La chiamano “contessa”, Vanessa Gravina. E in realtà ha qualche sfumatura da nobile, vuoi per come sta seduta, vuoi per il vocabolario, vuoi per il taglio di capelli e i modi; lei ne Il paradiso delle signore, è la contessa, tutta d’un fiato, Adelaide Costanza Matilde di Sant’Erasmo, uno dei personaggi principali di una soap che su Rai1, ogni pomeriggio, tocca il 20 per cento di share, “e siamo cresciuti durante il lockdown: ora ci guardano pure gli uomini; ogni tanto qualche maschietto mi ferma e di nascosto me lo confessa”.
Lei è un’attrice che a soli 46 anni ha già nel curriculum una serie di discese ardite e risalite, di picchi di successo, come periodi di oblio, altro successo, e così via; Marco Risi, La Piovra, Strehler, Alberto Lattuada, Jerry Calà hanno lei come minimo comun denominatore.
Insomma, per gli appassionati è ‘la contessa’.
(Sorride) Il problema è quando mi fermano: il personaggio utilizza un italiano dell’800, così alla fine mi chiedono un video con il linguaggio da contessa…
Un po’ si scoccia.
Da un lato l’ego di attrice viene soddisfatto, dall’altro mi preoccupo perché mi inquadrano sempre con lei.
‘Finalmente ho un personaggio’, ha sostenuto.
Perché è complicato ottenerne di belli, in generale non ci sono: le donne spesso sono da spalla all’uomo, mentre in questa serie sono le colonne portanti; io ci ho traghettato la mia esperienza teatrale, quindi non mi è ostico l’italiano forbito dei decenni passati.
I teatri sono chiusi, per fortuna c’è la soap…
Stiamo sul set 12-13 ore al giorno; ho una media di due o tre scene a puntata: vuole dire studiare, a settimana, tra le 48 e le 60 pagine; (sorride) la grande qualità della serie è che noi la scena la ripetiamo anche quattordici volte, non tiriamo via.
In questa fase stare in un cast così è una forma di sicurezza professionale.
Sì, però mi piace che dove vado trovo un riscontro con il pubblico, un amore clamoroso, eppure ho girato anche La Piovra e Incantesimo, ma qui è un altro livello.
A teatro ha recitato per Strehler.
Conosciuto quando avevo solo 17 anni: lo vivevo con una paura terribile nonostante avessi sulle spalle già sei o sette anni di lavoro; (ride) la Bonaiuto un giorno mi prese in giro: ‘Ma che a 11 anni già te facevano tirà le pietre?’.
Quindi?
Strehler era un genio-bambino per il suo entusiasmo senza età, ma per tutti il terrore correva sul filo: strillava perennemente, a chiunque, tranne che a me. Eppure aprivo da sola lo spettacolo mentre suonavo il piano. Dopo un’esperienza così, non temi più nulla.
I colleghi la aiutavano?
In teatro c’è molta più austerità, più disciplina rispetto al cinema; e poi, fino a qualche anno fa, c’era una generazione di tombeur, di attori sempre con lo sguardo seduttivo; questo atteggiamento mi straniva.
Tombeur
più che nel cinema?
Senza paragone, anche perché con il teatro stai più tempo insieme.
È passata da Strehler ad Abbronzatissimi 2.
(Ride) Che meraviglia! Ancora lo trasmettono di continuo; ogni tanto qualche insospettabile, magari intellettuale, mi manda un messaggio con la foto del film sullo schermo.
La prima fama con Colpo di fulmine insieme a Jerry Calà.
Ormai rientra nell’immaginario collettivo.
Marco Risi regista.
Lui tosto, quando si incavolava erano dolori; (ci pensa) era un uomo non abituato a perdere tempo, con in testa una ben strutturata idea di cinema, per questo aveva momenti di grande severità.
Cioè?
Una mattina mi fece piangere perché arrivai allegra sul set, forse avevo preso un bel voto a scuola, mentre la scena era tragica. Il giorno dopo mia madre mi svelò l’arcano.
E con la scuola?
Diplomata a 23 anni. In classe mi chiamavano “la signora”.
Ma da ragazzina, i compagni, come la trattavano?
Esperienza terribile, venivo emarginata perché ero la ragazzina protagonista di copertine e di film…
Invidia.
Sì, ma non la codificavo, non capivo, mi sentivo solo emarginata; e pensare che a me delle copertine e dei settimanali non importava nulla.
Non le piaceva?
Per niente, mi rompevo. Preferivo recitare; però ogni volta venivo risarcita con qualche Barbie, per me il massimo; (sorride) ai bambini prodigio non viene perdonata la crescita.
Mai…
Sdoganarmi è stato una degli aspetti più complicati della mia vita, in adolescenza ho vissuto una sorta di choc perché all’improvviso mi sentivo ai margini, in un periodo in cui già ci si mette in discussione.
Come viveva la fama?
Il massimo è stato tra i 13 e i 14 anni quando giravo La Piovra: in Germania era un successo clamoroso, così mi fermavano in continuazione.
Qual è il suo supereroe?
(Ci pensa, sorride) Me stessa.
@A_Ferrucci