattina diceva “siamo arrivati in cima al plateau, presto inizierà la discesa”. Ce lo auguriamo tutti. Intanto aumentano i morti, 753 notificati ieri contro 590 in media nei 7 giorni precedenti (sono 47.217 in totale). I ricoveri, invece, aumentano meno delle scorse settimane.
“Di morti ne vedremo ancora tanti”, dice il professor Massimo Galli del Sacco di Milano, perché dipendono da “infezioni avvenute nei giorni scorsi”. È la pressione sugli ospedali che preoccupa il governo. Con i 430 ricoveri di ieri, il dato più basso del mese, siamo a 33.504 pazienti nei reparti ordinari, da giorni oltre il picco del 4 aprile che era stato a 29.010. Ci sono altre 3.670 persone nelle terapie intensiva, occupano il 45% degli 8.000 posti letto attualmente attivi. Diciassette tra Regioni e Province autonome hanno superato la soglia, fissata al 30% perché una volta superato quel limite rischia di non trovare posto chi deve essere intubato per un incidente grave, un ictus, un infarto o un intervento chirurgico (urgente, quelli non urgenti sono rinviati quasi ovunque). I pazienti Covid nelle rianimazioni ieri sono aumentati di 58, anche qui il dato più basso nelle ultime settimane. Negli ultimi sette giorni sono aumentati di poco meno del 20 per cento, a ottobre raddoppiavano in otto-nove giorni. Per la prima volta, anche in valore assoluto, sono aumentati meno della settimana precedente: 581 in più da mercoledì 11 a ieri, 789 unità in sette giorni.
“Ma non c’è ancora un appiattimento della curva, tutt’al più un rallentamento che dovrà consolidarsi, ci auguriamo, nelle prossime due settimane. Se anche oggi fossimo a contagi zero, i pazienti in terapia intensiva e anche i ricoveri ordinari continuerebbero ad aumentare per due settimane perché il loro contagio risale a 10-15 giorni prima”, spiega Giorgio Presicce, analista della Regione Toscana che ha condiviso con noi le sue elaborazioni e i suoi grafici. In alcune Regioni – Campania, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia-Giulia, Alto Adige, Marche – l’aumento è anche più contenuto della media nazionale. “E la durata dei ricoveri in terapia intensiva, in media, è di 14-15 giorni”, ricorda Presicce, cioè i letti restano occupati a lungo. Insomma, i casi gravi diminuiranno davvero solo a due settimane dal calo dei contagi registrati, difficile non superare il picco di 4.068 (4 aprile) quando però c’era una minore dotazione di posti letto. Le diagnosi seguono ormai di ben cinque giorni, si legge nell’ultimo report dell’Istituto superiore di Sanità, la comparsa dei sintomi (prima la media era 3, in Piemonte sono 9). Anche per questo, iniziando più tardi le cure, aumentano i casi gravi. Ci sono poi i caschi di ventilazione anche nei reparti di pneumologia e malattie infettive, “così evitiamo di mandare in terapia intensiva molti pazienti che necessitano di supporto respiratorio”, spiegava giorni fa il professor Massimo Andreoni, direttore dell’Infettivologia di Roma Tor Vergata. E intanto, osserva ancora Galli, “purtroppo le terapie intensive si svuotano più con i decessi che per le guarigioni.”
Detto questo, una conferma della “stabilizzazione” viene dal leggero calo nelle chiamate d’emergenza nella Regione Lombardia. Ma sui contagi, specie tra i fisici, c’è chi dubita. Giorgio Sestili, sulla pagina Facebook “Analisi Numerica e Statistica Dati Covid-19”, osserva che il tasso apparente di letalità (il rapporto tra decessi e positivi rilevati) è passato dall’1,25% registrato fino a metà ottobre all’1,7%. La sua ipotesi è che “si stiano sottostimando i casi positivi, che aumentano più velocemente rispetto alla capacità di fare i tamponi”, come dimostrerebbe anche il rapporto positivi/tamponi che ora a quanto pare scende, ma da ottobre era salito dal 3 al 17%. Gli epidemiologi, però, sono scettici su una relazione così diretta tra contagi rilevati e decessi.