“Trump, sei fuori!”: Biden vince ai punti con la sua Pennsylvania

Joe Biden è il presidente eletto degli Stati Uniti: con la vittoria in Pennsylvania, il suo Stato natale, assegnatagli ieri in mattinata – per prima a rilanciarla la Cnn – il candidato democratico ha raggiunto e superato i 270 Grandi Elettori necessari per conquistare la Casa Bianca. Aggiudicandosi poi anche il Nevada, l’ex vice-presidente di Barack Obama è arrivato a 279. Biden sarà il 46° presidente degli Stati Uniti, il secondo cattolico, il primo fu John F. Kennedy: quando s’insedierà ed entrerà alla Casa Bianca, avrà 78 anni, li compie il 20 novembre. È il più anziano presidente Usa mai eletto. La sua vice Kamala Harris, 56 anni, è la prima donna mai eletta vice-presidente e la prima di origine afro-americana e indiana mai eletta a un incarico così elevato negli Stati Uniti. Il presidente eletto non è un leader carismatico: è una persona per bene, lo ‘zio buono’, l’usato sicuro della politica statunitense, cui un Paese polarizzato da Donald Trump e dilaniato dal coronavirus s’affida per sanare le proprie divisioni e lenire le proprie ferite.

All’annuncio della vittoria di Biden, manifestazioni di giubilo ci sono state a Scranton, Pennsylvania, dove lui è nato, a Washington davanti alla Casa Bianca, a New York e altrove nell’Unione. Gente festante, uomini e donne, bianchi e neri, ispanici e asiatici che temevano altri quattro anni di Trump alla Casa. Il presidente, raggiunto dalla notizia della sconfitta mentre giocava a golf, non vuole però accettare il verdetto e farà scattare da lunedì un’offensiva legale, “per assicurare – dice – che le leggi elettorali siano rispettate e che venga eletto il legittimo vincitore. Questa elezione è lungi dall’essere finita. La vittoria di Biden non è stata certificata in tutti gli Stati”. Per ora, Trump non intende invitare Biden alla Casa Bianca: una scortesia, perché la tradizione vuole che il presidente in carica inviti quello eletto: un tè e l’occasione per ‘mostrargli la casa’, che Biden conosce molto bene.

Mentre Biden assaporava a casa con la moglie Jill, un nonno italiano, il gusto della vittoria, i legali di Trump a Filadelfia facevano una conferenza stampa per tratteggiare la loro strategia. Chi segue l’andamento delle elezioni a livello federale, però, assicura: “Non c’è alcuna prova che ci siano stati brogli” o “voti illegali”; “pochissime le denunce” d’irregolarità pervenute, non suffragate da prove. Nel suo primo messaggio da presidente eletto al popolo americano, Biden, che in serata ha parlato alla Nazione, s’è di nuovo impegnato a essere “il presidente di tutti gli americani”, riconoscendo che “il lavoro da fare sarà difficile”. Harris, che era a casa sua con il marito Doug Emhoff, avvocato di origine ebrea, ha twittato: “Questo voto tocca lo spirito dell’America. Abbiamo molto lavoro davanti. Iniziamo a farlo”. Poi, Joe e Kamala si sono parlati: “Ce l’abbiamo fatta!”. Nel primo discorso alla Nazione da presidente eletto, Biden s’è impegnato a guarire un Paese diviso e ferito, a contrastare l’epidemia di coronavirus e a rilanciare l’economia. Gioia e sollievo sono stati espressi da Barack Obama, regista del successo di Biden, e da Michelle, la ex first lady. Hillary Clinton, che fu battuta da Trump nel 2016, ha twittato: “Joe e Kamala sono una squadra che ha fatto la storia, il ripudio di Trump apre una nuova pagina per l’America. Avanti insieme”. Una teoria di esponenti democratici, fra cui Bill Clinton, e anche repubblicani – i Bush – rende omaggio al ticket vincitore.

Biden e Harris hanno subito aggiornato i loro profili twitter con, rispettivamente, “presidente eletto” e “vice-presidente eletto”. A questo punto, gli Stati ancora mancanti, Georgia, North Carolina, Arizona, saranno ininfluenti, ma se Biden si aggiudicasse Georgia e Arizona, dov’è avanti, salirebbe a 306 Grandi Elettori. La sua vittoria che, la notte delle elezioni, pareva una chimera e che s’era poi andata profilando striminzita, assume dimensioni più consistenti, con un margine di almeno 5 milioni di voti popolari, la riconferma della maggioranza democratica alla Camera e la maggioranza al Senato dipendente dai ballottaggi in Georgia il 5 gennaio.

Ritardo nomine: decaduti i vertici della Consip & C.

La bomba è stata sganciata dai piani alti del ministero dell’Economia: i vertici delle società in house del Tesoro in attesa di rinnovo o sostituzione sarebbero ormai decaduti da mesi, essendo scaduto il termine di “prorogatio” di 45 giorni previsto dalla legge. È l’effetto di un parere redatto dall’ufficio legislativo guidato dal Consigliere di Stato Gerardo Mastrandrea e consegnato nei giorni scorsi al direttore generale del Tesoro Alessandro Rivera. Una mossa forse dettata dalla necessità di forzare lo stallo sulle nomine che dura da mesi.

Ad aprile sono stati rinnovati i vertici delle grandi partecipate, restano però tutte le società, per così dire, minori controllate direttamente o indirettamente dal Tesoro. Tra cda e collegi sindacali siamo a 360 poltrone. Nell’elenco ci sono molte cosiddette “in house”, da Invitalia (collegio sindacale) alla Consip, fino a Sogesid, Equitalia Giustizia, Consap e via discorrendo. Tanti posti, tanti appetiti e quindi uno stallo che dura dalla primavera.

Il 22 settembre scorso il dipartimento del Tesoro ha perciò deciso di chiedere al Gabinetto di Roberto Gualtieri un parere sul regime di prorogatio delle in house. La domanda era semplice: da quando si devono calcolare i 45 giorni, decorsi i quali i vertici decadono? Dalla data di convocazione dell’assemblea che deve approvare l’ultimo bilancio o dalla data in cui il bilancio viene davvero approvato? La risposta è arrivata il 23 ottobre, con il capo di Gabinetto Luigi Carbone che ha trasmesso il parere di Mastrandrea: decorrono già dalla data di convocazione dell’assemblea. L’effetto è dirompente: le assemblee delle in house sono infatti state tutte convocate tra maggio e luglio, nessuna ha approvato il bilancio e sono state rinviate, ma i 45 giorni sono scaduti e quindi i vertici sono decaduti. Nei corridoi del ministero è calato il gelo: i funzionari temono di doverne rispondere personalmente e, soprattutto, gli atti deliberati dai vertici nel frattempo rischiano di essere annullati. Vale la pena di ricordare che tra le società c’è Consip che bandisce le gare per la pubblica amministrazione, ma anche l’assicuratore pubblico Consap o Equitalia Giustizia.

Il messaggio pare essere arrivato a Palazzo Chigi, che da metà ottobre tiene tutto bloccato ancche se l’accordo sulle nomine tra i partiti sarebbe stato trovato: prevede che gran parte delle controllate del Tesoro vedano rinnovati i vertici attuali. Italia Viva incassa la proroga di Cristiano Cannarsa in Consip (ben voluto anche da Gualtieri) e il vertice di Busitalia, la controllata delle Fs per i bus molto forte in Toscana. Ai 5Stelle andrà Consap, a cui è destinato Salvatore Barca, amico di Luigi Di Maio, originario anche lui di Pomigliano d’Arco. Nei cda arriverà poi un discreto stuolo di lottizzati.

Giovedì al vertice di maggioranza, il premier Conte ha promesso il via libera questa settimana. Se non avviene, è pronto un emendamento al decreto Covid per prorogare tutti i vertici. Ma per il passato resta il rischio di una pioggia di ricorsi.

Dl Ristori-bis: aiuti a fondo perduto, bonus e stop tasse

Una nuova tranche di contributi a fondo perduto a un numero più ampio di attività e imprese che hanno chiuso del tutto o con limitazioni di orario nelle zone rosse e arancioni del Paese, garantendo bonifici più alti quasi a tutti rispetto a quanto già ricevuto prima dell’estate sulla base del decreto Rilancio. E poi lo stop delle tasse e misure per le famiglie, il trasporto pubblico locale e la sanità. Ecco il decreto Ristori bis approvato nella notte tra venerdì e sabato; ora confluirà nel primo decreto Ristori, attualmente in esame al Senato. Nel complesso si tratta di nuovi interventi che valgono 2,8 miliardi di euro. Vediamo insieme le misure principali.

Ristori. Avranno contributi al 100% i bus turistici e i trasporti lagunari, i fotoreporter, chi fa corsi di danza, le lavanderie industriali, i negozi di bomboniere, i traduttori e anche i produttori di fuochi d’artificio. Al 200% arriveranno invece guide alpine, musei, biblioteche, monumenti e anche orti botanici e zoo. Incluse rosticcerie, pizzerie al taglio e Internet point che avranno un ristoro al 50% di quanto già avuto in estate. I soldi arriveranno in modo automatico direttamente sui conti correnti. Intanto venerdì sono partiti i bonifici del decreto Ristori 1, che arriveranno a più di 211 mila imprese per quasi 1 miliardo di euro. Ad oltre 154mila bar, pasticcerie, gelaterie e ristoranti andranno più di 726 milioni.

Imu. Viene cancellata la seconda rata dell’imposta nelle zone rosse, dove ci sarà anche un credito d’imposta del 60% per tre mesi sugli affitti cedibile al proprietario dell’immobile locato.

Fisco. Sospesi i pagamenti Iva per il mese di novembre per le attività nelle zone rosse. Non si pagheranno neanche i contributi previdenziali e assistenziali per le attività che operano nelle zone gialle. Per quelle delle zone arancioni e rosse la sospensione è riconosciuta per novembre e dicembre. Prorogato al 30 aprile 2021 il pagamento della seconda o unica rata dell’acconto Ires e Irap.

Centri commerciali. Verrà costituito un fondo per ristorare le perdite subite dalle attività economiche che hanno sede nei centri commerciali e per le industrie alimentari.

Famiglie. Nelle Regioni rosse nelle quali è prevista la sospensione delle attività scolastiche ritorna il bonus baby sitter che vale mille euro. Riconosciuto anche il congedo straordinario per i genitori lavoratori dipendenti: è pari a un’indennità del 50% della retribuzione mensile.

Terzo settore. Previsto un fondo straordinario per le organizzazioni o associazioni che non rientrano fra i beneficiari del contributo a fondo perduto.

Filiera agricola. Decontribuzione al 100% a dicembre per le imprese interessate dal primo dl Ristori attive nei settori della filiera agricola, della pesca e dell’acquacoltura.

Sanità. Arruolamento a tempo determinato di 100 fra medici e infermieri militari.

Trasporto pubblico locale. La dotazione del fondo per il Tpl è incrementata di 300 milioni di euro per il 2021, 100 dei quali possono andare ai servizi aggiuntivi per gli studenti.

Calabria, buco nero Sanità: Conte caccia il commissario

“Devo fare io il piano Covid? Non lo sapevo. La settimana prossima è pronto”. Se la Calabria avrà finalmente un piano per gestire l’emergenza coronavirus non sarà certo quello di Saverio Cotticelli, generale dei carabinieri in pensione nominato commissario straordinario della Sanità regionale nel dicembre 2018 e confermato, sette mesi più tardi, dal governo guidato da M5S e Lega.

La risposta a Titolo V, la trasmissione andata in onda venerdì sera sulla Rai, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Silurato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte (“Va sostituito con effetto immediato”), infatti, Cotticelli ha un solo merito: l’aver fornito sulle reti del servizio pubblico la dimostrazione plastica di come la sanità in Calabria non è stata mai gestita. Piuttosto considerata la mangiatoia dei politici in una regione dove le Asp di Reggio e Catanzaro sono state sciolte per infiltrazioni mafiose, dove nel 2010 l’ex governatore Giuseppe Scopelliti aveva chiuso 18 ospedali e dove il sistema di potere che ruota attorno alla sanità già 15 anni fa era sullo sfondo dell’agguato con cui la ‘ndrangheta uccise il vicepresidente del Consiglio regionale Franco Fortugno.

Chi oggi si meraviglia di Cotticelli lo fa in malafede o perché non conosce la Calabria. Per capire che tutti sapevano cosa stesse succedendo, infatti, è sufficiente rileggere il verbale del tavolo Adduce che controlla la gestione commissariale della sanità regionale. In quell’incontro, avvenuto il 10 ottobre, i tecnici del ministero della Salute e del Mef hanno bacchettato il commissario Cotticelli che aveva il compito di far rispettare il piano di rientro e, invece, si è presentato con un disavanzo di 200milioni di euro.

Se da una parte è vero che il governo ha prolungato il commissariamento della sanità in Calabria, dall’altra il ministro Speranza aveva già archiviato l’esperienza Cotticelli. Lo ha detto ieri anche ai segretari nazionali della Cgil, Cisl e Uil al termine di un incontro in cui si è riservato di indicare il nuovo commissario al Consiglio dei ministri, convocato ieri sera alle 21.30. Mentre, per il segretario regionale della Cgil Angelo Sposato, adesso “serve una task force per trovare i 140 posti letto di terapia intensiva e mettere in sicurezza la salute dei calabresi”, l’ex generale dei carabinieri oggi è il bersaglio del presidente facente funzioni Nino Spirlì che ha preso il posto dell’ex governatrice Jole Santelli, dopo la sua scomparsa.

Nello stesso giorno in cui il Tar ha respinto il suo ricorso contro la “zona rossa”, ieri Spirlì ha dichiarato che “la Regione è stata esautorata dalla gestione degli interventi affidati dai Ministeri alla struttura commissariale”.

Non sembrava così quando dalla Cittadella, sede della giunta regionale, a marzo è partita una nota stampa in cui c’era scritto che la presidente Santelli, “in accordo con il commissario straordinario Saverio Cotticelli e con il supporto del Dipartimento Salute, ha approvato il piano che prevede l’attivazione di 400 posti letto di terapia intensiva”.

Era il libro dei sogni come da due mesi denuncia il presidente degli anestesisti e rianimatori calabresi, Domenico Minniti. A settembre, si domandava “quanti di quei famosi posti letto di terapia intensiva siano stati attivati” segnalando, inoltre, la mancanza di “anestesisti-rianimatori e infermieri”. Dall’inizio della pandemia, Minniti ha contato solo 6 posti in più in tutta la Calabria. Eppure, la Regione in un recente documento parla di 146 posti di rianimazione.

Capitolo a parte è quello delle assunzioni nelle Asp già autorizzate a marzo ma rimaste sulla carta. Su questo sta indagando la Procura di Reggio che ha aperto un’inchiesta sul mancato tracciamento dei pazienti positivi al Covid da parte dell’Azienda sanitaria locale ma anche sui ritardi nei tamponi e nel rilascio dei risultati.

Anche di questo si dovrà occupare il nuovo commissario. Stando ai rumors, il nome potrebbe essere quello di Giuseppe Zuccatelli, un ex consigliere comunale di Cesena (prima Pd e poi Art.1) che conosce bene la Calabria. Oggi, infatti, è il commissario dei due ospedali di Catanzaro. “Aspetto che qualcuno mi dica qualcosa”, risponde. Cosa troverà? “Me lo può chiedere se per caso dovessi essere io il commissario. Non mi metta in difficoltà. Credo che le cose sono oggettive”.

Torino “Non è la cura, ma lo hanno fatto credere”

“Ivaccini antinfluenzali scarseggiano, a fronte di una richiesta importante rispetto all’anno scorso. La responsabilità è della politica che ha creato un clima infame: hanno detto che erano indispensabili, che servono a fare diagnosi differenziali per il Covid, creando ansia nella popolazione”. Secondo Antonio Barillà, medico di base e segretario piemontese del sindacato medici italiani, l’assalto ai vaccini antinfluenzali che in alcune Regioni, come il Piemonte, ha determinato l’esaurimento delle dosi arrivate finora, deriverebbe da alcuni errori dei governanti. “In Piemonte – sottolinea – siamo partiti in ritardo rispetto ad altri territori, il 26 ottobre. La Regione ha la colpa di avere unito al ritardo della partenza la comunicazione che siano indispensabili. Così mentre lo scorso anno abbiamo finito le dosi in tre mesi, quest’anno eravamo senza dopo una settimana”.

“Ce la faremo a vaccinare tutti – sottolinea Barillà – ma a fine novembre. Il problema sono i tempi. L’anno scorso il 48 percento della popolazione a rischio è stata vaccinata, quest’anno siamo già al 60”. Ma il vaccino serve davvero a tutta la fascia di popolazione indicata dal ministero?

Il fatto che quest’anno le scorte stiano finendo subito, è dovuto anche all’estensione degli aventi diritto: oggi, al contrario dell’anno scorso, anche chi ha tra i 60 e i 65 anni può averlo. Qualcuno si domanda se sia utile. “In questo momento – sottolinea Guido Giustetto, presidente dell’Ordine dei medici di Torino – con le difficoltà organizzative negli studi dei medici di famiglia, allargare la platea non è stata l’idea migliore. Occorreva stimolare il vaccino per le categorie a rischio, nelle rsa, tra il personale sanitario”. “Negli studi internazionali – sintetizza Giustetto – si è visto che il vaccino protegge nuclei di persone particolari, come i diabetici, i cardiopatici, chi ha basse immunità, ma se allarghiamo il cerchio la protezione è modesta. È come fare il pieno di benzina in un’auto che ne ha già”. Non solo. Secondo Giustetto, “è mancato da Roma il coordinamento sulla distribuzione dei vaccini tra le Regioni”. “Se si sapeva che le ditte fornitrici – precisa – non sarebbero riuscite a produrre più di un tot di vaccini, sarebbe stato utile un intervento da Roma. Invece ogni regione ha ordinato i vaccini che voleva”. “Credo – rassicura Giustetto – che comunque l’influenza non sarà particolarmente significativa quest’anno. La gente usa la mascherina e così si protegge da tutti i virus”.

Milano ”Mi dispiace, la sua dose l’ho data a un altro”

“Mia madre, 83 anni, è ricoverata da 10 giorni col Covid. Mio padre è in isolamento domiciliare. Entrambi avevano due vaccini antinfluenzali prenotati dall’anno scorso presso il medico di famiglia, ma le loro dosi sono andate ad altri. Perché – ha detto il dottore – non poteva tenerli inutilizzati. Troppa la richiesta”. Quando M.P. racconta quanto sta accadendo ai suoi genitori, a stento tiene a freno la rabbia. La sua è una delle migliaia di storie lombarde che hanno a che fare col vaccino che non c’è. Ma, soprattutto, ciò che sta capitando a M.P. e alla sua famiglia è il manifesto del collasso del sistema sanitario lombardo. Tamponi non fatti, anziani abbandonati, assistenza domiciliare inesistente, contact tracing sconosciuto. Tanto che, paradossalmente, i due vaccini ceduti ad altri, sono l’ultimo dei problemi.

La vicenda comincia 15 giorni fa, quando la madre di M. P. inizia ad avere la febbre. Per 5 giorni rincorre inutilmente il medico di famiglia. Il sesto giorno, il padre chiama l’ambulanza, che arriva e prova la saturazione della signora: 92. Al di sotto del limite di guardia. L’operatore del 118 corregge il referto: il 92 diventa 95. “Meglio evitare l’ospedale – dice – è pericoloso”. E si congeda prescrivendo riposo e tachipirina. Il giorno dopo la situazione precipita: torna l’ambulanza, saturazione a 85, la signora viene trasportata d’urgenza al pronto soccorso di un ospedale privato, dove finisce in sub-intensiva con casco Cpap. Da quel momento di lei, i familiari, non sapranno più nulla, per 8 giorni non li contatteranno mai. Nel frattempo M.P., il padre, tutti i familiari e i contatti stretti della signora entrano in isolamento, in attesa di tampone. Che non arriverà. L’Ats, infatti, non li contatterà mai. Il problema è il padre che, con la moglie ricoverata e tutti i parenti in quarantena, è rimasto solo. Ha 83 anni, un carcinoma e, soprattutto, una febbre che si manifesta quasi subito.

Da tre giorni ha 38 di febbre e ha perso olfatto e gusto. E, mentre si dispera in solitudine (“La vicina lo sente piangere”, racconta M.P.), deve sopportare la notizia della morte della cognata uccisa dal Covid. Ed è in questa situazione surreale – ma che in Lombardia oggi è ordinaria – che il padre di M.P. si sente dire dal medico che né lui né sua moglie potranno fare il vaccino. “Ecco, questa è la sanità lombarda”, commenta amara M.P., mentre si congeda, “scusa, ma ora devo proprio andare. Sto cercando di contattare la guardia medica, perché mio padre sta sempre peggio!”.

Antinfluenzale, la seconda Caporetto delle Regioni

Vaccini in ritardo nelle Asl e negli studi medici, introvabili nelle farmacie. È un flop, in gran parte del Paese, la campagna antinfluenzale 2020. In molte regioni il farmaco contro l’influenza tradizionale tarda ad arrivare. Peggio di tutti la Lombardia, che fin qui ha fornito ai propri medici di famiglia soltanto 50 vaccini ciascuno. Situazione critica anche in Piemonte, mentre in Molise bisognerà chiedere aiuto alle regioni limitrofe. Tipo la Campania, che ha già i suoi guai.

Si difende meglio il Lazio, che da lunedì completerà gli approvvigionamenti e ha riservato una quota maggiore (4% circa) alle farmacie. La gran parte dei vaccini è destinata alla “popolazione a rischio”, generalmente over 65 – ma quest’anno anche over 60 – bambini sotto i 6 anni, soggetti con patologie e personale sanitario: possono averlo gratis, attraverso il medico di base o il presidio Asl di riferimento. Una piccola percentuale – di solito il 7-10% – è riservata alla “popolazione attiva”, soggetti “non a rischio” che possono acquistare il vaccino in farmacia. Quest’estate il ministro della Salute, Roberto Speranza, aveva chiesto alle regioni di riservare alle farmacie il 5%, quota scesa all’1,5% in conferenza Stato-Regioni.

Ma al momento, a parte Lazio (4%), Emilia-Romagna (3%) e Toscana, nessuna regione è stata in grado di ottemperare: “Bisogna riformare il Titolo V della Costituzione – tuona il presidente di Federfarma, Marco Cossolo – la competenza regionale in materia sanitaria deve poter avere delle eccezioni”. Ecco la situazione in alcune regioni.

Piemonte. I cittadini over 60 o con patologie, segnalati dai medici di base hanno diritto al vaccino gratis. Non esiste possibilità per altri di comprarlo in farmacia o di farlo in centri della sanità privata. Le dosi non basterebbero per tutti. Nelle farmacie non sono mai arrivate. E da una settimana anche molti medici di base segnalano di essere in attesa di nuove dosi. Alcuni anziani sono (per ora) rimasti senza. L’assessore alla Sanità Luigi Icardi sostiene che “non esiste un problema vaccini”. La Regione comunica di avere ordinato 1,1 milioni di dosi, il 54% in più rispetto allo scorso anno. Il Vaxigrip Tetra (inattivato tetravalente) è stato acquistato da Sanofi il 30 giugno a 5,66 euro a dose (più Iva del 10%). Finora ne sono arrivate 610 mila. Le altre arriveranno a tranche settimanali. Alle farmacie saranno destinati, se mai ci saranno, gli “avanzi” dei medici di base.

Lombardia.Qui non solo le farmacie non hanno dosi da vendere a chi non ha diritto a vaccinarsi gratuitamente, ma anche le “categorie a rischio” devono penare. Ogni medico a oggi ha avuto 50 dosi, destinate però solo agli over 65 cronici. È stato necessario scegliere i pazienti “messi peggio”, gli altri attendono. Perché le scorte non bastano: 2,45 milioni di dosi comprate con 12 gare (molte delle quali annullate o bloccate da Aifa) a fronte di 3,5 milioni di over 60, bambini 0-6 anni, donne incinte: insomma manca quasi un milione di vaccini.

E così è partita la guerra tra poveri: da settimane il sistema di prenotazione online e telefonico delle Ats è in tilt. I fortunati che prendono la linea si sentono fissare appuntamenti per fine novembre, spesso in ambulatori di un’altra provincia. I ricchi e i disperati, invece, spendono 60 euro e il vaccino se lo fanno fare dai privati. Oppure vanno a comprarselo in Svizzera.

Veneto. La campagna di vaccinazioni è iniziata il 12 ottobre, da parte di Ulss, medici di famiglia e pediatri. La Regione ha ordinato 1.320.000 dosi (800 mila lo scorso anno), con una spesa di 8.304.000 euro. L’assessore Manuela Lanzarin ha dichiarato: “Il primo lotto è arrivato a ottobre, il secondo dovrebbe essere arrivato ai primi di novembre, il terzo è atteso a inizio dicembre”.

Il vaccino è gratis dopo i 60 anni. Si è cominciato con gli over 65, ma non tutti sono stati avvertiti. A seguire, donne in gravidanza e bambini, poi i 60-64enni.

Nell’ordine di priorità, ai primi posti ci sono operatori sanitari, ospiti di Rsa e soggetti affetti da patologie croniche. I medici di base hanno esaurito i vaccini e sono in attesa dei nuovi arrivi. Sul mercato privato le farmacie sprovviste riceveranno 20 dosi ciascuna a dicembre. Non conoscono ancora i prezzi: lo scorso anno costava circa 10 euro, il tetravalente circa 20.

Emilia-Romagna. La Regione ha comprato 1,4 milioni di dosi ad aprile, in pieno lockdown. Il prezzo è in linea con quello fissato nel bando dell’anno scorso: 5,25 euro a dose di adiuvato e 5,77 per il tetravalente, per un totale di circa 8 milioni. Uno dei fornitori vincitori del bando non ha consegnato le dosi previste e la Regione applicherà le penali. I vaccini gratuiti sono per i più fragili: le persone più esposte per lavoro, come gli addetti dei macelli e i sanitari, o per natura, come gli immunodepressi e gli over 60. Non compresi i bambini, salvo quelli con patologie croniche. Per loro e per tutte le altre categorie scatterà la corsa dal 16 novembre: nelle farmacie verranno distribuite 36 mila dosi. Una media di una quindicina di vaccini a farmacia al costo di 22 euro. A oggi sono già stati eseguiti 640.089 vaccini dai medici di base e dai dipartimenti di sanità.

Toscana. Acquistate quest’anno 1.468.000 dosi di vaccino antinfluenzale (il doppio rispetto alle 870.000 del 2019) a 5,57 euro a dose per un totale di 8 milioni di euro. Da metà ottobre, con un mese di anticipo, è partita la campagna di vaccinazione tramite i medici di famiglia che avevano a disposizione circa 60 dosi a testa per vaccinare, su richiesta, over 65, malati cronici, personale sanitario e lavoratori più a rischio che stanno a contatto con il pubblico. E già per queste categorie i tempi sono molto lunghi: in alcune zone come Firenze e Prato le liste di attesa arrivano a inizio dicembre. Nei prossimi giorni dovrebbe iniziare anche la distribuzione “libera” in farmacia dove potrà essere acquistato da chiunque a 5 euro, ma con ricetta medica. In questo caso però le dosi arriveranno col contagocce: solo 23.142 per un totale di 19 per 1.218 farmacie.

Lazio. Quest’anno il Lazio ha raddoppiato i vaccini destinati a studi medici e Asl: 2,4 milioni di fiale contro gli 1,2 milioni degli scorsi anni. Fin qui sono stati distribuiti 1 milione di farmaci e somministrati, alla data di ieri 763.162. Gli altri 1,4 milioni di vaccini arriveranno – assicurano dall’unità di crisi – tutte entro domani e martedì e saranno distribuiti entro la settimana. La Regione aveva provato a renderlo obbligatorio per gli over 65, ma il Tar ha annullato la delibera. Resta fortemente consigliato (e gratuito) per gli over 60, i bambini sotto i 5 anni, gli operatori sanitari, le forze di polizia e gli altri soggetti a rischio. Alle farmacie sono destinate 100mila dosi, circa 20mila alla settimana: vanno prenotati, tempi di attesa 5-6 giorni. Costo 9 euro.

Campania. La Regione è riuscita ad assicurarsi 1,6 milioni di dosi di vaccino, “ma contiamo di avere altre dosi attraverso lo strumento del quinto d’obbligo aggiuntivo per i fornitori” sottolinea Ugo Trama, dell’Unità di crisi regionale anticovid. Quest’anno le farmacie non sono riuscite a provvedere in proprio, e pertanto venderanno il vaccino della Regione. Circa 20.000 dosi, 11 per 1.600 farmacie campane, di cui 810 nella sola provincia di Napoli. “Lo riceviamo a 6,13 euro e tanto chiediamo al cliente” dice Riccardo Maria Iorio, presidente di Federfarma Napoli. Quasi tutti vaccinati i 50 mila operatori sanitari e gli ospiti delle Rsa. Procede al 65% la copertura per le fasce “a rischio”. Quest’anno la campagna riguarda gli over 60 (l’anno scorso erano over 65) e la circostanza ha fatto saltare qualche calcolo. “Avrei bisogno di altri 50 vaccini – dice un medico della provincia di Napoli – dalla Regione ci dicono che nei prossimi giorni arriveranno”.

Calabria. Sono 590mila i vaccini acquistati sin qui dalla Calabria con la gara d’appalto bandita assieme alla Regione Lazio e vinta da “Sanofi Sequirus” e “Pfizer”. A questi vanno aggiunti 525 mila vaccini antipneumococco. La campagna vaccinale in Calabria non ha riscontrato grossi problemi per i soggetti “fragili”. Tra le categorie ai quali il vaccino è stato garantito ci sono gli over 60 e i bambini tra i 6 mesi e i 6 anni, ma anche persone “a rischio per motivi di salute”, il personale sanitario e le forze dell’ordine. “Abbiamo vaccinato un po’ tutti – racconta un medico di base a Reggio Calabria –. Posso ritenermi soddisfatto perché ho chiesto 400 vaccini per i miei pazienti che in questi giorni sto vaccinando. L’unico squilibrio è nelle farmacie dove il vaccino non si trova”. Il perché lo spiega Gaetano Cianci, un farmacista di Sant’Eufemia d’Aspromonte: “A ogni farmacia sono arrivati solo 12 vaccini, troppo pochi”.

La storia “letterina” di Fontana ai medici (infuriati)

Un’incredibile lettera inviata dal presidente Attilio Fontana: “Ai medici, agli operatori sanitari e sociosanitari di Regione Lombardia”, scrive a mano. Poi prosegue al computer: “Mi rivolgo a Voi, la prima linea di questa battaglia: un nemico invisibile è tornato a condizionare le nostre vite”. “Abbiamo bisogno del Vostro prezioso contributo di ‘silenziosi artigiani della cultura della prossimità e della tenerezza’, per citare le parole di Papa Francesco”. “A Voi, cui noi tutti rimettiamo la difesa della Vita, faccio appello per continuare questa lotta”. Tra le molte reazioni attonite, da segnalare quella della Cgil settore sanità: “Pensavamo che la massima autorità del nostro territorio prendesse penna e calamaio per scrivere un provvedimento con risorse aggiuntive, un piano di assunzioni straordinarie per medici e infermieri. Oppure qualche parola sull’ospedale in Fiera, figuraccia nazionale. La verità che medici, infermieri e operatori del comparto conoscono anche troppo bene è che dopo 20 anni di tagli e politiche che hanno strizzato l’occhio ai privati, l’attuale collasso della sanità lombarda ha nome, cognome e responsabilità politiche precise”: quelle di Fontana e della sua parte politica.

Altri 425 morti. Dal Viminale stretta sulle “zone gialle”

La corsa del Covid-19 continua, senza strappi ma a una velocità ancora molto preoccupante. In attesa del nuovo report settimanale dell’Istituto superiore di sanità che potrebbe colorare di rosso altre regioni oltre a Piemonte, Val d’Aosta, Lombardia e Calabria, si sono registrati ieri 39.811 nuovi contagi (nuovo record assoluto, il terzo consecutivo), circa 2 mila in più rispetto a venerdì, a fronte però 2.572 tamponi in meno (231.673 contro 234.245), il che ha fatto leggermente aumentare il tasso di positività (numero di casi rilevati in relazione ai tamponi effettuati): venerdì era al 16,14%, ieri è salito al 17,18%. Preoccupa in particolare la crescita record in alcune tra le regioni più colpite: 11.489 casi in Lombardia, 4.437 in Piemonte, 4.309 in Campania, 3.818 in Veneto (oltre 500 in più rispetto al picco assoluto di venerdì). Ancora alto il numero dei morti: ieri 425 vittime (venerdì 446) che portano il totale dei morti dall’inizio dell’epidemia a 41.063. Aumenta la pressione sugli ospedali. I pazienti ricoverati con sintomi sono attualmente 25.109 (1.104 nuovi ricoveri ieri, venerdì erano stati 749), mentre i malati in terapia intensiva, sono 2.634 (119 in più ieri, 124 venerdì). Il picco delle terapie intensive del 3 aprile (4.068 pazienti) si avvicina e potrebbe essere superato tra poco più di 10 giorni.

Il ministero dell’Interno, intanto, ha inviato una circolare ai prefetti con alcuni chiarimenti sull’ultimo dpcm del premier Giuseppe Conte dello scorso 4 novembre, e valido dal 6, che ha diviso l’Italia in 3 aree. Possibilità di chiudere strade e piazze prima delle 21; libertà per chi fa volontariato o assistenza di spostarsi anche durante il coprifuoco notturno; divieto di giocare ai video poker nei bar e nelle tabaccherie; e multe da 400 a 1.000 euro per chi non rispetta le regole. La circolare è valida per un periodo minimo di 15 giorni e non andrà oltre la data di efficacia nel dpcm, ovvero il 3 dicembre. Oltre ai divieti, la raccomandazione è però quella di uscire solo per reali necessità.

La circolare del capo di Gabinetto Bruno Frattasi spiega anche che, per l’area gialla, “la possibilità di chiusura di strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento – già precedentemente prevista dopo le ore 21 – viene estesa all’intero arco della giornata o comunque a specifiche fasce orarie non predeterminate”. Per quanto riguarda il divieto di spostamenti tra le 22 e le 5, “devono ritenersi consentiti anche quelli che si riconnettono ad attività assistenziali svolte, nell’ambito di un’associazione di volontariato, a favore di persone in condizione di bisogno o di svantaggio”.

Sempre per l’area gialla, sulle sale giochi, “viene interdetto anche l’uso di apparecchiature all’interno di esercizi pubblici o di tabaccherie”, ovvero slot machine e video poker. In area gialla e arancione, inoltre, potranno restare aperti i mercati all’aperto, ma non in quella rossa. Consentito il servizio di ristorazione da parte degli hotel, senza limiti di orario, ma solo per chi ha una camera.

Per l’area arancione, la circolare specifica che sono consentiti gli spostamenti all’interno dello stesso comune, vanno invece giustificati quelli al di fuori. Nelle regioni rosse, infine, ogni spostamento va giustificato con autocertificazione anche all’interno del proprio comune. L’attività motoria è consentita solo individualmente, vicino all’abitazione e con mascherina. Quella sportiva è consentita da soli, all’aperto, anche in parchi non necessariamente vicino casa.

Vittime fino a dicembre, poi (forse) l’onda si ferma

La diffusione dell’epidemia di Covid dipende dai contatti con animali affetti dal virus, dall’evoluzione dello stesso virus, dal numero di immuni, da quanto viaggiano i contagiati anche provenienti da aree lontane, dalla loro età, condizioni biologiche, abitudini e obbedienza alle regole di evitare contatti umani e restare a casa, da temperatura e umidità dell’ambiente. Questi dati non sono noti. Per capire e possibilmente prevedere l’andamento dell’epidemia, occorre usare procedure empiriche.

Ne ho elaborata una basata sulle equazioni di Vito Volterra (1930): se x è il numero dei morti a una certa data e A quello finale, l’equazione dice che la derivata di x rispetto al tempo è uguale al prodotto x (A-x) moltiplicato per una costante K. Cioè: dx/dt = K x (A-x), la cui soluzione è x = A/(1 + e(Bt+C). A e K non sono noti, ma io calcolo A, B e C con un software applicato ai valori registrati di x.

Le malattie infettive all’inizio si diffondono lentamente. Poi il numero dei contagiati cresce e accelera in modo esponenziale, ma cala il numero dei contagiabili. Quindi la pendenza della curva del numero dei morti diminuisce fino ad annullarsi. Il diagramma è una curva a S che si ferma a un valore massimo A, detto asintoto. Non muore più nessuno: l’epidemia è finita. È bene considerare il numero dei decessi, perché quello dei contagi è meno affidabile: dipende da quanti pazienti si curano, quanti tamponi si fanno, quanto corrette sono le diagnosi. Nella fase iniziale dell’epidemia, le equazioni, la curva dei decessi e il numero totale calcolato dei morti non sono stabili: i fattori citati che determinano l’andamento del morbo, variano e sono largamente incogniti. Seguii la prima ondata del Covid-19 in Italia (La misura del virus, Vacca e Malvaldi, Mondadori 2020): dapprima le equazioni suggerivano che i decessi in Italia sarebbe stati poche migliaia e poi fino a 16.000. In Aprile la curva indicò correttamente che l’epidemia sarebbe finita a giugno con oltre 32.000 decessi (in effetti furono qualche migliaio in più).

Questa procedura, dunque, è utile per anticipare un ordine di grandezza (già ben rilevante). La curva (a tratto continuo nella figura seguente – “Decessi seconda ondata COVID in Italia”) è definita dall’equazione x = 11.684/(1 + (e(12,98 t – 24) e permette di stimare il futuro totale dei morti. I decessi della seconda ondata dovrebbero finire entro il prossimo mese di dicembre.

Nel 2008 il Dottor J. Zimmerberg, del National Institute of Health (Usa) osservò che i virus dell’influenza sono più contagiosi alle temperature invernali fredde, alle quali l’involucro del virus, una guaina di fosfolipidi, si indurisce. È un gel gommoso che lo protegge.

A temperature più alte di 16°C il gel si liquefa (e non lo protegge più da saponi e detergenti) per cui il virus non si trasmette più. Questo spiega perché l’influenza si diffonda fra novembre e febbraio nell’emisfero Nord e fra maggio e agosto nell’emisfero Sud. Quando gira l’influenza, la si evita restando in ambienti chiusi ad alta temperatura.

Coi suoi esperimenti pubblicati il 9/3/20 Jung Yuan Wang dell’Università di Pechino, ha dimostrato che anche il Covid-19 è eliminato dalle alte temperature.

In base a queste considerazioni, taluno aveva sostenuto che l’epidemia di Covid sarebbe finita l’estate scorsa, quando in effetti i decessi si erano ridotti a poche unità giornaliere. Questo coronavirus, però, presenta caratteristiche abnormi: anche la seconda ondata è più forte di quella del 1957. Altri hanno avanzato previsioni catastrofiche: la pandemia Covid potrebbe essere simile alla Spagnola del 1918-20. Questa fu documentata male. Cominciò durante la guerra e sia gli Alleati, sia i tedeschi tennero segreti i dati iniziali. Il numero totale dei morti viene ancora citato fra 30 e 50 milioni, ma non sembrano valori affidabili.