Il capo di imputazione riportato sull’avviso di garanzia con invito a comparire è finanziamento illecito ai partiti. L’indagato Matteo Renzi è atteso dai pm di Firenze il 24 novembre. Il senatore di Scandicci dovrà presentarsi, sarà accompagnato dall’avvocato Giandomenico Caiazza, e potrà avvalersi della facoltà di non rispondere oppure parlare e dire la sua verità su modi, tempi e circostanze di come la fondazione Open, la cassaforte del renzismo, tra il 2012 e il 2018 raccolse finanziamenti per 7 milioni e 200mila euro complessivi. Raggranellati grazie alla generosità di più di una trentina di imprenditori sponsor dell’organizzazione della Leopolda, che ai tempi di Renzi premier e segretario del Pd era l’evento politico più atteso, il Sole intorno al quale tutto ruotava. Nel dettaglio: 671.961 euro nel 2012; 700.720 nel 2013; 1.096.283 per il 2014; 452.585 euro per il 2015; 2.105.899 euro nel 2016; 1.017.763 nel 2017 e 1.159.856 nel 2018. E si torna al punto di partenza di una ipotesi ritenuta infondata a settembre dalla Cassazione: quella di ‘Open’ articolazione finanziaria di un partito politico. Con in più il diretto coinvolgimento, stavolta, di colui che era leader della Fondazione e dei dem.
Renzi è uno dei cinque indagati per una accusa che la Procura fiorentina attribuisce anche al consiglio direttivo della Fondazione, tra cui Maria Elena Boschi, che con l’ex premier ha fondato Italia Viva dopo la nascita del governo Conte/2, e Luca Lotti, che invece è rimasto nel Pd. Gli altri due iscritti, peraltro sotto inchiesta fin dalle prime fasi delle indagini, sono l’ex presidente di Open Alberto Bianchi e l’imprenditore Marco Carrai. Sono tutti attesi a Firenze il 24 novembre. Nell’invito a comparire firmato dai pm Luca Turco e Antonio Nastasi si legge che “Bianchi, Carrai, Lotti e Boschi, componenti del consiglio direttivo della fondazione Open, riferibile a Matteo Renzi (e da lui diretta), articolazione politico organizzativa del Partito Democratico (corrente renziana)”, avrebbero ricevuto contributi per 7,2 milioni di euro “in violazione della normativa” sul finanziamento ai partiti, “somme dirette a sostenere l’attività politica di Renzi, Lotti e Boschi e della corrente renziana”. Inoltre Renzi, Lotti e Boschi, si legge ancora nel documento, avrebbero ricevuto “dalla fondazione Open contributi in forma diretta e indiretta, in violazione della normativa” relativa al finanziamento ai partiti. La svolta, anticipata ieri sul quotidiano La Verità, arriva un anno dopo le perquisizioni della Guardia di Finanza agli imprenditori che hanno finanziato Open. Si ritiene che l’iscrizione di Renzi, Boschi e Lotti sia maturata all’esito dell’analisi della documentazione e delle indagini successive.
L’inchiesta è a uno snodo cruciale. La decisione di convocare Renzi arriva poche settimane dopo un provvedimento della Cassazione sbandierato dai renziani come la pietra tombale delle accuse contro il Giglio Magico. Si tratta dell’accoglimento di un ricorso degli avvocati di Marco Carrai contro i provvedimenti di perquisizione e sequestro dell’anno scorso. I giudici del Palazzaccio ne hanno dichiarato la illegittimità e hanno scritto a proposito di Open che “non è sufficiente una mera coincidenza di finalità politiche, ma occorre anche una concreta simbiosi operativa, tale per cui la struttura esterna (Open, ndr) possa dirsi sostanzialmente inserita nell’azione del partito o di suoi esponenti, in modo che finanziamenti ad essa destinati abbiano per ciò stesso un’univoca destinazione al servizio del partito”.
Renzi ha colto la palla al balzo per sottolineare che “in un mondo normale qualcuno dovrebbe scusarsi per le tonnellate di fango che ci hanno buttato addosso”, ripetendo una frase ‘mantra’ quando qualcuno dei suoi è nei guai: “Il tempo è galantuomo”. I renziani sono gli stessi che pochi giorni fa hanno festeggiato come un Carnevale il rinvio a giudizio del maggiore dei carabinieri Gianpaolo Scafarto, accusato di aver taroccato una informativa dell’indagine Consip per aggravare la posizione di Tiziano Renzi, il papà di Matteo. Anche nel caso di Scafarto la Cassazione aveva demolito le accuse. Se il tempo è galantuomo, lo è per tutti, e sempre.