Se si guarda al rapporto dei contagi ogni 100 mila abitanti vince la Scandinavia, senza la Svezia, e perde il “cuore” d’Europa, Belgio e Lussemburgo. L’Italia ha sopra sia la Francia che l’Austria e parte dell’est mentre dietro ci sono Spagna e Gran Bretagna.
Sul piano dei morti le cose vanno però peggio a Londra che ha il record europeo e sia Gran Bretagna che Germania hanno problemi con ospedali e personale medico. Le misure di contenimento, ormai, si somigliano: lockdown leggeri e mirati con qualche primo risultato in Francia e, speriamo, in Italia. Non sembra prefigurarsi alcun lockdown generalizzato.
Il fallimento svedese
La Svezia è diventata patria di tristi record: 171 mila contagiati, oltre 6.100 decessi. I numeri in aumento indicano che “quella intrapresa è la direzione sbagliata” ha detto Lena Hallengren, ministro della Salute. Per aver contato esclusivamente sul buon senso dei cittadini, e per non aver imposto misure restrittive, lockdown o obblighi di distanziamento sociale e mascherina, le autorità del Paese sono ora costrette a leggere cifre di infezioni e morti più alte che nel resto dell’Unione. Anche se è stato raccomandato agli abitanti di 13 delle 21 regioni di lavorare da casa, evitare trasporti pubblici e interazioni sociali, per le strade di Stoccolma è risultato positivo al virus il 20% della popolazione. La Svezia, che ha appena vietato la vendita di alcolici dopo le dieci di sera, “rischia una situazione come quella già vissuta nella scorsa primavera”, ha ammonito preoccupato il premier Stefan Löfven, conscio che nelle confinanti Norvegia e Danimarca solo poche centinaia di persone hanno perso la vita a causa del virus. Con 26 mila infetti e solo 285 morti in totale, Oslo ha comunque chiuso bar, cinema e palestre, “misure necessarie e corrette” per contenere la seconda ondata secondo Bent Hoie, a capo del ministero della Salute, che ha richiamato perfino le guardie dal confine svedese per paura della diffusione. Con 58 mila infetti, 755 morti e un finanziamento governativo di 1,8 milioni di corone per il vaccino sintetizzato dall’Istituto Ssi, Copenaghen è finita invece nei titoli di cronaca per strage di animali: 17 milioni di visoni, di cui la Danimarca è tra le maggiori esportatrici al mondo, sono stati abbattuti per eradicare un ceppo mutato del Coronavirus. Eccezione Helsinki: la Finlandia è l’unico Paese dell’Unione in cui i contagi diminuiscono invece che salire e hanno livelli cinque volte più bassi della media europea. Come la popolazione, ha resistito anche l’economia. Il successo è dovuto al sistema di tracciamento, l’app Corona Flash, scaricata da più della metà degli oltre 5 milioni di abitanti.
La Germania rallenta ma è senza infermieri
A dieci giorni dall’inizio del lockdown-light in Germania la curva dei contagi sale ma registra “un lieve appiattimento”, ha detto il presidente dell’Istituto Robert Koch, Lothar Wieler. Sono quasi 22.000 i nuovi contagi nelle ultime 24 ore e dall’inizio della pandemia si sono infettati 727.553 persone, con 11.982 i morti in totale (+215 rispetto al giorno prima). Due settimane fa, il 31 ottobre, la Germania sfondava quota 19.000 contagi in 24 ore. Il Covid quindi cresce ma rallenta la sua corsa. Aumentano di contro i pazienti nelle terapie intensive (3.127 in tutto, +68 rispetto al giorno prima) e quelli attaccati al respiratore (1.787, +50 rispetto al giorno prima). Nel complesso il numero dei pazienti in Ti ha superato il picco di aprile, mentre i 190 laboratori in Germania analizzano 1,6 milioni tamponi a settimana. Il vero problema che fa capolino all’orizzonte, secondo Wieler, non è il numero dei posti in terapia intensiva, che ha ancora un margine discreto con 6.715 posti liberi sui 21.787 totali (dati Divi – Intensiv Register). A preoccupare è l’irrisolto problema della mancanza di personale sanitario in ospedale: gli infermieri mancano. “È possibile che i pazienti possano non essere più curati ovunque in maniera ottimale” ha detto il capo del Rki.
La Spagna tutta “rossa” l’emergenza continua
La mappa della Spagna è invece tinta di rosso con un livello di allerta massimo, tranne eccezioni come Murcia e le isole Baleari, a rischio alto, e Galizia e le isole Canarie a rischio medio. I contagi da marzo sono 1,4 milioni, i morti oltre 40 mila. Ma la curva sembra stabilizzarsi: ieri erano 19.511 i positivi e 356 i morti. In calo gli infetti nella comunità di Madrid, una delle più colpite insieme alla Catalogna che ieri ha esteso la chiusura di bar e ristoranti fino al 23 novembre. La capitale, secondo gli esperti, ha eseguito più tamponi e quindi un migliore tracciamento e rispettato le misure di sicurezza: coprifuoco dalle 24 alle 6 del mattino, uso della mascherina anche all’aperto e niente spostamenti tra i municipi più colpiti. Madrid ha mantenuto tuttavia aperti bar, ristoranti, piscine, parchi, cinema, teatri e parrucchieri. Il Paese, che dal 23 novembre imporrà il tampone negativo ai cittadini di 65 Paesi tra cui l’Italia, ha prolungato lo stato d’emergenza fino a maggio e affidato alle comunità autonome le restrizioni. L’invito è alla prudenza vista la pressione sugli ospedali: in media il 31,7% delle terapie intensive occupate da pazienti Covid, con picchi del 40%.
Nella Gran Bretagna. Resta il record negativo
50.365. È il numero totale dei morti di Covid nel Regno Unito, il quarto più colpito al mondo e il primo in Europa. I contagi totali accertati ieri erano 33.470 (+9329 sulla scorsa settimana) di cui 30.843 in Inghilterra, con un indice Rt fra 1 e 1,4 nelle varie regioni inglesi, ancora inferiore a 1 nelle altre nazioni. I ricoverati sono 14.030, ma la mappa dell’emergenza è irregolare: a Londra per ora non risultano terapie intensive piene, mentre nel nord mancano posti letto e infermieri. Contro le restrizioni ci sono proteste ma non violazioni evidenti: la pandemia è però fuori controllo nelle aree a maggiore densità abitativa multi-generazionale e dove la popolazione non può lavorare da casa. Ieri il ministro delle Finanze Rishi Sunak ha accennato al ritorno, a Natale, dello schema Eat Out to Help Out, il finanziamento pubblico di metà del conto del ristorante che ha garantito una ripresina economica ad agosto ma ha agevolato la seconda ondata.
La Francia migliora ma è ancora lockdown
“La nostra strategia sembra produrre gli effetti sperati, ma sarebbe irresponsabile alleggerire il dispositivo ora”, ha detto ieri il premier Jean Castex, stilando un bilancio dell’epidemia in Francia a due settimane dall’entrata in vigore del nuovo lockdown, il 30 ottobre. I dati epidemiologici sono incoraggianti: nell’ultima settimana l’evoluzione dei contagi è calata del 16% e l’indice Rt di riproduzione del virus è sceso sotto l’1. Ma per Castex bisogna restare “prudenti”. Il numero dei morti è sempre elevato, tra 400 e 500 ogni giorno. La tensione sugli ospedali è forte: quasi 32mila malati Covid sono ricoverati e quasi 5.000 sono in terapia intensiva, più che ad aprile. Se la tendenza in discesa si conferma, il picco dell’epidemia potrebbe essere raggiunto già a inizio settimana prossima. Per i prossimi 15 giorni dunque il lockdown non cambia. Ristoranti e negozi “non essenziali” restano chiusi, almeno fino al primo dicembre. L’obiettivo, per Castex, è che i negozi possano riaprire prima di Natale e che i francesi possano passare le feste in famiglia. Ma, avverte, niente feste in grande a Capodanno.