C’è la Liguria in cima alla lista delle Regioni che rischiano di diventare arancioni. Perché la Liguria, secondo i dati fino al 1° novembre elaborati dall’Istituto superiore di sanità, ha un’incidenza di 728 positivi per 100 mila abitanti ogni 14 giorni, inferiore solo a quella della Valle d’Aosta (1.246) e della Lombardia (768) già dichiarate zone rosse dal ministro Roberto Speranza, nonché dell’Alto Adige (770) che ha assunto autonome misure restrittive. Genova, secondo i nostri calcoli, al 4 novembre era già sopra i 1.000, appena sotto Monza e Brianza, Aosta, Milano, Varese, Prato e Como. In Liguria Rt, il tasso di riproduzione del virus, era a 1,35 secondo l’ultimo monitoraggio della cabina di regia ministero della Salute/Iss che si ferma al 25 ottobre, dunque nello scenario 3 (Rt tra 1,25 e 1,5) che significa zona arancione. Come la Puglia (1,37) e la Sicilia (1,38). La Calabria invece è zona rossa perché Rt era a 1,84 (lo scenario 4 che si apre sopra 1,5: Piemonte e Lombardia erano sopra 2, la Valle d’Aosta poco sotto) e perché ha il minor numero di addetti al tracciamento in Italia: appena 151, 0,8 ogni 100 mila abitanti.
Altro problema della Liguria è il monitoraggio. Nella settimana 19-25 ottobre ha saputo indicare la data di inizio sintomi solo per il 49,4% dei casi (la soglia d’allerta è il 60) contro il 73,7 della settimana precedente. Questo “porta ad un rischio di sottostima di Rt”, osserva l’Iss. L’Abruzzo era al 32,5%, la Basilicata al 7,2, il Veneto al 44,6 ma in aumento.
Secondo l’agenzia Agenas del ministero della Salute, la Liguria ha occupato il 70 per cento dei posti letto nei reparti ordinari (la soglia per farli funzionare è il 40), mentre nelle terapie intensive era al 37 (ma la soglia è 30). Della gestione dei pazienti Covid-19, su incarico di Agenas, si occupa da ieri Matteo Bassetti, il telegenico direttore delle Malattie infettive del San Martino di Genova, noto anche per le dichiarazioni della scorsa estate sul virus che “morde meno”. Le Regioni sopra soglia però sono tante: ci sono anche Emilia-Romagna (45% nei reparti ordinari e 31% nelle rianimazioni), Lombardia (69% e 49%) Marche (47% e 37%), Piemonte (93% e 46%), Alto Adige (98% e 55%), Trentino (44% e 33%), Umbria (49% e 51%), Valle d’Aosta (89% e 43%). Il Lazio nei reparti ordinari è al 44%, la Puglia al 30% nelle terapie intensive.
La Liguria infine è tra le Regioni segnalate dall’Iss per il ritardo nella trasmissione dei dati. La Procura di Genova, che aveva aperto un fascicolo conoscitivo sui pazienti lasciati in attesa nelle ambulanze, ora si interessa anche dei dati. “Stiamo verificando cosa sia stato inviato al ministero della Salute – ha spiegato una fonte investigativa – e se siano dati corrispondenti alla realtà del nostro territorio”. È il sospetto di alcuni medici, tutto da verificare.
Rischia di finire in zona arancione anche la Campania, dove secondo l’ultima valutazione Rt era a 1,29 ma con forti differenze tra le province di Napoli e Caserta, le più colpite, e quelle di Avellino, Benevento e Salerno. C’è un’alta percentuale di asintomatici e questo spiega il livello relativamente basso di Rt. Anche qui ci sono ritardi e incompletezze nella trasmissione dei dati, anche sui ricoveri. Rischia meno la Toscana, dove l’incidenza aumenta (cinque province su nove sono fra le venti più colpite in Italia: Prato, Firenze, Arezzo, Pistoia e Pisa) ma Rt resta basso (1,19 fino al 25 ottobre) anche per il gran numero di asintomatici e il monitoraggio funziona: per il 93,5% dei positivi c’è la data di inizio sintomi. Sotto la lente della cabina di regia ci sono anche il Lazio per le criticità negli ospedali, l’Emilia-Romagna perché Rt era a 1,6, l’Umbria per Rt a 1,45 e ben l’82% dei nuovi casi “fuori da catene di trasmissione” note.
Oggi dovrebbe riunirsi la cabina di regia, anche il Comitato tecnico scientifico attende da giorni i dati del monitoraggio settimanale da cui dipenderanno eventuali nuove ordinanze. I criteri sono noti, certamente complessi. Il governo punta a renderli più trasparenti e pubblicare online almeno i più importanti. Secondo una bozza sono sei: Rt, la percentuale di occupazione dei letti negli ospedali, il personale sul territorio, il rapporto positivi/tamponi, il tempo medio tra sintomi e diagnosi.