Mail box

 

Già i sessantottini inveivano contro i vecchi

Propongo un commento alle considerazioni del presidente della Liguria sulle persone anziane e quindi improduttive. È un tract studentesco che apparve nel 1968 alla facoltà di Scienze Umane di Strasburgo, dove ero ricercatore Cnrs per psicopatologia, in forma di lettera indirizzata a chi stava per cessare l’attività lavorativa “per sopraggiunti limiti di età”: “Egregio signore, Lei sa che dalla prossima settimana cessa di essere produttivo e diventa solo una spesa che lo Stato non si può permettere. È tenuto dunque a recarsi presso l’Ufficio Eliminazione del suo comune che provvederà alla bisogna. È tenuto ugualmente a saldare prima tutte le scadenze che abbia in sospeso con i servizi pubblici, con il fisco in particolare. Provveda anche al lavaggio del suo intestino per non creare, sporcando, un aggravio ulteriore del costo della sua eliminazione. Distinti saluti”.

A me i sessantottini non sono mai rinvenuti e ancor meno quando ne ho avuti come aiuti e assistenti: inconsistenza, arroganza, ma soprattutto voglia di conformismo. Però all’umorismo nero di quel tract va riconosciuta una certa preveggenza.

Luciano Del Pistoia

 

Complimenti a Vacca per il piacevole articolo

Ho letto con piacere l’articolo di Roberto Vacca sull’utilizzo dell’equazione di Volterra. Pur basandosi su di un metodo empirico, quello di Vacca è un utilizzo che mostra risultati che danno l’idea di come evolverà il numero dei decessi. Sono curioso di sapere come la funzione matematica evolverà con l’introduzione di nuovi provvedimenti da parte delle istituzioni. Sono interessato a leggere un altro articolo di Vacca.

Paolo Toniolo

 

Trump e i suoi ricorsi minacciano gli Usa

Quello che stanno facendo Trump e i suoi è qualcosa di inaudito ma non inaspettato. Già parecchi giorni prima del voto, The Donald aveva dichiarato che avrebbe accettato il responso delle urne solo se fosse stato lui il vincitore. Adesso si sta verificando una situazione inedita e, per giunta, in piena pandemia. Ancora nessuno può prevedere fino a che punto l’ormai ex presidente vorrà portare lo scontro; sicuramente, l’immagine degli Usa nel mondo subirà un grave appannamento, soprattutto nel settore del quale, da sempre, si vantano: le istituzioni democratiche.

Mauro Chiostri

 

Non trovo che sia utile distribuire ristori a caso

Con tutti questi “ristori” io non sono tanto d’accordo. Capisco la cassa integrazione a costo zero, la sospensione delle tasse, ma non il ristoro a gogò. Dove hanno messo i guadagni degli anni precedenti? Dopo la prima chiusura ci sono stati mesi, c’è stata una ripresa in mancanza di stranieri e, non potendo viaggiare, gli italiani si sono riversati nelle nostre località ed hanno fatto il pieno. Non dimentichiamoci che settori come vendite online, consegne a domicilio, alimentari, farmaceutica, ecc., hanno avuto un forte incremento. Perché non danno un contributo? Anche le famiglie sono in difficoltà, i prezzi sono aumentati con la scusa dei costi di sanificazione (?). Nei tempi passati, finita la guerra, ci si rimboccava le maniche, ora sono passivi in attesa di ristori! Mi sembra più un assalto alla diligenza dell’oro che altro!

Assunta Prudenzano

 

Indossare la mascherina in tv sarebbe d’esempio

Poiché la tv è un fenomenale mezzo di condizionamento, a volte educativo, perché nelle trasmissioni (un esempio per stare lontano dalla politica) La domenica sportiva o similari conduttori e opinionisti in studio non indossano la mascherina? Sarebbe un buon modo per influenzare gli spettatori al rispetto delle disposizioni sanitarie del governo. In tv sono più che controllati e sicuri, ma gli esempi a volte sono “contagiosi”.

Antonio Cipriani

 

La Lega ha contribuito alla vittoria di Biden

Un contributo alla sconfitta di Trump deve averlo dato anche Matteo Salvini, quando gli americani hanno visto il nostro ex ministro degli Interni girare per l’Italia indossando la mascherina con la scritta Trump.

Piero Fratelli

 

I Dpcm sono troppo “morbidi” con le chiese

Egregio direttore, in questo periodo gli organi d’informazione ci sommergono di notizie, opinioni, ecc. su come possiamo e/o dobbiamo comportarci per rispettare le norme dettate dall’ultimo dpcm. Sono state prese in considerazione tutte le categorie di lavoratori, tutti i luoghi di lavoro, ecc.; però, non ho sentito o letto una parola sulla Chiesa. Mi è parso strano che non si sia confermato che le funzioni religiose continuano come prima: il pensiero malizioso che si sia voluto far passare sottotraccia questa notizia può ben sorgere… Temo che anche cantare in Chiesa sia pericoloso per la diffusione della notizia.

Ruggero Franceschi

 

Concordo con lei: il rischio nelle chiese, dove si prega e si canta, è più elevato che nei cinema e nei teatri, dove di solito si tace.

M. Trav.

Coppie binazionali “L’Italia si allinei all’Ue: io e Carlos separati da 8 mesi”

Buongiorno, vi scrivo per portarvi a conoscenza di una problematica che riguarda me e molti altri italiani: il ricongiungimento delle coppie binazionali non coniugate e ancora separate dal Covid-19. Per effetto del lockdown di marzo, le coppie italiane hanno dovuto pazientare circa due mesi per potersi riabbracciare, mentre quelle residenti nell’area Schengen sono riuscite a ricongiungersi dopo circa tre mesi. Per chi come me ha intrapreso una relazione con un/a cittadino/a di Paesi extra Schengen, il governo italiano ha tentato di risolvere il problema, seguendo le raccomandazioni dell’Ue, aggiungendo questi ricongiungimenti tra le eccezioni già presenti come ad esempio le esigenze lavorative o di salute, ma a oggi la situazione non è ancora del tutto risolta.

Dal dpcm del 7 settembre fino all’ultimo del 24 ottobre si dichiara che “l’ingresso nel territorio nazionale è consentito per raggiungere il domicilio/abitazione/residenza di una persona, anche non convivente, con la quale vi sia una comprovata e stabile relazione affettiva”: ciò si applica seguendo giustamente le precauzioni del caso (14 giorni di isolamento fiduciario), però solo ai partner che provengono da Paesi dell’elenco E. Rimangono quindi esclusi i Paesi in elenco F, come la Repubblica Dominicana dove risiede il mio compagno Carlos. La F è a tutti gli effetti una blacklist: per chi proviene da questi Paesi è consentito l’ingresso in Italia solo ai residenti, motivo per cui io e Carlos non possiamo ancora vederci. Ma non saremmo una coppia binazionale se entrambi fossimo residenti in Italia!

L’ultima volta che ci siamo visti era marzo, ero andata per la prima volta a conoscere il suo meraviglioso Paese e sono rimasta bloccata lì fino al 25, a causa di tutti i voli cancellati. Ricordo ancora che salutandoci in aeroporto ci siamo promessi di tenere duro qualche mese finché la situazione non sarebbe migliorata: avevamo programmato tutti i viaggi dell’anno… Oggi, dopo quasi otto mesi di distanza e solitudine, crescono la frustrazione e il senso di impotenza di fronte a un sistema che non riconosce i diritti delle coppie binazionali; anzi, le discrimina. Fa rabbia che in un mondo così globalizzato i legami a distanza non siano tutelati… A questo proposito, vista l’attuale situazione, queste differenziazioni andrebbero riviste: il governo, ad esempio, ha già giustamente aiutato le coppie binazionali con partner negli Usa e India, inserendo questi Paesi in elenco E. Anche l’Ue è più volte intervenuta; la stessa Von der Leyen continua a supportare la nostra causa. Al momento i Paesi Ue che permettono il ricongiungimento alle coppie binazionali sono Danimarca, Norvegia, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Islanda, Austria, Svizzera, Finlandia, Germania, Francia, Spagna e Canada. E l’Italia?

Sara Resta

 

Regioni, l’obiettivo non è fermare il virus ma far cadere Conte

Non è andato tutto bene. E non ne stiamo uscendo migliori. Peggiori, invece, più cinici e incattiviti. La seconda ondata ha tirato fuori il peggio dalla politica, ma anche da quella che chiamavamo società civile. I negazionisti, intendiamoci, esistono in tutto il mondo, una minoranza terrapiattista per cui il Covid è un complotto planetario di non si sa quali poteri occulti si fa sentire in varie parti del globo. Ma solo in Italia si vede un uso così cinico e al tempo stesso contraddittorio del virus per fare lotta politica. Nel primo tempo di questo teatro dell’assurdo, una composita schiera di politici, amministratori, presunti virologi, opinionisti a comando e leoni da tastiera minimizzavano il pericolo, protestavano contro le chiusure, attaccavano il governo che cercava di imporle. Sfoderando un ventaglio d’argomenti che andavano dalla negazione dell’emergenza, dal virus “clinicamente morto” (Zangrillo), “inutile chiudere tutto, gli asintomatici non sono malati” (Bassetti), fino alla solita “Milano non si ferma”, “così si uccide l’economia”. L’economia muore se si lascia tutto aperto, permettendo che la pandemia diventi un’ecatombe. Fa più danni alle attività commerciali la manica larga ora, che ci costringerà a chiudere a Natale, che non la fermezza immediata necessaria per bloccare rapidamente la progressione dell’infezione. Basta il buonsenso per capirlo: un intervento drastico, ma tempestivo (e temporaneo), può bloccare un interminabile aumento dei contagi, dei ricoveri, dei morti. Invece prevale l’ideologia e la cattiva fede. Perché l’obiettivo di molti non è fermare il virus, ma far cadere il governo. Gli errori vanno sempre denunciati, chiunque li compia. Ma anche in questa partita scatta il metodo dei due pesi e due misure: inflessibili contro gli errori e le sottovalutazioni governative, che pure ci sono, mentre non si vede la trave delle amministrazioni regionali, che hanno la competenza della sanità, anche in tempi d’emergenza. Soprattutto la Regione Lombardia ha inanellato una serie d’errori da brivido. All’impreparazione con cui ha affrontato la prima ondata della pandemia si è aggiunta la disfatta con cui ha subìto la seconda, prevedibilissima ondata (tracciamento contagi inadeguato, medici Usca per l’assistenza a domicilio insufficienti, trasporti per le scuole non rafforzati, medici tolti agli ospedali che funzionano per mandarli all’ospedale-spot in Fiera, vaccini antinfluenzali che mancano…). Tutto invisibile, a chi vuole usare il virus, i malati, i morti soltanto come arma per attaccare il governo.

Ora è scattato il secondo tempo del teatro dell’assurdo. Ormai impossibile (tranne che per una minoranza complottista) negare, minimizzare, chiedere di tenere tutto aperto: ci sono i contagi che aumentano ogni giorno, e soprattutto i ricoveri, le terapie intensive, i morti. Scatta allora l’effetto ammuina, con i sindaci (come Giuseppe Sala) e i presidenti di Regione (come Attilio Fontana) che tirano in lungo, filosofeggiano, fanno scaricabarile, aspettano che a decidere siano altri per poi attaccarli comunque. “La zona rossa? Uno schiaffo alla Lombardia”, declama Fontana. “I criteri per definire le zone? Troppo complicati”, aggiunge Sala. Milano brucia, i medici chiedono la chiusura totale e il lockdown nazionale e loro spaccano il capello in quattro, pensano ai voti dei commercianti, invece di pensare a mantenerli sani e in vita insieme ai loro clienti, cioè a tutti noi. Vorrebbero distinguere, chiudere solo qui e non lì, lasciare aperto dove ci sono meno contagi, distinguendo non solo per regione, ma per provincia, per comune, per caseggiato, la scala A chiusa, la scala B aperta. Mandano segnali, giocano con la comunicazione, cercano il consenso. Chissà se mai qualcuno chiederà loro il conto finale di comportamenti confusi, cinici, criminali.

 

In Calabria la politica è follia: Gino Strada l’unica buona idea

In Calabria siamo in mezzo ai matti. A cominciare dalla maggioranza regionale che dopo la bocciatura del ricorso contro il governo si riunisce in pompa magna per votare “no” alla zona rossa, come se si trattasse di una qualsiasi pratica di palazzo. Disorientati come i giapponesi che continuavano a combattere a guerra finita, Spirlì e i suoi, aizzati da Salvini, pensano all’ uso politico del caso Calabria, mentre fuori dalle loro stanze i contagi aumentano pericolosamente, così come i morti e i ricoveri, la gente è preoccupata e le strutture sanitarie in sofferenza. In questo frangente in cui sembra che molti abbiano perduto non solo la bussola ma pure il buon senso, la sindaca di centrodestra di Vibo Valentia decide anche lei di fare ricorso, ma ammette davanti alle telecamere che forse sarebbe giuridicamente inconsistente: ma tant’è, “la città deve farsi sentire”. L’ex carabiniere Cotticelli, poi, non contento della figuraccia, rilascia interviste surreali del tutto immemore dell’antico motto di un’Arma usa ad “obbedir tacendo”. E indica tra i responsabili del disastro il dirigente regionale alla sanità che tra l’altro è la stessa che qualche anno fa, alla direzione della Fondazione Campanella, in una puntata di Report dimostrava di non sapere di preciso cosa l’ente facesse! Come se tutto ciò non bastasse la Confesercenti partorisce l’ idea di chiamare ai danni, con tanto di esposto al magistrato, il medesimo Cotticelli insieme al governo, badando bene però a tener fuori, forse per non sporcare affinità politiche, la regione. Avrebbe fatto meglio a svegliarsi prima, a proposito di danni, magari per evitare fino all’altro ieri scene di bar e negozi con persone senza mascherina, vicine le une alle altre, quando non accalcate, a chiacchierare senza nessuna protezione. Ecco, probabilmente sono i calabresi a dover diffidare la Confersercenti. Dulcis in fundo il neonominato commissario alla sanità, l’emiliano Zuccatelli, si scopre che ancora a maggio pensava al Covid-19 come ad una qualsiasi influenza, che non è proprio il massimo per uno che deve gestire un’emergenza del genere: la goccia che fa traboccare il vaso di una protesta dove a giuste rivendicazioni si sommano strumentalismi politici e qualche mestatore nel torbido. L’unica nota positiva è che in questo marasma, qualcuno abbia lodevolmente pensato a Gino Strada e che Conte lo abbia chiamato. Una scelta che se andasse a buon fine potrebbe segnare una svolta nella martoriata sanità calabrese. Purtroppo questa tragicommedia manicomiale si nutre anche di altro. Preso in mezzo tra il negazionismo “ignorante” di Spirlì (ipse dixit in materia sanitaria) e le cronache degli organi d’informazione, il cittadino è a dir poco spiazzato. Lo stesso Tg regionale ci mette del suo con un racconto del lockdown schizofrenico: da un lato le criticità sanitarie e l’elenco dei contagi quotidiani, dall’altro, con la scusa di dare la parola alla gente, il microfono aperto a considerazioni non sempre centrate. Eppure al tg calabrese ci sono giornalisti che fanno il loro mestiere senza limitarsi a reggere il microfono al potente o al cittadino di turno, lo fanno con onore e a rischio di minacce e intimidazioni, ma con il lockdown accade che quasi mai si faccia un distinguo. A chi si lamenta non si sottolinea mai garbatamente che la salute forse dovrebbe stare al primo posto; che contagi, ricoverati e morti sono in costante e pericolosa crescita, molto più che a marzo; che non bastano le raccomandazioni per evitare il peggio. E così i servizi sul lockdown diventano una malinconica litania di invettive o, quando va meglio, di espressioni di delusione e di stanchezza più che comprensibili. E non accade quasi mai che si dia voce a quella maggioranza silenziosa di calabresi che non va in strada, non protesta e sta a casa spaventata, magari convinta che la chiusura sia arrivata appena in tempo a evitare guai seri. Se già non lo sono.

 

Smettiamola di parlare di “dittatura sanitaria”

L’evidenza delle cifre dei contagi e dei morti causati dalla pandemia ha smorzato molti degli ardori di quanti, al grido di “libertà, libertà”, si erano schierati contro la dittatura sanitaria che incombeva minacciosa sulla nostra democrazia. Il fatto che nella catena di comando che gestisce l’emergenza provocata dal Coronavirus fossero inseriti organismi come l’Iss o il Comitato tecnico scientifico era stato l’argomento preferito di quanti accusavano il governo di aver introdotto una sorta di mutazione genetica nel funzionamento delle nostre istituzioni. L’aver dato tanto spazio all’intervento dei medici sembrava così evocare gli aspetti più inquietanti della biopolitica, con lo Stato che mirava a impadronirsi anche fisicamente dei corpi dei cittadini e a travolgere ogni possibile autonomia della nostra sfera privata.

In realtà, nella democrazia italiana, il ricorso a inserimenti di questo tipo è un aspetto fisiologico del funzionamento del sistema politico. A seconda delle varie fasi che hanno scandito la nostra storia dal dopoguerra in poi, altre istituzioni e altre “agenzie” sono state di volta in volta inserite nel concerto decisionale tradizionalmente composto dal Parlamento, dal governo e dalle Regioni.

È stato così ad esempio negli anni Settanta, quando, di fronte all’emergenza di un conflitto sociale reso incandescente dalla radicalità delle rivendicazioni e dalla violenza del terrorismo, il sindacato si affiancò ai partiti e al governo in un’efficace opera di mediazione e di controllo. Si parlò allora di pansindacalismo, alludendo all’estendersi del ruolo del sindacato da difensore del salario e delle condizioni di lavoro in fabbrica a interlocutore diretto del potere politico sulla sanità, le pensioni, la casa, i trasporti, etc. Tutto questo durò almeno fino al 1985 e al referendum sulla scala mobile. Successivamente, negli Anni 90, quelli dell’egemonia berlusconiana e del rapporto strettissimo tra politica e televisione, ci si riferì a Porta a Porta, la trasmissione di Bruno Vespa, come alla “terza Camera”, quasi un nuovo ramo del Parlamento in cui venivano ratificate decisioni e programmi di governo (il “contratto con gli italiani”, siglato davanti alle telecamere dal leader di Forza Italia) e si legittimavano carriere ministeriali. Furono quelli gli anni in cui la televisione fu chiamata a una sorta di supplenza nei confronti di una politica sempre più autoriferita e narcisista, tenendo in piedi canali di collegamento con l’opinione pubblica che le macchine linguistiche dei partiti erano ormai nell’impossibilità di assicurare. Rispetto a questi significativi precedenti, prima l’insediamento del Comitato tecnico scientifico, poi l’istituzione di una “cabina di regia” (con 3 rappresentanti del ministero della Salute, 3 dell’Iss, 3 delle Regioni) segnalano un’urgenza diversa dal conflitto sociale degli anni Settanta o dalla necessità di puntellare il carisma mediatico della leadership berlusconiana.

Questa volta si tratta di tutelare la salute, in una congiuntura drammatica nella quale questa priorità si impone su tutte le altre, travolgendo le ragioni dell’economia, ridimensionando i privilegi del mercato, mettendo in crisi il nostro tenore di vita e le nostre abitudini.

Proprio in questo senso si è parlato di dittatura sanitaria, evocando gli aspetti più inquietanti del progetto totalitario novecentesco, del nazismo in particolare: nel delirio di potenza hitleriano l’esistenza biologica degli individui era l’occasione per l’esercizio di un potere che si saziava umiliando e profanando i corpi delle sue vittime, riducendoli a esseri biologicamente animali. Il lager fu il luogo in cui questo tentativo si mostrò in tutta la sua mostruosità. Ma, più in generale, di biopolitica si poteva parlare anche in relazione al funzionamento complessivo delle istituzioni naziste: il popolo tedesco diventò allora una sorta di corpo organico, da curare e proteggere, amputandone violentemente le parti infette, quelle “spiritualmente già morte”. Il corpo della nazione coincideva con la razza.

Biopolitica, nazione, razza sono tre concetti indissolubilmente legati. Senza una razza da proteggere ed esaltare, e una nazione che la incarni, la dittatura sanitaria, nella sua dimensione biopolitica, viene svuotata di significato da una pandemia che travolge tutti i confini nazionali, azzera le differenze razziali, colpisce ovunque, indipendentemente dalle diverse forme di governo e di Stato. “Prima gli italiani” è uno slogan che proprio il virus ha espulso da questa fase politica.

 

Gli sberleffi antireligiosi educano al pensiero critico, non dogmatico

Uno Stato laico non pone alcun limite alla satira anti-religiosa perché non vuole limitare alcuna critica. Se il credente che si offende non dimostra che esiste l’essere invisibile in cui crede, non può esigere “rispetto” del suo “sentimento religioso”. Perché un’assurdità dovrebbe essere rispettata? Un’assurdità non è sacra: è ridicola, o tragica, specie se porta a confondere peccato e reato. Lo sberleffo anti-religioso educa al pensiero critico, non dogmatico. Tutte le religioni sono pura fantasia. YHWH, per esempio, è un’espressione dell’immaginario ebraico, come Superman e Spiderman; ma i fan di Spiderman non pretendono che il loro beniamino esista davvero. Se, invece, addirittura considerassero il loro culto una religione, in questo caso lo spernacchio sarebbe non solo auspicabile, ma necessario. Per il loro stesso bene.

Altre traveggole.In Iran, nel 2015, un quotidiano bandì un concorso per la miglior vignetta sull’Olocausto, in segno di “protesta” contro Charlie Hebdo. Una provocazione idiota; e il patetico vincitore non superò l’estro di Jules Feiffer. Nel 1960, Adolf Eichmann fu catturato dal Mossad in Argentina e tradotto in Israele, dove venne processato. Per l’occasione, a New York, qualcuno si presentò a un party con una spilla che diceva ”I like Eich”, una parodia della spilla elettorale 1952 “I like Ike” (Eisenhower). Ilarità generale. L’unico a non ridere fu l’umorista Jules Feiffer. “Dai, Jules, non lo trovi divertente?” “Solo fino ai primi cinque milioni.” Come si vede, un bravo autore satirico riesce a commentare tutto in modo arguto. La satira esprime un’opinione. L’unica opinione che anche in democrazia non può essere ammessa è quella totalitaria, perché una volta al potere cancella la democrazia.

Gli omicidi motivati da vignette satiriche, compiuti da terroristi che invocano il Profeta, obbligano a ricordare alcune cosine:

– il Corano minaccia di morte gli infedeli (forse è solo un problema di traduzione: “Uccideteli ovunque li troviate” magari nell’originale era “Porgete l’altra guancia”).

– le vignette anti-semite pubblicate quotidianamente in Egitto e in Arabia Saudita sfruttano stereotipi di gran lunga più offensivi di quelli utilizzati in Occidente, ma non per questo i vignettisti arabi devono temere per la loro vita.

– l’Europa moderna, laica, del commercio e della democrazia, appare col Rinascimento, nel momento in cui il cristianesimo, scosso dalla Riforma, comincia a perdere il controllo sull’organizzazione sociale.

– la repubblica, la separazione dei poteri, il suffragio universale, la libertà di coscienza, l’eguaglianza dell’uomo e della donna non derivano dalla religione, che li ha anzi a lungo combattuti.

– non puoi correggere un’istituzione quando è una religione. I musulmani lapidano le adultere: non potrebbero farla franca, se non fosse per motivi religiosi. L’odio viene da qualche meandro profondo, ma le religioni gli danno una cornice nobile. È uno dei motivi per cui sono pericolose.

– grazie alla rivoluzione francese, le adultere occidentali non vengono lapidate (però finiscono su Novella 2000: questo, per alcuni, è progresso).

– chi si offende per la satira religiosa fa il gioco dei terroristi.

La satira sulla religione non offende le persone, solo i loro pregiudizi. Questo vale per tutta l’arte. Prendete Piss Christ, un’opera d’arte di Andres Serrano che fece scandalo molti anni fa. Era la foto di un crocefisso a mollo in un bicchiere di urina. Molti la giudicarono blasfema. Ma non considerano quello che quest’opera d’arte ha fatto per l’urologia.

(2. Fine)

 

Pfizer o della ossessione anti stato

L’annuncio del colosso americano Pfizer e il suo partner, la società tedesca BioNTech, di essere pronti a produrre un vaccino anti-Covid efficace per oltre il 90% sembra aver, per così dire, prodotto una strana reazione avversa. Non parliamo del medicinale, ovviamente, quanto dell’ossessione anti-Stato di una parte dei nostri commentatori e perfino della Pfizer. L’ad della società ha spiegato di non aver voluto finanziamenti pubblici federali per non avere condizionamenti dalla burocrazia. I fautori del libero mercato come panacea di tutti i mali l’hanno sbandierato come un trionfo del capitalismo, unico incentivo per spingere un’azienda a investire per trovare un vaccino. Sarà, eppure la ricerca non l’ha fatta Pfizer ma BioNtech che per questo ha ricevuto 445 milioni di euro dal governo tedesco. Soldi pubblici. Pfizer, peraltro, dopo averlo inizialmente negato, ha dovuto ammettere di partecipare all’operazione governativa “Warp Speed” lanciata dall’amministrazione Trump con la quale ha concluso un accordo da 2 miliardi (pubblici) per fornire 100 milioni di dosi del vaccino. Non saranno gli unici soldi pubblici che Pfizer riceverà. Ricerca e innovazione hanno bisogno di imprese e settore pubblico. Ma a qualcuno piace dimenticarselo.

Conte, brutta pagella: ma gli altri?

Uno striminzito cinque virgola qualcosa è il voto, insufficiente, che un sondaggio trasmesso ieri a “L’aria che tira” assegna a questi ultimi mesi del governo Conte. Se fossimo a scuola i genitori dell’alunno sarebbero convocati per sentirsi dire che è un vero peccato, visto che dal famoso 9 marzo in avanti Giuseppe si era ben comportato meritandosi un’alta popolarità e gli elogi dei colleghi stranieri. I più critici sentenzieranno che dalla fine dell’estate il soggetto è apparso incerto, litigioso, e poi indulge a promesse sui cosiddetti ristori non sempre realistiche. Senza contare che fa confusione con i colori della carta geografica. “Sfido a dimostrare che questo Governo abbia buttato via tre mesi o, come si è detto, che è stato in vacanza questa estate”, si giustifica lui con “La Stampa”, impegnandosi a mettercela tutta per fare meglio. Insomma, le solite assicurazioni dello studente accusato di aver fatto “la cicala”, se non fosse che in tempo di pagelle, per una questione di equità, i voti vanno dati a tutti. Dalla fase dei Dpcm solitari del premier (tacciati di autoritarismo, l’ “emergenza senza l’emergenza” del prof. Cassese) non si è forse passati alla piena condivisione delle scelte? Sarebbe interessante interpellare gli italiani. Che giudizio date del contributo dell’opposizione alla soluzione dei problemi? E, in particolare, quali proposte avanzate da Salvini &Meloni per contrastare la diffusione del contagio meritano la promozione (basta ricordarne una)? E quali meritano una sonora bocciatura (basta ricordarne una) ? A quali presidenti di regione dareste un sei pieno? A quali un bel quattro? Di quali virologi vi fidate pienamente (è sufficiente indicarne uno). E nelle mani di quali infettivologi, al contrario, non vorreste mai capitare (fino a dieci nomi)? C’è anche l’autosondaggio: ultimamente vi siete comportati sempre come cittadini consapevoli della pericolosità del virus? Quante volte vi siete assembrati nelle piazze e sulla spiagge? E quando siete usciti di casa, era così indispensabile? E l’obbligo di mascherina? Che voto mi do io? Direi un cinque virgola qualcosa, giusto per rispettare la media. Ma posso (possiamo tutti) decisamente migliorare.

Iv è senza soldi, Renzi dà la colpa ai pm

Il pensierino sul vaccino (“ci siamo davvero”), le congratulazioni all’amico Joe Biden e l’attacco ai magistrati di Firenze che invece di chiedergli “scusa” gli hanno fatto arrivare “un avviso di garanzia multiplo” (insieme a Maria Elena Boschi e Luca Lotti) per la vicenda Open. Ma nell’ultima e-news di Matteo Renzi c’è soprattutto un post scriptum che in pochi hanno notato: “Con l’esplosione della vicenda Open la nostra capacità di finanziamento è messa a dura prova – scrive il senatore di Scandicci – Perché si può fare politica solo se si hanno le risorse. E, avendo abolito il finanziamento pubblico, l’unica strada è il sostegno dei privati, anche solo con piccoli versamenti da 5 €o 10”.

Insomma il leader di Italia Viva chiede agli iscritti o ai simpatizzanti del suo piccolo partito che sostiene (e spesso fa traballare) la maggioranza un contributo per far andare avanti la macchina. Il motivo? Le casse, secondo gli ultimi dati aggiornati al 14 ottobre scorso, piangono: al momento nel 2020 IV ha raccolto erogazioni liberali per 300mila euro, circa 30mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2019 che si è chiuso con 360mila euro raccolti (il calo sarebbe di un sesto).

Ad aggravare il tutto c’è che la metà dei finanziamenti incassati dal partito renziano (circa 140mila euro) provengono dall’obolo da 500 euro che i parlamentari devono al partito. Quindi non donazioni extra ma soldi che provengono da deputati e senatori. Il resto delle erogazioni, circa 150.000 euro, arriva da imprenditori generosi come Lupo Rattazzi (figlio di Susanna Agnelli), il solito Davide Serra, ma anche Emanuele Boschi (fratello di Maria Elena) e l’imprenditore Riccardo Maestrelli, la cui madre Anna Piccioni prestò a Renzi 700mila euro per acquistare la sua villa sulle colline di Firenze. Per intenderci, due partiti più piccoli e senza lo stesso peso parlamentare come Azione di Carlo Calenda o Cambiamo di Giovanni Toti quest’anno hanno raccolto 550mila e 100mila euro solo di donazioni da imprenditori (l’anno scorso addirittura 554mila).

Insomma per Iv il piatto nel 2020 piange e non basta per presidiare il territorio: secondo Renzi il motivo di questo crollo nei finanziamenti si deve proprio alle inchieste della magistratura sulla fondazione Open (“Siamo stati danneggiati, questo è un fatto”). Sarà, ma al momento la crisi di Iv è soprattutto politica: in molti, alla luce dei sondaggi e della concreta possibilità di non essere rieletti, se ne stanno andando.

L’ultimo in ordine di tempo è stato il deputato Nicola Carè che è tornato nel Pd dopo una breve conversione alla Leopolda (“La strada non era quella giusta”) e tra Montecitorio e Palazzo Madama si vocifera di altri quattro tra deputati e senatori pronti a lasciare Iv per tornare tra i dem. Ma anche sui territori non va meglio. La lista di chi sta lasciando si allunga ogni giorno di più: c’è il sindaco di Modica (Ragusa) Ignazio Abbate che ha lasciato perché “Italia Viva non è un partito ma un poltronificio”, l’ex vicesindaca di Viareggio Rossella Martina, la capogruppo in consiglio comunale a Sarzana Beatrice Casini fino al fondatore di Iv a Napoli, Luciano Crolla. E anche Renzi, dicono i ben informati, si sta “guardando intorno” per ottenere una nomina istituzionale, magari all’estero. Sarebbe la fine di un partito già in crisi.

5Stelle, la richiesta a Conte “Un video per il congresso”

Il congresso che non sarà un vero congresso è alle porte, fissato per il fine settimana. Ma per dare un po’ di corpo agli Stati generali i Cinque Stelle hanno bisogno di qualche invenzione, anche mediatica: di qualcosa che faccia da benzina per l’evento di un M5S sfinito da due anni e mezzo di governo e da una valanga di rogne interne, a cui ieri si è aggiunto l’ennesimo addio di un parlamentare, il senatore sardo Gianni Marilotti (“Molti attivisti mi hanno sempre trattato come un infiltrato della sinistra” il suo sfogo). Così ora l’obiettivo dei Cinque Stelle è avere all’evento i due uomini che hanno voluto e costruito il governo giallorosa.

Partendo dal garante e fondatore, Beppe Grillo, che giorni fa ha promesso di intervenire, ma che nelle ultime ore ha un po’ oscillato, seminando dubbi. Così ora nel M5S sospirano: “Beppe è fatto così, è umorale, speriamo che alla fine ci sia”. Ma la speranza è che dica di sì anche il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, a cui il Movimento ha chiesto di partecipare alla due giorni con un video. E sarebbe una testimonianza, da parte del premier che si è sempre descritto come “terzo”, precisando di non essersi mai neppure iscritto al Movimento che pure lo ha portato a palazzo Chigi. Però Conte è indispensabile al M5S dall’identità sospesa, come i 5Stelle sono preziosi per l’avvocato per tenere il mare in tempi di ordinaria bufera. Così ecco la richiesta di un filmato, al Conte che all’ultima edizione di Italia a 5Stelle a Napoli, nel 2019, fece il pieno di applausi dalla platea: perfino di più del padrone di casa e allora capo politico, Luigi Di Maio.

Anche lui, il leader di fatto, prenderà la parola. Scontato che sia tra i 30 grillini che verranno votati dagli iscritti come oratori dell’assemblea, per una serie di interventi previsti per domenica pomeriggio, rigorosamente in via telematica. Una votazione, quella sulla piattaforma web Rousseau dell’ormai nemico Davide Cassaleggio, che darà il suo esito oggi, ma già segnata da polemiche. “Pare che si possa votare tre volte per la stessa persona” ha fatto notare Parole guerriere, sorta di mozione congressuale guidata dalla deputata Dalila Nesci.

Bel problema, visto che il regolamento consente di esprimere un massimo di tre preferenze, ovviamente per persone diverse. L’associazione Rousseau però giura che l’intoppo è solo un’impressione: “Alcuni utenti questa mattina hanno segnalato un problema di visualizzazione grafica in cui compariva per tre volte una stessa persona. In realtà il voto era calcolato solo per uno, non per tre volte, e il problema è stato risolto dopo mezz’ora”.

Spiegazione che convince poco un big di governo: “Ma va bene così, ci fa gioco che Casaleggio continui a combinare guai”. Ormai i rapporti tra la casa madre di Milano e il M5S si limitano a e-mail di stretto sapore burocratico. E la distanza è confermata da un’altra scelta di Rousseau, quella di far pesare i meriti nella votazione dei 30 oratori (per capirsi, vale come titolo anche l’aver organizzato iniziative della piattaforma o eventi vari). “Questo ha fatto scivolare molti dei grandi nomi in fondo all’elenco” spiegano.

Però alla fine tra gli oratori dovrebbero esserci tutti i magiorenti, da Di Maio a Roberto Fico, per arrivare a Paola Taverna e Alessandro Di Battista. E proprio l’ex deputato è oggetto dei ragionamenti dei big, che puntano a tenerlo dentro la futura segreteria. Un organo collegiale che, stando alle ultime voci, potrebbe essere composto di sette membri, inclusi 5Stelle di governo. Di Battista potrebbe rappresentarvi l’anima più movimentista. E sarebbe un modo anche per scongiurare un’eventuale scissione nel nome di Casaleggio: di fatto impossibile senza che ci sia lui a guidarla o quanto meno a rappresentarla. Ma per riprender quota c’è bisogno di tornare a coinvolgere Grillo, o almeno è quanto dicono in parecchi. Per questo il pressing per la sua presenza agli Stati generali assomiglia quasi alla supplica. Mentre alcuni parlamentari vorrebbero addirittura proporre un incarico aggiuntivo per il garante. Un’altra via per fargli tornare la voglia di occuparsi di loro, dei 5Stelle.