“Io odio la musica, prima di salire sul palco”.
Possibile? Si spieghi, caro Sangiorgi.
Scrivere canzoni è una dannazione, ma non posso farne a meno. La musica mi costringe a guardare dentro me stesso, senza indulgenze. Componendo capisco se sono un buon padre e marito. Un uomo. E più mi conosco più mi detesto. Non è solo scarsa autostima. Se qualcuno dice: ‘Giuliano, mi stai sul cazzo’, io non mi difendo, trovo abbia ragione.
Non si butti giù.
Canto le mie verità, ma come fossero la storia di altri. I concerti sono l’espiazione della colpa di scrivere. Solo sul palco la mia negatività si annulla. E comprendo il senso di questa feroce autoanalisi.
Tempi duri per i live.
Possiamo tenerci vicini con gli show virtuali. Però se presto non si torna a suonare dal vivo giuro che smetto con la musica. Pretendo il sudore, la transenna, il pubblico attorno. E voglio applaudire altri artisti, mischiato tra la folla. Riprendermi la fisicità dei rapporti, che anche prima della pandemia avevamo sostituito con i rapporti impalpabili imposti dalle tecnologie. Sui social si sparge violenza, intolleranza, follia. Non rispondo mai a certi post medioevali. I miei post, e il mio posto, sono le canzoni. Con quelle esprimo idee. Reclamo un Contatto profondo.
È questo il senso del vostro nuovo album, Contatto, il decimo dei Negramaro. Una produzione ispirata, un featuring con la giovanissima trapstar Madame. Un disco sensato, tra rimandi al cantautorato degli anni d’oro e una sensibilità creativa modernissima eppure anacronistica.
Il disco è un concept, ma la parola che lega l’universo, in questo tempo orrendo, è proprio Contatto. Ci serve per riappropriarci del mondo che verrà. Il Covid ha minacciato la nostra essenza di esseri politici, sociali, empatici. Abbiamo scritto tutte le canzoni prima dell’avvento del Covid. Tranne una: Terra di nessuno. Vedevo le strade di Roma deserte nel lockdown e pensavo che dovranno diventare terra di ognuno. Le diversità reciproche, come quelle di Anna e Marco di Dalla che cito in un verso, salveranno il pianeta.
In Dalle mie parti affronta la questione dei migranti. Continuano a naufragare, ma pochi ci badano.
Tempo fa un povero cristo entrò in casa mia. Io non c’ero. Ilaria prese nostra figlia Stella e scappò via. Mi chiesero di procedere al riconoscimento dell’intruso: non lo feci. Certo, aveva messo in pericolo le due persone che amo di più. Ma cosa avrei risolto aggiungendo il castigo alla sua disperazione? Stella ha due anni, deve crescere lontana dal seme del disprezzo, dalla diffidenza.
A sua figlia ha dedicato una canzone nell’album, Devi solo ballare.
La dettò lei, quando aveva sette mesi. Ballava sempre, anche sul seggiolone. Poi si fissava a guardare la luna, a lungo. Ha la musica dentro. Prima di addormentarla, Ilaria le fa ascoltare brani per pianoforte.
Cosa le cantò lei, Giuliano, la prima volta che la prese in braccio?
Across the universe dei Beatles. Era appena nata. Medici e infermieri mi incoraggiavano a continuare, così intonai Meraviglioso. Ma a casa Stella non mi permette di cantare. Teme che me ne vada lontano per lavorare. Ho composto per lei un sacco di canzoni che tengo nel cassetto. Le dovrà ascoltare da adulta. Il mio diario per il suo futuro.
Finito il tour di Amore che torni sperava in un po’ di relax. Invece…
Invece mi sentivo a pezzi. Pure la malattia di Lele Spedicato, il nostro chitarrista, mi aveva prosciugato l’anima. I Negramaro sono una famiglia: se lui non ce l’avesse fatta, le nostre vite sarebbero state sconvolte. Insomma, tornato a casa accuso dei malesseri, temevo fosse qualcosa di grave. Ilaria mi spinse in studio. Così è nata Noi resteremo in piedi, la prima canzone del nuovo album. Un inno di resistenza personale: vi ho allargato lo sguardo ai tormenti di chi soffre, fino a Black Lives Matter. Le canzoni sono tane in cui ci nascondiamo e troviamo il mondo, se lasciamo la porta aperta.
Accennava a Dalla. È vero che le hanno offerto di interpretarlo in un film?
Mi hanno proposto più di un progetto su Lucio. Accetterò se e quando mi sentirò all’altezza. Dalla era il più grande. Il primo rapper insieme a De André. La sua assistente mi ha rivelato che Lucio veniva di nascosto ai concerti dei Negramaro. Non aver duettato con lui è il mio grande cruccio.
Il disco si chiude con una coda quasi filmica con l’orchestra di Morricone.
Ennio era ancora vivo, la Sinfonietta era diretta da Stefano Nanni al Forum Village. Una suggestione alla Sergio Leone. Il virus colpiva già duro. Prisca, primo violino, ci ringraziò in lacrime per aver restituito un senso fisico al loro lavoro. Era un contatto. Quello che ci serve, ora più che mai.