Le Regioni che sono un alveare di proteste e ira vanno calmate. Così la pensa tutto il governo, e allora il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, tende la mano, innanzitutto alla Lombardia: “Non stiamo dando schiaffi a nessuno, ma siamo costretti a intervenire, abbiamo a che fare con un treno in corsa che va fermato, o ci travolgerà”. E il ministro della Salute, Roberto Speranza, suona le stesse note, prima in audizione alla Camera e poi nella riunione all’ora di pranzo proprio con i governatori: “Non c’è nessun spirito punitivo verso le Regioni, ora serve unità”. Ma non c’è solo miele nelle parole della maggioranza, c’è anche la minaccia di un bastone prossimo venturo per le giunte. Perché Luigi Di Maio e diversi big del M5S, proseguendo con Matteo Renzi e vari di Leu evocano la riforma del Titolo V della Costituzione, cioè la revisione dei poteri delle Regioni. “Questa vicenda dà un colpo mortale all’idea di autonomia” riassume il vicesegretario dem Andrea Orlando.
Fendenti soprattutto tattici, magari. Di sicuro il tema degli enti locali è affiorato anche nel vertice di maggioranza di giovedì sera convocato a Palazzo Chigi da Conte. Ora però le emergenze sono altre, prima tra tutte la curva dei contagi. “Ma non vogliamo penalizzare alcune zone” assicura il premier. Invece, da Montecitorio, Speranza invoca continenza: “Ci sono dei limiti che la battaglia politica non deve mai superare, tanto più dentro un’emergenza sanitaria”. E poi, ricorda, “la fonte dei dati sono sempre le Regioni”. Poco dopo lo stesso Speranza riunisce i governatori in conference call. E sceglie toni concilianti: “Dobbiamo stare uniti in questa fase, le chiusure le abbiamo decise sulla base di calcoli matematici. Non volevamo penalizzare o favorire nessuno. E, comunque, ognuno di voi potrà adottare ordinanze più restrittive, le norme glielo consentono”. I presidenti però volevano il confronto con il ministro prima che Conte presentasse le fasce colorate in conferenza stampa. Il campano Vincenzo De Luca insiste: “Servivano norme univoche per tutta Italia”. E il piemontese Alberto Cirio: “I parametri per le chiusure andavano chiariti prima e meglio”. Ma il tema che fa salire la temperatura è la scuola. Il Tar di Bari ha sospeso l’ordinanza con cui il governatore pugliese Michele Emiliano aveva chiuso tutte le scuole, “perché la didattica a distanza non può essere assicurata” come fanno notare dalla Regione. Mentre quello di Lecce ha respinto il ricorso di 16 genitori “perché il diritto alla salute prevale”. Ne parlano diversi governatori.
Poi interviene proprio Emiliano: “Dove sono i dati sul fattore di accelerazione dei contagi rappresentato dalle scuole?”. Ovviamente ce l’ha con il ministro dell’Istruzione Azzolina. È furente, il governatore. Tanto che si alza e se ne va: “Confrontarci ora non ha alcuna utilità, diteci cosa fare ed eseguiremo”. Emiliano alla fine cede e firma una ordinanza in cui riapre elementari e medie. Nel frattempo i presidenti chiedono a Speranza un confronto preventivo sui dati, prima delle prossime ordinanze. Il ministro apre. E il presidente della Conferenza Stato-Regioni, l’emiliano Stefano Bonaccini, conferma in chiaro: “Abbiamo condiviso con Speranza la necessità che vi possa essere un esame congiunto dei dati, utile a favorire le decisioni”. Vuole spegnere l’incendio, il presidente dem. Ma avverte: “Le spinte centraliste non sono la risposta in questa grave crisi sanitaria”. Tradotto: i nostri poteri vogliamo tenerceli.