Da noi arriva la conferma che a essere più debole è la fascia “più anziana” della popolazione studentesca, mentre in Germania parlano di “lockdown-salame” perché riguarderebbe solo alcune fette della scuola. E partiamo da qui. Secondo i dati della Bild, elaborati da quelli dell’Associazione federale insegnanti, sono 300 mila gli scolari tedeschi in quarantena e 30 mila gli insegnanti, su un totale di 11 milioni di alunni e 800 mila docenti. Il passo successivo – al momento divisivo nel Paese – per la ministra dell’Istruzione federale, Anja Karliczek, potrebbe essere l’uso delle mascherine in classe anche alle elementari. Fare il raffronto con l’Italia potrebbe essere possibile, ma purtroppo non ci sono ancora dati ufficiali e dunque anche le decisioni che vengono prese al momento o le richieste che vengono avanzate non ne tengono conto. Come per quelli tedeschi, però, qualche monitoraggio arriva da osservatori di “settore”: il sindacato Unsic, ad esempio, ieri stimava almeno 105 mila casi complessivi, di cui circa l’80% tra studenti. Resta, ovviamente, il problema generale: come per il dato complessivo dei contagi non è possibile ricostruire l’iter attraverso cui sono avvenuti, non si può dire se quei numeri rappresentino contagi avvenuti tra i banchi. Ed è anche questo il motivo per cui ieri il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro ha giustamente parlato di “fascia di rischio” nell’incontro tra il premier Giuseppe Conte e i capi delegazione della maggioranza, sostenendo che sul fronte scuola la più critica sia quella che va dai 14 ai 18 anni. Una rassicurazione che si spera lasci invariato lo status quo (didattica a distanza alle superiori ovunque, elementari e medie in presenza nelle zone gialle e solo elementari e prima media nelle zone arancioni e rosse) senza assecondare le istanze di chiusura totale, o comunque di tutte le medie, che continuano ad arrivare da alcuni ministri e da quasi tutto il Pd.
La scuola resta insomma osservata speciale e la ministra Lucia Azzolina continua a sostenere la necessità che possa beneficiare dei test rapidi chiesti da mesi e ora ordinati dal commissario Arcuri (13 milioni). “È importante velocizzare le procedure. La scuola è un formidabile strumento di tracciamento” ha detto rispondendo a chi non crede sia un’attività produttiva: “È la principessa delle attività produttive, e chiudendo si rischia un vero e proprio disastro educativo, sociologico, formativo, psicologico”. Come dire: anche in un lockdown totale potrebbe forse essere l’unica attività da tener aperta.
Intanto a Torino, Lisa e Anita, due studentesse della scuola media Italo Calvino di via Sant’Ottavio, hanno deciso di manifestare contro la chiusura sedendosi con un banco – mascherina sul volto – davanti all’istituto e seguendo da lì con un tablet la lezione a distanza. E ieri la ministra ha telefonato proprio ad Anita, assicurandole di star facendo “tutto il possibile per tenere gli istituti aperti e permettere anche ai più grandi di rientrare, tenendo conto della situazione epidemiologica”. Ha parlato anche la madre: “Ho due figli e sono convinta che entrambe le scuole che frequentano siano luoghi sicuri – le ha detto – Continui a lottare per le scuole aperte”.