“Mi dissero che se Sileri avesse ritirato il ricorso, le cose si sarebbero messe a posto”. Lo racconta il professor Giuseppe Petrella, già docente di chirurgia generale a Tor Vergata, durante il processo all’ex rettore Giuseppe Novelli, imputato di tentata concussione e istigazione alla corruzione, in merito alle pressioni che avrebbe fatto ai ricercatori Giuliano Gruner, avvocato amministrativista, e Pierpaolo Sileri, chirurgo e oggi viceministro alla Sanità. L’ex rettore Novelli, per la procura di Roma, avrebbe minacciato Gruner “di compromettere irrimediabilmente il suo futuro professionale” e prospettato vantaggi professionali a Sileri affinché ritirassero il ricorso al Tar che bloccava la procedura di nomina di professore. Ma i due ricercatori contestavano la preclusione di partecipare a due procedure per due posti da docenti associati, prima a bando di concorso e poi diventato a chiamata diretta. Sarà il Tar del Lazio (marzo 2017) a riconoscere i vizi della procedura e poi il Consiglio di Stato (nel 2018) ad annullare la procedura. “Venivo avvicinato dal rettore (Novelli) e dal prorettore (Carlo Franchini, ndr), mi dissero di mediare, di far ragionare Sileri – racconta Petrella –. Ci furono molte telefonate per mettere in cattiva luce Sileri tra colleghi della chirurgia. Ricordo che mi chiamavano da tutta Italia, l’argomento divenne di dominio pubblico, tanto che mi dicevano: ma tu sei il docente di Tor Vergogna?”. Poi Petrella aggiunge: “Il professore Franchini mi disse che mi ero messo con quel delinquente (inteso con Sileri, ndr) e che lui sapeva tutto di loro, che Sileri e Gruner andavano a pranzare con i giornalisti. Gli dissi: ma sei dei servizi segreti?”. In aula è ascoltato anche Lucio Achille Gaspari, già direttore di chirurgia generale di Tor Vergata: “Sileri era ritenuto uno che creava problemi, c’era un clima un po’ ostile nei suoi confronti. Gli consigliai di vedere altre soluzioni in altre sedi e proposi il concorso a Chieti”. L’accademico spiega come andò. “Il presidente della commissione mi disse informalmente che Sileri era il vincitore. A Novelli raccontai che Sileri sarebbe andato a Chieti, e mi disse che avrebbe avvertito il rettore di non chiamarlo. Non diedi peso a quella frase e non lo dissi a Sileri”. Eppure il bando di Chieti fu bloccato. “L’ex rettore (Carmine Di Ilio, ndr) non accettò i verbali, annullando il bando – spiega Gaspari –. Sono sempre stato convinto che non fu l’intervento di Novelli, ma che il posto era per un medico di Chieti”.
Ue, Recovery fund e bilancio: trovato il compromesso
Dopo settimane di scontri e dure trattative, i negoziatori di Consiglio e Parlamento europeo hanno trovato un accordo sul prossimo bilancio pluriennale da 1.074 miliardi e sul pacchetto per la ripresa post Covid da 750 miliardi di euro concordato a luglio. Gli elementi dell’intesa riguardano il “rafforzamento mirato dei programmi Ue”, nel rispetto delle conclusioni dei capi di Stato. Il Parlamento ha ottenuto 16 miliardi in aggiunta al pacchetto concordato dai capi di Stato. I soldi arriveranno in gran parte (11 miliardi) dalle multe dell’Antitrust Ue. “Un ottimo risultato per i cittadini”, ha sottolineato il presidente del Parlamento Ue David Sassoli, che ora avranno a disposizione più fondi per programmi come Horizon (ricerca), Invest-Eu, Erasmus+ ed EU4Health (sanità). Ma nonostante il grosso passo avanti, raggiunto senza dover rimettere mano al compromesso chiuso dai 27 leader a luglio, il traguardo per lo stimolo economico da oltre 1.800 miliardi è ancora lontano.
Rai, Ammirati va alla Fiction. Via 2 leghisti in vigilanza
Rai Fiction, senza direttore da giugno, avrà una nuova guida: Maria Pia Ammirati, attuale direttrice di Rai Teche. Ammirati (vicina al Pd, area Franceschini) approda in Rai nel 1990 e negli anni Duemila è stata vicedirettrice di Rai1. Sempre oggi Pierluigi Colantoni sarà nominato alla direzione Nuovi Format. Secondo voci interne, sul nome di Ammirati è andato in scena un braccio di ferro ora risolto con il via libera alla vicedirezione di Rai1 di Angelo Mellone (area Fdi), che oggi sarà nominato insieme ad altri nuovi vice per un totale di 18 vicedirettori di rete: 7 a Rai1, 6 a Rai2 e 5 a Rai3. Nomine che il vertice Rai ha definito “light” perché l’aggravio sulle casse della tv pubblica sarebbe limitato. “Non sono a costo zero”, dicono però Borioni e Laganà. E sui conti in rosso di mamma Rai sarà interessante sentire oggi in Vigilanza Roberto Gualtieri. Matteo Salvini, intanto, cambia due suoi membri in Vigilanza: al posto di Paolo Tiramani e Igor Iezzi entrano Alessandro Morelli ed Elena Maccanti.
Mail Box
Complimenti a Roma per l’omaggio a Proietti
Vorrei ringraziare i funzionari che hanno organizzato nei giorni scorsi i funerali di Gigi Proietti. Il corteo dal centro della città fino a Piazza del Popolo, alla Chiesa degli Artisti, è stato un omaggio davvero commovente. Brava Roma!
Edmea Cirio
Immigrazione e calcio devono essere gestiti
Durante la seconda ondata del Covid-19, non riesco a capire perché le squadre di calcio viaggino in tutto il paese – zona rossa, arancione e gialla – e in tutta Europa per giocare e gli immigrati clandestini (con potenziali terroristi) arrivino ancora a Lampedusa e vengano trasportati sulla terraferma.
Peter Fieldman
La partitocrazia premia gli iscritti, non il merito
Il pasticcio del commissario alla sanità in Calabria è l’ennesimo esempio di come la “partitocrazia” (regime politico in cui il potere e la vita politica dello Stato ruotano attorno ai partiti, i quali si sostituiscono agli organi previsti della Costituzione) sta rovinando il paese. Troppo spesso i partiti mettono i loro iscritti, invece di gente competente, in posizioni di potere (commissari, consiglieri nei vari CdA, …).
Claudio Trevisan
Campidoglio, le elezioni interessano solo i talk
Aumentano giornalmente i contagi e i decessi da Coronavirus, con ospedali vicini al collasso e “scenari da medicina di guerra”: eppure in cima ai pensieri di zelanti conduttori/trici di talk show ci sono le elezioni amministrative del prossimo anno a Roma, con interviste del compiacente autocandidato sindaco Carlo Calenda!
Salvatore Giannetti
Cirio ha uno stile assai poco piemontese
Un commento sulle intemperanze verbali del presidente del Piemonte. Alberto Cirio con le sue parole e i suoi atteggiamenti non fa altro che confermare la fine del “sabaudian style”. Ovvero quella che la tradizione riteneva essere le caratteristiche dell’uomo pedemontano: lealtà, misura nei gesti e nelle parole, il senso dei propri limiti e l’obbedienza non servile. Pensare che una vecchia pubblicità recitava : “Cirio conserva!”
Flavio Olivero
I Tribunali sono luoghi sicuri e sanificati?
A proposito degli sforzi fatti per lo svolgimento in sicurezza dei procedimenti giudiziari, le modalità di trattazione scritta, ovvero mediante udienza da remoto, sono state applicate solo per i giudizi di prime cure e non anche per i successivi gradi. In particolare, mentre le cause di appello sono tenute quasi esclusivamente in presenza ma scaglionate, in Cassazione i processi vengono ancora tutti chiamati alla stessa ora: ne rinviene che quasi 40 avvocati corrono il rischio di ammassarsi nei vestiboli del “Palazzaccio” e solo il loro senso di autoresponsabilità, ovvero il loro istinto di autoconservazione, consente di evitare un concreto pericolo di contagio.
Eugenio Scrocca
Più poteri ai Comuni per stare meglio tutti
Meglio restino solo i comuni e lo Stato: risparmieremmo una montagna di soldi, staremmo sicuramente meglio e ci sarebbe risparmiato l’indecoroso ed avvilente spettacolino d’arte varia ora in corso. Nel contempo abolirei anche le inutili authority del piffero.
Vittorino D’Agostino
Trump non accetta la sconfitta: è pericoloso
Trump non ha nessuna intenzione di accettare la sconfitta elettorale. Prima che cominciassero le votazioni, diceva già che i voti postali sono un imbroglio. Anche nella notte dopo il voto ha ripetuto che lui è il vincitore, mentre accusava i democratici di irregolarità senza portare uno straccio di prova. Dice che non sloggerà. Durante il conteggio ha gridato: “Fermate lo spoglio!”. Tra tante menzogne, ha anche sparato che ci sono più voti che votanti. Perché il giornalismo italiano lo tratta con tanta reverenza e dice che questa è una sua tattica, senza accorgersi che Trump è pericoloso per la tenuta democratica del Paese?
Anilo Castellarin
La rassegna stampa della Rai è frivola
Ebbi a criticare la conduzione della trasmissione Rai “Rassegna stampa’’. Sabato scorso mi sono sintonizzato: la giornalista in studio ha presentato due suoi conoscenti, due giornalisti Rai come ospiti remoti, e poi ha cominciato a parlare di Biden con grande enfasi come se fosse l’Arcangelo Gabriele. Era tutto un togliersi la parola per dire poco o nulla di nuovo e sullo sfondo scorrevano le immagini di Biden e Obama che correva, ripetute per decine e decine di volte. La cosa che mi ha urtato particolarmente sono stati i sorrisetti di compiacimento che si scambiavano fra di loro i partecipanti e che il tutto avvenisse in uno studio nel quale campeggiava il titolo della trasmissione “Rassegna stampa’’. E dei quotidiani? Quasi nessuna notizia. Non si potrebbe fare qualcosa per avere delle trasmissioni che facciano quello che debbono fare e non una passerella per pettegolezzi?
Franco Novembrini
Idrossiclorochina. È presto per dire se funziona: le ricerche sono in corso
Sulla pandemia stiamo assistendo a un confronto politico-sanitario sempre più surreale che crea confusione e disagio crescenti nella pubblica opinione. Giorni fa Giacomo Salvini e Antonio Padellaro hanno riferito dell’intervento di Matteo Salvini sull’impiego dell’idrossiclorochina quale farmaco utile nella terapia. Lungi da me la condivisione di qualunque idea del sovranista, ma per onestà intellettuale devo testimoniare la mia esperienza di reduce da un lungo ricovero ospedaliero all’Hospital di Boscotrecase (Na) per aver contratto il Covid. Io, come gli altri pazienti, siamo stati sottoposti a un protocollo sanitario che prevedeva la somministrazione quotidiana dell’idrossiclorochina oltre ad antibiotici, cortisone ed eparina. Questa terapia ha prodotto ottimi risultati: l’idrossiclorochina è stata quindi cruciale nella battaglia per la vita. Ho sentito il dovere di testimoniare la mia esperienza affinché si possa valutare senza pregiudizi anche l’impiego di questo farmaco nella lotta al virus.
Vincenzo Califano
Gentile Vincenzo, l’idrossiclorochina è stata proposta nel 1946 come versione meno tossica della clorochina, sintetizzata nel 1930 contro la malaria. All’inizio della pandemia, è stato osservato che poteva interrompere la replicazione del virus SarsCov2 nelle cellule umane. Da quel momento sono state avviate decine di sperimentazioni, tra cui quella promossa dall’Oms. I risultati degli esperimenti su animali e poi sull’uomo, molti di cui ancora in corso, mostrano risultati controversi. Per ora la conclusione su cui c’è maggior consenso da parte della comunità scientifica internazionale è che nelle fasi avanzate della malattia Covid la molecola sia inefficace, mentre mostrerebbe maggiore successo se somministrata ai primi sintomi. A complicare le cose, c’è poi stata una importante ricerca scientifica che concludeva che la molecola causasse gravi effetti collaterali. È stata pubblicata dalla prestigiosa rivista medica “The Lancet”. Ma a giugno scorso, “Lancet” stessa ha dovuto ritirare lo studio perché i dati si sono rivelati sbagliati se non contraffatti intenzionalmente. Sono in corso al momento circa 180 studi sull’efficacia e la sicurezza dell’idrossiclorochina per il trattamento del Covid che chiariranno i dubbi di tutti quanto prima. Almeno è ciò che ci auguriamo.
Laura Margottini
Il Cts raccomandi lo speciale su Gigi
Quanto mi piacerebbe che tra le raccomandazioni fatte alle zone rosse, arancioni e gialle ci fosse anche la visione dello speciale dedicato a Gigi Proietti da Rai Play, visione che raccomanderemmo anche al Comitato tecnico scientifico in persona: forse, invece di chiudere i centri commerciali il sabato e la domenica, avrebbero deciso di tenere aperti cinema e teatri dal lunedì al venerdì. Sulla piattaforma Rai si possono rivedere rari pezzi unici come Attore, amore mio, versione televisiva di A me gli occhi, please, uno degli ultimi varietà firmati da Antonello Falqui; oppure Il Circolo Pickwick secondo Ugo Gregoretti, sperimentalismo applicato al romanzo sceneggiato, un Dickens al quadrato che volatilizza l’idea corrente di fiction. Poi c’è Febbre da cavallo, né poteva essere diversamente perché parliamo di un brutto anatroccolo trasformato in cigno dal piccolo schermo, quel piccolo schermo che al cinema ne ha fatte più del coronavirus al Pio Albergo Trivulzio. Passato quasi inosservato quando uscì nelle sale (1976), solo qualche anno dopo cominciò a macinare ascolti grazie alle prime tv private, come un brocco che si scopre all’improvviso purosangue (esattamente quello che accade nel film). Tele Roma Europastava per fallire, ma riuscì a salvarsi mandando a ripetizione Febbre da cavallo, dove giganteggia il mattatore che in quegli stessi anni aveva stregato i teatri di tutta Italia. Incredibile ma vero, in quella perfetta commedia con le pezze al culo Gigi Proietti aveva incontrato il suo doppio, il personaggio che gli sarebbe rimasto accanto come un’ombra, un’identità segreta: il sorriso fecondatore incorniciato dal collo di pelliccia di Mandrake, uno di quei matrimoni che nemmeno la morte riesce a separare. Il cinema traffica spesso con la magia, ma in questo caso c’è un patto di ferro, un whisky maschio senza rischio. A rivederlo oggi non ci sono dubbi: Febbre da cavallo non è un film, è una mandrakata.
Grasso scopre Silvio nuovo leader moderato
La riabilitazione continua. Domenica sera la telefonata in diretta di Berlusconi alla trasmissione di Fabio Fazio ha suscitato in un osservatore speciale un incontenibile moto d’affetto. Aldo Grasso, il corsivista del Corriere della Sera, è rimasto letteralmente fulminato dal Cavaliere. “L’ex premier ha parlato da statista: è necessario prendere decisioni condivise, serve chiarezza sui criteri di chiusura delle Regioni, il governo ha perso tempo prezioso”. Grazie a Silvio, il giornalista del Corsera può cullarsi teneramente nella malinconia per i tempi che furono. Le parole del Cav sono come una madeleine proustiana: “La voce di Berlusconi, indebolita dai postumi del Covid, ma non per questo meno chiara, ha ribadito che il centrodestra vincente è solo quello a trazione liberale”.
Insomma, Grasso ha un’ideona: sovranismi addio, la destra ha finalmente trovato il suo vero leader.
“D’improvviso i suoi presunti eredi – Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Antonio Tajani o chi per lui – sono apparsi ridimensionati da una semplice telefonata di buon senso”. L’Italia scopre un giovane di belle speranze: Berlusconi. Come abbiamo fatto a non accorgercene per tutto questo tempo?
Cialtroni da Covid. La nuova strada è quella di colpevolizzare i cittadini
È nelle crisi, nelle emergenze, nell’abbraccio della paura che mostriamo il meglio e il peggio di noi, e questo vale, naturalmente, per il Paese che abitiamo. Quel che ne esce a prima vista è un impasto glorioso di fessi col botto e gente che fa il suo mestiere, a volte contro ogni incapacità altrui, come i medici di Alzano Lombardo che alla fine del febbraio scorso rompevano i vetri degli estintori d’emergenza per prendere almeno una mascherina, quelle che la Regione Lombardia non aveva, non mandava, ne comprava milioni farlocche (per non dire dei camici). Chissà, forse il maledetto virus potrebbe servire a qualcosa se lo si usasse per operare sul campo, di fronte agli eventi, una scrematura decisa e massiccia di una classe dirigente incapace che può galleggiare nell’indifferenza delle cose malfatte quando tutto è tranquillo, ma diventa un pericolo quando la crisi morde.
Così non passa giorno che non ci si metta, metaforicamente e non, le mani nei capelli. Il commissario alla Sanità calabrese (ex) Saverio Cotticelli che cade dalle nuvole, balbetta, si imperla, si agita, e poi si difende (in tivù) dicendo che “non ero io” e “forse sono stato drogato”, è caso così ridicolo e clamoroso da farne una specie di paradigma. Ma già altri fenomeni prendono la scena, mischiando incapacità e inconsistenza con mesmerismo, magia, superstizione. Fino al segretario del sindacato di Polizia Siap che indossa (e preme perché ne vengano acquistati a migliaia) una specie di amuleto israeliano che – a sentire lui – purifica l’aria una volta indossato come collana. Un aggeggio che “genera cationi (eh? Ndr) che inibiscono qualsiasi virus”. Insomma, tipo una collana d’aglio. Cascano le braccia.
Potrei continuare con i casi umani, gli improbabili, gli improvvisatori, i cialtroni, i guastatori a intermittenza, i “piccoli Salvini crescono”.
Ma il rischio è che i casi clamorosi – che non sono i più gravi, ma i più assurdamente evidenti – finiscano per addensare su di sé ironie, condanne e reprimende, e che questo distragga un po’ dagli errori enormi commessi e che ancora si commettono. Esempio: pochissima eco ha avuto sulla stampa il grido d’allarme che viene dall’ospedale di Monza, dove si contano oltre trecento sanitari contagiati. Qui non c’entrano i ragazzini che fanno ressa sul bus o i “signora mia, quanta gente c’era al parco” (colpevolizzazione del cittadino livello Pro), ma, evidentemente, protocolli inesistenti o non rispettati. Nonostante questo, l’assalto alle coscienze continua, lo scaricabarile, un classico della dinamica Stato-Regioni, non riguarda solo la politica, ma soprattutto la politica e il cittadino. Basta guardare la nuova campagna di “sensibilizzazione” (ahah, Ndr) della Regione Lombardia, spiritosamente battezzata “The covid dilemma”: una giovane ragazza in primo piano e una domanda: “Indossare la mascherina o indossare il respiratore?”, con tanto di chiosa: “La scelta è tua”. Incredibile. La regione che ha avuto più morti, quella dei pronto soccorso chiusi e riaperti senza sanificazione (Alzano), dei camici del cognato, delle mascherine farlocche, dei vaccini antinfluenzali pagati come caviale, dei cadaveri portati via dall’esercito, delle pressioni confindustriali per non chiudere la Val Seriana, dice alla ragazzina che la scelta tra vivere e morire è sua. Come se in guerra, in presenza di generali incapaci e felloni come quelli che siedono alla Regione Lombardia, si desse la colpa ai cittadini bombardati: la scelta è vostra, che volete da noi?
La badante in nero contagiata e cacciata di casa dai padroni
Gli invisibili capita che si manifestino in vari modi: questa volta è sotto forma di pugno nello stomaco. Ma la storia di Elena, che stiamo per raccontarvi, è un esempio: non è la sola lavoratrice invisibile, senza nome e senza diritti. Chi è Elena? È un medico di cinquant’anni, che circa un mese fa dall’Ucraina arriva in Italia con un permesso temporaneo. Cerca lavoro, lo trova a Brescia, a casa di un commerciante che ha bisogno di far accudire la mamma novantenne. Vitto, alloggio e millecento euro in nero. Anzi, nerissimo: il padrone è terrorizzato dal fatto che si sappia che Elena lavora per loro e le intima di non farne parola con anima viva. Così terrorizzato che quando Elena capisce che l’anziana donna ha il Coronavirus ed è in pericolo, lui la ignora. Quando anche lui si ammala, due giorni dopo, finalmente decide di chiamare un’ambulanza, ma non ascolta Elena che lo supplica di chiedere aiuto anche per lei, perché è sicura di essere stata contagiata. Non se ne fa niente: con la febbre altissima e il fiato corto, Elena è costretta a fare le valigie e a lasciare la casa immediatamente, dopo poco più di due settimane di lavoro. Scende, e per la strada sviene. Per fortuna una ragazza la nota e chiama il 118. Dopo 15 giorni, sabato Elena è uscita dalla terapia intensiva, ma è ancora ricoverata agli Spedali civili in attesa del tampone.
La storia di Elena ce l’ha raccontata una sua connazionale, Svitlana Hryhorchuk, responsabile dei lavoratori domestici dell’Usb e dell’Usb-Campania. Delle condizioni di Elena ha saputo quando era già ricoverata: in ospedale hanno fatto l’ultimo numero della cronologia nel cellulare della donna. Svitlana ne ha molte altre di storie così: non sono meno feroci, e arrivano da tutta Italia, grazie a una rete di aiuto attiva su Whatsapp, con gruppi che si chiamano “La nostra vita all’estero”. La sindacalista racconta che per i lavoratori domestici è un momento drammatico: sono molto esposti alla malattia e hanno paura di contagiare i loro assistiti, temono anche di rivolgersi all’ospedale quando si sentono poco bene perché molti sono in nero e non hanno il permesso di soggiorno. “Si stupirebbe di sapere quanti laureati puliscono le case degli italiani e accudiscono gli anziani”, dice Svitlana con una voce ferma e gentile che un poco ha preso l’accento napoletano. Sono soprattutto donne, e tutte hanno figli o vecchi genitori da mantenere nei Paesi d’origine. Il catalogo delle vessazioni che devono subire è piuttosto vario: colf e badanti non hanno orari e giorni di riposo, spesso sono costrette a lavorare sorvegliate da telecamere (la scusa è che così non rubano) perfino nelle loro camere da letto o nel bagno. Le molestie sessuali per le più giovani sono antiche abitudini purtroppo sempre in voga. Per questo diventano invisibili. Molte si ritirano in se stesse e rinunciano a tutto, scegliendo la strada dell’autosegregazione. I loro figli li chiamano “orfani bianchi” perché crescono senza le loro madri, occupate con le famiglie di altri. E adesso hanno paura di ammalarsi, di morire e non poter più mandare i soldi a casa. Speriamo che di gente incivile come i padroni (le cose, per combatterle, bisogna chiamarle con il loro nome) di Elena, in giro ce ne sia meno di quanto pensiamo. A lei auguriamo una completa guarigione. E di poter tornare in un Paese che le possa garantire condizioni di lavoro decorose, oltre che le cure (perfino in una situazione così complicata). Da questa pandemia abbiamo imparato una lezione sul diritto alla salute: cerchiamo di non ammainare, dopo decenni di precarizzazione e flessibilità, anche gli ultimi vessilli del lavoro. Per riuscirci però ci dobbiamo occupare dei diritti di tutti e degli immigrati in special modo, magari non solo quando si trovano a bordo di un barcone.
B. è come gli italiani, quindi “B. for president”
Nel suo immancabile papello annuale il sempiterno Bruno Vespa ci informa che fra Salvini, Meloni e Berlusconi è stato stipulato un patto per portare quest’ultimo alla presidenza della Repubblica. Tappa seccante ma solo intermedia per l’ex Cavaliere che da “unto del Signore” aspira legittimamente a diventare Monarca di origine divina così come lo erano in Europa tutti i Sovrani medioevali e, più recentemente, in Giappone il Mikado fino a quando i vincitori americani non imposero la devinizzazione dell’Imperatore in nome della loro “cultura superiore”, laica, anche se per la verità il presidente degli Stati Uniti finisce sempre il proprio discorso alla Nazione con la formula “Dio protegga l’America” e non si capisce perché mai il Dio dovrebbe proteggere proprio questi guerrafondai seriali e non piuttosto i pacifici indigeni delle Isole Andamane. Ma quando arrivato ai 120 anni a cui altrettanto legittimamente aspira, ma anche, perché no, oltre, mai mettere limiti alla Divina Provvidenza, e non sarà certo l’ex Cavaliere a porli poiché è cattolicissimo (è anche massone, vabbè, sibbè, embè, chi se ne freg, chi se ne import) tanto che nella turpe stagione di Mani Pulite, allorché i Pm non riuscendo a interrogarlo perché il Premier opponeva sempre i suoi impegni politici, gli proposero la domenica mattina, rispose: “Ma io vado a Messa”, Silvio Berlusconi salirà finalmente all’Empireo. E qui saranno problemi seri per la Santissima Trinità. Perché Berlusconi non è tipo da restar subalterno a nessuno. Poiché il numero dei giocatori non può essere cambiato, così come nel Campionato di calcio i giocatori devono essere undici e se se ne vuole immettere uno nuovo un altro va sostituito, il primo a rischiare la “panca” è lo Spirito Santo, questo “spettro” come lo definisce Borges che non si è mai capito bene che ruolo abbia e in quale posizione giochi. Deciderà il Capitano, sempre che rimanga tale e il Nuovo Arrivato non sostituisca anche lui precipitandolo nel Campionato parallelo dell’Europa League per i misfatti di cui si è reso responsabile (“l’unica scusante di Dio è di non esistere”, Baudelaire) rimpiazzando Lucifero che tornerà al suo posto. Certo sarebbe la prima volta che in un Paese democratico, e anche non democratico, un soggetto che per una colossale evasione fiscale è stato condannato a quattro anni di galera, diventati poi grazie ai benefici uno e mezzo scontato a ridicoli “servizi sociali”, ma insomma condannato in via definitiva, che ha usufruito di nove prescrizioni per reati che percorrono quasi l’intero Codice penale (corruzione di magistrati, falso in bilancio, finanziamento illecito, falsa testimonianza e in almeno tre di questi casi la Cassazione appurò che quei reati erano stati effettivamente commessi ma era passato il tempo utile per giudicarli) che ha quattro processi in corso, assurge alla massima carica dello Stato. Ma per i ‘berluscones’ queste sono bazzecole, bagatelle, anzi infamie ai danni del leader di Forza Italia. Berlusconi, si sa, è vittima della “Magistratura politicizzata”, anche se quando sono gli altri ad essere sotto schiaffo la Magistratura diventa integerrima. Un sillogismo binario, aristotelico, che non può essere revocato in dubbio. Qualche perplessità sull’età è stata sollevata persino da Vespa. Berlusconi si candiderebbe a 85 anni e mezzo e, se tutto va bene, concluderebbe a 92. Ma ci sono dei precedenti illustri. Pertini voleva ricandidarsi a 89 anni e avrebbe terminato il secondo mandato a 96. Quindi Berlusconi ha quattro anni di vantaggio. E Pertini ci teneva fortissimamente a questo secondo mandato, tanto che avendo io scritto un pezzo contrario chiese e ottenne il mio licenziamento insieme al direttore della Domenica del Corriere Magnaschi. Non che gli contestassi l’età, bensì il modo sciagurato con cui “il Presidente più amato dagli italiani” aveva condotto il suo settennato, violando Costituzione, imparzialità, qualsiasi protocollo e persino la buona educazione. Inoltre Berlusconi ha un vantaggio. Pertini non era noto per il suo acume (il vecchio Pietro Nenni, che in tarda età era stato colpito da un’infermità agli arti inferiori, diceva: “A me ha preso le gambe, a lui la testa”), mentre di Berlusconi non si sa se sia intelligente o meno, ai posteri l’ardua sentenza, ma è certamente furbo, furbissimo, astuto, astutissimo. Berlusconi è un bizzarro incrocio fra l’italiano di Machiavelli (“il fine giustifica i mezzi”) e quello del Guicciardini che punta sul “particulare”, ognun per sé e Dio per tutti. Quindi anche culturalmente Berlusconi ci esprime. Rappresenta al meglio il peggio degli italiani, almeno quelli di oggi: disonesti, corrotti, corruttori, opportunisti, cinici. Quindi chi meglio di lui? Io sono favorevolissimo alla candidatura dell’ex Cavaliere al massimo soglio della Repubblica. E grido: “Berlusconi for President, Silvio forever”. E così sia.