Nel 2012 la rivista americana Foreign Policyinserisce l’economista Luigi Zingales nell’elenco dei 100 pensatori più influenti al mondo. Accanto al suo – unici due italiani nella lista – c’è il nome di Mario Draghi. Non era scontato per nessuno annoverare Zingales tra i propri sponsor ma, nel novembre 2011, quando parte la sua scalata alla segreteria del Pd e a Palazzo Chigi, Matteo Renzi può vantare un sostenitore d’eccezione: Zingales è molto propositivo. Ed è il segno di quanta fiducia si riponesse in Renzi per rivoluzionare la politica italiana. Seguire la parabola di Zingales all’interno del renzismo è un esercizio interessante. L’economista fa infatti parte di quella ristrettissima cerchia che dà il via all’ascesa di Renzi. Gli atti dell’inchiesta fiorentina sulla Fondazione Open – che vede indagati Matteo Renzi, Marco Carrai, Luca Lotti, Maria Elena Boschi e Alberto Bianchi per finanziamento illecito – restituiscono il quadro (su fatti non penalmente rilevanti), dal punto di vista documentale, di quanto accadeva in quei giorni.
Zingales nei primi giorni di novembre 2011 scrive a Marco Carrai e Renzi e riferisce di aver coinvolto altri due economisti – Luigi Guiso e Antonio Merlo – nel progetto politico che ruota intorno al sindaco di Firenze. L’economista scrive al presidente della futura fondazione Open, Alberto Bianchi: “Questi due colleghi che ho reclutato sono di prima qualità ed excited. Non vogliamo perdere momento. Stagli sotto per favore”. Zingales ha già messo a fuoco tre aspetti del progetto sull’associazione: “struttura organizzativa”, “trasparenza”, “policy briefing”. Spiega che la parte economica del “programma” la gestirebbe lui. Poi aggiunge: “Ogni 3-4 giorni il circle of trust fa una conference call di circa mezz’ora in cui noi economisti a turno aggiorniamo Matteo, Marco e gli altri membri sulla situazione economica e ogni volta approfondiamo un argomento. La persona essenziale qui è Matteo. Lo scopo è quello di tenerlo costantemente aggiornato e portarlo up to speed nelle discussioni. Idealmente, partecipiamo tutti. Questo in aggiunta alle varie riunioni organizzative in cui discuteranno le varie opzioni. Se voi ci date l’ok su questo noi cominciamo a preparare i nomi e a selezionare i documenti necessari. Avremmo anche bisogno di un breve statement of principles scritto da Matteo su quali sono i principi ispiratori della sua campagna. Questo ci serve da sottomettere alle persone che vogliamo contattare”.
Ecco, uno dei cento pensatori più influenti del mondo, è disponibile a supportare l’ascesa di Renzi e mette a disposizione tutte le sue competenze. Nelle stesse ore inizia a prendere corpo quella che poi sarà la classe dirigente del renzismo: il suo “giglio magico”. Il 5 novembre, discutendo proprio della mail di Zingales, Bianchi scrive a Carrai. Si inizia discutere di “cerchi”, di un “nucleo duro”, di chi dovrà nei fatti prendere le decisioni. “Sull’associazione – scrive Bianchi a Carrai – occorre avere le idee molto chiare. Intanto va fatta subito. C’è bisogno di articolare, organizzare, non può essere tutto flou. In essa c’è un nucleo duro, e uno o più cerchi intorno, più variabili e flessibili. Il nucleo è quello di chi, alla fine, decide cosa si fa e come lo si fa. È indispensabile che chi decide sia, insieme a Matteo, un numero ristrettissimo di fidatissimi seri. Starei per dire solo tu e lui, o comunque in più solo chi tu e lui giudicate di massima fiducia…”.
Pochi giorni dopo Bianchi inizia a ipotizzare il modello organizzativo di una “struttura a medusa” che abbia come testa la Fondazione e come tentacoli i comitati. Nel frattempo Zingales continua a macinare idee. Il 15 novembre, in uno scambio di mail con Carrai e Bianchi, scrive di aver contattato Larry Grisolano, che ha lavorato alla campagna presidenziale di Joe Biden del 1988 e poi per Barack Obama, il quale gli ha predisposto delle note. Zingales aggiunge: “O facciamo il salto di qualità nelle prossime settimane o amici come prima”. Nei giorni successivi metterà Bianchi in contatto con Antonio Merlo per l’organizzazione del fundraising.
Tre anni dopo, nel febbraio 2014, Renzi diventa presidente del Consiglio. Nomina Claudio Descalzi alla guida di Eni. Nel cda dell’ente petrolifero entra a far parte anche Zingales. Ma sarà un’esperienza travagliata: nel 2015 deciderà di dimettersi. A febbraio scorso, in un’intervista a L’Espresso, citata anche negli atti d’indagine, Zingales ha dichiarato: “Mi ero illuso che Renzi rappresentasse il cambiamento, ma il cambiamento non c’è stato. L’unica condizione che avevo chiesto per accettare la mia nomina all’Eni era la volontà politica di voltare pagina nell’azienda e garantire trasparenza nei contratti internazionali. Mi era stato garantito il massimo sostegno, che non c’è stato”. In quegli anni emerge infatti lo scandalo per la presunta tangente pagata da Eni per acquisire il giacimento Opl 245 in Nigeria – per la quale Descalzi è a processo per corruzione internazionale – e Zingales si scontra più volte in cda chiedendo la massima trasparenza sulle operazioni internazionali. Sarà oggetto anche di un attacco ordito attraverso un depistaggio, costruito con un fascicolo giudiziario farlocco, che mirava a depotenziare l’inchiesta milanese su Opl 245.
Un fascicolo che mirava a dimostrare l’esistenza di un complotto contro Descalzi, totalmente inventato, portò all’iscrizione di Zingales e della sua collega in cda, Katrina Litvak, per concorso in diffamazione di Descalzi. A istruire il fascicolo sul falso complotto contro Descalzi fu il pm di Siracusa Giancarlo Longo, su input dell’avvocato esterno dell’Eni, Piero Amara. Longo ha poi patteggiato per corruzione in atti giudiziari. E tra i testimoni che aveva convocato c’era mezzo Giglio Magico: l’imprenditore Andrea Bacci (l’unico che riuscì a interrogare, prima che gli venisse tolto il fascicolo), Marco Carrai e Luca Lotti.